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Il fenomeno del Revenge Porn

Disegno
Ph. Alessandro Saggio / Disegno

Abstract

Il presente articolo si propone di dare una spiegazione giuridica del fenomeno comportamentale definito ‘Revenge Porn’ (in italiano, ‘vendetta porno’), il quale si realizza con la diffusione, da parte del soggetto attivo, di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso della persona rappresentata e con lo scopo di arrecarle un danno psico-fisico. L’autore prende posizione su elementi dibattuti in dottrina, primo fra tutti la collocazione sistematica della norma all’interno del codice penale, con la finalità di fornire utili spunti di riflessione.

 

Introduzione sul revenge porn

Il termine ‘Revenge Porn’ (anche ‘Revenge Pornography’), traducibile nella nostra lingua con i termini “vendetta porno”, “vendetta pornografica” o “porno vendicativo”, indica la condotta penalmente rilevante consistente nella diffusione di materiale (immagini o video) a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona raffigurata e con l’intenzione di creare alla stessa un danno o un disagio psico-fisico.

Come si può facilmente intuire, il termine è stato mutuato dalla legislazione inglese, che per prima lo previde come reato attraverso la ‘Section 33 of the Criminal Justice and Courts Act 2015’, prevendo una pena di reclusione non superiore a 2 anni.

Section 33 (1) «It is an offence for a person to disclose a private sexual photograph or film if the disclosure is made:

(a) without the consent of an individual who appears in the photograph or film, and

(b) with the intention of causing that individual distress».[1]

La norma inglese merita di essere trascritta, perché rappresenta, a mio avviso, la formulazione legale sulla quale sono stati modulati i corrispondenti illeciti penali, creati dai vari ordinamenti giuridici stranieri, tra i quelli quello italiano; ed effettivamente, i due presupposti indefettibili per la configurazione dell’illecito, ovvero: la divulgazione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona raffigurata e l’intenzione di creare alla vittima un disaggio, saranno presenti anche nella disposizione penale italiana corrispondente.

Nonostante i numerosi casi di ‘vendetta pornografica’, che molte volte si sono conclusi con il suicidio della vittima a causa del grave disagio psichico che aveva subìto, l’ordinamento giuridico penale italiano non prevedeva (fino ad Agosto del 2019) nessuna norma penale che fosse in grado di punire il reo colpevole di condotte qualificabili come ‘Revenge Porn’.

Questi casi, dunque, erano sanzionati facendo riferimento alle norme penali riguardanti: la diffamazione (articolo 595 Codice Penale), utilizzata per tutelare la reputazione altrui, l’estorsione (articolo 629 Codice Penale), destinata a punire la condotta di chi utilizza il materiale a contenuto sessualmente esplicito al fine di ottenere un profitto ingiusto, la violazione della privacy (articoli 167, 167-bis, 167-ter, Decreto Legislativo 2003/196), destinati a punire il trattamento illecito dei dati, la comunicazione e diffusione illecita e l’acquisizione fraudolenta dei dati personali oggetto di trattamento su larga scala.

Il vuoto legislativo fu colmato con l’introduzione dell’articolo 612-ter Codice Penale (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti) per effetto dell’articolo 10, L. 19.07.2019 n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere - c.d. Codice Rosso), a decorrere dal 9 agosto del 2019.

 

Collocazione sistematica

Un primo elemento di dibattito riguarda la collocazione strutturale assegnata all’articolo 612-ter Codice Penale, esattamente nella Sezione III (dei delitti contro la libertà morale) del Capo III (dei delitti contro la libertà individuale), a sua volta inserito nel Titolo XII (dei delitti contro la persona) del Libro II del codice penale.

