La grande ricchezza

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PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO

La grande ricchezza. Come libertà e innovazione hanno reso il mondo un posto migliore è la versione popolare, scritta da Art Carden, della monumentale trilogia dell’era borghese di Deirdre McCloskey, tre lunghi volumi accademici che, in oltre 1700 pagine, spiegano le ragioni per cui negli ultimi tre secoli l’Occidente prima, e poi il mondo intero, sono cambiati in meglio.

Secondo l’economista americana la nuova mentalità borghese e commerciale favorevole all’innovazione ha generato un miglioramento stratosferico delle condizioni di vita dell’umanità: un Grande Arricchimento almeno del tremila per cento! Questo miracolo non è stato reso possibile dalle risorse naturali, dall’accumulo di capitale, dalla pianificazione di qualche governo, dall’imperialismo, dallo sfruttamento della schiavitù o da qualche inesistente superiorità genetica degli europei.

A favorire il cambiamento sono stati invece gli ideali di libertà e uguaglianza comparsi nell’Europa nordoccidentale del Diciottesimo secolo e che hanno consentito l’esplosione dell’innovismo, cioè la capacità di mettere creatività e ingegno al servizio del benessere.

La McCloskey dà quindi al liberalismo classico il merito che gli spetta, mostrando come libertà economica, politica e personale, siano state le inscindibili basi di crescita e sviluppo.

 

 

Riassunto

La libertà arricchisce

Questo libro afferma una tesi semplice ma controversa: è stata la libertà umana, e non un sistema basato sulla coercizione, sull’accumulazione, sugli investimenti o sulla scienza, a consentire il Grande Arricchimento dal 1800 a oggi. L’arricchimento è stato davvero molto grande: ognuno si è arricchito del tremila per cento. Quegli individui emancipati che dal 1800 a oggi hanno ideato nuove tecnologie e istituzioni hanno fatto un ottimo lavoro e continueranno a farlo. La libertà diffonderà l’arricchimento a livello mondiale, e l’arricchimento non corromperà l’animo umano. Queste sono buone notizie.

Non abbiamo ottenuto l’arricchimento grazie alla coercizione dei governi, che in genere è controproducente, se non in caso di epidemie o invasioni. E non l’abbiamo ottenuto grazie alla sola scienza, allo sfruttamento degli schiavi, all’accumulo di capitale o grazie a qualche qualità particolare degli europei. L’abbiamo ottenuto solo grazie alla libertà, causa necessaria e quasi sufficiente, apparsa all’incirca nel Diciottesimo secolo nell’Europa nordoccidentale.

Questa nuova dottrina diceva: date la libertà alle persone comuni perché cooperino senza costrizioni; grazie al commercio diventeranno adulte, e il loro corpo e la loro anima si arricchiranno.

Sul lungo periodo, il mondo dell’economia ha fatto un enorme passo in avanti, ben oltre il gioco a somma zero dei vecchi tempi, dove qualcuno si arricchiva solo a spese di qualcun altro. Smettetela di pensare in termini di somma zero. Un mondo liberale è un mondo dove la somma è tanto positiva da sbalordire. L’ideologia liberale, che invita lo Stato a tenere giù le mani, ha permesso a un’altra mano invisibile di spingere in avanti qualunque società le permetta di funzionare: non tanto verso il “capitalismo”, ma verso ciò che chiamo “innovismo”. Ci sono prove soverchianti che sia tale libertà, e non l’imposizione di un padrone privato o di uno Stato, a ispirare le persone a migliorarsi costantemente.

Il volto politico dell’innovismo è il liberalismo. Non utilizziamo questa parola nello strano senso che le viene dato negli USA, dove significa auspicare un governo sempre più grande. Questo tipo di liberalism in genere non capisce niente di economia e spesso scivola nella tirannia. Usiamo invece la nobile parola con la L maiuscola nel suo senso originale e internazionale: nessun padrone indesiderato; niente re, preti o politici che dominano i cittadini; libertà di parola, di stampa, di moda, di musica rock, di cucina e di qualunque altra impresa umana. Non parliamo di “anarchia”: McCloskey ammette che un po’ di governo sia necessario, anche se il coautore del libro, Art Carden, pensa invece, sulla scia di David D. Friedman, Peter T. Leeson o Michael Huemer, che una sorta di anarchia sia invece realizzabile, considerandola non come una forma di nichilismo ma come assenza di organismi normativi.

