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Ancora sulla felicità. La terza via

(Prima parte)
Felicità
Felicità

Ancora sulla felicità. La terza via

(Prima parte)

 

Ora che è qualche tempo che partecipo a questa viva comunità di UM 2.0, sempre più spesso mi sorprendo a immaginare cosa potreste pensare qualora doveste cogliermi in castagna a razzolare incoerentemente col mio bel predicare. Insomma, sono impensierito dal fatto che, essendo portatore di una buona dose di imperfezione, inevitabilmente prima o poi farò o dirò qualcosa che vi deluderà.

Sono però consapevole che questo pensiero presenta una certa dualità, e quindi ambiguità. Infatti, il timore di deludere qualcuno, che potrebbe esclamare "... e meno male che scriveva per Umanesimo Manageriale!", potrebbe sia costituire un utile stimolo ad autovigilare sulla mia condotta, sia determinare una paralisi, ovvero farmi girare al minimo per limitare il rischio di future censure di qualsivoglia natura.

Serve necessariamente una terza via.

Forte di una quarantennale esperienza su come deludere qualcuno, questo sentiero l'ho scorto qualche anno fa, ma sono state le parole di Luca Attias a mettere definitivamente chiarezza, quando ha scritto che il nodo non è vivere da vincitori o da sconfitti, ma da protagonisti. Questa densissima idea cela molta più profondità di quanta apparentemente ne suggerisca e ben si adatta anche al caso nostro.

Seguitemi.

Un ciclo favorevole di eventi potrebbe portare a sentirsi, per usare le stesse categorie proposte da Luca, vincitori. E la vittoria, salvo nel caso di persone particolarmente sagge, non è un momento particolarmente propizio per le domande esistenziali. Da un certo punto di vista è anche giusto che sia così poiché, dopo la sua conquista, sperimentiamo una condizione in cui all'appagamento del vedere un progetto realizzato si assomma l'allentamento di una tensione che per molto tempo ci ha tenuti col fiato sospeso. Insomma, ci si gode il momento, e ci mancherebbe.

Ma quando si delude qualcuno (noi stessi in primis) è più facile calarsi nell'habitus della sconfitta (la seconda categoria proposta da Luca) ed è altrettanto facile farsi travolgere da un assolutizzante senso di sconfitta.

La domanda è: possiamo mai condurre una vita che oscilla costantemente tra questi due estremi, consumandosi nella continua tensione indotta dall'alternanza di cicli favorevoli o sfavorevoli? Ed ecco la terza via: vivere da protagonisti.

Vivere da protagonisti richiede perlomeno il ridimensionamento delle categorie della vittoria e della sconfitta a favore del riconoscimento dell'importanza del dare in ogni situazione che la realtà ci propone, liberamente e in modo svincolato da contropartite, il proprio contributo, pensando e agendo per restituire le cose un po' migliori di come le abbiamo ricevute, compromettendoci con e per quel pezzettino di mondo su cui possiamo agire e su cui dunque siamo chiamati ad una responsabilità. 

Possiamo arrivare ad affermare che è proprio questo libero contributo, che mettiamo in circolo semplicemente perché siamo interrogati e provocati da una realtà, che ci permette di uscire dalle ossessioni portate da una visione muscolare dell'esistenza, in cui si fa qualcosa solo per ottenerne un’altra.

Da qui transita anche la serena accettazione del fatto che, quasi sicuramente, qualcuno di più competitivo ci passerà davanti e raggiungerà meglio e prima di noi un dato risultato. Quando però avvertiremo il pizzicore di questo apparente sorpasso dovremmo domandarci quanto valga la pena drogare la realtà con iper-prestazioni insostenibili, dove l'unica cosa certa sono i costi elevati con cui, al traguardo, dovranno fare i conti tanto i vincitori quanto gli sconfitti. Senza contare poi i danni collaterali che dovranno patire gli innocenti che si aggirano incautamente dalle parti delle relazioni affettive.

Attenzione: tutto ciò non significa rinunciare a priori a perseguire qualcosa che riteniamo buono. Vivere da protagonisti significa entrare in partita in modo diverso, fornendo il proprio contributo, sempre, ma sforzandosi di lasciarlo andare una volta consegnato.

In altre parole: domandiamoci come vogliamo entrare in questa partita e, conseguentemente, prepariamoci alla pace o alla guerra.

Piccolo consiglio pratico: se pensiamo di aver scelto la pace ma poi ci appuntiamo tutte le volte che abbiamo dato un contributo, per tirarne fuori la lista al momento opportuno, non abbiamo davvero scelto la pace, ma una logorante guerriglia a bassa intensità. 

(Fine prima parte; la seconda parte sarà on-line mercoledì 12 giugno 2024)