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La delegazione amministrativa tra organi politici locali: la delega del sindaco e del presidente della provincia agli assessorii

Dolo, marzo 2021
Ph. Francesca Russo / Dolo, marzo 2021

Sommario

1. Definizione - Finalità

2. Delega agli Assessori comunali e provinciali

3. Deleghe ai Consiglieri comunali e provinciali

4. Considerazioni conclusive

 

1. Definizione - Finalità

La delegazione è “un provvedimento amministrativo organizzatorio, straordinario, temporaneo per effetto del quale e nei casi espressamente previsti dalla legge, un organo o un ente, investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia, pur non operando un trasferimento della titolarità della competenza, determina lo spostamento in capo ad un altro organo o ad un altro ente, autoritativamente ed unilateralmente mediante atto formale, dell’esercizio delle funzioni di sua spettanza”.

È ammessa nei soli casi previsti dalla legge, atteso che l’articolo 97 della Costituzione pone una espressa riserva in tal senso, cosicché la fonte della competenza è un atto normativo nella forma disciplinata dalla Costituzione e non un atto diverso imputabile in modo esplicito o implicito ad un particolare soggetto giuridico.

La delega amministrativa è rinvenibile soltanto nelle ipotesi particolari in cui l’ordinamento preveda esplicitamente la possibilità di derogare all’ordine prestabilito nel quadro generale delle competenze dettato dal legislatore. La forma del conferimento è sempre quella scritta (ad substantiam), il quale pertanto non è valido se non viene concluso nella forma tassativamente stabilita.

Trattandosi di un atto discrezionale, rimesso quindi alla incondizionata volontà del’organo detentore del potere di delegare o meno, si rivela opportuno avvalersi di esso in tutti i casi in cui determinati organi si trovino ad essere oberati da un’enorme mole di lavoro, al fine di garantire un miglior funzionamento della struttura amministrativa, distribuendo lo svolgimento di parte del lavoro ad altri organi, appartenenti allo stesso ente (delega interorganica, es.: delega del Sindaco agli Assessori; delega del Ministro al sottosegretario di Stato) o a diverso ente (delega intersoggettiva, es.: delega della Regione al Comune (articolo 118 della Costituzione ante riforma del 2001; legge 59/1997).

Mediante la delega l’autorità delegante non trasferisce al delegato la competenza ma esclusivamente l’esercizio dei poteri, senza perderne la titolarità e conservando nell’attività delegata poteri di ingerenza, modificando o revocando la delegazione, rimpossessandosi dei suoi poteri. Per effetto della delega, il delegato viene a trovarsi, rispetto all’esercizio del potere, nella medesima posizione del delegante, sicché esercita il potere in nome proprio e si assume la responsabilità degli atti adottati con efficacia esterna compiuti nell’espletamento dell’attività delegata, con imputazione degli effetti al delegante, per conto del quale agisce.

Nella sua attività, il delegato ha in ogni caso una responsabilità diretta per quanto concerne l’istruttoria svolta e il tipo di provvedimento adottato impegnando l‘Ente all’esterno (culpa in agendo o in operando), quando sia derivato o sia per derivare un danno a terzi.

Il delegante, rimanendo titolare dei poteri o delle funzioni, conserva il potere, normalmente evidenziato nell’atto di delegazione, di direttiva, di vigilanza, di indirizzo e di controllo, nonché di revisione e di avocazione sull’attività del delegato.

Mediante detto istituto si instaura uno speciale rapporto tra il delegante e il delegato: infatti, la competenza, che prima spettava al delegante, con l’atto di delegazione migra nella sfera di competenza del delegato.

Possiamo avere: una delega sia tra enti diversi (c.d. delegazione intersoggettiva) quando ha luogo uno spostamento di competenze tra soggetti diversi (per es., nei casi previsti dall’articolo 118 della Costituzione, prima della riforma attuata con legge costituzionale n. 3/2001), in virtù del quale lo Stato poteva delegare alle regioni l’esercizio di sue funzioni amministrative, e queste, a loro volta, alle province, ai comuni e ad altri enti locali, sia una delegazione interorganica tra organi della stessa struttura, allorquando si verifica uno spostamento di competenze da un organo a un altro all’interno della stessa struttura amministrativa (per es., delega dal Prefetto al Questore; dal Sindaco agli Assessori).

