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La felicità come parametro del successo professionale

You must believe in leaves
Ph. Luca Martini / You must believe in leaves

Si sente sempre parlare di competenze, di strumenti, di managerialità e di professionalità riferendosi in tal modo agli aspetti cognitivi della professione, quindi la preparazione giuridica, la pratica professionale, l’esperienza e l’organizzazione dello studio e del lavoro. E fin qui nulla quaestio. La domanda che nasce spontanea ai nostri giorni è se anche competenze in tema di gestione delle emozioni non debbano rientrare a pieno titolo nel paniere delle competenze di un buon professionista. Mi riferisco in particolare all’intelligenza emotiva, quel QE (Quoziente Empatico) che negli ultimi 20 anni è stato dimostrato essere importante quanto, se non di più, del QI (Quoziente Intellettivo) per il successo di una persona.

 

IL SUCCESSO PROFESSIONALE

Una seconda domanda che nasce di conseguenza è cosa sia oggi il successo professionale; quali siano i parametri per poterlo definire: soldi? potere? standing sociale? visibilità? numero di follwers? Avere successo cosa vuol dire per un professionista (e potremo allargare la platea a tutti gli altri player del mondo del business)?

Beh qui mi viene spontaneo citare il famoso discorso di Robert Kennedy all’università del Kansas, in cui si citava come parametro per valutare il PIL di una nazione la felicità umana: “…Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”.

Per non parlare del discorso pronunciato al G20 a Rio de Janeiro dall’allora Presidente dell’Uruguay Beppe Mujica sull’importanza della felicità umana: “(…) L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma queste forze governano l’uomo ... è la vita! Perché non veniamo alla luce per svilupparci solamente. Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. (…) E allora uno si fa questa domanda: questo è il destino della vita umana? Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente, perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!

Quando lottiamo per l'ambiente, dobbiamo ricordare che il primo elemento dell'ambiente si chiama felicità umana!”.

Possiamo allora concludere che il successo è tale se permette di realizzare se stessi, di stare bene non solo materialmente, ma anche emotivamente, spiritualmente; se permette di essere felici di ciò che si ha e di ciò che si è.

Lavoro da venticinque anni nel mondo professionale e vedo ancora molti, moltissimi professionisti, che lottano per conquistare qualcosa di materiale che forse – ritengono – possa dare loro sollievo dalle ansie quotidiane, garantire benessere o, semplicemente, farli affermare su altri in quella competizione che si chiama mercato. Anche qui, nulla quaestio, ciascuno lotta per ciò in cui crede. La domanda è se alla fine di tutta questa lotta si incontro la felicità, quella non momentanea, ma duratura, uno stato dell’essere.

Si entra così nei temi della sostenibilità delle scelte: sostenibilità individuale e sostenibilità per la collettività. Sono sostenibili le nostre scelte professionali e di business? Ci permettono di goderci le giornate e di godere del tempo, la vera risorsa aurea che ciascuno ha?

Entriamo così nel mondo delle emozioni, tra cui la soddisfazione e la realizzazione, dell’empatia, della capacità di fare squadra e di creare abbondanza intorno a sé.

 

INTELLIGENZA EMOTIVA

Le emozioni sono alla base del successo personale e professionale, quello vero, completo, profondo. Solo che di emozioni si parla così poco solo perché non sono tangibili, non si vedono, non si possono postare sui social, oppure perché non si è abituati a maneggiare una sostanza così melliflua, difficile da contenere e da comprendere. Le emozioni invece sono alla base dell’equilibrio personale, indispensabile per fare scelte oculate; sono alla base delle relazioni, dove l’empatia guida la relazione di crescita tra un senior e un junior, permette di fare squadra di fronte alle sfide e contempla la leadership per guidare un team verso il successo.

È arrivato anche per gli avvocati e gli altri professionisti il momento di parlare di emozioni come parte integrante del bagaglio di strumenti di un professionista completo. Quando nasce un nuovo team è come la nascita di una creatura nuova e come tale richiede accudimento e nutrimento non solo materiale, ma anche emotivo e spirituale. Immaginate un bambino senza abbracci e senza il calore dei genitori, ma solo con il cibo necessario come crescerebbe. Allo stesso modo guardate ora i vostri team di studio e chiedetevi se oltre alla ciotola col cibo (denaro in questo caso) è stato nutrito di altro. In caso negativo, non vi meravigliate dei problemi relazionali interni o dei comportamenti, anche quel bambino privato delle emozioni dei genitori non verrà su molto bene, mancando una parte impalpabile quanto fondamentale della sua crescita.