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Per il bene dei figli

Figli
Ph. Anuar Arebi / Figli

Abstract

Partendo dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia l’Autrice illustra il ruolo imprescindibile dei genitori (e degli adulti) nella promozione della ricerca del “vero bene” dei figli.

 

I genitori (e gli altri adulti di riferimento) compiono scelte, anche strettamente personali come quelle professionali o sentimentali, “per il bene dei bambini”. Il più delle volte, però, non ci si chiede né si chiede agli interessati né si ascolta dagli stessi quale sia il ”bene dei bambini”.

La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia (il cui acronimo inglese è CRC) stabilisce i diritti dei bambini cui corrispondono i doveri degli adulti, in primo luogo i genitori.

I genitori hanno il dovere di far crescere i figli in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione (dal Preambolo della CRC) e di assicurare ai figli la protezione e le cure necessarie al loro benessere (dall’articolo 3 par. 2 CRC): protezione e cure finalizzate e non indiscriminate, altrimenti si verificano o si possono verificare fenomeni distorti o distorsivi quali la patologia delle cure o l’accudimento invertito, quando un figlio si ritrova a fare da genitore al proprio genitore.

Molti genitori non osservano più i loro figli – richiama la psicologa e psicoterapeuta Barbara Volpi –: è sufficiente che vadano bene a scuola ma non sanno se sono felici, se qualcosa li turba o se hanno un bisogno represso”.

Osservando i figli s’impara (letteralmente “imparare” è “procurarsi qualcosa, prendere possesso”, e la genitorialità è una competenza da acquisire) a conoscerli (termine composto con il latino “cum”, “con, insieme, per mezzo”: conoscere è un processo profondo e non scontato nei riguardi dei figli) e s’impara a fare i genitori (o, in generale, educatori) come ha fatto lo psicologo Jean Piaget con i suoi tre figli dando così impulso e scientificità alla psicologia dell’età evolutiva.

Osservare - dal latino “ob”, avanti, attorno, sopra, e “servare”, custodire, salvare, guardare -, richiama “conservare” e “preservare”, quello che manca spesso nei confronti dei bambini, come si ricava pure dalle parole dello psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni: “Occorre una linea ferma e coerente da parte dei genitori rispetto a qualunque comportamento loro o dei figli che implichi eccessi. La consapevolezza della dignità personale e del rispetto di sé e degli altri, dalla quale non si deve deflettere, nel linguaggio e nella gestione delle emozioni.

E infine penso anche a una educazione del piacere e del buon gusto, che insegni a godere delle buone cose, come il cibo o il vino, imparando a gustarle con cura e sobrietà. Se praticato con pazienza, all’insegna del “poco ma buono”, è un buon antidoto agli eccessi”. Ogni forma di benessere dei figli deriva sempre dai genitori, come si può leggere nelle parole dell’articolo 24 lettera f Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia: “[…] sviluppare la medicina preventiva, l’educazione dei genitori e l’informazione”.

Per prevenire il malessere e imparare a stare bene innanzitutto con se stessi è necessario che i bambini facciano altresì esperienza della noia, del vuoto, dello scorrere del tempo inafferrabile. Secondo Teresa Belton, studiosa inglese esperta di problemi dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’apprendimento, la noia è “la linfa segreta della creatività”.

La noia è un periodo di pausa, è un “so-stare”, uno stato in cui si avverte un fastidio, desiderio di altro, il senso del contrasto e del contrario, quindi è un’occasione per il bambino per conoscere meglio le sue sensazioni e per essere indotto a conoscere il nuovo. Per il benessere dei bambini si può parlare di “diritto alla noia” dei bambini.

L’economista Stefano Zamagni sottolinea: “C’è una qualità codificata di una struttura sanitaria, fatta di codici e protocolli, e la qualità tacita, che è di tipo empatico e relazionale: a parità di competenze, otterrà maggiori risultati il medico capace di entrare in sintonia col malato. Bisogna quindi che la governance di una struttura sanitaria garantisca questa sorta di “medicina della relazione”. Oggi il sofferente, il bambino in particolare, ha bisogno di quella relazionalità umana che si esprime in tanti modi: cantare, sorridere, dare il pizzicotto.

Quando voi fate capire a un bambino che lui è importante per voi, vi assicuro che il bambino guarisce prima. Oggi si tende ad applicare una mentalità “iatrica” o medicalizzazione in alcune situazioni riguardanti i bambini. Ogni bambino, invece, perché non diventi “malato d’infanzia”, ha bisogno innanzitutto della “medicina della relazione”, ovvero più di ascolto che di auscultazione.

Così facendo si contribuisce ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere (ex articolo 3 CRC) e si sviluppa la più ampia ed efficace medicina preventiva (ex articolo 24 CRC).

Anche nell’articolo 24 paragrafo 1 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (cosiddetta “Carta di Nizza”) si legge: “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità”. “Proteggere” ha la stessa origine etimologica di tetto e tegola: i figli hanno bisogno di un tetto sulla testa e non di una tegola in testa.

