Il contratto di servizi logistici integrati

Il contratto di cui trattasi costituisce una fattispecie atipica, cioè non disciplinata da alcuno dei modelli contrattuali tipici del Codice Civile.

Come gli altri contratti atipici conosciuti nella prassi commerciale, anche il contratto di servizi logistici[1], non foss’altro che per la sua complessità e varietà di prestazioni, sembrerebbe trovare il proprio fondamento giuridico nell’art. 1322.2 c.c. a norma del quale: “le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela”.

Questa norma, quindi, consente che l’autonomia delle parti, seppur nei limiti delineati, si sostituisca al Legislatore nella predisposizione degli schemi contrattuali, ogniqualvolta quelli oggetto della disciplina positiva risultino carenti rispetto alle esigenze delle parti stesse.

In realtà, però, parte della dottrina e della giurisprudenza tendono a limitare questa autonomia contrattuale, riconducendo le operazioni negoziali nuove alla disciplina di quel contratto tipico con il quale esse presentano maggiori analogie.

L’attività logistica, però, proprio per sua natura, è comprensiva di una molteplicità di servizi e prestazioni che rendono difficile ricondurre la sua disciplina ad uno specifico contratto tipico. Anche le figure alle quali essa più si avvicina appaiono insufficienti a garantirne un’adeguata regolamentazione. Non pare, ad esempio, esaustivo il riferimento al contratto di deposito, in quanto la prestazione dell’operatore logistico non riguarda certo solo la custodia dei prodotti affidatigli, ma anche una serie di attività complementari quali la gestione dei flussi di merci con l’ausilio di sistemi informatici, le attività di controllo qualitativo e quantitativo dei prodotti, lo svolgimento di attività amministrative legate alla gestione del magazzino, nonché la distribuzione delle merci. Nè, d’altro canto, si può giungere a differenti conclusioni in merito alla sua riconducibilità al solo schema del contratto di trasporto, principalmente in ragione della tipicità della prestazione da esso regolamentata[2] che mal si concilia con l’ampiezza e la varietà delle attività che caratterizzano il contratto di logistica.

Si proverà, quindi, a partire da una definizione di contratto di logistica: “Il contratto di logistica è quell’accordo con cui un soggetto, detto fornitore di servizi logistici, si assume la gestione di una o più fasi delle attività di deposito, movimentazione, manipolazione e trasferimento di prodotti di un altro soggetto, detto committente, con organizzazione dei mezzi a proprio carico, e si obbliga quindi alla prestazione dei servizi funzionali allo svolgimento di tali attività, dietro il pagamento di un corrispettivo[3]”.

In linea generale, la definizione testé menzionata, per molti versi richiama la fattispecie dell’appalto di cui agli artt. 1655 c.c. ed in peculiar modo dell’appalto di servizi[4]. Tali servizi, ovviamente, sono da intendersi come il risultato di un’attività di lavoro: la prestazione dell’appaltatore consiste, infatti, nella prestazione di un determinato servizio, che costituisce non già una semplice attività, ma un risultato che le parti hanno considerato come utile[5]. Questa connotazione fa dell’appalto di servizi un tipo contrattuale dai confini assai ampi ed elastici e ne consente, quindi, l’applicazione analogica in relazione ad una serie di operazioni giuridico-economiche che tendono a sfuggire ad una definizione precisa o ad una classificazione specifica, come il contratto di servizi logistici.

All’appalto di servizi il Legislatore ha dedicato un’unica, sintetica norma, l’art. 1677 c.c. che così dispone “Se l’appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle relative al contratto di somministrazione”.

La figura contrattuale dell’appalto di servizi presenta, infatti, forti similitudini con il contratto di somministrazione, in quanto entrambe le fattispecie si caratterizzano per la periodicità e la continuità delle prestazioni. L’istituto della somministrazione è, però, riferito espressamente alle sole prestazioni periodiche e continuative di “cose”, mentre l’appalto di servizi ha per oggetto una prestazione periodica e continuativa in faciendo[6].

