Incapacità soltanto futura ed eventuale: non è possibile la nomina preventiva dell’amministratore di sostegno
1. Le massime
L’introduzione dell’amministrazione di sostegno, avvenuta nel nostro ordinamento con la Legge n. 6 del 2004, mira ad offrire uno strumento di assistenza alla persona carente di autonomia a causa della condizione di infermità o incapacità in cui versa che, calibrato dal giudice tutelare rispetto al grado d’intensità di tale situazione, consente di escludere gli interventi più invasivi degli istituti tradizionali posti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione.
L’intervento giudiziario, in coerenza con la finalità propria dell’amministrazione di sostegno, non può che essere contestuale al manifestarsi dell’esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione di incapacità o infermità da cui quell’esigenza origina, che, secondo il contesto normativo di riferimento, rappresenta presupposto dello stesso istituto e non già dei suoi soli effetti.
Il provvedimento giudiziale volto all’istituzione dell’amministrazione di sostegno non può essere adottato “ora per allora”, in vista di una condizione futura, poiché il legislatore ne ha prevista l’assunzione all’esito del procedimento di volontaria giurisdizione cui sono connaturate trattazione sollecita e definizione allo stato, disposta "rebus sic stantibus", perciò all’attualità, in modo da salvaguardare, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti legittimati ad attivare l’istituto, il diritto della persona alla tutela effettiva, necessaria in quel momento e in quella determinata situazione.
2. Il caso
Tizia, nel pieno delle sue facoltà fisiche e psichiche, con scrittura privata autenticata da notaio, provvedeva a designare Caio e, in subordine, in sostituzione, Sempronia, quale proprio amministratore di sostegno, in previsione di una propria futura ed eventuale incapacità, precisando nel contempo la propria volontà circa le cure mediche alle quali essere o non sottoposta in futuro, con pieni poteri all’amministratore di sostegno di decidere al riguardo. Con successivo ricorso chiedeva, quindi, nominarsi l’amministratore di sostegno, nella persona ed al fine indicati nella menzionata scrittura, al giudice tutelare competente che, con proprio decreto, ne dichiarava l’inammissibilità.
La Corte d’appello territoriale, investita del reclamo proposto da Tizia, ne disponeva il rigetto con decreto, osservando che la richiesta in discorso non può provenire da persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica, dovendo la stessa presupporre uno stato d’incapacità attuale e non futuro.
Avverso questo provvedimento Tizia, da ultimo, proponeva ricorso per cassazione in base ad unico motivo cui non ha resistito il Procuratore Generale presso la Corte d’appello territoriale, cui è stato indirizzato e notificato.
3. La decisione
La Suprema Corte ritiene priva di pregio la censura mossa dalla ricorrente.
Tizia fondava il proprio ricorso sull’assunto che la designazione dell’amministratore di sostegno rappresenterebbe strumento di tutela idoneo a garantire piena validità alle direttive anticipate di trattamento sanitario, che prescinderebbe dall’attualità dello stato d’incapacità del designante, presupposto della produzione degli effetti dell’istituto e non della sua stessa introduzione. A conforto, la ricorrente richiamava un precedente giurisprudenziale reso dai giudici di merito, ove si ammetteva siffatta designazione "de futuro" alla luce del disposto dell’art. 406 c.c., il quale legittimerebbe lo stesso beneficiario ad attivare la procedura senza predeterminati limiti cronologici.
La Corte di Appello aveva fondato il proprio rigetto sulla mancanza della sola condizione che consente l’attivazione della procedura e l’ingresso all’istituto, vale a dire il presupposto dell’incapacità della designante al momento del ricorso. Il soggetto che sia stato designato quale amministratore di sostegno in vista di una incapacità o infermità futura, secondo i giudici di seconde cure, potrà essere nominato amministratore dal giudice, sempre che non ricorrano motivate ragioni ostative, solo quando la menzionata condizione si sia verificata.
Il Supremo Collegio condivide le argomentazioni giuridiche addotte dalla Corte di Appello a fondamento del rifiuto.