Se da un lato è da condividere la scelta del Legislatore di non inserire la disposizione in esame tra i delitti contro l’onore (preveduti nel Capo II del Titolo XII), in quanto è opinione comune e giusta che la tipologia delittuosa del ‘Revenge Porn’ non rappresenti solamente un’offesa all’onore o al decoro della vittima, ma si spinge oltre fino al disprezzo e alla lesione della riservatezza personale e della libertà psichica, dall’altro lato, pur tentando di comprendere, da un punto di vista concettuale, la scelta del Legislatore di inserire la fattispecie delittuosa tra i delitti contro la libertà morale, in quanto la condotta dell’agente incide proprio sulla liberà psichica della vittima, intravedo, cionondimeno, una forzatura nell’accostamento della disposizione accanto ai delitti ‘lato sensu’ di minaccia.

Ed effettivamente, pur riconoscendo che molte volte il soggetto attivo agisce con la ‘sola’ finalità di minacciare la vittima, bisogna ammettere che la finalità principale di questa tipologia delittuosa va oltre la minaccia e si spinge fino al disprezzo della dignità umana[2].

I contenuti della condotta criminosa sono rispettivamente preveduti nei commi 1° e 2° dell’articolo 612-ter Codice Penale, i quali si differenziano solamente in riferimento al soggetto attivo del reato e all’elemento soggettivo.

 

Comma 1°

«Articolo 612-ter - (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti).

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.

 

Clausola di riserva

La disposizione si apre con la clausola di riserva «salvo che il fatto costituisca più grave reato»,[3] con la quale il Legislatore individua quale norma debba prevalere nel caso in cui lo stesso fatto illecito comporti una lesione di più norme penali (concorso di reati)[4].

Pertanto, in ossequio della clausola di riserva, è ammissibile applicare una norma penale diversa, la quale sia in grado di punire in maniera più grave una fattispecie penale di maggiore gravità, rispetto alla norma ex 612-ter Codice Penale; ad esempio, si pensi alla norma penale (più grave) dell’estorsione (articolo629 Codice Penale), che prevede una  pena base non superiore a dieci anni, quando la trasmissione di materiale a contenuto sessualmente esplicito sia strumentale per l’ottenimento di denaro o altre utilità.

 

Soggetto attivo

In relazione al soggetto attivo, il primo comma indica chiaramente che il fatto di reato può essere commesso da «chiunque», non richiedendo pertanto, ai fini della configurabilità del reato, che il soggetto attivo abbia determinate qualità o sia legato da particolari relazioni con la persona offesa (reato comune)[5].

L’espressione «dopo averli realizzati o sottratti» precisa, a sua volta, che il soggetto attivo del reato possa essere sia chi abbia realizzato in prima persona il materiale audio-visivo a contenuto sessualmente esplicito, il quale a sua volta può aver partecipato direttamente alla scena sessuale o può essersi limitato a riprenderla, sia chi abbia sottratto il materiale privato contro la volontà del legittimo proprietario, rivestendo il carattere di un soggetto esterno rispetto ai soggetti della scena rappresentata.

 

La condotta

La norma in esame specifica, inoltre, la condotta che il soggetto attivo dovrà tenere concretamente affinché si qualifichi la fattispecie criminosa, distinguendo cinque modalità comportamentali alternative: l’invio, la consegna, la cessione, la pubblicazione o la diffusione delle immagini o video a contenuto sessualmente esplicito.

È facilmente intuibile un diverso grado di pericolosità, a mio avviso, tra le prime tre modalità (invio, consegna e cessione), le quali fanno riferimento ad un contatto diretto tra il soggettivo attivo ed un altro soggetto determinato (o altri determinati), e le ultime due modalità (pubblicazione e diffusione), le quali rievocano, invece, significati vicini al mondo dei social network e della ‘viralità’, e pertanto destinati a riferirsi a rapporti tra categorie di soggetti indeterminati[6].

Sarebbe auspicabile, sulla base di quanto appena sostenuto, che il giudice moderasse la sanzione penale anche sulla base della maggior o minor gravità della condotta delittuosa, considerando che colui che diffonde un immagine o video a contenuto sessualmente esplicito attraverso l’utilizzo della Rete agisce sicuramente con un finalità più grave ed una volontà colpevole più intensa rispetto a chi, invece, trasmette il materiale in questione attraverso strumenti che, pur danneggiando la vittima e dovendo essere giustamente puniti, mantengono il danno entro determinati ‘limiti’, diffondendo, appunto, il materiale tra soggetti determinati.