Nonostante la distinctio tra i due contratti, in virtù dell’espresso richiamo effettuato dal Legislatore all’art. 1677 c.c., occorre considerare anche in materia di appalto la previsione dell’art. 1570 c.c., dettata in tema di somministrazione. Tale norma prevede che vengano applicate, nel disciplinare il contratto di somministrazione, anche le norme che disciplinano il contratto tipico cui corrispondono le singole prestazioni.

Nel contratto di servizi logistici un’adeguata comprensione dell’applicazione di tale norma è di fondamentale importanza, in considerazione della compresenza nel medesimo delle più svariate attività, ognuna di esse avente una propria specifica disciplina.

Il problema è quello di stabilire se ed in quale misura in presenza di una pluralità di servizi, si debbano applicare, con riferimento alle singole prestazioni, le norme sull’appalto o quelle dei contratti cui esse sono riconducibili. Per capire l’importanza della soluzione di tale questione, basti ricordare le differenti conseguenze in materia di prescrizione qualora si opti per l’applicazione delle norme in tema d’appalto[7], invece di quelle in materia di trasporto (un anno qualora il trasporto sia intraeuropeo e diciotto mesi se il trasporto abbia inizio o termine fuori d’Europa)[8].

Un’altra questione relativa al potenziale conflitto tra le norme che regolamentano l’appalto di servizi e quelle di altri contratti tipici si pone con riferimento al tema dell’inadempimento, per il quale è necessario valutare se, nel caso concreto, si tratti di inadempimento dell’accordo nel suo complesso, piuttosto che di inadempimento delle singole prestazioni. Nella prima ipotesi, infatti, dovrebbero applicarsi le norme in tema di appalto e somministrazione, mentre nella seconda ipotesi troverebbero applicazione le norme del contratto tipico cui le prestazioni specificatamente violate sono riconducibili.

Se questo è il quadro di riferimento, in attesa di uno specifico intervanto del Legislatore in materia di logistica, il suggerimento a chi si accosta alla redazione del contratto è quello di prevedere, quando ciò è possibile, una dettagliata ed esaustiva regolamentazione delle obbligazioni delle parti relativamente ad ogni segmento dell’attività, al fine di limitare l’incertezza circa la disciplina applicabile. Quando ciò non è possibile gioverà richiamare espressamente le norme del Codice Civile in grado di offrire la migliore regolamentazione.

Il contratto in oggetto si inserisce certamente nel moderno fenomeno dei c.d. contratti dell’outsourcing, destinati a realizzare l’esigenza sempre più avvertita dalle aziende di decentrare la propria organizzazione produttiva avvalendosi di soggetti terzi specialisti che garantiscano costi più contenuti e migliore qualità[9].

Per descrivere lo scopo del contratto di logistica si può sinteticamente affermare che per il committente l’obiettivo della terziarizzazione sta nel trasferire all’esterno della propria impresa l’organizzazione ed il controllo dell’attività logistica, considerata non come core business ed a basso valore aggiunto, e nel trovare in aziende specializzate dei partner in grado di gestire il processo logistico a costi minori e con standards di servizio più elevati. Per il fornitore di servizi lo scopo del contratto è di facile evidenza, in quanto esso è lo strumento attraverso il quale realizza la propria “missione”, ovvero quella di rendere servizi logistici a favore di terzi.

Da un punto di vista più strettamente giuridico, il contratto di logistica non ha, probabilmente, una propria autonoma causa in “senso astratto”[10] - intesa come funzione economico-sociale tipica [11] di un determinato contratto -, dato che detta causa muta in relazione alle figure contrattuali tipiche cui di volta in volta è riconducibile il contratto a seconda delle prestazioni richiamate. Tale contratto ha però certamente una propria causa in “senso concreto” – intesa come scopo o ragione pratica del contratto[12]-, che sicuramente lo caratterizza rispetto ai più tradizionali schemi contrattuali tipici.

Tale causa in senso concreto è rappresentata dalla realizzazione di un decentramento dell’originario assetto organizzativo del committente che, come detto, garantisca allo stesso tempo costi più bassi e migliore qualità del servizio e dell’assunzione, da parte del fornitore, al fine di acquisire una commessa di lavoro, della porzione di ciclo produttivo che il committente ha interesse a spostare all’esterno della propria organizzazione.