È lo stesso articolato normativo a richiedere che la condizione di infermità del soggetto beneficiato dalla misura sia attuale. L’attualità è desunta dall’esegesi, specificamente, degli articoli 404 e 407 c.c. La procedura, come evidenziato dalla Corte, implica il manifestarsi della condizione d’infermità o incapacità della persona e l’insorgere coevo dell’esigenza di protezione cui è ispirata la finalità dell’istituto in discorso. La sua introduzione, avvenuta con la Legge n. 6 del 2004, mira infatti ad offrire uno strumento d’assistenza alla persona carente di autonomia a causa della condizione d’infermità o incapacità in cui versa che, calibrato dal giudice tutelare rispetto al grado d’intensità di tale situazione, consente di escludere gli interventi più invasivi degli istituti tradizionali posti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione.
L’intervento giudiziario, in coerenza con questa finalità, non può che essere contestuale al manifestarsi dell’esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione d’incapacità o infermità da cui quell’esigenza origina, che, secondo il contesto normativo di riferimento, rappresenta presupposto dello stesso istituto e non già dei suoi soli effetti.
Il giudice di legittimità ha cura di precisare che l’attribuzione della legittimazione alla proposizione del ricorso anche al beneficiario e la facoltà concessa allo stesso interessato di designare l’amministratore in previsione della propria futura incapacità, rispettivamente previste dagli articoli 406 e 408 c.c., operano su piani distinti:
I) la designazione “de futuro”, per la quale è prescritta la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, resta circoscritta nell’ambito di un’iniziativa privata, i cui effetti si dispiegano sul piano privatistico, senza che sia richiesto l’intervento del giudice;
II) la nomina conforme da parte del giudice è il luogo ideale ove si realizzano funzione ed effetti della previa designazione. Il provvedimento di nomina conforme, ovvero il secondo dei due momenti richiamati, tuttavia, è possibile solo al realizzarsi della condizione di incapacità e sempre che il giudice non ritenga ricorrere gravi ragioni che impediscano la nomina ad amministratore della persona designata.
La designazione preventiva di cui si discute mira a valorizzare il rapporto di fiducia tra il designante e la persona scelta che sarà tenuta ad esprimerne le intenzioni, se risultano esternate ad integrazione dell’atto, circa gli interventi di natura patrimoniale e personale che si rendessero necessari all’avverarsi di quella condizione. In tal caso, graverà sul designato il compito di agire non solo nell’interesse del beneficiario, esercitando la funzione di protezione e garanzia tipica della sua investitura, ma con esso, per attuarne il proposito dichiarato. Il giudice tutelare può non soltanto, in presenza di gravi motivi, motivatamente discostarsi dalla designazione, ma altresì, per logico corollario, potrà analogamente discostarsi dalle scelte integrative espresse nell’atto di designazione, laddove se ne renda necessario l’intervento, soltanto se apprezza la sussistenza di gravi motivi.
La Suprema Corte, procede poi ad affrontare, con un’ampia digressione incidentale, la natura e gli effetti delle direttive anticipate di trattamento sanitario, non senza omettere di rimarcare l’inerzia del legislatore italiano, a differenza di quello di Stati europei come la Francia, la Germania, l’Austria e la Spagna, nel fornire un compiuto quadro normativo di riferimento in materia. La Corte afferma che, nel caso in considerazione, l’intervento dell’amministratore di sostegno designato, pur con i limiti operanti in materia di diritti personalissimi, è vincolato alle indicazioni manifestate nella condizione di capacità dal soggetto, comunque sempre revocabili, ed ha il potere/dovere di esternarle, senza che si ponga la necessità di ricostruire la volontà attraverso atti e/o fatti compiuti in stato di capacità.
Attraverso una articolata ricognizione del quadro normativo nazionale e sovranazionale, la Corte evidenzia, poi, il ruolo informatore che svolge la dignità umana nella materia del trattamento sanitario, di cui è espressione il riconoscimento dell’autodeterminazione del paziente. È fatto obbligo, difatti, in caso di intervento medico, di acquisizione del consenso informato, quale espressione della libera e volontaria adesione del paziente al trattamento sanitario proposto dal medico, nonché di tenere conto dei desideri del paziente che non sia più grado di esprimere la sua volontà. Pregevole il richiamo alla Convenzione di New York, ratificata dall’Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18, che riconosce sin dal preambolo l’importanza per le persone con disabilità nell’autonomia ed indipendenza individuale, della libertà di scegliere le cure mediche.