È utile evidenziare come la delega possa distinguersi dalla:

a) Supplenza o sostituzione. Istituto che, diversamente dalla delega, opera ope legis divenendo attivo al verificarsi di un solo presupposto di fatto: l’impedimento o l’assenza del titolare e non modifica il quadro delle competenze, ma solo la legittimazione ad agire. Non necessita alcuna manifestazione di volontà né da parte del supplente né da parte del delegante, non è richiesta investitura preventiva e non è soggetta a ratifica da parte del delegante (es., in base all’articolo 53, comma 2, del Tuel n. 267/2000: “il vicesindaco e il vicepresidente sostituiscono il Sindaco e il Presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento temporaneo……………………….”). Racchiude in sé una duplice legittimazione ad esercitare le funzioni di spettanza: una originaria in capo al titolare ed una secondaria del supplente che ha il potere di sostituirlo in caso di impedimento o assenza per evitare la paralisi dell’attività;

b) Delega di firma o delega interna (es., delega del Sindaco, in qualità di ufficiale di governo, a un dipendente comunale per le funzioni di firma delle carte d’identità, foto autenticate, ecc.). Risponde a semplici esigenze di deconcentrazione del lavoro amministrativo e non crea particolari rapporti tra delegante e delegato. In questi casi l’atto firmato dal delegato, pur essendo certamente frutto dell’attività decisionale del delegato, resta formalmente imputato all’organo delegante e non comporta nessuna variazione dell’ordine delle competenze ma semplicemente l’autorizzazione, concessa da un soggetto ad un altro, di apporre la firma in calce ad un provvedimento che rimane proprio del delegante sotto il profilo dell’imputazione e non diventa di pertinenza di chi lo ha firmato (delegato), con la conseguenza che il delegante sarà l’unico responsabile nei confronti dei terzi. La “delega di firma”, contrariamente alla “delegazione della competenza” la quale ha rilevanza esterna, realizza un mero decentramento burocratico: il “delegato alla firma” non esercita, infatti, in modo autonomo e con assunzione di responsabilità i poteri inerenti alle competenze amministrative riservate al delegante, ma agisce semplicemente come “longa manus”, e dunque in qualità di mero sostituto materiale, del soggetto persona fisica titolare dell’organo cui è attribuita la competenza;

c) Reggenza. Ricorre questo istituto solo in casi straordinari e per periodi di tempo determinati e quando nell’ufficio manca il titolare. Il reggente dirige l’ufficio e tutto il lavoro connesso e ne è direttamente responsabile. La reggenza temporanea dell'ufficio non fa scattare il diritto al trattamento economico delle mansioni superiori. Se si procrastina nel tempo fa sorgere il diritto del lavoratore alle differenze retributive tra il trattamento economico percepito e quello proprio delle mansioni superiori (Cassazione civile, Sez. Lavoro, Ordinanza n. 31400 del 02/12/2019).

 

2. Delega agli Assessori comunali e provinciali

Il Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non disciplina espressamente la delega di funzioni dal Sindaco agli Assessori, disponendo, all’articolo 48, comma 1, che “la giunta collabora ……… ed opera attraverso deliberazioni collegiali”.

Gli Assessori comunali e provinciali hanno, quindi, un ruolo amministrativo diretto unicamente in quanto componenti della giunta.

Il Sindaco o il Presidente della provincia nomina gli Assessori in base ad una propria scelta discrezionale i quali debbono collaborare per la realizzazione delle linee programmatiche da realizzare nel corso del mandato.

Con lo stesso decreto di nomina o con uno successivo, l’Assessore viene preposto ad un ramo in cui si ripartisce l’attività amministrativa con una “delega” da parte del Sindaco o del Presidente della provincia, che riveste carattere fiduciario e può essere revocata in ogni momento.

Con la delega il delegato viene a trovarsi, rispetto all’esercizio del potere, nella medesima posizione del delegante, sicché esercita il potere in nome proprio e si assume la responsabilità degli atti compiuti nell’espletamento dell’attività delegata, con imputazione degli effetti al delegante, per conto del quale agisce mediante adozione di provvedimenti aventi efficacia esterna, non rilevando vizio di legittimità la mancata citazione della delega, essendo idoneo che la stessa di fatto esista.

Aderendo a certa teoria, l’Assessore, non qualificabile come organo del comune o della provincia, sia da considerare assolutamente privo di un ambito proprio di esercizio di funzioni, potendo svolgere tale sua funzione esclusivamente partecipando alle manifestazioni di volontà collegiali della giunta.

Tuttavia non è assolutamente da escludere che l’Assessore possa esercitare un ruolo di sovrintendenza politico-amministrativa relativamente ad un certo settore o, comunque, gruppo di materie, come supporto al Sindaco. Infatti, è consuetudine diffusa in pressoché tutti i comuni e province che ai singoli Assessori siano conferite deleghe, consentite dall’ordinamento, per specifiche materie, di natura politica, essenzialmente come compito di sovrintendenza, stimolo e controllo su specifiche tematiche.