Il contratto di servizi logistici integrati configura, come si è evidenziato, una fattispecie atipica, in cui, però, confluiscono elementi di singoli contratti tipici. Oltre alle norme in tema di appalto[13], nel contratto in esame trovano applicazione, in forza di quanto disposto dall’art. 1677 c.c., anche le disposizioni in materia di somministrazione[14] “in quanto compatibili”. Inoltre, i contratti tipici cui si può fare riferimento sono senz’altro il contratto di deposito[15], il contratto di trasporto[16], il contratto di spedizione[17] ed il contratto di mandato[18]. Si richiamano, inoltre, le disposizioni degli artt. 2761[19] e 2756 c.c.[20], che in nota si riportano, relative al privilegio del depositario, del trasportatore e del mandatario.



[1] Cfr. MARONGIU DELLA ROCCA F., Le clausole del contratto di appalto di servizi logistici integrati,in Diri. Comm. Int.: Pratica internazionale e diritto interno, n.16.2, 2002, p. 305-356.

[2] Il “trasferire da un luogo all’altro persone o cose”.

[3] L. CALINI, M. GOSSO e A. PEROTTA, I contratti della logistica, Milano, 2000, p.p. 87-88.

[4] Vale la pena richiamare la definizione di appalto di servizi di C. GIANNATTASIO, L’appalto, in Trattato di diritto civile e commerciale A. CICU e F. MESSINEO (a cura di), Milano, 1977, p. 96, secondo la quale nel diritto privato l’appalto di servizi si caratterizza per il particolare contenuto della prestazione assunta dall’appaltatore, la quale consiste, anzichè nella realizzazione dell’opus perfectum, nello svolgimento di una determinata utilitas in favore del committente, suscettibile di valutazione economica.

[5] Cfr. F. MARINELLI, Il tipo e l’appalto, Padova, 1996, p. 12.

[6] Per un approfondimento sulla distinzione tra appalto di servizi e somministrazione v. D. RUBINO, L’appalto, in Trattato di Diritto Civile, F. VASSALLI (a cura di), Torino, 1980, p.p. 28 ss.

[7] 10 anni.

[8] La questione specifica è stata risolta da una parte della giurisprudenza che ha stabilito che se le parti hanno fissato l’impegno contrattuale di eseguire una serie di prestazioni continuative, si sarà in presenza esclusivamente di un contratto di appalto di servizi, cosicchè non dovrebbero trovare applicazione le norme cui si riferiscono le singole prestazioni, ma solo quelle dell’appalto e delle obbligazioni in generale (Cfr. App. Torino, 3. 7. 1991, in Dir. Trasp., 1993, p.p. 89 ss.; Trib. Genova, 12. 7. 1990, in Riv. Giur. Circ. Trasp., 1991, p. 461).

[9] Per una panoramica sulla logistica si rimanda al Cap. I.

[10] II c.d. “fine ultimo aristotelico” su cui, senza la pretesa di essere esaustivi, v. in AA. VV., Enciclopedia Garzanti di filosofia, Milano, 1991; S. LANDUCCI, alla voce finalismo, p.p. 314-315. In realtà, la causa in senso astratto potrebbe essere individuata nelle scambio di prestazioni di servizi dietro il corrispettivo di un prezzo. E’, però, evidente che tale tipo causale è riconducibile a quello di diversi contratti tipici disciplinati dal Codice Civile, non presentando, quindi, alcuna peculiarietà.

[11]Cfr. M TALAMANCA, Istituzioni di Diritto Romano, Milano, 1990, p.p 212-213; C. M. BIANCA, Diritto Civile,(vol. 3) Il contratto, Milano, 2000, p.p. 450-451; in giurisprudenza, cfr. Cass. Civ. 15. 7. 1993, n. 7844, in Giur. It., 1995, I, p. 734 con nota di G. SICCHIERO “La causa del contratto si identifica con la funzione economico-sociale dell’atto”

