Il cambiamento climatico in pillole: la scienza, il diritto, il ruolo delle corti

Bologna
Ph. Cinzia Falcinelli / Bologna

Indice:

1. Una minaccia globale senza precedenti (perché?)

2. Le possibili misure di contrasto al riscaldamento globale

3. Gli obiettivi della comunità internazionale

4. Il quadro regolatorio in Italia: misure di mitigazione e misure di adattamento

5. Le questioni ‘fondamentali’ e ‘costituzionali’ di fronte alle Corti ed agli Stati nazionali

5.1 Sostenibilità e giustizia ambientale

5.2 Principio ‘chi inquina paga’

5.3 Potere legislativo e potere giudiziario: chi comanda sul clima?

5.4 ‘Dovere di protezione’

 

1. Una minaccia globale senza precedenti (perché?)

Si legge spesso che il cambiamento climatico è una minaccia globale senza precedenti. È vero? E perché? D’altra parte, vi sono perduranti incertezze sulle dimensioni dell’aumento di temperatura atteso nei prossimi decenni, come sull’efficacia delle diverse possibili misure per contrastarlo.

Esaminiamo brevemente questi due punti fondamentali.

Quanto alla gravità della minaccia, il Rapporto speciale IPPC (Intergovernmental Panel on Climate Change) del 2018 “Global Warming of 1,5 Degrees” mostra le gravi conseguenze di un riscaldamento di 1,5 gradi centigradi e ancor più quelle di un riscaldamento più elevato (2 gradi centigradi o più) rispetto ai livelli preindustriali. Oltre questa soglia, vi è il possibile rischio di mutamenti irreversibili di notevole gravità, come quelli collegati allo scioglimento dei ghiacci dell’Antartide, con il conseguente aumento di diversi metri del livello del mare in pochi secoli.  D’altra parte, secondo l’Emission Gap Report del 2019 dell’UN Environment Program, la tendenza attuale porta a un prevedibile aumento di 3,2 gradi centigradi.

Quanto alle incertezze sulle dimensioni della minaccia, esse esistono e dipendono da molti fattori. Due molto importanti sono la ancora troppo ridotta capacità di calcolo dei supercomputer (può sembrare strano, ma è così) e l’esistenza di serie difficoltà, in meteorologia, nell’immaginare quale sarà il comportamento delle nuvole di fronte a ulteriori aumenti di temperatura del Pianeta. Questo comportamento, sulla base di molteplici fattori ancora non chiari, potrebbe ostacolare o addirittura agevolare ulteriormente il riscaldamento (Link).

Paradossalmente, le perduranti incertezze sulle dimensioni dell’ulteriore riscaldamento atteso sono uno dei freni allo sviluppo di una consapevolezza globale circa la necessità di misure adeguate ed efficaci sul clima. Sembra quasi che Stati e opinioni pubbliche ‘sperino’ che le cose non vadano poi così male.  Per contrastare questo atteggiamento pericoloso, importanti investimenti sulla ricerca di base sul clima, finalizzati a ridurre le incertezze, rimangono fondamentali.

Una ulteriore ragione di freno verso il necessario sviluppo di adeguate politiche sul clima è costituito da una ovvia circostanza temporale: i costi delle misure sul riscaldamento globale vanno affrontati oggi, mentre i peggiori effetti sull’ecosistema si verificheranno, in mancanza di misure adeguate, solo fra qualche decennio. Ma questo atteggiamento, oltre ad essere veramente miope, è anche contrastante con tutti i principi del diritto internazionale, che impongono una visione ‘sostenibile’ dello sviluppo, tale pertanto da non caricare le generazioni future di pesi eccessivi e tantomeno di danni potenzialmente irreversibili.

 

2. Le possibili misure di contrasto al riscaldamento globale

Le principali categorie di misure di contrasto al riscaldamento climatico sono gli interventi di mitigazione, quelli di adattamento e quelli di ingegneria climatica.

La mitigazione si riferisce agli sforzi per ridurre o prevenire le emissioni di gas a effetto serra. Mitigazione può significare utilizzo di nuove tecnologie e delle energie rinnovabili, rendere le attrezzature obsolete più efficienti dal punto di vista energetico, o modificare le pratiche di gestione o il comportamento dei consumatori. La mitigazione interviene dunque sulle cause del cambiamento climatico.

L’adattamento interviene invece sugli effetti del cambiamento climatico e consiste in interventi idonei a ridurne, appunto, gli effetti negativi e, ove possibile, a sfruttarne le conseguenze positive. Vi sono molte possibili strategie per affrontare la nuova realtà: la realizzazione di opere idrauliche e irrigue, di dighe e barriere, la scelta di coltivazioni più idonee alle nuove condizioni climatiche, l’individuazione di nuove risorse in precedenza indisponibili, ecc.

L’ingegneria climatica è l’insieme delle tecnologie proposte per tentare di contrastare su scala planetaria le cause o gli effetti dei cambiamenti climatici. Le relative tecnologie si possono classificare in due grandi categorie: rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera (CDR - Carbon Dioxide Removal) e riduzione della radiazione solare incidente (SRM - Solar Radiation Management).