 

Il consenso

La norma chiarisce che le condotte fin qui esaminate integrano la fattispecie delittuosa, salvo che la persona rappresentata non abbia prestato il proprio consenso al trattamento dei contenuti che la riguardano.

Il consenso della persona rappresentata nei video o nelle immagini a contenuto sessualmente esplicito è, pertanto, fondamentale ai fini dell’invocazione dell’assenza di responsabilità penale.

È necessario sottolineare che il Legislatore richiede il consenso e non il dissenso da parte della vittima. Questo è un elemento di estrema importanza ai fini della tutela penale della vittima, in quanto laddove il Legislatore avesse richiesto il ‘dissenso’, e cioè una preventiva manifestazione di contraria volontà alla trasmissione del materiale sessualmente esplicito, sarebbe stato sufficiente il silenzio della vittima per legittimare il soggetto attivo a trasmettere il materiale, rimanendo dunque impunito; si pensi, ad esempio, alla circostanza non insolita in cui il contenuto audio-visivo sia prodotto all’insaputa della vittima.

Ovviamente non rileverà, ai fini della colpevolezza, che il contenuto sia stato realizzato con il consenso della vittima (si pensi ad alcuni giochi erotici tra i partner che prevedono il riprendersi durante atti sessuali) o a sua insaputa, ma sarà sufficiente che l’agente abbia inviato, ceduto, consegnato, diffuso o pubblicato il materiale audio-visivo senza il consenso della vittima, affinché si integri il reato ex articolo 612-bis Codice Penale

Quanto sopra esposto, si spiega proprio in funzione della privatezza del materiale in questione, tant’è che la disposizione in esame indica chiaramente che trattasi di contenuti «destinati a rimanere privati».[7]

 

Elemento soggettivo

In relazione all’elemento oggettivo, è chiaro che il Legislatore punisce la condotta illecita ex comma 1° a titolo di ‘dolo generico’, applicando la pena per il sol fatto di aver posto in essere la condotta illecita, senza dare rilevanza a quelle che possono essere ‘ulteriori’ finalità che il reo abbia intenzione di raggiungere. Secondo lo schema del dolo generico, dunque, non rileverà ai fini del rimprovero di colpevolezza, che il soggetto attivo abbia posto in essere la condotta delittuosa con la finalità di creare un danno psichico alla vittima o semplicemente con finalità ludiche o di vanto; basterà aver posto in essere la condotta tipicizzata dalla norma, affinché si integri il reato in questione.

Sicuramente punire questa condotta a titolo di ‘dolo generico’ assicura una protezione e una tutela maggiore nei confronti della vittima, ma tradisce concettualmente lo schema del ‘Revenge Porn’, il quale prevede che la l’agente ponga in essere la condotta delittuosa con la finalità ulteriore di creare nocumento alla vittima.

Credo, infine, che la volontà di raggiungere ulteriori finalità, debba essere tenuta in considerazione dal giudice nel momento della commisurazione della pena, comportandone una diminuzione o aumento a seconda della gravità della finalità che si desidera raggiungere.

 

Il carattere sessualmente esplicito

Un ulteriore elemento di perplessità è l’espressione «a contenuto sessualemente esplicito», la quale appare molto generica e, dunque, potenzialmente capace di lasciare un ampio potere discrezionale al giudice nella qualificazione del materiale audio-visivo che integri o meno questa qualità, in contrasto, pertanto, con i principi di riserva di legge e di sufficiente determinatezza e tassatività, corollari del più ampio principio di legalità ex articolo 25 Costituzione.