[12]Cfr. C. M. BIANCA, Diritto Civile, (vol. 3) etc., op. cit., p. 461 che qui si riporta “Per la teoria della “causa tipica” l’irrilevanza dei motivi andrebbe senz’altro ricercata nella loro estraneità alla causa. La legge si interessa esclusivamente della funzione tipica del contratto, e non degli scopi variabili che di volta in volta possono indurre le parti a contrarre. Questo criterio di distinzione, però, cade se si ha, invece, riguardo alla “causa concreta del contratto. Precisamente, se si ha riguardo alla funzione pratica che le parti hanno effettivamente assegnato al loro accordo, devono allora rilevare anche i motivi, se questi non siano rimasti nella sfera interna di ciascuna parte ma si siano obiettivizzati nel contratto, divenendo interessi che il contratto è diretto a realizzare”. Cfr. anche C. SCOGNAMIGLIO, Motivo (del negozio giuridico),in Dig. Discipline Priv., Sez. Civ., XI, p.p. 466 e S. FERRANDO, alla voce Motivi, in Enc. Giur, Treccani, XX, i quali sono stati citati da C. M. BIANCA, Diritto Civile, (vol. 3) etc., op. cit., p. 461 nota 52.

[13] Cfr. Artt. 1655-1677 c.c.

[14] Cfr. Artt. 1559-1570 c.c.

[15] Cfr. Artt. 1766-1782 c.c.

[16] Cfr. Artt. 1678-1702 c.c.

[17] Cfr. Artt. 1737-1741 c.c.

[18] Cfr. Artt. 1703-1730 c.c.

[19] Cfr. Art. 2761 c.c. nel di cui testo è scritto “I crediti del vettore dipendenti dal contratto di trasporto e quelli per le spese d’imposta anticipate dal vettore hanno privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono presso di lui. I crediti del mandatario derivanti dall’esecuzione del mandato hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l’esecuzione del mandato. I crediti derivanti dal deposito ovvero dal sequestro convenzionale a favore del depositario e del sequestratario hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per effetto del deposito o del sequestro. Si applicano a questi privilegi le disposizioni del secondo e del terzo comma dell’articolo 2756 c.c.”.

[20] Cfr. Art. 2756 c.c. “I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese. Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede. Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno”.

Il contratto di cui trattasi costituisce una fattispecie atipica, cioè non disciplinata da alcuno dei modelli contrattuali tipici del Codice Civile.

Come gli altri contratti atipici conosciuti nella prassi commerciale, anche il contratto di servizi logistici[1], non foss’altro che per la sua complessità e varietà di prestazioni, sembrerebbe trovare il proprio fondamento giuridico nell’art. 1322.2 c.c. a norma del quale: “le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela”.

Questa norma, quindi, consente che l’autonomia delle parti, seppur nei limiti delineati, si sostituisca al Legislatore nella predisposizione degli schemi contrattuali, ogniqualvolta quelli oggetto della disciplina positiva risultino carenti rispetto alle esigenze delle parti stesse.

In realtà, però, parte della dottrina e della giurisprudenza tendono a limitare questa autonomia contrattuale, riconducendo le operazioni negoziali nuove alla disciplina di quel contratto tipico con il quale esse presentano maggiori analogie.

L’attività logistica, però, proprio per sua natura, è comprensiva di una molteplicità di servizi e prestazioni che rendono difficile ricondurre la sua disciplina ad uno specifico contratto tipico. Anche le figure alle quali essa più si avvicina appaiono insufficienti a garantirne un’adeguata regolamentazione. Non pare, ad esempio, esaustivo il riferimento al contratto di deposito, in quanto la prestazione dell’operatore logistico non riguarda certo solo la custodia dei prodotti affidatigli, ma anche una serie di attività complementari quali la gestione dei flussi di merci con l’ausilio di sistemi informatici, le attività di controllo qualitativo e quantitativo dei prodotti, lo svolgimento di attività amministrative legate alla gestione del magazzino, nonché la distribuzione delle merci. Nè, d’altro canto, si può giungere a differenti conclusioni in merito alla sua riconducibilità al solo schema del contratto di trasporto, principalmente in ragione della tipicità della prestazione da esso regolamentata[2] che mal si concilia con l’ampiezza e la varietà delle attività che caratterizzano il contratto di logistica.