Conclusivamente, la Corte esplica analiticamente gli effetti propri dell’atto di designazione:
1) esso vincolerà l’amministratore di sostegno, seppur i suoi poteri non sono prestabiliti ma sono fissati dal giudice tutelare nell’esercizio del suo potere decisionale, nel perseguire la finalità della cura necessaria a garantire la protezione del beneficiario e nell’attuarne le aspirazioni, laddove ne venga in rilievo il diritto alla salute, prestando il consenso o il dissenso informato agli atti di cura che impongono trattamenti sanitari;
2) orienterà l’intervento del sanitario;
3) ne imporrà la delibazione da parte del giudice nell’esercizio dei suoi poteri, segnatamente nell’attribuzione di quelli da affidare all’amministratore di sostegno, ovvero in sede d’autorizzazione agli interventi che incidono sulla salvaguardia della salute del beneficiato in caso di sua incapacità. Nel solco della sentenza n. 21748/2007, questo scrutinio non potrà però prescindere dalla verifica circa l’attualità della volontà del soggetto in stato d’incapacità che, sino al momento della perdita della coscienza, ha il potere di revocare quella scelta, nonché, secondo quanto si è affermato nei precedenti nn. 4211/2007 e 23676/2008 in ordine al dissenso alla sottoposizione alle cure mediche trasfusionali da parte di un testimone di Geova, della sua univocità e specificità, in modo da fugare incertezze ricostruttive o interpretative.
Conseguenza logica dell’iter argomentativo seguito dalla Corte è che siffatto strumento necessita, per la sua attuazione, della nomina da parte del giudice tutelare della persona designata. Il giudice tutelare potrà provvedere in tal senso solo in quanto si sia realizzata la finalità – indicata nella stessa legge istitutiva – di garantire la tutela delle "persone prive in tutto in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana", che ricorrerà solo ove vi sia il presupposto dell’incapacità o infermità attuale, come indicato dal combinato disposto degli artt. 404 e 408 c.c. ed interpretato dalla Suprema Corte, il quale consente attivazione dell’istituto e non certo il mero dispiegarsi dei suoi effetti.
La Corte rigetta il ricorso.
4. I precedenti
La sentenza, con l’ampia parentesi incidentale che la conclude, evidenzia il legame, già emerso, tra l’istituto dell’amministrazione di sostegno e la problematica delle direttive anticipate di trattamento sanitario, tema sul quale la stessa Corte, sia pure garbatamente, lamenta l’inerzia del legislatore italiano, anche avendo di mira gli interventi realizzati in proposito in altri ordinamenti europei.
La ricognizione del quadro emerso nella giurisprudenza di merito è offerta da una pregevole nota di Stefano Rossi, pubblicata online su www.personaedanno.it e liberamente consultabile.
Due gli orientamenti emersi:
I) da un lato, nel solco interpretativo confermato dalla decisione in commento, quella giurisprudenza che ha enfatizzato la distinzione tra la “designazione” dell’amministratore ed il provvedimento giurisdizionale di “nomina” dello stesso, quest’ultimo subordinato all’attualità dell’incapacità (Trib. di Busto Arsizio, decr. 12 ottobre 2011; Trib. Sassari, decr. 16 luglio 2007, in Foro it., 2007, I, 3025; Trib. Mantova, decr. 24 luglio 2008, in www.ilcaso.it; Trib. Genova, decr. 6 marzo 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 2, 187 ; Trib. Roma, decr. 1 aprile 2009, in www.personaedanno.it; Trib. Pistoia, decr. 1 aprile 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 1, 51 con nota di V. BUSI, Sull’interesse ad agire per la nomina dell’amministratore di sostegno; Trib. Firenze, decr. 8 aprile 2009, in www.personaedanno.it; Trib. Cagliari, decr. 14 dicembre 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 2, 161);
II) il diverso orientamento, non condiviso dalla decisione annotata, a mente del quale l’attualità non può assurgere alla dignità di presupposto indefettibile (Trib. Firenze, 22 dicembre 2010 in “Persona e danno”; Trib. Cagliari, decr. 22 ottobre 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 2, 161; App. Cagliari, 16 gennaio 2009, G.dir., 2009, 55; Trib. Modena, decr. 13 maggio 2008, in Foro it., 2008, I, 2318; Trib. Modena, decr. 5 novembre 2008, in G.dir., 2009, 11, 35).
