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Il consigliere comunale non mostra il green pass e si divincola? È violenza a pubblico ufficiale

Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n. 34272 del 26 maggio 2022
Green pass
Ph. Luca Martini / Green pass

Il consigliere comunale non mostra il green pass e si divincola? È violenza a pubblico ufficiale

La Cassazione, Sezione Sesta Penale, con sentenza n. 34272 del 26 maggio 2022 (dep. 15 settembre 2022), ha statuito che la condotta del consigliere comunale che si rifiuta di esibire la certificazione verde (cd. green pass), compiendo atti violenti nei confronti dell’addetto alla verifica della certificazione in esame e della Polizia intervenuta per allontanarlo, integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
 

Non mostri il green pass? È violenza a pubblico ufficiale: la vicenda

Secondo la provvisoria imputazione, l’indagato, consigliere comunale, aveva dapprima spintonato l’impiegata comunale addetta alla verifica delle certificazioni verdi (c.d. green pass), rifiutando di esibire la propria nell’accedere ad una riunione consiliare e, successivamente, aveva spinto con forza, per divincolarsi dalla presa, gli agenti della Polizia locale intervenuti per allontanarlo, procurando loro lesioni personali.

Pertanto, alla luce delle predette condotte, tanto il Giudice per le indagini preliminari, quanto il Tribunale del riesame, hanno desunto il pericolo di condotte reiterative.

La possibile recidività dell’indagato sarebbe stata desunta dalle note comportamentali dello stesso che già nel gennaio 2022, aveva tenuto un simile atteggiamento e vieppiù, dalla condotta evidentemente provocatoria dello stesso che, nelle immediate occorrenze del fatto, si era prodigato a filmare l’accaduto, in diretta Facebook.
 

Non mostri il green pass? È violenza a pubblico ufficiale: le considerazioni delle parti

Il ricorso dell’indagato, dapprima, verteva sulla necessità di chiarire che le motivazioni del provvedimento fossero viziate da un eccessivo “pathos”, ovverosia, nelle more, il difensore del ricorrente sottolineava come quanto ripreso dal proprio assistito dovesse avere una connotazione totalmente diversa.

In effetti, il contatto con l’addetta alla verifica, che aveva tentato di sbarrare l’accesso al consigliere, era stato fugace e la stessa aveva solo simulato, per giunta con ritardo, di accusare dolore, avendo subito dopo ripreso la propria postazione all’ingresso della struttura, senza evidenziare traumi di alcun tipo.

Inoltre, il contegno degli agenti di polizia municipale era stato violento e fuori luogo avendo gli stessi portato via il ricorrente ammanettato, dopo avergli strappato di mano il cellulare; allorquando l’indagato si era limitato ad una mera resistenza passiva, essendosi divincolato, ma senza usare violenza diretta, contro i pubblici ufficiali suoi antagonisti.

Il difensore de quo evidenzia, altresì, come non solo il ricorrente non fosse tenuto alla verifica del “Green pass” in quanto consigliere comunale e vieppiù, che la predetta verifica non dovesse essere espletata dalla persona offesa che non rivestiva né la qualifica di pubblico ufficiale, né quella di incaricata di pubblico servizio.

La Corte di Cassazione preliminarmente chiarisce che proprio in virtù della qualifica di consigliere comunale e ancora, in piena emergenza sanitaria (in effetti la cessazione dello stato di emergenza veniva statuita solo il 24 marzo 2022), l’indagato aveva l’obbligo di recarsi nella casa comunale, specificamente al fine dello svolgimento delle proprie funzioni, solo se in possesso della certificazione verde, oppure di un’esenzione del proprio medico attestante l’impossibilità patologica di vaccinarsi.

Secondo la Cassazione “la condotta della delegata ha esondato dai limiti, atteso che l’accertamento del possesso della carta verde può essere svolto all’accesso della struttura, a campione o a tappeto, con o senza l’ausilio di sistemi automatici, secondo l’indicata normativa, e nessuna disposizione prevede che la delega dell’operatore sia esibita all’atto del controllo quale condizione della legittimità del suo operato (e, a ben vedere, neppure risulta che la stessa fosse stata al momento richiesta in visione dal ricorrente). Ai fini dell’integrazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale, invece, pare corretta – secondo la Corte di Cassazione – la determinazione del Giudice per le Indagini preliminari che ritiene perfettamente realizzata la condotta de qua.”.

Continua la Cassazione: “in primo luogo, non ha pregio l’assunto per il quale non sarebbe integrato il reato di resistenza, perché l’impiegata comunale nei cui confronti l’indagato ha tenuto le condotte aggressive non rivestiva la qualifica soggettiva a tal fine richiesta. Il tema, infatti, appare di limitata rilevanza ai fini cautelari, dal momento che la condotta veniva stata indirizzata nei confronti di più agenti di polizia giudiziaria, la cui qualifica di pubblici ufficiali è, invece, indiscussa”.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del consigliere comunale no Green pass.

In particolare la Cassazione si è riportata ai propri orientamenti, così come a quelli delle Sezioni Unite quanto alla nozione di funzione pubblica (Sez. Unite n.10086/1998) – “è evidente che la persona offesa fosse investita di tale qualifica, atteso che espletava un’attività c.d. “di concetto”, implicante la conoscenza della normativa da fare osservare, ed involgente profili, complementari o integrativi, di collaborazione nell’espletamento del delicato servizio di tutela della salute” – e al reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’articolo 337 del Codice Penale – “l’atto di divincolarsi posto in essere da un soggetto fermato dalla polizia giudiziaria integra il requisito della violenza e non una condotta di mera resistenza passiva, quando non costituisce una reazione spontanea ed istintiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale, ma un vero e proprio impiego di forza diretto a neutralizzarne l’azione ed a sottrarsi alla presa, guadagnando la fuga”.