I genitori rigano il cuore dei propri figli, con i loro gesti, con le loro risposte, con i loro silenzi, le pause, le presenze, le frette” (don Fabio Rosini). I genitori tracciano segni indelebili nella personalità e nella vita dei figli anche con segni impercettibili delle espressioni dei loro visi e ciò a cominciare dal concepimento.

Un figlio non deve nascere per cementare una coppia vacillante o inesistente, ma deve nascere da una coppia già cementata. Non deve costruire la coppia, ma deve nascere da una coppia già costruita che si costituisce coppia genitoriale. Un figlio non deve essere frutto di un’addizione ma di moltiplicazione d’amore, altrimenti rischia di diventare un altro peso nella vita di coppia che potrebbe non trovare il nuovo equilibrio necessario.

“Tali mancanze contaminano senza dubbio anche l’attività genitoriale; molti genitori sono affetti da un grave deficit educativo, non sapendo correggere i propri figli cadono in una dicotomia che li vede o latitanti o eccessivamente duri. Sono lati di una stessa medaglia, un’assenza educativa spacciata per bontà, o una violenza dettata da incapacità, la prima indice di non impegno, la seconda di una mancanza di maturità. […] è doveroso farsi una seria domanda: si desidera correggere qualcuno per stare più comodi o perché realmente si ama e si vede la bellezza e preziosità minacciata?

Un discernimento preventivo deve autenticare il desiderio di correzione perché il fine deve essere l’amore, il vero bene dell’altro; ammonire per dissimulare la propria rabbia, il perfezionismo, la pretesa, l’amor proprio, non giustifica mai l’ammonimento e va evitato, chiaramente” (don Fabio Rosini). Correggere i figli è doveroso e necessario: talvolta occorre mettere tutori e legature all’alberello affinché cresca alto e verso l’alto e possa portare i frutti che lo caratterizzano.

Anche lo psicologo Matteo Lancini rimarca l’importanza di un adeguato esercizio della genitorialità affinché i figli non solo crescano bene ma stiano bene, in particolare i genitori si devono preparare e devono preparare all’adolescenza dei figli anche ai fini della loro salute e di quella sociale: “[…] i genitori spesso tentano di stabilire un tardivo “governo del no”, rieditando modelli educativi che non condividono veramente. Se le punizioni e gli altri “metodi forti” sono stati banditi dal “galateo educativodella famiglia, non ha senso imporre i famosi “no che aiutano a crescere” proprio in questa delicata fase della vita. I divieti degli adulti vengono infatti vissuti dagli adolescenti come gesti ispirati dalla volontà di negare lo sviluppo, l’affermazione di sé e la capacità di decidere in autonomia.

Il percorso di crescita si carica allora di tensioni nei ragazzi e di senso di delusione e di impotenza nei genitori, preoccupati da alcuni comportamenti, apparentemente ingiustificati, come l’insuccesso scolastico, la chiusura in se stessi, l’uso di sostanze, i disturbi alimentari, l’ossessivo utilizzo di internet, blog o social network, fino ai gesti autolesivi”.

Victoria Prooday, psicoterapeuta ergoterapista canadese, afferma: “Da molte ricerche risulta che il cervello ha la capacità di modificarsi a seconda dell’ambiente che ci circonda. Sfortunatamente, con l’ambiente e l’educazione che stiamo fornendo ai nostri figli, stiamo modificando i loro cervelli nella direzione sbagliata, aumentando le loro difficoltà”.

Preoccuparsi della salute dei figli non significa solo prevenire e curare eventuali malattie, significa anche e soprattutto fare delle scelte che mirino all’integrale benessere psicofisico e specialmente alla salute mentale, sempre più spesso trascurata e minata (uso precoce e smodato dei mezzi tecnologici, ritmi sballati di sonno, ipercura e altro ancora). A tale proposito l’articolo 24 lettera e della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia richiede misure appropriate per “[…] garantire che tutti i membri della società, in particolare i genitori ed i fanciulli, siano informati sull’uso di conoscenze di base circa la salute e la nutrizione infantile”.

Il legislatore ha dato indicazioni significative sulle competenze genitoriali nell’articolo 147 codice civile dove ogni verbo usato significa azioni precise e mirate da parte dei genitori, come “mantenere”, che è “tenere con la mano” e “assistere moralmente”, che è “stare vicino, fermarsi, stare appresso”: i figli hanno bisogno di gesti, interventi che lascino il segno, l’impronta, calore e colore fin nel profondo, hanno necessità di tracce che restino nel tempo e che segnino la strada da seguire. I genitori, spesso, danno e fanno tanto, troppo ma non quello che risponda e corrisponda alle esigenze dei figli e senza tenere conto delle loro capacità (ciò che c’è dentro), delle inclinazioni (ciò che piega) e delle aspirazioni (ciò che si tira fuori). Con l’essere ed esserci genitori si “pro-cura” il “ben-essere” dei figli: genitori fattori e fautori di vita affinché i figli siano autori e attori della propria vita.