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La ballerina di Degas e il body shaming

La piccola ballerina, Edgar Degas
La piccola ballerina, Edgar Degas

Degas è universalmente conosciuto come il pittore delle ballerine.

Ne era praticamente ossessionato, a giudicare dagli innumerevoli dipinti, a olio e a pastello, che le ritraggono – leggere e leggiadre – nella Parigi impressionista di fine ‘800 inizio ‘900.

Si calcola che, al netto di cavalli e fantini, più della metà della sua produzione artistica sia dedicata al mondo della danza classica, di cui subiva l’innegabile fascino.

Passione conclamata (un po’ come quella di Botero per gli oversize o di Fontana per i tagli), che ha magistralmente reso, da eccelso disegnatore quale era, con la delicatezza del tratto: a cristallizzare le fluttuazioni del movimento nella precisa frazione di secondo in cui quest’ultimo si fa ora arabesque ora rond de jambe.

Un fermo immagine che ben esprime il rigore tecnico della disciplina, le cui adepte, dai lineamenti ancora adolescenziali, ondeggiano incantevoli in un trionfo di tulle e organza. Soffici nuvole dalle tinte tenui.

Predomina il rosa. Rosa i tutù, rosa le scarpette, rosa le fresche gote. A sottolineare la tenera femminilità delle “fanciulle in fiore” (credits Proust), meravigliose creature angelicate, degne eredi del Dolce stil novo.

Lo stesso non può certo dirsi per la Petite Danseuse, scultura che l’autore realizzò cimentandosi (anche) nelle arti plastiche … con risultati piuttosto discutibili.

L’originale della statuetta è custodito alla National Gallery of Art di Washington DC, ma almeno una ventina di riproduzioni bronzee sono disseminate in giro per gallerie e musei dei vari continenti.

Modellata in cera colorata e di stoffa vestita, è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto ai canoni classici di bellezza.

A rincarare la dose, la postura goffa e sgraziata. Viso, petto e gamba destra protesi in squilibrio in avanti; mani congiunte dietro la schiena. Distante anni luce dal composto portamento delle eleganti silhouettes “colleghe” su tela.

Sebbene oggi sia stata molto rivalutata, al suo debutto in società in occasione dell’esposizione del 1881, la Piccola Ballerina di quattordici anni destò stupore indignato che presto degradò in villano disprezzo.

In particolare, i critici dell’epoca, sbigottiti da cotanto scempio iperrealista, la stroncarono brutalmente. Chi non esitò a definirla “un piccolo mostro adatto ad un museo di zoologia”. Chi la paragonò ad “una scimmia da mettere in contenitore sotto formalina”. Commenti più consoni a bulletti di periferia che non a dotti esperti, la cui spietata crudeltà rimanda ad una sorta di body shaming d’antan.

Giuridicamente ragionando, dileggiare qualcuno con cattiveria gratuita per il suo aspetto fisico non costituisce, di per sé, reato.

Lo diventa qualora questa squallida condotta sia posta in essere con modalità tali da integrare gli elementi di altri reati, quali la diffamazione ex articolo 595 Codice Penale (offesa pubblica alla reputazione della vittima), lo stalking ex articolo 612 bis Codice Penale (denigrazione ripetuta e costante) o, nelle ipotesi più severe, l’istigazione al suicidio ex articolo 580 Codice Penale.

Metagiuridicamente ragionando, invece, quel minimo sindacale di sensibilità e di buona educazione dovrebbe impedire alla radice simili comportamenti.

Ragionamenti a parte, comunque, la migliore risposta agli attacchi pesanti resta la danza lieve. E le ballerine di Degas – tutte, nessuna esclusa – questo ben lo sanno.