Si proverà, quindi, a partire da una definizione di contratto di logistica: “Il contratto di logistica è quell’accordo con cui un soggetto, detto fornitore di servizi logistici, si assume la gestione di una o più fasi delle attività di deposito, movimentazione, manipolazione e trasferimento di prodotti di un altro soggetto, detto committente, con organizzazione dei mezzi a proprio carico, e si obbliga quindi alla prestazione dei servizi funzionali allo svolgimento di tali attività, dietro il pagamento di un corrispettivo[3]”.

In linea generale, la definizione testé menzionata, per molti versi richiama la fattispecie dell’appalto di cui agli artt. 1655 c.c. ed in peculiar modo dell’appalto di servizi[4]. Tali servizi, ovviamente, sono da intendersi come il risultato di un’attività di lavoro: la prestazione dell’appaltatore consiste, infatti, nella prestazione di un determinato servizio, che costituisce non già una semplice attività, ma un risultato che le parti hanno considerato come utile[5]. Questa connotazione fa dell’appalto di servizi un tipo contrattuale dai confini assai ampi ed elastici e ne consente, quindi, l’applicazione analogica in relazione ad una serie di operazioni giuridico-economiche che tendono a sfuggire ad una definizione precisa o ad una classificazione specifica, come il contratto di servizi logistici.

All’appalto di servizi il Legislatore ha dedicato un’unica, sintetica norma, l’art. 1677 c.c. che così dispone “Se l’appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle relative al contratto di somministrazione”.

La figura contrattuale dell’appalto di servizi presenta, infatti, forti similitudini con il contratto di somministrazione, in quanto entrambe le fattispecie si caratterizzano per la periodicità e la continuità delle prestazioni. L’istituto della somministrazione è, però, riferito espressamente alle sole prestazioni periodiche e continuative di “cose”, mentre l’appalto di servizi ha per oggetto una prestazione periodica e continuativa in faciendo[6].

Nonostante la distinctio tra i due contratti, in virtù dell’espresso richiamo effettuato dal Legislatore all’art. 1677 c.c., occorre considerare anche in materia di appalto la previsione dell’art. 1570 c.c., dettata in tema di somministrazione. Tale norma prevede che vengano applicate, nel disciplinare il contratto di somministrazione, anche le norme che disciplinano il contratto tipico cui corrispondono le singole prestazioni.

Nel contratto di servizi logistici un’adeguata comprensione dell’applicazione di tale norma è di fondamentale importanza, in considerazione della compresenza nel medesimo delle più svariate attività, ognuna di esse avente una propria specifica disciplina.

Il problema è quello di stabilire se ed in quale misura in presenza di una pluralità di servizi, si debbano applicare, con riferimento alle singole prestazioni, le norme sull’appalto o quelle dei contratti cui esse sono riconducibili. Per capire l’importanza della soluzione di tale questione, basti ricordare le differenti conseguenze in materia di prescrizione qualora si opti per l’applicazione delle norme in tema d’appalto[7], invece di quelle in materia di trasporto (un anno qualora il trasporto sia intraeuropeo e diciotto mesi se il trasporto abbia inizio o termine fuori d’Europa)[8].

Un’altra questione relativa al potenziale conflitto tra le norme che regolamentano l’appalto di servizi e quelle di altri contratti tipici si pone con riferimento al tema dell’inadempimento, per il quale è necessario valutare se, nel caso concreto, si tratti di inadempimento dell’accordo nel suo complesso, piuttosto che di inadempimento delle singole prestazioni. Nella prima ipotesi, infatti, dovrebbero applicarsi le norme in tema di appalto e somministrazione, mentre nella seconda ipotesi troverebbero applicazione le norme del contratto tipico cui le prestazioni specificatamente violate sono riconducibili.

Se questo è il quadro di riferimento, in attesa di uno specifico intervanto del Legislatore in materia di logistica, il suggerimento a chi si accosta alla redazione del contratto è quello di prevedere, quando ciò è possibile, una dettagliata ed esaustiva regolamentazione delle obbligazioni delle parti relativamente ad ogni segmento dell’attività, al fine di limitare l’incertezza circa la disciplina applicabile. Quando ciò non è possibile gioverà richiamare espressamente le norme del Codice Civile in grado di offrire la migliore regolamentazione.