Per ricondurre a legittimità la norma in esame, si potrebbe tentare di risolvere i dubbi contenutistici, facendo riferimento all’articolo 609-bis Codice Penale (violenza sessuale), il cui concetto di ‘atti sessuali’ è il risultato dei concetti di ‘congiunzione carnale’ e ‘atti di libidine’, ed infatti con il termine ‘atto sessuale’ ex articolo 609-bis Codice Penale non si intende solamente la compenetrazione carnale, ma anche qualsiasi atto idoneo a soddisfare il piacere o suscitarne lo stimolo. Secondo questa ricostruzione, il materiale audio-visivo avrebbe un contenuto ‘sessualmente esplicito’ sia quando contiene immagini raffiguranti il momento di congiunzione carnale tra due persone, sia quando contiene immagini riguardanti il toccamento di parti intime o ‘erogene’ anche se coperte dai vestiti[8].

Onestamente, credo che anche questa soluzione sia troppo espansiva dell’area del penalmente rilevante, in quanto tradisce le aspettative contenute nell’aggettivo «esplicito» relativo ai contenuti sessuali del materiale audio-visivo.

Non resta, dunque, altra strada che quella di affidarsi all’opera dell’interprete, facendo attenzione a non cadere in un secondo errore, ovvero ancorare il significato di ‘contenuto sessualmente esplicito’ esclusivamente a concezioni morali ed etiche, finendo così per assegnare più ampio o più ristretto a seconda della ‘moralità’ personale dell’interprete.

 

Comma 2°

È, tuttavia, in relazione al comma 2° che si concretizza il concetto di ‘Revenge Porn’.

Questo comma, di identico contenuto rispetto al precedente, si differenzia, però, in relazione all’elemento soggettivo e al soggetto attivo del reato.

Articolo 612-ter, co.2 - La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.»

Il soggetto attivo contemplato dal comma 2°, rientra nella categoria dei c.d. ‘secondi fornitori’, ovvero, coloro che non hanno realizzato in prima persona il materiale audio-visivo né lo hanno sottratto al legittimo proprietario, bensì lo hanno acquisito a qualsiasi titolo: dal soggetto che lo ha realizzato o sottratto, da altri ‘condivisori’ o direttamente dalla vittima (c.d. sexting)[9], provvedendo a loro volta a trasmetterlo ad altri soggetti.

Il comma in esame, inoltre, configura la responsabilità penale a titolo di “dolo specifico”, richiedendo che la condotta penalmente rilevante ex articolo 612-ter Codice Penale sia finalizzata a creare un danno o nocumento alla vittima, non rilevando, dunque, ai fini della disposizione in esame, la condotta illecita senza ulteriori finalità o per finalità diverse dalla creazione del nocumento.

A mio avviso, il comma in esame, pur rispettando concettualmente la condotta di ‘Revenge Porn’, appare contraddittorio, in quanto elimina dall’area del penalmente rilevante, in maniera del tutto ingiustificata, quelle condotte di trasmissione di materiale audio-visivo sessualmente esplicito compiute con finalità diverse dal creare nocumento alla vittima, ad esempio per ragioni ludiche o per motivi di vanto e cionondimeno ugualmente lesive della dignità della vittima.

Quale tutela apprestare, dunque, nei casi in cui la condotta illecita venga posta in essere in assenza della finalità lesiva?

Sembrerebbe che la condotta di chi, avendo acquisito a qualsiasi titolo il materiale a contenuto sessualmente esplicito, lo trasmetta ad altri senza il consenso della vittima, perseguendo finalità diverse dal creargli un danno, vada punito facendo riferimento alle stesse fattispecie penali che erano prese in considerazione prima dell’introduzione dell’articolo 612-ter Codice Penale per punire le condotte di ‘porno vendicativo’, ovvero, il reato di diffamazione (articolo 595 Codice Penale) destinato a tutelare la reputazione della vittima e il reato di trattamento illecito dei dati personali (artt. 167, 167-bis, 167-ter, Decreto Legislativo 2003/196 - c.d. Codice Privacy).