A tal fine si richiamano le seguenti norme del Tuel n. 267/2000: “i componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi del comune dagli stessi amministrato (articolo 78, comma 3); “il consiglio …. partecipa alla ………..verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e dei singoli Assessori (articolo 42, comma 3); “il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, …….. della giunta o dell’assessore di riferimento, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge (articolo 90, comma 1); l’articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 267/2000 nel qualificare la giunta come organo di collaborazione del Sindaco non precisa le modalità ed i contenuti della collaborazione.

La tesi favorevole alla possibilità che il Sindaco conferisca deleghe all’Assessore rileva come lo statuto possa consentire espressamente al Sindaco di delegare le proprie competenze agli Assessori; l’articolo 84, comma 3, del decreto legislativo 267/2000 contiene una disposizione dalla quale è lecito desumere una previsione legislativa della delegabilità delle funzioni del Sindaco agli Assessori (e anche ai Consiglieri), laddove prevede che “agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate”.

Inoltre, l’articolo 109, comma 1, del Tuel 267/2000 prevede, tra le ipotesi che legittimano la revoca degli incarichi dirigenziali, l’inosservanza delle “direttive del Sindaco o del Presidente della provincia, della giunta o dell’Assessore di riferimento”.

Appare utile qui ricordare che la direttiva o atto di indirizzo dell’organo di governo, è strumento con il quale vengono definite le linee generali dell’azione, che deve consentire la discrezionalità in merito a scelte gestionali tese a raggiungere l’obiettivo definito dall’organo di governo. In un precedente articolo ho definito la direttiva come l’atto mediante il quale l’autorità superiore invita l’ente o l’organo dipendente a realizzare un determinato programma o ad adottare una determinata iniziativa (ad es., direttiva dello Stato alle regioni).

Si tratta di uno strumento di organizzazione correlato al potere di direzione e di indirizzo: quest’ultimo ha un carattere più ampio, indicando di solito l’obiettivo da perseguire; la direttiva presenta connotati più specifici e puntuali, prevedendo, oltre l’obiettivo, gli strumenti necessari a perseguirlo. Alla direttiva il soggetto destinatario deve uniformarsi, mantenendo una relativa autonomia, e potendo disattendere i contenuti della direttiva ove la stessa presenti caratteri di illegittimità, ovvero quando, applicata alla singola fattispecie concreta, pregiudichi il perseguimento dell’obiettivo e dei risultati prefigurati dall’Ente. In tale ultima ipotesi, il soggetto che disattende la direttiva deve darne adeguata motivazione.

La direttiva presenta, inoltre, aspetti di maggiore generalità rispetto all’ordine che, di norma, si concretizza in una disposizione concreta e puntuale che comporta l’obbligo per il destinatario di eseguirlo, anche nel caso in cui i contenuti dell’ordine siano palesemente illegittimi, con esclusione della sola ipotesi in cui l’atto sia vietato dalla legge penale.

 

3. Deleghe ai Consiglieri comunali e provinciali

Il problema della possibilità che il Sindaco o il Presidente della provincia attribuisca deleghe funzionali ai Consiglieri ha evidenti analogie con la questione della delegabilità di funzioni nei confronti degli Assessori, pur essendo qualitativamente molto diverso il ruolo dei possibili destinatari di dette deleghe.

Più che definirle deleghe si tratterebbe, a parere dello scrivente, di incarichi conferiti a Consiglieri comunali e provinciali. Infatti, diversamente dalle deleghe (e questo è il dato essenziale li contraddistingue), gli incarichi conferiti sono finalizzati e limitati ad approfondimenti collaborativi nell’esercizio delle attività di indirizzo e coordinamento proprie del Sindaco e del Presidente della provincia, esclusa l’adozione di provvedimenti che impegnino l'Ente all’esterno.

La delega ai consiglieri non è però supportata da norme dell’ordinamento giuridico locale, se non in taluni casi previsti dalla legge (articolo 54, comma 10 e articolo 31, comma 4 del decreto legislativo n. 267/2000 che consente al Sindaco e/o al Presidente della provincia di delegare le proprie attribuzioni, in caso di partecipazione alle assemblee consortili, composte “dai rappresentanti degli enti associati nella persona del Sindaco o di un suo delegato”); quelle amministrazioni che si avvalgono della delega ai Consiglieri fanno infatti riferimento ad una previsione statutaria, oltre che a una diffusa prassi amministrativa.