Il contratto in oggetto si inserisce certamente nel moderno fenomeno dei c.d. contratti dell’outsourcing, destinati a realizzare l’esigenza sempre più avvertita dalle aziende di decentrare la propria organizzazione produttiva avvalendosi di soggetti terzi specialisti che garantiscano costi più contenuti e migliore qualità[9].

Per descrivere lo scopo del contratto di logistica si può sinteticamente affermare che per il committente l’obiettivo della terziarizzazione sta nel trasferire all’esterno della propria impresa l’organizzazione ed il controllo dell’attività logistica, considerata non come core business ed a basso valore aggiunto, e nel trovare in aziende specializzate dei partner in grado di gestire il processo logistico a costi minori e con standards di servizio più elevati. Per il fornitore di servizi lo scopo del contratto è di facile evidenza, in quanto esso è lo strumento attraverso il quale realizza la propria “missione”, ovvero quella di rendere servizi logistici a favore di terzi.

Da un punto di vista più strettamente giuridico, il contratto di logistica non ha, probabilmente, una propria autonoma causa in “senso astratto”[10] - intesa come funzione economico-sociale tipica [11] di un determinato contratto -, dato che detta causa muta in relazione alle figure contrattuali tipiche cui di volta in volta è riconducibile il contratto a seconda delle prestazioni richiamate. Tale contratto ha però certamente una propria causa in “senso concreto” – intesa come scopo o ragione pratica del contratto[12]-, che sicuramente lo caratterizza rispetto ai più tradizionali schemi contrattuali tipici.

Tale causa in senso concreto è rappresentata dalla realizzazione di un decentramento dell’originario assetto organizzativo del committente che, come detto, garantisca allo stesso tempo costi più bassi e migliore qualità del servizio e dell’assunzione, da parte del fornitore, al fine di acquisire una commessa di lavoro, della porzione di ciclo produttivo che il committente ha interesse a spostare all’esterno della propria organizzazione.

Il contratto di servizi logistici integrati configura, come si è evidenziato, una fattispecie atipica, in cui, però, confluiscono elementi di singoli contratti tipici. Oltre alle norme in tema di appalto[13], nel contratto in esame trovano applicazione, in forza di quanto disposto dall’art. 1677 c.c., anche le disposizioni in materia di somministrazione[14] “in quanto compatibili”. Inoltre, i contratti tipici cui si può fare riferimento sono senz’altro il contratto di deposito[15], il contratto di trasporto[16], il contratto di spedizione[17] ed il contratto di mandato[18]. Si richiamano, inoltre, le disposizioni degli artt. 2761[19] e 2756 c.c.[20], che in nota si riportano, relative al privilegio del depositario, del trasportatore e del mandatario.



[1] Cfr. MARONGIU DELLA ROCCA F., Le clausole del contratto di appalto di servizi logistici integrati,in Diri. Comm. Int.: Pratica internazionale e diritto interno, n.16.2, 2002, p. 305-356.

[2] Il “trasferire da un luogo all’altro persone o cose”.

[3] L. CALINI, M. GOSSO e A. PEROTTA, I contratti della logistica, Milano, 2000, p.p. 87-88.

[4] Vale la pena richiamare la definizione di appalto di servizi di C. GIANNATTASIO, L’appalto, in Trattato di diritto civile e commerciale A. CICU e F. MESSINEO (a cura di), Milano, 1977, p. 96, secondo la quale nel diritto privato l’appalto di servizi si caratterizza per il particolare contenuto della prestazione assunta dall’appaltatore, la quale consiste, anzichè nella realizzazione dell’opus perfectum, nello svolgimento di una determinata utilitas in favore del committente, suscettibile di valutazione economica.

[5] Cfr. F. MARINELLI, Il tipo e l’appalto, Padova, 1996, p. 12.

[6] Per un approfondimento sulla distinzione tra appalto di servizi e somministrazione v. D. RUBINO, L’appalto, in Trattato di Diritto Civile, F. VASSALLI (a cura di), Torino, 1980, p.p. 28 ss.

