DPCM Covid: incostituzionali secondo il Tribunale di Pisa
In data 17 febbraio 2022 è stata depositata la sentenza n. 1842/2022 del Tribunale di Pisa che costituisce un faro nella notte oscura dello Stato di diritto che la pandemia è divenuta oramai da tempo.[1]
La pronuncia del Tribunale toscano è intervenuta per assolvere gli imputati dall’accusa del 650 Codice Penale loro contestata per aver violato l’ordine imposto con DPCM dell’8 marzo 2020.
La pronuncia di Pisa, tuttavia, è stata preziosa e feconda occasione per una lucida e raffinata disamina di carattere giuridico su tre argomenti principali tra loro interconnessi:
- la legittimità dei DPCM con cui tra il 2020 e il 2021 si è limitata la libertà di circolazione;
- la legittimità dello Stato di emergenza;
- la configurabilità giuridica della limitazione della libertà personale oltre i casi previsti dalla legge e dalla Costituzione.
Sul primo profilo la sentenza di Pisa ha chiarito che i DPCM sono illegittimi poiché essendo atti amministrativi, cioè norme secondarie, non sono deputati né alla luce del dato Costituzionale, né all’interno di un’ottica sistematico-ordinamentale, a limitare i diritti fondamentali come il diritto di circolazione.
I diritti fondamentali possono essere limitati – e neanche tutti – soltanto osservando il principio di legalità il quale esige in modo indiscutibile che si osservi la riserva di legge rafforzata prevista a tutela dei diritti fondamentali medesimi.[2]
A ciò aggiungasi, secondo la toga pisana, che il potere che è stato concentrato nelle mani del Presidente del Consiglio con una sostanziale delega generale costituisce una violazione dell’articolo 76 della Costituzione.
I DPCM, inoltre, essendo atti amministrativi monocratici sono illegittimi perché hanno inciso su diritti fondamentali pur essendo sottratti alle garanzie previste dall’ordinamento, cioè il controllo preventivo e successivo di legittimità come il vaglio del Presidente della Repubblica, la decisione del Parlamento, il controllo della Corte Costituzionale e della Corte dei Conti.
Sul secondo profilo, cioè lo Stato d’emergenza, la sentenza in oggetto ha chiarito non soltanto che nell’assetto costituzionale italiano non è prevista alcuna disciplina in merito, ma che per di più la disciplina dell’articolo 78 sullo Stato di guerra non è applicabile analogicamente poiché la situazione sanitaria determinata dalla pandemia del Covid-19 non è per l’appunto una situazione di guerra.
Lo Stato d’emergenza prolungato nel tempo, nota altresì il giudice di merito, non può istituzionalizzarsi oltre una breve parentesi temporale senza rischiare di divenire Stato di eccezione, cioè qualcosa di ultroneo e diverso rispetto allo Stato di diritto, evenienza che il nostro ordinamento non contempla in nessuna norma ordinaria o di rango costituzionale.
Proprio per questa ragione, scrive il giudice di Pisa, «la delibera dichiarativa dello Stato di emergenza adottata dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza di presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo Stato di emergenza per rischio sanitario».
È il caso di precisare, infatti, che il comma 3 articolo 24 del Decreto Legislativo n. 1/2018 che in Italia disciplina lo stato di emergenza non soltanto sancisce espressamente la limitazione temporale del medesimo, prevedendo che «la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi», ma per di più è diretto a regolare l’attività della protezione civile e non quella del Consiglio dei Ministri il quale ha quindi agito privo di qualsivoglia copertura e legittimazione normativa.
Secondo il Tribunale di Pisa, dunque, da ciò discende la non trascurabile circostanza in base alla quale «tutti i decreti legge e i provvedimenti amministrativi medio tempore emessi a far data dal 31 luglio 2021 si pongono al di fuori del circuito di legittimazione […]. Peraltro anche qualora si dovesse interpretare la norma de qua nel senso di attribuire allo stato emergenziale nazionale la durata di 24 mesi, il termine decorrente dal 31 gennaio 2020 giunge comunque a scadenza il 31 gennaio 2022, con il che la proroga ultima al 31 marzo 2022 si pone comunque in contrasto con la norma succitata – eludendola – evidenziandosi come nel nostro ordinamento giuridico non sia ammessa l’introduzione di un diritto speciale del diritto speciale».
Sul terzo e ultimo profilo, infine, il giudice di Pisa ha chiarito che in virtù del diritto alla libertà personale costituzionalmente tutelato dall’articolo 13 della nostra Costituzione la persona e la sua libertà sono inviolabili e che qualsiasi provvedimento di restrizione della libertà personale deve essere adottato soltanto con atto dell’autorità giudiziaria e nei casi e nei modi previsti dalla legge a tal fine.
In fondo la Corte Costituzionale, espressamente e correttamente richiamata dalla toga pisana, ha chiarito come intendere il diritto alla libertà personale, cioè non come illimitato potere di disposizione della persona fisica, bensì come diritto a che l’opposto potere di coazione personale, di cui lo Stato è titolare, non sia esercitato se non in determinate circostanze e con il rispetto di talune forme,[3] per cui l’obbligo di permanenza domiciliare, che senza dubbio configura una fattispecie restrittiva della libertà personale, può essere irrogato soltanto dall’autorità giudiziaria con atto motivato nei confronti di uno specifico soggetto dovendosi in ogni caso rispettare la riserva assoluta di lege, la riserva di giurisdizione e l’obbligo di motivazione.
Le misure generalizzate adottate con DPCM dal Governo erano e sono dunque irrimediabilmente illegittime, anti-costituzionali e strutturalmente anti-giuridiche.
Oltre il rigore logico-giuridico, oltre la straordinaria ricostruzione sistematica, oltre il coraggio civile e morale della toga di Pisa, occorre riconoscere che una tale pronuncia costituisce una vera e propria summa dei più illustri “manuali” di diritto costituzionale, civile e penale, sperando che possa altresì rappresentare un paradigma per tutte le altre toghe che sicuramente nei prossimi mesi saranno chiamate a pronunciarsi sui profili giuridici della pandemia e della gestione pandemica, dovendosi ricordare che occorre quanto prima abbandonare lo Stato d’eccezione per ricondurre la pandemia all’interno dell’alveo dello Stato di diritto, sia per ragioni di giustizia, sia perché, con le parole di un maestro del diritto come Francesco Carnelutti, «il problema del diritto non si esaurisce con la formazione dei comandi e, in particolare, delle leggi».[4]
[1] Cfr. Aldo Rocco Vitale, La pandemia tra la vocazione dello Stato di diritto e la tentazione dello Stato totalitario: elementi per una critica filosofico-giuridica, 20 settembre 2021.
[2] Argomentazione simile utilizzata di recente dal Tribunale Militare di Napoli che con ordinanza del 2 febbraio 2022 di sospensione e rimessione alla Corte Costituzionale ha sollevato l’eccezione di costituzionalità sull’obbligo vaccinale per i militari introdotto in violazione della riserva di legge.
[3] Corte Costituzionale n. 11/1956.
[4] Francesco Carnelutti, Come nasce il diritto, Edizioni Radio Italiana, Torino, 1954, pag. 39.