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Inadempimento del vettore? deterioramento dei rapporti tra venditore e compratore

Borghetto
Ph. Francesca Russo / Borghetto

La controversia rappresenta un caso interessante, per quanto comune, sulle conseguenze commerciali/contrattuali che l’inadempimento del vettore può avere sui rapporti tra mittente e destinatario, nonché su come tali conseguenze possono impattare il giudizio di responsabilità attivato verso il vettore stesso

Nel mese di settembre 2020, il Tribunale di Bologna (Sentenza n. 1244 / 2020, dep. 14.09.2020, Giudice Marco d’Orazi), si è pronunciato su un caso avente ad oggetto la responsabilità contrattuale del vettore per inesatta esecuzione della prestazione oggetto del contratto di trasporto.  

In breve i fatti. Una società stipulava un contratto di trasporto con il vettore, incaricando quest’ultimo di consegnare due partite di merce presso altrettanti distinti indirizzi. Il vettore errava circa la destinazione dei colli, invertendo gli indirizzi di destinazione. Pur essendo stato l’errore rimediato, il fatto aveva comportato il mancato rispetto dei termini di consegna e, in aggiunta, una delle due partite risultava consegnata in un quantitativo inferiore a quello stabilito dal contratto di trasporto, probabilmente a causa di smarrimento compiuto dal vettore. Visto il mancato rispetto del termine di consegna nonché la mancanza di una parte significativa della merce, il destinatario aveva rifiutato il pagamento alla società mittente che aveva incaricato il vettore.

La società avviava così un procedimento sommario ex art. 702bis, contestando l’inadempimento contrattuale, ed il vettore resistente si costituiva (tardivamente) chiamando in garanzia la società che materialmente aveva eseguito le consegne errate.

Premesso che l’articolo 1228 del Codice Civile imputa il danno derivante da fatto colposo dell’ausiliario al debitore, secondo il Tribunale “le difese della convenuta — in punto ad inadempimento della propria collaboratrice ‘Delta’ s.r.l. — non superano la presunzione di responsabilità posta dall’articolo 1693 del Codice Civile”. Naturale conclusione dell’iter logico seguito dal Tribunale è che l’inesattezza della prestazione non può che essere ascritta al vettore.

Una volta chiarita la questione sull’an, l’organo giudicante si addentra nella quantificazione del danno. La domanda attorea quantificava il danno subito nella somma di euro 49.059,15, pari al valore delle fatture emesse e non saldate dalla società destinataria della merce, oltre a euro 28.160,00, pari al valore del danno consistente nell’interruzione dei rapporti commerciali con il destinatario della merce. La ricorrente domandava, inoltre, la liquidazione in via equitativa del danno di immagine.

Vediamo come si è pronunciato il Giudice sulla quantificazione dei danni.

Per ciò che attiene al danno consistente nell’interruzione dei rapporti commerciali, il Tribunale si trova a dover preliminarmente valutare la transazione tra la società e il destinatario, stipulata per comporre una serie di liti nate tra le due, e che ricomprendeva anche il danno derivante dall’inadempimento contrattuale del vettore, oggetto della controversia da decidersi.

La ragione va ricercata nella necessità di quantificare esattamente il danno derivante dall’inadempimento della convenuta (estranea all’accordo transattivo), evitando dunque che quest’ultima venga gravata di danni estranei al rapporto contrattuale oggetto della controversia ed inerenti a vicende contrattuali in cui essa non era in alcun modo coinvolta.

Così, dall’analisi della transazione tra società e destinatario, emerge come il vettore convenuto non abbia avuto un ruolo determinante nell’interruzione dei rapporti commerciali tra le due, avendo giocato solo un’incidenza causale nel deterioramento di tali rapporti.

Concludendo sul punto, il danno, a titolo di lucro cessante, domandato dall’attore viene ridotto equitativamente al 50%, riduzione motivata “sulla scorta dell’impossibilità di assegnare un rilievo preminente o una quantificazione percentuale più precisa, all’incidenza causale del fatto dell’inadempimento […] rispetto all’interruzione dei rapporti commerciali […]; tenendo in considerazione, a tal fine, che anche le ulteriori controversie […] sembrano aver avuto efficacia determinante nell’interruzione dei predetti rapporti commerciali”. Il calcolo conduce alla somma pari ad euro 14.080,00, ovverosia alla metà di quanto preteso dalla società.

Relativamente al danno emergente, pari al valore delle fatture non pagate alla società dal destinatario, il Tribunale rileva come dalla somma domandata dall’attore, debitamente provata mediante l’allegazione delle relative fatture, vada dedotta la somma di euro 22.000, pari al valore che, in transazione, società mittente e destinatario hanno stabilito di imputare a saldo della controversia insorta a causa dell’inadempimento della prima, causato a sua volta dall’inadempimento del vettore.

Alla somma ottenuta dalla prima sottrazione (49.059,15 - 22.000), va sottratta l’IVA, dato che quest’ultima sarebbe stata destinata all’Erario e che invece, a seguito della condanna di cui al dispositivo, non risulterà imponibile ai fini dell’imposta. In altre parole, oggetto del risarcimento deve essere la somma (imponibile) “epurata” dall’imposta, e non già l’intero ammontare fatturato verso il destinatario. Per questa ragione, la voce di danno viene quantificata in euro 22.179,63.

Chiudendo sulla voce relativa al danno all’immagine, il Giudice statuisce circa la mancanza di alcuna allegazione atta a dimostrare la lesione dell’immagine dell’attore nel mercato di riferimento, né, tanto meno, di documentazione circa la diffusione, tra altre aziende, delle vicende relative all’inadempimento contrattuale oggetto della controversia, che avrebbero potuto ledere l’immagine dell’attore.