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Il presepe in piazza? A patto di non essere omofobo

Il presepe in piazza? A patto di non essere omofobo
Il presepe in piazza? A patto di non essere omofobo

di Andrea Zambrano

 

Fare pubblica dichiarazione di non essere omofobo è una delle condizioni vincolanti imposte dal Comune di Torino per chi chiede uno spazio pubblico per una manifestazione. E' successo anche ad un gruppo di cattolici che hanno dovuto dichiarare di non essere "fascisti, omofobi e di rispettare i valori costituzionali" per avere una piazza in cui svolgere un presepe vivente. Ma vale anche per chiunque voglia fare processioni o per le Sentinelle in piedi. Per quieto vivere c'è chi firma, ma è un'imposizione che, a proposito di Costituzione, rischia di violare due articoli della Carta, il 19 e il 21. Il tutto per un reato che non esiste.

Sei omofobo? E allora per te niente presepe vivente. Ma nemmeno processioni religiose o manifestazioni stile Sentinelle in piedi. Il Comune di Torino prosegue la sua crociata ideologica nei confronti di chi dissente dalla nuova dittatura del politicamente corretto e questa volta a rimanere impigliati nelle maglie della censura comunale sono tutti quei cittadini che a Natale desiderano manifestare la loro fede cattolica anche con l’innocuo e sempre affascinante presepe vivente.

Colpa di una delibera del sindaco Chiara Appendino che impone a chiunque voglia occupare uno spazio pubblico per una manifestazione temporanea di firmare una pubblica adesione ad una serie di principi sanciti a monte dall’Amministrazione che governa il capoluogo piemontese.

Succede che nei giorni scorsi un gruppo di cattolici abbiano richiesto al Comune l’occupazione temporanea di una piazza della città per mettere in scena una natività in carne ed ossa. Niente di più pacifico. Eppure, le maglie della censura hanno colpito attraverso una modulistica tanto infida quanto pericolosa. Come accade infatti dappertutto per ottenere dal Comune uno spazio pubblico bisogna compilare l’apposita modulistica precompilata. In questo caso a Torino la procedura è abbastanza semplice: un unico modulo di 14 pagine nel quale andare a specificare le caratteristiche della manifestazione, le tempistiche, la logistica e tutto quello che serve a norma di legge per il regolare svolgimento dell’evento.

Sennonchè arrivati a pagina 7 agli organizzatori viene richiesto di barrare una casella con un impegno solenne e maestoso. L’impegno a “rispettare i valori sanciti dalla Costituzione, NON professando e/o praticando comportamenti fascisti, razzisti, omofobi, transfobici e sessisti”.

Una piccola crocetta per una ammissione di sudditanza così grande.

Eppure, a rigore di logica, l’impegno è di quelli grossi. A cominciare dal fatto che non si capisce che cosa c’entri un presepe vivente con i valori della Costituzione, ma trattandosi di una amministrazione pubblica, ed essendo la “Carta” il testo sacro della religione del vivere civile, non ci sarebbe nulla di strano anche se poi la Costituzione andrebbe applicata e rispettata in tutti i suoi articoli, anche quelli ad esempio che regolamentano la libertà religiosa.

Il punto semmai è un altro, tolta anche la dichiarazione di antifascismo, che è un po’ come il prezzemolo, cioè sta bene un po’ dappertutto. Ed è il comparire di quel riferimento all’omotransfobia che dovrebbe far rizzare i capelli a molti. Anzitutto perché l’omofobia non è ancora – fortunatamente – un reato. Il disegno di legge Scalfarotto, che istituisce l’omofobia come reato, non è mai stato votato dal Parlamento e quindi è oggettivamente ridicolo fare pubblica ammenda di non essere imputabili di un reato che ancora non esiste.

Tanto più che, come abbondantemente spiegato su queste colonne, quella dell’omofobia è una falsa pretesa dato che in quanto reato giurisprudenziale, rischia di essere deciso da un giudice e non da criteri oggettivi, come ad esempio un omicidio.

Ebbene: si va così a sentimento. Se uno non si sente omofobo, può barrare la croce senza problemi. Ma in chi sa che cosa si celi dietro il termine omofobia, cioè una pretesa totalitaria di imbavagliare chiunque non sposi l’ideologia omosessualista così tanto in voga oggi, qualche problema di coscienza potrebbe sorgere.

I provvedimento, che la Nuova BQ ha conosciuto attraverso la richiesta di un semplice presepe vivente, è esteso però a tutte le altre manifestazioni pubbliche. Anche i parroci che vogliano organizzare una processione per la Madonna Immacolata, ad esempio, devono compilare il modulo censorio. E per giunta le Sentinelle in piedi, loro sì che omofobe secondo il costrutto ideologico moderno lo sono davvero, rischierebbero di vedersi negare la piazza soltanto perché non accettano questa imposizione del pensiero unico.

La cosa sembra prefigurare una violazione, a proposito di Carta Costituzionale, della libertà di religione e culto (articolo 19) e di espressione (articolo 21) perché dichiararsi anti-omofobo significa in partenza accettare la violenza verbale di chi vuole imbavagliare nel pensiero totalitario quanti contestano ad esempio il matrimonio omosessuale e manifestano in piazza contro di esso.

Ma è perfettamente regolare, dato che la delibera del sindaco Chiara Appendino nasce da una mozione consigliare votata da 30 dei 31 consiglieri comunali sotto la Mole. La mozione nr. 84, votata in consiglio comunale l’8 novembre 2017 era stata presentata dal consigliere PD Mimmo Carretta, che per l’occasione era riuscito ad avere dalla sua anche gli “odiati” Cinque Stelle e gli altri partiti di opposizione, i quali, chissà dove erano in quel momento. Segno che quando si tratta di favorire la libertà, limitandola, la politica si trova sempre unanimemente concorde.

La mozione, che è poi diventata delibera, impegnava appunto la sindaca e dava mandato al primo cittadino di adeguare conseguentemente i regolamenti comunali a questo atto di indirizzo. Da lì al passaggio nel modulo il tragitto è stato breve e immediato.

Per la cronaca: gli organizzatori del presepe hanno barrato la casella senza colpo ferire. Il presepe si farà, la libertà di coscienza può attendere.