A mio avviso non sembra giustificabile l’esclusione dal raggio di applicabilità dell’articolo 612-ter Codice Penale della condotta illecita posta in essere con finalità diversa rispetto alla creazione del nocumento, in quanto, così facendo si svilirebbe il proposito della norma e si escluderebbe in maniera ingiustificata la possibilità per la vittima di far affidamento su una forma di tutela penale creatale appositamente.

Inoltre, un grande elemento di criticità è rappresentato dalla difficoltà giudiziale di individuare quale sia concretamente la finalità del colpevole; infatti, se la finalità di creare nocumento alla vittima, sarebbe facilmente ravvisabile nella condotta di un ex partner lasciato e frustrato che appunto agisce per vendetta, la stessa finalità non sarà ugualmente di facile individuazione quando la condotta viene posta in essere da un c.d. secondo fornitore, il quale dunque, raramente agirebbe per creare un danno alla vittima.

Anche in questo caso, sarà la giurisprudenza futura ad individuare i criteri e le linee guida.

 

Le circostanze aggravanti

I commi 3° e 4° dell’articolo 612-ter Codice Penale contengono due circostanze aggravanti speciali rispettivamente ad efficacia comune e ad effetto speciale.

3. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.»

4. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il co. 3 contiene una circostanza speciale (preveduta, dunque, specificamente per il singolo reato in concreto) ad effetto comune in quanto comporta un aumento di pena fino ad un terzo di quella prevista per il reato base (ex articolo 64 Codice Penale).

L’aggravante si integra in due casi: quando la condotta viene posta in essere da un soggetto che ha avuto o ha una relazione sentimentale e/o affettiva con la vittima (coniuge- separato o divorziato, partner, fidanzato/a, amico/a) e quando la trasmissione del contenuto audio-visivo avvenga con l’uso della tecnologia, dunque, attraverso strumenti telematici o informatici.

Alla base della scelta del Legislatore di aggravare la scelta punitiva del soggetto attivo legato da un vincolo di affettività con la vittima, stanno ragioni di ordine giuridico ed etico-morale.

Primariamente, credo che il Legislatore abbia voluto colpire intensamente il momento più comune e diffuso in cui la condotta tipica ex articolo 612-ter si verifica, ovvero all’interno di un rapporto sentimentale o affettivo tra due persone.

È proprio in questa circostanza che si concretizza il presupposto della condotta illecita, ovvero la realizzazione del materiale audio-visivo a contenuto sessualmente esplicito, ed è proprio a motivo di rapporti terminati il più delle volte in modo non consensuale, che il soggetto attivo, spinto da sentimenti di vendetta o frustrazione, realizza la condotta illecita, ovvero la trasmissione del materiale ad altri soggetti.

Il Legislatore ha, dunque, voluto salvaguardare la vittima nei momenti più delicati della sfera personale, ovvero, la sessualità e l’intimità, punendo chiunque violi la riservatezza personale e con maggiore intensità i soggetti che sono più vicini di altri nella sfera sessuale della vittima e che pertanto ne potrebbero meglio abusare.

Secondariamente, ritengo che il Legislatore non abbia tralasciato ragionamenti di natura etica-morale, secondo cui la condotta del soggetto attivo che diffonda contenuti intimi del proprio partener è deplorevole ed immorale, in quanto tradisce i valori del rispetto, della fiducia, e dell’affidamento che la vittima ripone nei confronti della persona a cui è legata affettivamente o sentimentalmente.

La seconda parte del comma 3°, invece, esprime la volontà di aggravare la sanzione nei confronti del soggetto che ha posto in essere la condotta illecita attraverso l’utilizzo di strumenti informatici.

La ratio della circostanza aggravante è da ravvisare nell’elevato grado di diffusione che hanno i contenuti sessualmente espliciti trasmessi tramite strumenti informatici e telematici; ed effettivamente è ormai ampiamente dimostrato che la condivisione di tali materiali attraverso ‘internet’ e i vari social network, affida agli stessi una ‘viralità’ tale da creare un danno inquantificabile per la vittima.

