Furto in abitazione: la nuova nozione di privata dimora secondo le Sezioni Unite
Con Ordinanza del 19 dicembre 2016 è stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite la questione di diritto relativa alla configurabilità del reato di furto in abitazione e di furto con strappo ex articolo 624-bis del codice penale nelle ipotesi in cui la condotta delittuosa sia posta in essere in luoghi di lavoro.
Con la sentenza in oggetto, le Sezioni Unite hanno accolto una nozione restrittiva della privata dimora, così come profilata dall’orientamento giurisprudenziale minoritario, ritenendola conforme al dato letterale, nonché alla ratio e all’interpretazione sistematica della norma suddetta.
Pertanto, alla luce delle considerazioni sinora prospettate, la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo il quale “ai fini della configurabilità del reato previsto dall’articolo 624 – bis del codice penale, rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare”.
Infatti, la Cassazione ha chiarito che, in conformità ai principi riconosciuti dalla giurisprudenza costituzionale e dalla sentenza Prisco delle Sezioni Unite, ai fini del riconoscimento dei luoghi di lavoro quali privata dimora, è necessario che essi stessi abbiano i requisiti propri dell’abitazione, ossia quelli di riservatezza, stabilità e non accessibilità da parte di terzi, se non con il consenso dell’avente diritto.
Quindi, spetterà al giudice di merito valutare caso per caso la sussistenza degli elementi suddetti, al fine di poter attribuire il carattere di privata dimora ai luoghi di lavoro qualora “in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi”.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite - Pres. Canzio, Rel. Amoresano, Sentenza 22 giugno 2017, n. 31345)
Con Ordinanza del 19 dicembre 2016 è stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite la questione di diritto relativa alla configurabilità del reato di furto in abitazione e di furto con strappo ex articolo 624-bis del codice penale nelle ipotesi in cui la condotta delittuosa sia posta in essere in luoghi di lavoro.
Con la sentenza in oggetto, le Sezioni Unite hanno accolto una nozione restrittiva della privata dimora, così come profilata dall’orientamento giurisprudenziale minoritario, ritenendola conforme al dato letterale, nonché alla ratio e all’interpretazione sistematica della norma suddetta.
Pertanto, alla luce delle considerazioni sinora prospettate, la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo il quale “ai fini della configurabilità del reato previsto dall’articolo 624 – bis del codice penale, rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare”.
Infatti, la Cassazione ha chiarito che, in conformità ai principi riconosciuti dalla giurisprudenza costituzionale e dalla sentenza Prisco delle Sezioni Unite, ai fini del riconoscimento dei luoghi di lavoro quali privata dimora, è necessario che essi stessi abbiano i requisiti propri dell’abitazione, ossia quelli di riservatezza, stabilità e non accessibilità da parte di terzi, se non con il consenso dell’avente diritto.
Quindi, spetterà al giudice di merito valutare caso per caso la sussistenza degli elementi suddetti, al fine di poter attribuire il carattere di privata dimora ai luoghi di lavoro qualora “in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi”.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite - Pres. Canzio, Rel. Amoresano, Sentenza 22 giugno 2017, n. 31345)