1. Le massime
L’introduzione dell’amministrazione di sostegno, avvenuta nel nostro ordinamento con la Legge n. 6 del 2004, mira ad offrire uno strumento di assistenza alla persona carente di autonomia a causa della condizione di infermità o incapacità in cui versa che, calibrato dal giudice tutelare rispetto al grado d’intensità di tale situazione, consente di escludere gli interventi più invasivi degli istituti tradizionali posti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione.
L’intervento giudiziario, in coerenza con la finalità propria dell’amministrazione di sostegno, non può che essere contestuale al manifestarsi dell’esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione di incapacità o infermità da cui quell’esigenza origina, che, secondo il contesto normativo di riferimento, rappresenta presupposto dello stesso istituto e non già dei suoi soli effetti.
Il provvedimento giudiziale volto all’istituzione dell’amministrazione di sostegno non può essere adottato “ora per allora”, in vista di una condizione futura, poiché il legislatore ne ha prevista l’assunzione all’esito del procedimento di volontaria giurisdizione cui sono connaturate trattazione sollecita e definizione allo stato, disposta "rebus sic stantibus", perciò all’attualità, in modo da salvaguardare, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti legittimati ad attivare l’istituto, il diritto della persona alla tutela effettiva, necessaria in quel momento e in quella determinata situazione.
2. Il caso
Tizia, nel pieno delle sue facoltà fisiche e psichiche, con scrittura privata autenticata da notaio, provvedeva a designare Caio e, in subordine, in sostituzione, Sempronia, quale proprio amministratore di sostegno, in previsione di una propria futura ed eventuale incapacità, precisando nel contempo la propria volontà circa le cure mediche alle quali essere o non sottoposta in futuro, con pieni poteri all’amministratore di sostegno di decidere al riguardo. Con successivo ricorso chiedeva, quindi, nominarsi l’amministratore di sostegno, nella persona ed al fine indicati nella menzionata scrittura, al giudice tutelare competente che, con proprio decreto, ne dichiarava l’inammissibilità.
La Corte d’appello territoriale, investita del reclamo proposto da Tizia, ne disponeva il rigetto con decreto, osservando che la richiesta in discorso non può provenire da persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica, dovendo la stessa presupporre uno stato d’incapacità attuale e non futuro.
Avverso questo provvedimento Tizia, da ultimo, proponeva ricorso per cassazione in base ad unico motivo cui non ha resistito il Procuratore Generale presso la Corte d’appello territoriale, cui è stato indirizzato e notificato.
3. La decisione
La Suprema Corte ritiene priva di pregio la censura mossa dalla ricorrente.
Tizia fondava il proprio ricorso sull’assunto che la designazione dell’amministratore di sostegno rappresenterebbe strumento di tutela idoneo a garantire piena validità alle direttive anticipate di trattamento sanitario, che prescinderebbe dall’attualità dello stato d’incapacità del designante, presupposto della produzione degli effetti dell’istituto e non della sua stessa introduzione. A conforto, la ricorrente richiamava un precedente giurisprudenziale reso dai giudici di merito, ove si ammetteva siffatta designazione "de futuro" alla luce del disposto dell’art. 406 c.c., il quale legittimerebbe lo stesso beneficiario ad attivare la procedura senza predeterminati limiti cronologici.
La Corte di Appello aveva fondato il proprio rigetto sulla mancanza della sola condizione che consente l’attivazione della procedura e l’ingresso all’istituto, vale a dire il presupposto dell’incapacità della designante al momento del ricorso. Il soggetto che sia stato designato quale amministratore di sostegno in vista di una incapacità o infermità futura, secondo i giudici di seconde cure, potrà essere nominato amministratore dal giudice, sempre che non ricorrano motivate ragioni ostative, solo quando la menzionata condizione si sia verificata.
Il Supremo Collegio condivide le argomentazioni giuridiche addotte dalla Corte di Appello a fondamento del rifiuto.
