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Ingiusta detenzione e domanda di riparazione: stop al “doppio processo”

Ombre a colori
Ph. Sara Caliolo / Ombre a colori

Nel giudizio di riparazione per ingiusta detenzione i giudici non possono e non devono rivalutare circostanze già escluse o ritenute dimostrate nel giudizio di cognizione.

Due recentissime sentenza della Suprema Corte entrambe della sez. IV la n. 2200 e 2202 del 12 gennaio 2022 hanno stabilito che: “va tenuta distinta l'operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all'accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell'imputato, da quella propria del giudice della riparazione. Questi, pur potendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un iter logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si siano poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) alla produzione dell'evento "detenzione"; e in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell'azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l'eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (in tal senso, espressamente, Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep.1996, Sarnataro, Rv. 203638; più di recente, ex plurimis, Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016, dep. 2017, La Fornara, Rv. 268952)

In pratica secondo un criterio interpretativo dell'art. 314 cod. proc. pen. più volte affermato dalla Corte di legittimità, sebbene il giudice della riparazione possa prendere in esame gli esiti dell'attività di indagine, indipendentemente dalla pronuncia assolutoria, in tale operazione incontra il limite di non poter ritenere provati fatti che tali non sono stati considerati dal giudice della cognizione ovvero non provate circostanze che quest'ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, Patanella, Rv.262957).

In concreto, il giudice della riparazione non può “riprocessare” la persona dichiarata innocente sulla base di una diversa interpretazione di elementi e circostanze già considerate dal giudice della cognizione.

Il giudice della riparazione per l'ingiusta detenzione, per stabilire se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (cfr. sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Rv. 259082).

Pertanto, in sede di verifica della sussistenza di un comportamento ostativo alla insorgenza del diritto azionata ai sensi dell'art. 314 cod. proc. pen., non viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell'esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare, pur nell'errore dell'autorità procedente, quel grave quadro indiziante un suo coinvolgimento negli illeciti oggetto d'indagine, ribadendosi - con specifico riferimento alla rilevanza delle frequentazioni cosiddette ambigue - che la condizione di connivenza e contiguità, pur penalmente insufficiente a fondare un'affermazione di responsabilità a titolo di partecipazione associativa, costituisce effettivamente condotta valutabile ai diversi fini che ci occupano (sul punto, cfr. sez. 4 n. 8914 del 18/12/2.014, dep. 2015, Rv. 262436; 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; 37528 del 24/6/2008, Rv. 241218; 42679 del 24/5/2007, Rv. 237898).

Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini, purché la loro utilizzabilità non sia stata espressamente esclusa in dibattimento (cfr. sez. 4 n. 19180 del 18/2/2016, Rv. 266808) e apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata' e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (cfr. sez. 4 n. 27458 del 5/2/2019, Hosni Hachemi Ben Hassen, Rv. 276458).

Quanto alla natura del comportamento ostativo, lo stesso può essere integrato anche dalla condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell'attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità (cfr. sez. 4 n. 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; n. 37528 del 24/6/2008, Rv. 241218).