Per opporsi al liberalismo, le persone dicono sempre: è necessario che ci siano alcune regole. A loro rispondiamo: certo, ma “alcune regole”, come le reti di sicurezza e i protocolli per le epidemie, non giustificano governi grottescamente abnormi e illiberali che ti dicono cosa fare. I grandi governi esercitano un potere eccessivo su tante persone che chiacchierano, strimpellano, cuciono o commerciano senza far male a nessuno. Crediamo, e voi dovreste fare altrettanto, che quanti più padroni indesiderati ha un cittadino, tanto peggio se la passa, materialmente e spiritualmente. I cittadini con troppi padroni che hanno troppo potere vengono ridotti a bambini.

Gli stessi padri fondatori degli Stati Uniti, Madison, Jefferson e Washington, non erano liberali coerenti. Parlavano tanto di libertà, ma tutti e tre avevano molti schiavi. I nostri veri eroi del periodo della Rivoluzione sono invece Adam Smith, Thomas Paine e Mary Wollstonecraft, che rifiutavano del tutto l’istinto primordiale di utilizzare la mano visibile della coercizione per far fare alle persone quanto volevano. Un’ideologia nuova e liberale, che diceva “lasciateci in pace” e “non ci costringete”, diede alle masse il permesso di prosperare. E le masse lo fecero, in modo spettacolare. Il risultato contraddice quell’urgenza che non passa mai di moda di richiedere sempre più politiche dettate dall’alto.

Il team McCloskey-Carden è quindi liberale nel vecchio senso internazionale del termine. I veri liberali come noi sostengono che la libertà personale, la libertà politica e la libertà economica sono una cosa sola. Il nuovo piano liberale nato nel Diciottesimo secolo implicava il concetto stupefacente di una società composta solo di persone libere: nessuno schiavo, uguaglianza di status e libera iniziativa, nessuna imposizione, coercizione al minimo. In altre parole, una società basata sull’argomentazione, persuasiva, volontaria, umana, tollerante, senza razzismo, senza imperialismo, senza tasse superflue, senza progetti collettivi pericolosi, senza nessuno che si permetta di giocare con le persone o con le cose degli altri. La sinistra, la destra o il centro dello spettro politico vogliono invece negarci qualche libertà. Che si vergognino!

 

Il liberalismo liberato

Se si vuole affrontare dal punto di vista scientifico la storia dell’economia, bisogna innanzitutto considerare che nel 1800 la misera media della produzione e del consumo quotidiano pro capite era di circa 3 dollari. Anche in Paesi da poco benestanti, come Stati Uniti, Olanda e Gran Bretagna, arrivava solo a 6 dollari. Pensate che oggi la media mondiale è di 33 dollari, che arrivano a 130 negli Stati Uniti. La cifra è raddoppiata generazione dopo generazione e sono stati soprattutto i poveri a trarne beneficio. Inoltre, al contrario di quello che si dice, dalla metà del Ventesimo secolo le disuguaglianze a livello mondiale sono crollate. Il nostro compito è spiegare questo incredibile progresso, dimostrando che il passaggio dalla povertà alla ricchezza è avvenuto grazie alla libertà.

A partire dal Diciassettesimo secolo una serie di opere liberali cominciò a sfidare l’assunto statalista. Sono state queste idee a creare il mondo moderno, ispirando la gente comune a essere libera e intraprendente, a essere adulta. Successivamente, sulla spinta dello straordinario successo economico degli olandesi, l’idea che le persone comuni potessero essere lasciate in pace senza che i loro padroni fissassero ogni più minuscola regola cominciò a emergere in Inghilterra, Scozia e nelle loro colonie. Qui si cominciò ad apprezzare quello che prima si disprezzava: ci si convinse che un mercante capace di comprare a poco e rivendere a tanto arricchiva il suo Paese e contribuiva al benessere del mondo. Il laissez-faire economico divenne lentamente la dottrina dominante.

Ciò che prima veniva considerato disonorevole e indegno, la ricerca del puro lucro, era ora esaltato, perlomeno non combattuto da corporazioni e governi. La conseguenza della nuova idea liberale è stata che intorno all’Ottocento uno tsunami di miglioramenti ha travolto prima l’Occidente e poi il resto del mondo. Possiamo chiamarlo il Grande Arricchimento: ferrovie, scuole di massa, grattacieli, elettricità, fogne, università, antibiotici, container, computer. Nei posti dove il Grande Arricchimento è stato vissuto fino in fondo oggi i discendenti dei loro avi poverissimi vivono una vita connessa, ricca, gradevole, pacifica e, per gli standard storici, incredibilmente lunga.