È lo stesso articolato normativo a richiedere che la condizione di infermità del soggetto beneficiato dalla misura sia attuale. L’attualità è desunta dall’esegesi, specificamente, degli articoli 404 e 407 c.c. La procedura, come evidenziato dalla Corte, implica il manifestarsi della condizione d’infermità o incapacità della persona e l’insorgere coevo dell’esigenza di protezione cui è ispirata la finalità dell’istituto in discorso. La sua introduzione, avvenuta con la Legge n. 6 del 2004, mira infatti ad offrire uno strumento d’assistenza alla persona carente di autonomia a causa della condizione d’infermità o incapacità in cui versa che, calibrato dal giudice tutelare rispetto al grado d’intensità di tale situazione, consente di escludere gli interventi più invasivi degli istituti tradizionali posti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione.
L’intervento giudiziario, in coerenza con questa finalità, non può che essere contestuale al manifestarsi dell’esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione d’incapacità o infermità da cui quell’esigenza origina, che, secondo il contesto normativo di riferimento, rappresenta presupposto dello stesso istituto e non già dei suoi soli effetti.
Il giudice di legittimità ha cura di precisare che l’attribuzione della legittimazione alla proposizione del ricorso anche al beneficiario e la facoltà concessa allo stesso interessato di designare l’amministratore in previsione della propria futura incapacità, rispettivamente previste dagli articoli 406 e 408 c.c., operano su piani distinti:
I) la designazione “de futuro”, per la quale è prescritta la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, resta circoscritta nell’ambito di un’iniziativa privata, i cui effetti si dispiegano sul piano privatistico, senza che sia richiesto l’intervento del giudice;
II) la nomina conforme da parte del giudice è il luogo ideale ove si realizzano funzione ed effetti della previa designazione. Il provvedimento di nomina conforme, ovvero il secondo dei due momenti richiamati, tuttavia, è possibile solo al realizzarsi della condizione di incapacità e sempre che il giudice non ritenga ricorrere gravi ragioni che impediscano la nomina ad amministratore della persona designata.
La designazione preventiva di cui si discute mira a valorizzare il rapporto di fiducia tra il designante e la persona scelta che sarà tenuta ad esprimerne le intenzioni, se risultano esternate ad integrazione dell’atto, circa gli interventi di natura patrimoniale e personale che si rendessero necessari all’avverarsi di quella condizione. In tal caso, graverà sul designato il compito di agire non solo nell’interesse del beneficiario, esercitando la funzione di protezione e garanzia tipica della sua investitura, ma con esso, per attuarne il proposito dichiarato. Il giudice tutelare può non soltanto, in presenza di gravi motivi, motivatamente discostarsi dalla designazione, ma altresì, per logico corollario, potrà analogamente discostarsi dalle scelte integrative espresse nell’atto di designazione, laddove se ne renda necessario l’intervento, soltanto se apprezza la sussistenza di gravi motivi.
La Suprema Corte, procede poi ad affrontare, con un’ampia digressione incidentale, la natura e gli effetti delle direttive anticipate di trattamento sanitario, non senza omettere di rimarcare l’inerzia del legislatore italiano, a differenza di quello di Stati europei come la Francia, la Germania, l’Austria e la Spagna, nel fornire un compiuto quadro normativo di riferimento in materia. La Corte afferma che, nel caso in considerazione, l’intervento dell’amministratore di sostegno designato, pur con i limiti operanti in materia di diritti personalissimi, è vincolato alle indicazioni manifestate nella condizione di capacità dal soggetto, comunque sempre revocabili, ed ha il potere/dovere di esternarle, senza che si ponga la necessità di ricostruire la volontà attraverso atti e/o fatti compiuti in stato di capacità.
Attraverso una articolata ricognizione del quadro normativo nazionale e sovranazionale, la Corte evidenzia, poi, il ruolo informatore che svolge la dignità umana nella materia del trattamento sanitario, di cui è espressione il riconoscimento dell’autodeterminazione del paziente. È fatto obbligo, difatti, in caso di intervento medico, di acquisizione del consenso informato, quale espressione della libera e volontaria adesione del paziente al trattamento sanitario proposto dal medico, nonché di tenere conto dei desideri del paziente che non sia più grado di esprimere la sua volontà. Pregevole il richiamo alla Convenzione di New York, ratificata dall’Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18, che riconosce sin dal preambolo l’importanza per le persone con disabilità nell’autonomia ed indipendenza individuale, della libertà di scegliere le cure mediche.