Anche a causa delle perduranti incertezze scientifiche inerenti a tale approccio – oltre che per le inevitabili ripercussioni politiche, sociali, ed etiche – l’eventuale gestione planetaria di progetti operativi di ingegneria climatica è oggetto di ampio dibattito. La gravità della minaccia è tale che la scelta delle misure non può e non deve risentire di indirizzi meramente ideologici. Tutte le tre menzionate strategie – mitigazione, adattamento, ingegneria climatica – devono essere perseguire ed agire in sinergia fra loro per ottenere l’obiettivo.

 

3. Gli obiettivi della comunità internazionale

Come è noto, la comunità internazionale richiede – attraverso i documenti e rapporti dell’IPCC e i vari Trattati e Accordi, da ultimo quello di Parigi – il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, al fine di non eccedere il menzionato obiettivo di 1,5 gradi centigradi come ulteriore aumento massimo di temperatura.

Questo richiede un ripensamento globale della politica energetica e ambientale nei prossimi 30 anni, e soprattutto lo richiede su una scala mondiale, ciò che non ha precedenti nella storia umana.

La cooperazione internazionale sarà dunque il fattore fondamentale per vincere questa sfida.

 

4. Il quadro regolatorio in Italia: misure di mitigazione e misure di adattamento

Come Stato membro dell’Unione Europea e protagonista a livello internazionale, l’Italia sta agendo sul clima in molti modi, attraverso la riduzione delle emissioni, l’uso di energie rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica.

Con il Decreto legislativo 216/2006 è stato introdotto, in applicazione delle norme comunitarie, il sistema nazionale dello scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra, modificato attraverso il Decreto legislativo n. 30/2013.

A livello di pianificazione, il Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima del dicembre 2019 (Link) pone obiettivi ambiziosi.

Secondo la Commissione europea, il Piano italiano è ben sviluppato, ma non rispetta tutti i requisiti fissati per le pianificazioni nazionali dal Regolamento 2018/1999/EU (Link).

Recentissimamente, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: Link) ha organizzato il finanziamento, nell’ambito della Missione 2 (“Rivoluzione verde e transizione ecologica”), di una serie di importanti azioni, le quali saranno determinanti al fine di realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti.

Come espressamente ricordato nel PNRR, per raggiungere gli obiettivi di Parigi (limitare il riscaldamento globale a 2°C , facendo il possibile per limitarlo a 1,5° C, rispetto ai livelli preindustriali), l’Unione Europea ha definito, attraverso lo European Green Deal (COM/2019/640 final), obiettivi energetici e climatici estremamente ambiziosi che richiederanno la riduzione dei gas climalteranti (Green House Gases, GHG) al 55 per cento nel 2030 e la neutralità climatica nel 2050. Nel periodo 1990-2019, le emissioni totali di gas serra in Italia si sono ridotte del 19%. La suddetta riduzione rappresenta un risultato importante, ma ancora lontano dagli obiettivi 2030 e 2050.

Il PNRR si pone perciò l’obiettivo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici di decarbonizzazione attraverso cinque linee di riforme e investimenti:

La prima linea di investimento ha come obiettivo l’incremento della quota di energie rinnovabili. La seconda ha l’obiettivo di potenziare e digitalizzare le infrastrutture di rete. La terza lo sviluppo dell’idrogeno. Quarto obiettivo è quello di sviluppare un trasporto locale più sostenibile, non solo ai fini della decarbonizzazione ma anche come leva di miglioramento complessivo della qualità della vita (riduzione inquinamento dell’aria e acustico, riduzione delle congestioni e integrazione di nuovi servizi). La quinta, infine, concerne lo sviluppo in Italia di supply chain competitive nelle aree a maggior crescita che consentano di ridurre la dipendenza da importazioni di tecnologie ed anzi di farne motore di occupazione e crescita.

 

5. Le questioni ‘fondamentali’ e ‘costituzionali’ di fronte alle Corti ed agli Stati nazionali

In tutti gli ordinamenti nazionali, il cambiamento climatico pone ai legislatori, ed alle stesse Costituzioni se le consideriamo un sistema ‘vivente’, alcune questioni fondamentali. Un recente accurato volume comparatistico (Kahl, W. E Weller M-P, (a cura di), Climate Change Litigation. A Hanfbook, Hart Publishing, 2021) ne identifica quattro. Affrontare in modo efficace e proporzionato tali questioni fondamentali consentirà anche di gestire una problematica di crescente rilievo nel diritto internazionale sul clima (e non solo): quello della adeguata, equilibrata e razionale risposta alle emozioni ed alle paure della popolazione (su ciò si veda Bianchi A. e Saab A, Fear and international law-making: An exploratory inquiry, Leiden Journal of International Law, 2019/9, pp. 351-365).

Le quattro menzionate questioni fondamentali sono le seguenti.