[7] 10 anni.

[8] La questione specifica è stata risolta da una parte della giurisprudenza che ha stabilito che se le parti hanno fissato l’impegno contrattuale di eseguire una serie di prestazioni continuative, si sarà in presenza esclusivamente di un contratto di appalto di servizi, cosicchè non dovrebbero trovare applicazione le norme cui si riferiscono le singole prestazioni, ma solo quelle dell’appalto e delle obbligazioni in generale (Cfr. App. Torino, 3. 7. 1991, in Dir. Trasp., 1993, p.p. 89 ss.; Trib. Genova, 12. 7. 1990, in Riv. Giur. Circ. Trasp., 1991, p. 461).

[9] Per una panoramica sulla logistica si rimanda al Cap. I.

[10] II c.d. “fine ultimo aristotelico” su cui, senza la pretesa di essere esaustivi, v. in AA. VV., Enciclopedia Garzanti di filosofia, Milano, 1991; S. LANDUCCI, alla voce finalismo, p.p. 314-315. In realtà, la causa in senso astratto potrebbe essere individuata nelle scambio di prestazioni di servizi dietro il corrispettivo di un prezzo. E’, però, evidente che tale tipo causale è riconducibile a quello di diversi contratti tipici disciplinati dal Codice Civile, non presentando, quindi, alcuna peculiarietà.

[11]Cfr. M TALAMANCA, Istituzioni di Diritto Romano, Milano, 1990, p.p 212-213; C. M. BIANCA, Diritto Civile,(vol. 3) Il contratto, Milano, 2000, p.p. 450-451; in giurisprudenza, cfr. Cass. Civ. 15. 7. 1993, n. 7844, in Giur. It., 1995, I, p. 734 con nota di G. SICCHIERO “La causa del contratto si identifica con la funzione economico-sociale dell’atto”

[12]Cfr. C. M. BIANCA, Diritto Civile, (vol. 3) etc., op. cit., p. 461 che qui si riporta “Per la teoria della “causa tipica” l’irrilevanza dei motivi andrebbe senz’altro ricercata nella loro estraneità alla causa. La legge si interessa esclusivamente della funzione tipica del contratto, e non degli scopi variabili che di volta in volta possono indurre le parti a contrarre. Questo criterio di distinzione, però, cade se si ha, invece, riguardo alla “causa concreta del contratto. Precisamente, se si ha riguardo alla funzione pratica che le parti hanno effettivamente assegnato al loro accordo, devono allora rilevare anche i motivi, se questi non siano rimasti nella sfera interna di ciascuna parte ma si siano obiettivizzati nel contratto, divenendo interessi che il contratto è diretto a realizzare”. Cfr. anche C. SCOGNAMIGLIO, Motivo (del negozio giuridico),in Dig. Discipline Priv., Sez. Civ., XI, p.p. 466 e S. FERRANDO, alla voce Motivi, in Enc. Giur, Treccani, XX, i quali sono stati citati da C. M. BIANCA, Diritto Civile, (vol. 3) etc., op. cit., p. 461 nota 52.

[13] Cfr. Artt. 1655-1677 c.c.

[14] Cfr. Artt. 1559-1570 c.c.

[15] Cfr. Artt. 1766-1782 c.c.

[16] Cfr. Artt. 1678-1702 c.c.

[17] Cfr. Artt. 1737-1741 c.c.

[18] Cfr. Artt. 1703-1730 c.c.

[19] Cfr. Art. 2761 c.c. nel di cui testo è scritto “I crediti del vettore dipendenti dal contratto di trasporto e quelli per le spese d’imposta anticipate dal vettore hanno privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono presso di lui. I crediti del mandatario derivanti dall’esecuzione del mandato hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l’esecuzione del mandato. I crediti derivanti dal deposito ovvero dal sequestro convenzionale a favore del depositario e del sequestratario hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per effetto del deposito o del sequestro. Si applicano a questi privilegi le disposizioni del secondo e del terzo comma dell’articolo 2756 c.c.”.

[20] Cfr. Art. 2756 c.c. “I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese. Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede. Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno”.