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Il sistema elettorale proporzionale nella storia della Repubblica

sistema elettorale
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Abstract

L’articolo, partendo dal significato di sistema elettorale, ripercorre l’evoluzione del nostro sistema proporzionale dalla proclamazione della Repubblica fino ad oggi alla vigilia del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, attraversando anche i momenti di cd. maggioritario prevalente

The article analyzes the italian electoral system, from the birth of the Republic until today

 

Indice:

1. La scelta del sistema proporzionale

2. Dal fallito tentativo del maggioritario…

3. …ad un proporzionale “in itinere

 

1. La scelta del sistema proporzionale

Il sistema elettorale è costituito dall’insieme delle regole che si adottano in una democrazia rappresentativa per trasformare le preferenze degli elettori in voti e i voti in seggi. 

È lo strumento necessario tramite il quale si determina la formazione della classe politica. Sono due gli elementi fondamentali di un sistema elettorale: il sistema di votazione e il metodo per l’attribuzione dei seggi.

Quale sistema elettorale si poteva, dunque, adottare nell’Italia divisa in due dalla Guerra Fredda?

In una realtà complessa come quella italiana, caratterizzata da una forte contrapposizione ideologica, evidentemente la scelta razionale era quella di un sistema elettorale che desse una fotografia quasi perfetta del voto degli elettori.

Il sistema elettorale proporzionale rispondeva a quest’idea delineando, tuttavia, non pochi ostacoli (soprattutto in relazione alla composizione del Senato). Mentre alla Camera dei Deputati bastava rendere permanente la legge con cui era stata eletta l’Assemblea Costituente, alla seconda Camera dopo un iniziale favore per i collegi uninominali da parte di Togliatti, venne approvato l’emendamento Dossetto con cui si trasformava il Senato in un’Assemblea eletta con sistema proporzionale ma su base regionale (anziché il collegio unico nazionale).

Con questo sistema sono stati eletti i parlamentari dal 1948 al 1992. 

L’unica parentesi in questo lungo periodo di “multipartitismo temperato” fu l’entrata in vigore di una nuova legge elettorale: legge n. 148 del 1953 cd. Legge Truffa. Intuendo che per una maggiore governabilità fosse stata necessaria l’introduzione di correttivi al proporzionale puro, Alcide De Gasperi (all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri), sul modello delle leggi comunali e provinciali del 1951 (premio di maggioranza dei due terzi alla prima coalizione), provò ad adottare un sistema analogo per la Camera prevedendo, inoltre, l’assegnazione del premio di maggioranza alla coalizione che avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti.

Era evidente che soltanto la coalizione centrista, al Governo dal 1948, era in grado di prevalere. Tuttavia, alle elezioni politiche del 1953 il premio non scattò a causa del mancato raggiungimento del quorum e dopo un anno dalla sua entrata in vigore la legge venne abrogata. 

 

2. Dal fallito tentativo del maggioritario…

Il crollo del Muro di Berlino determinò la fine degli equilibri e delle intese condizionanti il mondo e l’Italia per quasi 50 anni. 

Dinanzi a questo cambiamento le forze politiche esistenti non furono in grado di gestire la necessaria transizione che, invece, venne imposta dall’esterno, sia sul piano elettorale attraverso il movimento referendario (referendum del 1991 e del 1993) sia, per altri versi, da un’azione della magistratura. 

Il clima di rabbia e di sfiducia nei confronti dei partiti e della classe dirigente portò al rafforzamento dell’idea di una maggiore stabilità politica, di una maggiore governabilità rispetto alla rappresentatività. 

Entrarono, quindi, in vigore le leggi numeri 276 e 277 del 1993 note come “Mattarellum” o leggi “Minotauro”[1]. Erano leggi prevalentemente maggioritarie che si muovevano in una logica strana: incentivare la nascita di un bipolarismo politico e partitico; la nascita della “politica dell’alternanza” seguendo il modello Westminster[2]. Un bipolarismo, il nostro, caratterizzato però da un estremo multipartitismo. 

Questa cultura politica fondata sull’equivalenza tra principio democratico e principio maggioritario, culminò con l’entrata in vigore di una nuova legge elettorale: legge n. 270 del 2005 cd. Porcellum. Essa non soltanto prevedeva il principio “simul stabunt vel simul cadent (“insieme staremo o insieme cadremo) tipico delle amministrazioni sub-statali ma di difficile attuazione a livello nazionale, ma stabiliva un premio di maggioranza pari a 340 seggi alla coalizione detentrice della maggioranza relativa di voti, liste bloccate (senza poter esprimere una preferenza) e abolizione dei collegi uninominali.

 

3. …ad un proporzionale “in itinere

La dichiarazione di incostituzionalità di alcune norme della legge “Calderoli” da parte della Corte costituzionale con la storica sentenza n. 1 del 2014 portò all’elaborazione della legge elettorale n. 52 del 2015 (Italicumin combinato disposto con il progetto di revisione costituzionale (d. lgs. costituzionale n. 2613 del 2016). 

Infatti tale legge, simile in parte al “Porcellum”, avrebbe disciplinato solo le modalità per l’elezione dei membri della Camera dei Deputati, con un Senato composto da membri eletti dai Consigli regionali. Dichiarato costituzionalmente illegittimo in alcune sue norme, l’Italicum non venne mai applicato, essendo stato abrogato (in seguito alla bocciatura referendaria del 2016) dall’entrata in vigore dell’attuale legge elettorale n. 165 del 2017, cd. Rosatellum, con un sistema elettorale misto a separazione completa

Il 29 marzo avrebbe dovuto celebrarsi il referendum confermativo sulla riforma di riduzione del numero dei Parlamentari e l’attenzione, in caso di conferma (quando potrà tenersi il referendum), si sposterà necessariamente sull’attuale legge elettorale. 

La sua mancata modifica potrebbe comportare rischi per la rappresentatività[3] (il rapporto tra eletti ed elettori) e quindi per la formazione del consenso. Senza la riduzione dei collegi il voto dei cittadini potrebbe valere meno di prima e la riforma costituzionale, essendo stata ispirata anche dall’esigenza di far fronte ad emergenze politiche del tutto contingenti, risulterebbe foriera di rischi non trascurabili per le sorti della democrazia rappresentativa. 

Il sistema elettorale è figlio del suo tempo e per questo è oggetto di costante evoluzione. Ma soprattutto esso è un fenomeno che produce effetti sull’assetto delle istituzioni democratiche, e per questo deve essere orientato ad un fine superiore, nella consapevolezza di incidere sul tessuto politico e civile di tutti gli individui e sulla democraticità dell’ordinamento.

 

[1] L’epiteto venne usato dal politologo Giovanni Sartori per indicare gli articolati meccanismi di funzionamento della legge

[2] A differenza degli altri regimi parlamentari è considerato il modello più significativo di sistema politico maggioritario e consiste in una forma di monocameralismo di fatto, governato da due soli partiti che si alternano alla guida dell'esecutivo (che assume centralità al pari dell'unica camera dominante il processo legislativo).

[3] Si veda nel merito la legge 27 maggio del 2019, n. 51 (“Disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari”)