Il documento ‘Integrazione alle osservazioni dell’Unione delle Camere Penali Italiani’ sul disegno di legge n.1200, all’esito dell’audizione dinanzi della Commissione giustizia, indica che la diffusione del materiale digitale può avvenire sostanzialmente in due modi: attraverso piattaforme di distribuzione gestite da un soggetto terzo, nelle quali il materiale a contenuto sessualmente esplicito viene ‘caricato’ dal soggetto attivo, per poter, in seguito, essere fruito dagli altri utenti, ovvero attraverso piattaforme di comunicazione friend-to-friend (ad esempio Whatsapp), l’utilizzo delle quali permette al soggetto attivo del reato di inviare (condividere) tale materiale solo ad altri soggetti determinati.

Ora, mentre in quest’ultima circostanza è molto difficile apprestare misure di prevenzione e contrato in quanto, il più delle volte le conversazioni tra i fruitori del servizio sono cifrate, riguardo al primo caso il documento propone alcune misure volte al contrasto della condotta illecita, tra cui l’imposizione al gestore della piattaforma della rimozione immediata del materiale (per minimizzare il tempo in cui il materiale resta fruibile) e la deindicizzazione del materiale dai vari motori di ricerca.

Il comma 4°, invece, contiene una circostanza aggravante speciale ad effetto speciale, prevedendo un aumento della pena base in misura superiore ad un terzo, nel caso in esame da un terzo alla metà.

L’aggravante in questione rileva a secondo delle qualità personali del soggetto passivo, ovvero quando la condotta illecita è perpetrata a danno di persona in stato di gravidanza o di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica.

Anche in questo caso la ragione della circostanza aggravante si spiega facilmente, ed è finalizzata a proteggere quelle sfere di soggetti che a motivo di condizioni personali versano in uno stato di debolezza, fragilità o vulnerabilità.

Ad un occhio attento, tuttavia, non può sfuggire il mancato riferimento al minore, anch’esso soggetto meritevole di massima tutela ai sensi dell’articolo 31 Costituzione.

L’assenza di questo riferimento potrebbe indurre a ricercare la tutela del minore nel caso di trasmissioni di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano nell’articolo 600-ter, co. 3 Codice Penale (pornografia minorile), il quale punisce con una pena di reclusione da uno a cinque anni e pena della multa non superiore a 51.645 €, chiunque «[...] con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto». 

La situazione sarebbe così presto risolta se non fosse che la clausola di riserva disposta all’inizio di questa disposizione «salvo che il fatto costituisca più grave reato», impedisce l’applicabilità della norma ex articolo 600-ter, co. 3, Codice Penale in quanto, quest’ultima, prevede una sanzione penale inferiore rispetto a quella preveduta dall’articolo 612-ter Codice Penale, e pertanto, la condotta posta in essere a danno del minore dovrebbe essere regolata, salvo ulteriori interpretazioni giudiziali, dallo stesso articolo 612-ter Codice Penale nella forma non aggravata, comportando tutto ciò, a mio avviso, un’ingiustificata assenza di piena tutela nei confronti del minore.[10]

 

Procedibilità

Il comma 5° dell’articolo 612-ter Codice Penale contiene le regole in materia di procedibilità rispetto al delitto in questione.

5. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio».

Innanzi tutto, si tratta di un delitto perseguibile a querela di parte, salvo i casi in cui il delitto è stato commesso contro una persona che versi in condizione di inferiorità fisica o psichica o contro una donna in stato di gravidanza, o ancora, quando esiste un collegamento tra il delitto ex articolo 612-ter Codice Penale ed altro delitto per il quale è disposta la perseguibilità d’ufficio; in questi casi sarà lo Stato nella persona del P.M. che perseguirà il reato anche in assenza di querela.

Il termine per la presentazione della querela è di 6 mesi da quando la il soggetto ricorrente ha avuto notizia del fatto di reato.

Inoltre, dal comma in esame si evince che la querela è irrevocabile, in quanto la sua remissione può essere solo processuale.

