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Il diritto al risarcimento per mancato godimento del bene esclusivo in condominio

Condominio
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Con una recente pronuncia, la n. 1671 del 13.12.2019, il Tribunale di Parma, in funzione di giudice d’appello, ricostruisce la tematica del preteso diritto al risarcimento del condomino che “risulti, in concreto, pregiudicato da una delibera condominiale (non impugnata) che abbia deciso lavori (seppure utili anche per lui) di consolidamento statico” in ragione del “pregiudizio riconducibile alla riduzione delle facoltà di uso e godimento del box auto su cui hanno insistito le strutture portanti delle impalcature (utilizzate dalla ditta esecutrice dei lavori).

In tale ipotesi, il Giudice unico riconduce la verifica della sussistenza del diritto, diversamente da quanto preteso dagli appellanti, non all’articolo 1173 codice civile, descrittivo, tra le altre, di quella specie di obbligazioni che nascono “da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico”, bensi all’articolo 843 codice civile il quale dispone che “Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.

Detta norma, secondo la dottrina prevalente, stabilisce un limite alla proprietà privata posto per la salvaguardia di altri interessi privati, socialmente apprezzabili, eccezionale e non applicabile analogicamente ad altre fattispecie. Esso conferisce diritto - al proprietario (e nondimeno, al titolare di altro diritto reale ed al possessore) del fondo confinante - di accesso e passaggio, per edificare o mantenere un’opera propria o comune, ponendo, quale condizione la “riconosciuta necessità”.

Esso dunque, sancisce il Tribunale parmense, applica un criterio di tolleranza obbligata, a carico del proprietario, nei limiti della “normale tollerabilità” stabiliti secondo i principi di cui all’articolo 844 codice civile e riconosce un onere indennitario “al caso in cui un danno (corpore corpori datum), sia cagionato nel passaggio ed a motivo del passaggio, come tale dovendo intendersi il pregiudizio ulteriore e diverso dal passaggio cui il proprietario non può opporsi”.

Secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, l’indennità di cui all’articolo 843 codice civile costituisce il risarcimento per un danno effettivamente subìto dal proprietario del fondo, ancorché non dimostrabile in concreto, e che può essere invece liquidato equitativamente, in ragione dell’accesso effettuato dal vicino, trattandosi di una condotta composta da un atto lecito dannoso, e pertanto svincolato dal comportamento colpevole del danneggiante.

Due recenti pronunce della Corte di Cassazione consentono di chiarirne la natura ed i termini.

Insegnano gli Ermellini come la liquidazione dell’indennità debba necessariamente ricondursi al “concorso di elementi dai quali si possa desumere, anche in via presuntiva, che un danno si sia prodotto, non apparendo sufficiente, a tale scopo, la semplice occupazione del fondo, per il tempo strettamente necessario all’esecuzione dei lavori (Cass. Civ. Sez. VI-II, 21.6.2019 n. 16776).

Può, al contrario, e per esempio, costituire ragione risarcitoria l’eventuale occupazione del fondo per tempi incompatibili con quelli immediatamente necessari all’esecuzione delle opere e sproporzionatamente eccessivi. (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 27.1.2009 n. 1908).

Il Tribunale di Parma pertanto si mantiene nel solco della maggioritaria ed oggi sostanzialmente pacifica giurisprudenza di legittimità nell’applicazione dei termini e dei limiti del diritto e dell’indennità di cui all’articolo 843 codice civile, e – tuttavia – amplia l’orizzonte delle propria analisi intervenendo, come nel caso che esamina, in ambito condominiale.

Esso considera come, in materia di condominio degli edifici, non si possa prescindere dal criterio dell’utilità, secondo un principio di “corretta redistribuzione degli oneri economici” tra condòmini, ritenendo, con una analisi lucida, sviluppata peraltro in una nota a margine del provvedimento, che “l’articolo 1123.2 codice civile introduca un criterio in forza del quale il parametro dell’utilità valga non solo ad addossare le spese ai condomini che traggano beneficio dalle opere che debbono essere deliberate nel loro interesse, ma anche ad allievare la posizione del soggetto che, in ragione di quelle opere, patisca una riduzione delle facoltà di godimento dei propri beni individuali o delle cose comuni.

Tale intepretazione della norma codicistica sulla ripartizione delle spese in ambito condominiale, viene confortata dal richiamo testuale, ad opera del Giudice di Parma, ad una risalente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, n. 3032/1967), la quale “sancì che l'attività del condomino il quale, nel costruire un'opera insistente su terreno di sua proprietà esclusiva, abbia per breve tempo, durante l'esecuzione dell'opera di scavo per le fondazioni, invaso l'area del cortile comune, trova legittima giustificazione sulle Disposizioni contenute nell'articolo 843 cod.civ.” 

Ne discende che la pretesa dei “proprietari (…) che hanno patito un’attività (riparativa) del condominio che, pur precludendo l’accesso alla loro autorimessa, non pare affatto abbia superato il limite della normale tollerabilità” evidentemente inserito nella logica di un contesto condominiale, la quale presiede ad un equilibrio di interessi che devono dirsi accomunati dall’utilità delle opere svolte.