Conclusivamente, la Corte esplica analiticamente gli effetti propri dell’atto di designazione:
1) esso vincolerà l’amministratore di sostegno, seppur i suoi poteri non sono prestabiliti ma sono fissati dal giudice tutelare nell’esercizio del suo potere decisionale, nel perseguire la finalità della cura necessaria a garantire la protezione del beneficiario e nell’attuarne le aspirazioni, laddove ne venga in rilievo il diritto alla salute, prestando il consenso o il dissenso informato agli atti di cura che impongono trattamenti sanitari;
2) orienterà l’intervento del sanitario;
3) ne imporrà la delibazione da parte del giudice nell’esercizio dei suoi poteri, segnatamente nell’attribuzione di quelli da affidare all’amministratore di sostegno, ovvero in sede d’autorizzazione agli interventi che incidono sulla salvaguardia della salute del beneficiato in caso di sua incapacità. Nel solco della sentenza n. 21748/2007, questo scrutinio non potrà però prescindere dalla verifica circa l’attualità della volontà del soggetto in stato d’incapacità che, sino al momento della perdita della coscienza, ha il potere di revocare quella scelta, nonché, secondo quanto si è affermato nei precedenti nn. 4211/2007 e 23676/2008 in ordine al dissenso alla sottoposizione alle cure mediche trasfusionali da parte di un testimone di Geova, della sua univocità e specificità, in modo da fugare incertezze ricostruttive o interpretative.
Conseguenza logica dell’iter argomentativo seguito dalla Corte è che siffatto strumento necessita, per la sua attuazione, della nomina da parte del giudice tutelare della persona designata. Il giudice tutelare potrà provvedere in tal senso solo in quanto si sia realizzata la finalità – indicata nella stessa legge istitutiva – di garantire la tutela delle "persone prive in tutto in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana", che ricorrerà solo ove vi sia il presupposto dell’incapacità o infermità attuale, come indicato dal combinato disposto degli artt. 404 e 408 c.c. ed interpretato dalla Suprema Corte, il quale consente attivazione dell’istituto e non certo il mero dispiegarsi dei suoi effetti.
La Corte rigetta il ricorso.
4. I precedenti
La sentenza, con l’ampia parentesi incidentale che la conclude, evidenzia il legame, già emerso, tra l’istituto dell’amministrazione di sostegno e la problematica delle direttive anticipate di trattamento sanitario, tema sul quale la stessa Corte, sia pure garbatamente, lamenta l’inerzia del legislatore italiano, anche avendo di mira gli interventi realizzati in proposito in altri ordinamenti europei.
La ricognizione del quadro emerso nella giurisprudenza di merito è offerta da una pregevole nota di Stefano Rossi, pubblicata online su www.personaedanno.it e liberamente consultabile.
Due gli orientamenti emersi:
I) da un lato, nel solco interpretativo confermato dalla decisione in commento, quella giurisprudenza che ha enfatizzato la distinzione tra la “designazione” dell’amministratore ed il provvedimento giurisdizionale di “nomina” dello stesso, quest’ultimo subordinato all’attualità dell’incapacità (Trib. di Busto Arsizio, decr. 12 ottobre 2011; Trib. Sassari, decr. 16 luglio 2007, in Foro it., 2007, I, 3025; Trib. Mantova, decr. 24 luglio 2008, in www.ilcaso.it; Trib. Genova, decr. 6 marzo 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 2, 187 ; Trib. Roma, decr. 1 aprile 2009, in www.personaedanno.it; Trib. Pistoia, decr. 1 aprile 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 1, 51 con nota di V. BUSI, Sull’interesse ad agire per la nomina dell’amministratore di sostegno; Trib. Firenze, decr. 8 aprile 2009, in www.personaedanno.it; Trib. Cagliari, decr. 14 dicembre 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 2, 161);
II) il diverso orientamento, non condiviso dalla decisione annotata, a mente del quale l’attualità non può assurgere alla dignità di presupposto indefettibile (Trib. Firenze, 22 dicembre 2010 in “Persona e danno”; Trib. Cagliari, decr. 22 ottobre 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 2, 161; App. Cagliari, 16 gennaio 2009, G.dir., 2009, 55; Trib. Modena, decr. 13 maggio 2008, in Foro it., 2008, I, 2318; Trib. Modena, decr. 5 novembre 2008, in G.dir., 2009, 11, 35).