In fondo, se già diventa compito arduo legittimare la delega all’Assessore, che è pur sempre un componente di un collegio, la giunta, di diretta collaborazione con il Sindaco o con il Presidente della provincia, con il quale condividono il ruolo di organo di governo operativo dell’ente, ancor di più lo è giustificare una delega in favore dei Consiglieri.

Ne consegue che la tesi favorevole non potrebbe che fare leva su due elementi: l’articolo 84, comma 3, del decreto legislativo n. 267/2000, oppure la previsione statutaria.

Trova maggiore riscontro, invece, la tesi che considera possibile la delega ai Consiglieri, purché  limitata ad attività istruttorie, non aventi rilevanza esterna e rivolte ad agevolare le funzioni del Sindaco o del Presidente della provincia.

Questa teoria è stata avanzata a più riprese dall’Anci: il Sindaco non può delegare ai Consiglieri comunali l’esercizio di vere e proprie potestà amministrative, tali da esplicare effetti giuridici nei confronti dei terzi, ma potrebbe, però, incaricare i Consiglieri del compimento di attività istruttorie, preparatorie di atti amministrativi veri e propri, avvalendosi della loro specifica professionalità o competenza.

E’ oramai riscontrabile in quasi tutti gli enti locali il ricorso, da parte del Sindaco o del Presidente della provincia, a deleghe ai Consiglieri in specifici settori, in particolare presso le amministrazioni comunali.

Una prima pronuncia giurisprudenziale (TAR Lombardia, Milano, 1994) si è schierata contro la possibilità che il Sindaco deleghi i consiglieri, considerando simile delega illegittima, in mancanza di un norma di legge che lo consenta espressamente.

Nello specifico, i giudici meneghini considerarono illegittimo un provvedimento sindacale emesso sulla base di studi e ricerche effettuati da alcuni consiglieri comunali, perché il nuovo assetto dell’ordinamento locale ha escluso ogni possibilità collaborativa dei Consiglieri col Sindaco, allo scopo di evitare la commistione tipica del precedente assetto tra controllore e controllato.

Tra le attività del Consigliere comunale non rientra la collaborazione diretta con il Sindaco, sotto qualsiasi forma, in quanto ciò potrebbe menomare la libertà di giudizio e la posizione di parità di ciascun Consigliere. Tanto che la collaborazione con il Sindaco è espressamente riservata dalla legge agli Assessori ed alla dirigenza.

Altra giurisprudenza amministrativa, meno risalente (Tar Toscana, Sezione I, sentenza 27 aprile 2004, n. 1248) ha ritenuto che lo statuto (...)” possa prevedere la delegabilità da parte del Sindaco ad un Consigliere di alcune competenze, finalizzate all’esercizio delle attività di indirizzo e coordinamento proprie del sindaco, che non comportino l’adozione di atti a rilevanza esterna e compiti di amministrazione attiva, limitate ad approfondimenti collaborativi per l’esercizio diretto delle predette funzioni da parte del Sindaco che ne è titolare.

La sentenza ha precisato che:

a) la delega è finalizzata alla cura di particolari materie e servizi comunali e, dunque, non ad una complessa branca organizzativa;

b) il consigliere deve svolgere esclusivamente una funzione di proposta e consulenza al Sindaco;

c) il Consigliere non partecipa alle sedute della giunta;

d) il Consigliere è privo di ogni potere decisionale;

e) il Consigliere nei confronti dei dirigenti e funzionari è privo di qualsiasi ulteriore potere rispetto a quelli propri di ogni altro consigliere comunale;

f) i provvedimenti relativi alla delega fanno comunque capo al Sindaco e sono da questo sottoscritti.

In definitiva, a fondamento della propria decisione, il TAR Toscana, partendo dalla considerazione che è ius receptum la possibilità che il Sindaco deleghi i Consiglieri comunali, sostiene che il provvedimento di delega del Sindaco è legittimo, perché non produce alcuna lesione ai principi in materia di organizzazione degli enti locali, in quanto:

1. non viola espressi divieti al conferimento di deleghe nei confronti dei Consiglieri;

2. in sostanza, non si tratta di una vera e propria delega, ma di un incarico per supportare il Sindaco nella propria azione di governo.

In tempi più recenti, la questione è ritornata, possiamo dire di attualità, ed è stata sottoposta al vaglio del Ministero dell’Interno - Dipartimento Affari Interni e Territoriali, il quale in data 28 ottobre 2019 ha reso circostanziato parere a tenore del quale il Sindaco può delegare un consigliere comunale a incarichi che non comportino l’assunzione di atti a rilevanza esterna.

