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Green pass: il Sindaco non può limitare l’accesso

Sicurezza sul lavoro: non spetta al Sindaco limitare l’accesso in Comune per mancanza di green pass
piano nobile e uffici
Ph. Massimo Golfieri / piano nobile e uffici

La vicenda

La vicenda giudiziale in commento nasce dal ricorso proposto da alcuni cittadini, proprietari di seconde case e/o frequentatori per esigenze turistiche e/o lavorative del Comune di Finale Ligure e dei rispettivi uffici comunali, avverso l’ordinanza del Sindaco dello stesso Comune con la quale era stato prescritto che, a far data dal 1 ottobre 2021, "l'accesso alle sedi istituzionali e operative del Comune di Finale Ligure - compresi gli spazi di proprietà comunale ceduti in concessione od in uso ad altri soggetti per l'esercizio di servizi o attività rivolte a soddisfare esigenze dei Cittadini e compresi altresì i veicoli di proprietà del Comune - sarà consentito esclusivamente alle persone munite di certificazione verde (c.d. green pass) di cui all’art. 9 del D.L. n. 52 del 2021, convertito con modificazione dalla L. n. 87 del 2021".

Con successiva ordinanza lo stesso Sindaco, tuttavia, "tenuto conto che le scelte operate dal Governo Italiano con il D.L. 21 settembre 2021, n. 127 risultano assorbenti in larga parte delle misure già precedentemente ritenute opportune e necessarie per implementare le soglia di sicurezza per i dipendenti del Comune di Finale Ligure, nonché per coloro che sono tenuti ad accedere al medesimo luogo di lavoro per fruire in presenza dei servizi erogati" revocava il provvedimento impugnato, per cui i Giudici amministrativi dichiaravano cessata la materia del contendere e condannavano l’ente locale al pagamento delle spese di lite.

 

I limiti del potere sindacale in tema di provvedimenti per la sicurezza sul lavoro da emergenza Covid-19

La sentenza oggi in commento, al di là della evidente linearità procedurale con la quale la vicenda in questione sia stata trattata e decisa, si pone certamente alla nostra attenzione per la valutazione di uno dei problemi più ricorrenti ed immediati che la pandemia in atto e la legislazione emergenziale che ne è derivata hanno in passato manifestato.

Intendiamo, più precisamente, riferirci alla gestione e regolamentazione di quei casi di accesso sul luogo di lavoro in mancanza di certificazione verde o c.d. green pass che precedentemente all’emanazione del D.L. n. 127 del 21 settembre u.s. (“Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening”) pure hanno creato problemi interpretativi ed applicativi non di poco conto; la questione oggi trattata, del resto, ne è un chiaro esempio alla luce anche dell’esito, forse scontato nel merito ma eccessivamente pregiudizievole per il Comune sotto il profilo della regolazione delle spese di lite, che la stessa ha avuto.

Come è noto, infatti, l’art. 9-quinquies del citato D.L., sotto la rubrica “ Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore pubblico” ha disposto testualmente che dal “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale di cui all'articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d'Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell'accesso ai luoghi di lavoro, nell'ambito del territorio nazionale, in cui il predetto personale svolge l'attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2”.

È significativo, dunque, sottolineare come tale normativa abbia finalmente regolamentato il diritto di accesso ai luoghi di lavoro a far data solo dal 15 ottobre, andando proprio a coprire un vuoto legislativo tale da aver generato, a nostro parere in maniera legittima ed anche umanamente comprensibile, le preoccupazioni dei datori di lavoro, e segnatamente, nel caso specifico, del Sindaco che, in questa sua espressa qualità, evidentemente ha ritenuto di dover garantire la sicurezza dei dipendenti comunali e la conseguente salubrità del loro luogo di lavoro da potenziali attacchi derivanti da contatti e/o accessi di persone non munite di green pass.

In realtà, come possiamo notare dalla lettura della recente normativa, alcuna prescrizione risulta essere stata introdotta dal Legislatore relativamente all’utenza delle pubbliche amministrazioni, dovendosi dunque ritenere, a contrario, che la limitazione dell’obbligo di green pass al solo personale-lavoratore abbia di fatto escluso ogni possibilità di pretesa di tale certificazione per la stessa utenza, in tal modo lasciando inalterate quelle esigenze di tutela della sicurezza del posto di lavoro che hanno di fatto giustificato l’emissione dell’ordinanza sindacale oggi impugnata.

