Droghe sintetiche: un fantasma che aleggia negli incidenti stradali
Nel precedente contributo ci siamo soffermati sul tema generale delle droghe sintetiche, a margine di un convegno che ha cercato di sollevare l’attenzione su un fenomeno dirompente. In questo breve scritto, intendiamo porre all’attenzione il tema degli incidenti stradali e della mancanza di controlli relativi alle droghe sintetiche.
La maggior parte delle nuove droghe sintetiche è invisibile ai vecchi tipi di esami tossicologici. I test di controllo obbligatori per esercitare molte professioni possono essere facilmente aggirati: “Autisti di mezzi pesanti, autobus, scuolabus. Questi potenzialmente ci fregano tutti”, spiega il dott. Carlo Locatelli, direttore del Centro Nazionale di informazione tossicologica, che si occupa di segnalare le nuove sostanze di abuso.
E qui, spiega il dott. Locatelli, c’è un altro problema: “Circa un decennio fa sui casi di morti sospette, incidenti stradali e omicidi c’era l’obbligo di fare una ricerca tossicologica. Oggi invece la deve disporre un magistrato, che quasi sempre cerca solo le molecole classiche. Una tendenza che ha portato a una minore identificazione della mortalità da overdose”.
Questo, secondo il tossicologo, pone una seria questione anche sull’applicazione dell’omicidio stradale: “Noi rischiamo di togliere la patente o mandare in carcere una persona che ha fumato marijuana tre giorni prima e non è più sotto effetto, ma risulta positivo agli screening. Mentre lasciamo a piede libero coloro che hanno preso droghe sintetiche molto più potenti solo perché non le andiamo ad analizzare”.
La bassissima quantità sufficiente alla fabbricazione delle dosi, inoltre, rende spesso queste sostanze “invisibili” anche per le forze dell’ordine. Sono facili da trasportare e da nascondere. Non solo, i cani antidroga non riescono a riconoscerle. Lo chiarisce bene Locatelli: “Mica possono annusare un grammo di fentanile messo in una busta grande quanto una bolletta dell’Enel”.
La Giurisprudenza della Suprema Corte in merito alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti ha ribadito il principio che per il reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione.
Lo stato di alterazione del conducente può essere dimostrato attraverso gli accertamenti biologici in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto, senza che sia necessario espletare una analisi su campioni di diversi liquidi fisiologici.
La Suprema Corte sul punto ha ribadito che il reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti non è integrato dalla mera condotta di guida da parte di colui che in precedenza abbia assunto sostanza stupefacente, risultando invece costituito dalla guida in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di simili sostanze: ciò richiede non soltanto l’accertamento del dato storico dell’avvenuto uso di esse, ma anche quello dell’influenza sulle condizioni psico-fisiche dell’assuntore durante il tempo della guida del veicolo (Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, Sentenza 6 - 20 marzo 2019, n. 12409).
Una recente sentenza della Suprema Corte (n. 23925 del 30 maggio 2019) ha stabilito che l’alterazione richiesta per l’integrazione del reato previsto dall’art. 187 C.d.S., esige l’accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dall’assunzione di sostanze stupefacenti, che non coincide necessariamente con una condizione di intossicazione.
Lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente verificato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi dell’avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato.
Nella motivazione la Suprema Corte ricorda che “ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti (art. 187 C.d.S.), lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente verificato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi dell’avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato”.
Da quanto esposto, risulta evidente che la Cassazione ha orientamenti non univoci e comunque per rendere pienamente operativa e senza falle la normativa sulla guida sotto l’effetto degli stupefacenti, si deve investire per una diffusione capillare e tecnicamente all’avanguardia, dei laboratori chiamati ad eseguire le analisi dei campioni prelevati dai conducenti dei mezzi coinvolti nei sinistri stradali.
Ciò per consentire di rilevare anche le sostanze stupefacenti sintetiche e non solo i derivati delle cosiddette quattro sorelle: eroina, cocaina, cannabis e hashish.
La facilità di reperimento delle droghe sintetiche e la diffusione tra i giovani rendono urgente una nuova politica di prevenzione e una sensibilizzazione nelle scuole delle giovani generazioni.