Il Viminale ha chiarito che, nell’ambito dell’autonomia statutaria dell’ente locale, sancita dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 267/00, è ammissibile la disciplina di deleghe interorganiche, purché il contenuto delle stesse sia coerente con la funzione istituzionale dell’organo cui si riferisce.

Occorre considerare che il consigliere può essere incaricato di studi su determinate materie e di compiti di collaborazione circoscritti all’esame e alla cura di situazioni particolari, che non implichino la possibilità di assumere atti a rilevanza esterna, né di adottare atti di gestione spettanti agli organi burocratici, evitando una incongrua commistione nell’ambito dell’attività di controllo.

Tale delega, spiegano i tecnici del Viminale, è ammissibile purché escluda implicitamente compiti di amministrazione attiva, tali da comportare “…l’inammissibile confusione in capo al medesimo soggetto del ruolo di controllore e di controllato……………”

Il Consigliere, infatti, svolge la sua attività istituzionale, in qualità di componente di un organo collegiale quale il consiglio, che è destinatario dei compiti individuati e prescritti dalle leggi e dallo Statuto.

Considerato che il consiglio svolge attività di indirizzo e controllo politico-amministrativo, partecipando “alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e dei singoli Assessori” (articolo 42, comma 3, del Tuel 267/2000), ne discende un corollario imprescindibile che è quello di eludere un irragionevole miscuglio delle funzioni esecutive con quelle di controllo, fatte salve alcune eccezioni previste dalla legge, come la delega prevista dall’articolo 54, comma 7, del Tuel n. 267/2000, a mente del quale il Sindaco, nella sua qualità di Ufficiale del Governo “nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché dall'articolo 14, il Sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il Sindaco può conferire la delega ad un Consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni, o dall’articolo 31 del Tuel, che consente al Sindaco di trasferire proprie attribuzioni ad altro organo in caso di partecipazione alle assemblee consortili, composte “dai rappresentanti degli enti associati nella persona del Sindaco o di un suo delegato”.

Poiché la legge, quando ammette esplicitamente la delega, disciplina una “deroga” all’ordine delle competenze, la normativa in merito deve essere considerata tassativa e non suscettibile di applicazione analogica.

Il Viminale conclude nell’osservare che il Sindaco del Comune in questione non ha attribuito alcuna delega ai Consiglieri comunali, essendosi invero limitato a disporre “incarichi” di studio e di approfondimento su una serie di materie di interesse comunale a supporto dello stesso Sindaco e del Consiglio comunale.

 

4. Considerazioni conclusive

Come abbiamo potuto constatare in questa breve rassegna, il nostro ordinamento locale non prevede espressamente la delega di funzioni dal Sindaco o dal Presidente della Provincia agli Assessori, anche se detto istituto è ritenuto ammissibile dalla consuetudine o qualora detta previsione sia inserita nello statuto.

Anche la delega ai consiglieri non è sostenuta dal’ordinamento giuridico locale, tranne qualche eccezione riferita ad una previsione statutaria, oltre che a una diffusa prassi amministrativa.

Considerato che la delega conferita ad Assessori e Consiglieri  comunali e provinciali, è nella prassi amministrativa degli enti locali ritenuta legittima, sarebbe opportuno un intervento chiarificatore del legislatore diretto a: 1) legalizzare la “delega” di funzioni del Sindaco o del Presidente della provincia agli Assessori; 2) regolarizzare la “delega” del Sindaco o del Presidente della provincia ai Consiglieri di alcune competenze e con le limitazioni sopra esaminate, anche al fine di coinvolgere e responsabilizzare i Consiglieri comunali e provinciali che in tal modo potranno apportare il loro contributo nella gestione della res publica.

1. Giovanni Laurenza – Deleghe agli assessori comunali e  provinciali – Nuova Rassegna – 1983 – N. 11-12, pag. 1259

2. Pietro Virga – L’amministrazione locale – Giuffrè Editore - 1991

3. Luigi Giovenco, Antonio Romano - L’ordinamento comunale, ed. Giuffrè, Milano, 1994, pagg. 639-641

4. Elio Casetta – Manuale di diritto amministrativo – Giuffrè Editore 1999

5. Luigi Delpino – Federico Del Giudice – Diritto Amministrativo – Edizioni Giuridiche Simone

6. Giuseppe Fiorillo - La direttiva dell’organo politico – Filodiritto, 20 febbraio 2020