Quest’ultimo aspetto, a mio parere, è il sintomo evidente di quanto il Legislatore consideri importante il reato in questione e della sua volontà di impedire che condizionamenti esterni alla vittima (minacce, avvertimenti, intimidazioni) possano obbligarla a rimettere la querela, vanificando, dunque, il compito della norma, ovvero la tutela della persona, vittima di un atto gravemente lesivo della sua riservatezza e della dignità personale.

 

[1] Criminal Justice and Courts Act 2015, Part 1, sect. 33 - Disclosing private sexual photographs and films with intent to cause distress in Legislation.gov.uk

[2] In senso conforme vedi il documento “Integrazione alle osservazioni dell’Unione delle Camere penali italiane” al disegno di legge n.1200 (Bonafede, Salvini, Trenta, Bongiorno, Tria), all’esito dell’audizione dinanzi alla Commissione Giustizia del Senato, 11.06.2019, p. 2, nella quale si proponeva di collocare la fattispecie in un apposito Titolo, rubricato “Tutela della riservatezza sessuale” da inserirsi dopo i delitti idi violenza sessuale e prima dell’attuale Sezione III del Titolo XII. Vedi, inoltre, la Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione 27.10.2019, p. 19, nella quale si ribadiva che «[...] il più delle volte, l’autore del reato agisce, rispetto alla vittima, con finalità diverse da quella minatoria[...]».

[3] Romano, B., Diritto Penale Parte generale, Milano, Giuffrè, III ed., 2016, p.494.

[4] Vedi Marinucci, G., Dolcini, E., Gatta, G.L., Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, VIII ed. 2019, p. 557 ss.

[5] Ivi, p. 245.

[6] Vedi Caletti, G. M., "Revenge porn". Prime considerazioni in vista dell'introduzione dell'articolo 612-ter Codice Penale: una fattispecie "esemplare", ma davvero efficace?, in Diritto Penale Contemporaneo, 29 aprile 2019

[7] Pavich, G., Le modifice al codice penale, in Marandola, A. A., Pavich, G., Codice Rosso l. n. 69/2019, Milano, 2019, p. 21.

[8] Cass. pen., sez. III, 2015, n. 24683.

[9] Vedi Caletti, G. M., op. cit.

Il c.d. “sexting” è la crasi dei termini sex (sesso) e texting (invio di messaggi elettronici) ed indica la pratica, sempre più comune) di inviare messaggi o video a contenuto sessualmente esplicito, attraverso l’ausilio di dispositivi informatici.

[10] Vedi Cass. Pen., sez. III, 21.03.2016, n. 11675, la quale ha escluso che la divulgazione di immagini autoprodotte dal minore possa integrare la fattispecie di distribuzione, divulgazione, diffusione, pubblicazione di materiale pedopornografico.  Cfr. Bianchi, M., Il sexting minorile non è più reato?, in Diritto Penale Contemporaneo, 2016, I, p. 138 ss.

Bianchi, M., Il sexting minorile non è più reato?, in Diritto Penale Contemporaneo, 2016, 1.

Caletti, G. M., "Revenge porn". Prime considerazioni in vista dell'introduzione dell'articolo 612-ter Codice Penale: una fattispecie "esemplare", ma davvero efficace?, in Diritto Penale Contemporaneo, 29 aprile 2019

Criminal Justice and Courts Act 2015, Part 1, sect. 33 - Disclosing private sexual photographs and films with intent to cause distress in Legislation.gov.uk

Integrazione alle osservazioni dell’Unione delle Camere penali italiane al disegno di legge n.1200 (Bonafede, Salvini, Trenta, Bongiorno, Tria), Audizione Commissione Giustizia del Senato, 11.06.2019

Marinucci, G., Dolcini, E., Gatta, G.L., Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, VIII ed. 2019

Pavich, G., Le modifice al codice penale, in Marandola, A. A., Pavich, G., Codice Rosso l. n. 69/2019, Milano, 2019

Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione 27.10.2019

Romano, B., Diritto Penale Parte generale, Milano, Giuffrè, III ed., 2016