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Progetto… come management!

Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

“Ho un progetto! Sono coinvolto in un progetto! Mi tocca fare un progetto! Dovremmo avviare un progetto! Abbiamo il PNRR da realizzare (oddio)!”: tutte esclamazioni che identificano un ambito di attività come anche una serie di questioni che lo accompagnano e lo caratterizzano.

Siamo strapieni di progetti, coinvolti nei progetti, galvanizzati o stressati dai progetti … eppure troppo spesso non abbiamo una concezione chiarissima di cosa significhino.

La consueta definizione etimologica, che avvia l’esplorazione di una nostra parola, esprime genericamente una idea, un proposito più o meno definito, riguardo a qualcosa che si ha intenzione di fare o d’intraprendere. Tale proposito ha la caratteristica di offrire qualche cosa di nuovo intendendo con ciò il fatto che è la prima volta che si prova a centrare quell’obiettivo o che, a fronte della ripetizione di un obiettivo già magari più volte raggiunto, il modo con cui lo si realizza è diverso rispetto alle modalità in precedenza impiegate. Ossia un qualche fattore di innovazione fa si che ci si trovi di fronte ad aspetti inconsueti da affrontare e a nuove soluzioni operative da individuare. E questo è quello che differenzia principalmente il lavoro di progetto dal lavoro di routine, ossia di processo; è questo è anche ciò che definisce il contenuto bivalente del progetto.

Il progetto è contenuto tecnico: il che cosa devo fare per costruire – assemblare – parametrizzare – organizzare.

Il progetto è contenuto gestionale: il che cosa devo gestire per fare ciò che mi permetterà di ottenere il contenuto tecnico.

Questo doppio aspetto è ciò che attiva le difficoltà quando si decide di realizzare un progetto. I tecnici tendono a concentrarsi sull’oggetto fisico o logico che dovrà essere ottenuto; i gestionali si focalizzano sul management delle attività, delle persone, dei tempi, dei costi.

I primi si chiedono: come lo progetto (ossia lo immagino e lo dettaglio), quanto materiale mi serve per realizzarlo o quali conoscenze applico, quali sequenze di lavoro utilizzo per assemblarlo, come lo testo …?

I secondi: come organizzo il lavoro e ottimizzo l’impiego del tempo delle persone, come controllo quanto si sta facendo e se siamo nei limiti di tempo e costo concordati, quali attenzione devo avere perché tutto fili liscio …?

Purtroppo, questi due veri e propri mondi paralleli nel progetto si DEVONO incontrare e, purtroppo per molti di noi, l’incontro avviene quando ci ritroviamo responsabili del progetto (project manager).

Qui scopriamo che la cosa più complicata in un progetto è riuscire a costruire una visione condivisa ed univoca del risultato da ottenere e fare in modo che tutte le teste in esso coinvolte (gli stakeholder del progetto) si muovano all’unisono verso la stessa direzione e ne mantengano la medesima attenzione.

Beyond belle idee e desiderata, l’impostazione e la gestione di un progetto è una questione di tecnicalità e di capacità relazionale che la disciplina del project management aiuta a sviluppare come sensibilità e come competenza, nella sua doppia componente delle hard e delle soft skills.

E più si cresce facendo e coordinando progetti più si comprende che si deve investire in management.