 

Il Grande Arricchimento

Bisogna capire che il mondo non è più in miseria. Questo è il punto, il miracolo che si è verificato dal 1800 con il reddito reale pro capite che è cresciuto enormemente “malgrado” la popolazione sia aumentata di sette volte da allora e del 150 per cento dal 1960. In genere si dice “malgrado” perché si presume che l’aumento della popolazione diminuisca il reddito pro capite. Non è così, non è più così. Questa espressione rimanda a quando si credeva in un mondo a somma zero, nel quale le nuove bocche da sfamare superavano il numero dei lavoratori dediti alle coltivazioni, come scriveva Malthus nel 1798. Al contrario, la scienza economica attuale e quanto visto negli ultimi due secoli ci dicono con chiarezza che una popolazione in aumento è un bene, non un male. Il motivo non è keynesiano, non riguarda la domanda, bensì neoclassico, poiché riguarda l’offerta: più persone significano più idee e opportunità per fare affari e innovare, all’interno di un “villaggio” di quasi otto miliardi di anime.

La portata dell’aumento della ricchezza non è scientificamente in discussione e va dal mille al diecimila per cento rispetto alla patetica base di partenza, a seconda delle misurazioni e delle correzioni dovute ai miglioramenti qualitativi. Probabilmente gli ordini di grandezza convenzionali sono molto sottostimati, proprio a causa dell’immenso miglioramento qualitativo di merci e servizi. Quando si mettono a confronto il cavallo con l’automobile, il pony express con la posta elettronica, la carta carbone con la fotocopiatrice, le notti scure e solitarie con le notti passate a guardare la tv, i bisturi infilati nel cervello con le risonanze magnetiche, occorre tener conto che stiamo parlando di ordini di grandezza radicalmente diversi.

Hans Rosling sostiene che il dato più significativo per misurare il benessere è la mortalità infantile. L’aspettativa di vita all’apice dell’impero romano era di 24 anni. I cimiteri romani sono pieni di tombe di bambini. Nel 1800, l’aspettativa di vita era di meno di 40 anni nell’Europa Occidentale, e in genere più bassa altrove. Oggi è di circa 80 anni nei Paesi ricchi e di 60 nei più poveri. La media globale supera i 70 anni ed è in crescita. Un bambino che nasce oggi in Nigeria ha un’aspettativa di vita di un terzo superiore a quella di un bambino nato nei Paesi più ricchi del mondo nel 1800. Oggi i bambini dell’Africa subsahariana hanno più probabilità di arrivare a 5 anni di un bambino nato nel 1918 in Inghilterra, cioè nella maggiore economia dell’epoca!

 

La miracolosa abbondanza di cibo

Proviamo a fare un esperimento mentale: siete nell’anno 1200 (a.C. o d.C., poco importa) e il re vi ha invitati come ospiti d’onore al suo banchetto (poco probabile: è più facile che sareste stati contadini sporchi e analfabeti, oppure semplicemente già morti). Vi sarebbe stata offerta una buona selezione di carni, per quanto dall’aria poco fresca, con il marciume tenuto a bada solo parzialmente dal sale e il sapore mascherato dalle spezie. Avreste potuto gustare frutta e verdura di stagione, molto pane, idromele o vino, e qualche dolce. Un banchetto regale, per quell’epoca passata, ma un pasto ridicolo al confronto di quel che oggi potete ordinare al ristorante con 15 dollari.

Immaginiamo ora un’abbondante colazione casalinga con una frittata di tre uova e spinaci, una ciotola di porridge con arachidi e latte, e una banana. Nel 1900, per una persona comune un pasto del genere sarebbe stato un sogno. Considerando gli attuali prezzi di Amazon per i prodotti di marca, questo pasto oggi ci costerebbe 2 dollari. Mangiare un pasto del genere tre volte al giorno ci fornirebbe 2300 calorie per 6 dollari. Fanno 24 dollari per sfamare una famiglia di quattro persone ogni giorno, pari negli USA a poco più di un’ora di lavoro con uno stipendio medio. Per una specie che per tanto tempo ha combattuto per riuscire ad accumulare abbastanza calorie per andare avanti, spesso perdendo la battaglia, il costo attuale del cibo è miracoloso. Per di più, l’offerta culturale e gastronomica a nostra disposizione si è moltiplicata. Nei ristoranti degli anni Settanta si potevano mangiare solo i piatti locali, a parte gli hot dog e la pizza. Le cose sono cambiate: oggi nelle nostre città sono presenti le cucine di quasi tutto il mondo.

 

Progresso spirituale

Dal 1800 a oggi, il mondo è diventato più ricco anche spiritualmente, a dispetto di destra e sinistra, convinte che il popolo sia passato dalla povertà materiale a quella spirituale. Al grande arricchimento materiale è invece andato di pari passo quello spirituale. Il commercio, infatti, non è volgare, sporco, disonorevole, cattivo o egoista in sé. Al contrario, può rivelarsi onorevole, altruistico, in grado di nobilitare lo spirito e creare nuove possibilità. Una società di mercato non è assolutamente deplorevole dal punto di vista etico, se si riflette davvero sulle sue conseguenze morali. Nel Diciottesimo secolo i francesi parlavano di “dolce commercio”, riferendosi all’effetto civilizzatore che l’introduzione del mercato aveva su società basate sullo status e su chi viveva in isolamento.