In definitiva, pertanto, possiamo dire che il silenzio del Legislatore sul punto ha concretamente portato ad una regolamentazione, generalizzata e sostanzialmente aperta a chiunque, del diritto di accesso ai pubblici uffici da parte dei cittadini, senza tuttavia la benché minima preoccupazione circa l’incidenza di tale diritto sulla salute dei lavoratori pubblici.

Ecco dunque spiegato il perché i Giudici amministrativi liguri abbiano stigmatizzato la decisione nell’occasione adottata dal Primo Cittadino evidenziando al riguardo che “La determinazione sindacale è stata adottata avvalendosi del potere attribuito dall’art. 50 del D. Lgs. n. 267 del 2000, sul presupposto che la gravità della situazione sanitaria in corso rende necessario il raggiungimento del maggior numero possibile di soggetti vaccinati, dal che l'opportunità che anche le amministrazioni locali collaborino al conseguimento dello scopo indicato, inducendo il maggior numero di persone possibile ad aderire alla campagna di immunizzazione; in argomento si osserva che la giurisprudenza interpreta l’art. 117 cost.  (ad esempio, corte cost. 2020/281) nel senso che nella materia della sanità pubblica sussiste la competenza legislativa esclusiva dello Stato, dal che l'impossibilità di ipotizzare che i precetti emessi da altri organi integrino le norme statuali dettate nel perseguimento delle funzioni d'istituto; il principio di legalità sembra infatti ostare a quanto indicato dall'atto sindacale, secondo cui le amministrazioni locali potrebbero essere legittimate ad indurre i cittadini non vaccinati a farlo, imponendo loro difficoltà nella vita di ogni giorno; e al riguardo si osserva che la notazione contenuta nell'atto gravato circa la possibilità per i non vaccinati di ottenere quanto erogato dal comune con modalità diverse dall'accesso configura l'introduzione di una disposizione limitativa, la cui previsione è riservata alla legge dalla Costituzione”.

La motivazione addotta dal TAR ligure si basa, dunque, su una lettura estremamente rigida e vincolata del dettato normativo applicabile in materia e, segnatamente, del citato art. 50 TUEL sebbene gli stessi giudici ammettano la possibilità per il Sindaco di derogare o integrare le norme vigenti “sulla base di un'adeguata ponderazione circa la necessità di porre riparo a situazioni di grave allarme -nel caso - sanitario, che sarebbe difficile affrontare basandosi sulla normativa ordinaria in vigore, come è dato leggere nella sentenza in commento.

Nella contrapposizione, infatti, tra il primario interesse della sicurezza dei lavoratori in un ambito lavorativo oltretutto aperto ad un potenziale notevole afflusso di pubblico e quello, privatistico e del tutto soggettivo, dei cittadini a godere liberamente dei servizi pubblici offerti dalle strutture comunali con le più ampie modalità di scelta e, quindi, anche mediante accesso diretto agli uffici competenti, i Giudici liguri hanno evidentemente ritenuto preminente il secondo.

Ciò essi hanno fatto rilevando come nel caso di specie non risultasse “che l'accesso degli interessati alla sede o alle pertinenze comunali abbia sinora comportato un innalzamento nei rischi di contagio quali sono stati appurati nella competente sede scientifica” e sottolineando altresì come “l'esecuzione dell'atto impugnato comporta per ciò un disagio che in oggi appare non motivato in danno dei soggetti non vaccinati che aspirano ad avvalersi delle funzioni comunali, la cui fruizione sinora non è stata loro vietata da un'apposita norma di legge”.

In definitiva, la decisione adottata dal TAR, si badi bene in mancanza, al momento della proposizione del ricorso, di qualsivoglia norma statale che regolasse la materia, ha inteso esclusivamente assicurare il principio generale della separazione dei poteri e delle competenze funzionali tra autorità differenti, ma forse con un tale eccessivo rigore giuridico da dimenticare i principi cardine di diligenza amministrativa e soprattutto di tutela della sicurezza sul lavoro che in una situazione generale così complicata come quella attuale evidentemente avrebbero meritato ben maggiore attenzione.