 

5.1 Sostenibilità e giustizia ambientale

Qui vengono in gioco i paradigmi della sostenibilità e della giustizia ambientale.

Il primo concerne l’elemento temporale del cambiamento climatico, che, in mancanza di efficaci interventi, scaricherà sulle future generazioni il peso di quanto sta avvenendo.

Il secondo è invece relativo all’elemento spaziale, nel senso che le azioni contro il riscaldamento globale (mitigazione e adattamento, soprattutto) devono essere congegnate, come del resto previsto dagli accordi internazionali sul clima, in modo tale da realizzare anche migliori condizioni di giustizia comparativa fra i popoli e le nazioni.

 

5.2 Principio ‘chi inquina paga’

Cruciale in generale nell’ambito del diritto internazionale dell’ambiente, il principio ‘chi inquina paga’ assume, nell’ambito del discorso sul clima, una sua connotazione persino più pregnante. 

Grazie alle misure di contrasto verso il riscaldamento (mitigazione, adattamento, ingegneria climatica), i costi del cambiamento climatico non sono più esternalizzati, ma vengono internalizzati.

Il vero problema da questo punto di vista consiste ovviamente nelle difficoltà esistenti sul piano tecnico-scientifico per determinare con sufficiente certezza, anche stabilendo le proporzioni relative, le specifiche responsabilità (fra gli Stati, fra le aziende, ecc.) per il riscaldamento del pianeta.

 

5.3 Potere legislativo e potere giudiziario: chi comanda sul clima?

Il crescente protagonismo delle Corti (nazionali e internazionali) nel settore del cambiamento climatico pone all’attenzione – è evidente – una questione di rilievo costituzionale con riferimento al noto e tradizionale principio della separazione dei poteri.

Dovrebbe in linea di principio essere il potere legislativo a definire le politiche ambientali, e dunque anche climatiche, di ogni Paese. Ciò peraltro deve avvenire nel quadro e nel rispetto dei Trattati internazionali e dei principi generali del diritto internazionale e costituzionale, la cui violazione può essere oggetto di intervento da parte delle Corti. La possibile tensione fra Corti e Governi è una conseguenza inevitabile di una situazione di questo tipo, e già si è del resto in alcuni casi verificata.

Per rendere questa potenziale tensione uno stimolo positivo e non un fattore di blocco, occorrono ovviamente, da parte di tutti gli attori in campo, autocontrollo, senso di responsabilità e consapevolezza dei limiti esistenti per ciascun potere (quello legislativo come quello giudiziario, in questo caso).

 

5.4 ‘Dovere di protezione’

Siamo abituati a vedere chiaramente indicati nelle Costituzioni i principali doveri di protezione che incombono sugli Stati.

Questo è ancora raramente vero per le questioni riguardanti il clima, anche se esso sempre più frequentemente sta diventando protagonista del contenzioso costituzionale. Ad esempio, con una recentissima decisione (sentenza 24 marzo 2021 - 1 BvR 2656/18), la Corte costituzionale tedesca ha ordinato al Parlamento tedesco di introdurre, entro la fine del 2022, misure più stringenti per prevedere in dettaglio gli obiettivi vincolanti di riduzione dei gas serra non solo per i prossimi anni, ma anche dal 2031 in poi, fino al raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica. 

Secondo la Corte, infatti, la Legge fondamentale della Germania comprende la protezione contro le menomazioni dei diritti fondamentali protetti dall’inquinamento ambientale, ivi compreso l’obbligo di proteggere la vita e la salute, anche delle generazioni future, dai pericoli del cambiamento climatico.  Nell’assolvere questo compito, ha precisato la Corte, il legislatore deve naturalmente tener conto che la protezione ambientale non ha una priorità incondizionata, ma deve essere bilanciato con altri diritti e principi costituzionali in casi di conflitto. In questo contesto, tuttavia, il peso relativo del requisito della protezione del clima nel processo di bilanciamento aumenta con il progredire del cambiamento climatico.

L’osservazione della Corte tedesca sul necessario bilanciamento fra diversi e talora confliggenti interessi costituzionalmente rilevanti riecheggia il principio stabilito dalla Corte costituzionale italiana con la sentenza n. 85/2013, che ha stabilito l’inesistenza, nel nostro ordinamento costituzionale, di “diritti tiranni”.

È presumibile che la spinta giudiziaria verso una maggiore incisività delle norme sulla protezione del clima si estenda nei prossimi anni, come documentato anche nel già citato volume sulla ‘Climate change litigation’. In Italia, in particolare, è stato anticipato l’avvio di una azione giudiziaria – chiamata ‘Giudizio universale’ – tendente ad ottenere l’esatto adempimento di tutte le obbligazioni climatiche che lo Stato ha deciso di assumere per evitare le conseguenze più distruttive dei cambiamenti climatici e per garantire effettività ai diritti dei suoi cittadini (Link).

È ora opportuno che anche le imprese rendano più esplicito l’inserimento, nei propri piani e programmi di sviluppo, di previsioni specifiche per il contenimento delle emissioni di gas serra.