L’ordinanza sindacale impugnata, e non dimentichiamolo tempestivamente revocata non appena intervenuto il tanto atteso provvedimento normativo, aveva invece probabilmente l’intento di privilegiare il bene salute-sicurezza sul lavoro rispetto al legittimo diritto di accesso agli atti e documenti del pari costituzionalmente garantito, oltretutto mai del tutto compromesso per i cittadini in quanto facilmente esercitabile mediante le più comuni modalità digitali cui sono ormai improntati, ed addirittura incentivati, i rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Sembra, pertanto, quasi paradossale e curioso che nella corsa del nostro sistema politico ed amministrativo alla digitalizzazione dei sistemi informativi degli enti pubblici ed alla conseguente esplicazione dei servizi di questi con sistemi sempre più informatizzati e telematici, si vada poi a contestare una iniziativa sindacale che si muoveva chiaramente in tal senso limitando comunque l’accesso diretto agli uffici comunali, sia pure nei confronti di un determinato nucleo di persone caratterizzato dalla mancata sussistenza del green pass.

Al fine peraltro di sgombrare il campo della nostra analisi da pericolose e fuorvianti considerazioni di natura esclusivamente extragiuridiche, quali potrebbero essere quelle connesse ai movimenti di protesta no-vax che attualmente imperversano nel nostro come in tutti gli altri Stati (è emblematico al riguardo il clamore mediatico sollevato dal noto caso della deputata Sara Cunial), è doveroso sottolineare come i Giudici amministrativi non abbiano in alcun modo posto l’accento su possibili violazioni del principio di uguaglianza o, se vogliamo, su un’eventuale fattispecie discriminatoria in danno di una data categoria di soggetti.  

Ciò, a nostro parere, sembrerebbe poter dimostrare la buona fede con la quale il Sindaco del Comune di Finale Ligure ha evidentemente ritenuto di emettere l’ordinanza impugnata nel prioritario suo interesse alla salvaguardia della salute pubblica e della sicurezza dei dipendenti comunali, come del resto preteso da parte di qualunque datore di lavoro chiamato al rispetto delle normative di legge regolanti questa delicata materia.

Ecco dunque perché risulterebbe, almeno a chi commenta, quanto meno stridente sotto un profilo squisitamente giuridico e processuale la disposta condanna del Comune resistente alle spese di lite, sì correttamente fondata sul noto principio generale della “soccombenza virtuale” ma probabilmente inopportuna in un contesto generale come è quello attuale, e forse anche facilmente superabile con una differente motivazione che avrebbe potuto mettere in rilievo le cause ultime dell’ordinanza impugnata e la mancanza di una normativa dello Stato in quel preciso frangente.

Oltretutto ci sia consentito dissentire dalla intransigenza processuale sul punto dimostrata dal TAR ligure sulla base proprio del preciso dettato normativo di cui al menzionato art. 50 del D. Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 (“Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”) secondo il quale, appunto, “In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”.

De iure condendo, infatti, e quindi fuori dai rigidi schemi processuali, ci riesce difficile comprendere come la negazione dell’esercizio di tale eccezionale ed occasionale potere sindacale sia stata fondata, come è dato leggere in sentenza, sulla mera e del tutto apodittica affermazione che “non risulta che l'accesso degli interessati alla sede o alle pertinenze comunali abbia sinora comportato un innalzamento nei rischi di contagio quali sono stati appurati nella competente sede scientifica”.

Non ci sembra, invero, condivisibile che nel regolamento delle spese di causa non sia stata data la giusta considerazione alle ragioni che il Sindaco ha posto a base della revoca della sua precedente ordinanza e che risiedono, è bene rilevarlo, su quella motivazione che la sentenza oggi in commento ha pure testualmente ripreso (“tenuto conto che le scelte operate dal Governo Italiano con il D.L. 21 settembre 2021, n. 127 risultano assorbenti in larga parte delle misure già precedentemente ritenute opportune e necessarie per implementare le soglia di sicurezza per i dipendenti del Comune di Finale Ligure, nonché per coloro che sono tenuti ad accedere al medesimo luogo di lavoro per fruire in presenza dei servizi erogati"), ad ulteriore conferma del fatto che l’intervento sindacale, conseguenza solo di un grave e pericoloso vuoto normativo, sia stato determinato dalla volontà espressa di tutelare quel bene superiore costituzionalmente garantito quale è, appunto, la salute.

Possiamo dunque pensare che forse in questo caso la Giustizia ha perso una buona occasione per riportare nell’alveo di un diritto de facto una vicenda dai rigidi contorni amministrativi e processuali!