Gli incredibili progressi consentiti dal libero mercato ci hanno arricchito di arte e spiritualità non meno che di beni materiali. Oggi molti più artisti hanno la possibilità di esprimersi e di farsi sentire. Facciamo l’esempio della chitarra Sears Roebuck, che a partire dal 1908 è stata lo strumento di riferimento di molti pionieri della musica di Memphis. Potersi permettere una chitarra con pochi giorni di lavoro ha dato la possibilità di esprimersi a voci prima escluse dal discorso musicale. Nel 1760 non uscivano dischi nuovi che consentissero a tutti di ascoltare i migliori musicisti del mondo, e nel 1860 ne è uscito solo uno; nel 2015 sono uscite più di sei milioni di nuove registrazioni musicali. Nel 1906 è uscito un solo film; nel 2016 siamo stati inondati da 11.000 nuovi film. Il commercio dei libri è una delle componenti più antiche dell’esplosione di arti e scienze consentite dal Grande Arricchimento. L’industria del libro pubblica 2,3 milioni di titoli ogni anno, il 30 per cento dei quali nella lingua franca dell’inglese.

L’innovismo e il commercio, quindi, non hanno distrutto affatto la creatività, ma hanno dato il via a una rivoluzione nel mondo della musica, dell’arte, della letteratura. È successo spesso. L’Atene del Quinto secolo, la Firenze del Quindicesimo e la New York degli anni Cinquanta del Novecento hanno visto fiorire arte e scienza all’interno di società votate al commercio che raggiungevano nuovi picchi di prosperità. La ricchezza materiale porta alla ricchezza spirituale.

Dare alle persone quello che vogliono e che sono disposte a pagare secondo le loro possibilità è un buon sistema. L’alternativa pone invece le basi per una società in cui alle persone viene dato quello che i critici del capitalismo pensano debbano volere. Il primo modello ci ha dato l’arte di Chagall e Matisse, venduta sul mercato. Il secondo ci ha dato i dipinti socialisti che raffigurano trattori, ordinati dal Commissario alle belle arti. Guardateli e scegliete.

 

I pessimismi sbagliati

Stando ai romanzi apocalittici e a certa presunta saggistica che possiamo trovare in libreria, si direbbe che il mondo non è certo migliorato. Il pessimismo vende e si insinua nei blog e negli editoriali dei quotidiani senza badare alla logica e alle prove. I primi pessimisti sostenevano che la logica malthusiana costringeva i poveri a rimanere poveri; poi che l’economia avrebbe raggiunto ben presto uno stato stazionario; dopodiché hanno sostenuto che solo gli europei fossero geneticamente in grado di superare la povertà; molte volte, nel 1933 fino al 2008, hanno affermato che la crisi del capitalismo fosse imminente; cambiando registro, hanno detto che il consumismo corrompeva l’animo della gente. Nessuna di queste profezie si è avverata. Non ci sono andate nemmeno vicino. A questi pessimismi, che i membri dell’intellighenzia continuano a riproporre venendo costantemente smentiti dalla storia e dall’economia, di recente se ne sono aggiunti altri tre: il degrado ambientale è una minaccia esistenziale; una nuova era di disuguaglianze sta rovinando l’umanità; siamo tutti destinati alla disoccupazione tecnologica provocata dall’intelligenza artificiale.

Non è vero che la crescita ha distrutto l’ambiente. Gli indicatori ambientali registrano dei progressi proprio grazie alle innovazioni che hanno superato la prova del mercato. Le emissioni industriali di anidride solforosa e di sostanze dannose per l’ozono sono crollate negli ultimi decenni, così come le quantità di greggio riversate in mare dalle petroliere. Nei paesi più ricchi i disastri dovuti a fattori ambientali sono sempre meno mortali: negli anni Trenta morirono 971.000 all’anno a causa dei disastri naturali, oggi la cifra dei morti annuali è scesa a 72.000 e nel frattempo la popolazione mondiale è più che triplicata. Siamo diventati più sani e più verdi mentre diventavamo più ricchi.

E che dire della disuguaglianza? Attenzione: per garantire un’uguaglianza materiale, è necessaria una disuguaglianza politica, che permetta di sequestrare i beni di Tizio e darli a Caio. Sembra però improbabile che i politici usino un simile potere coercitivo in modo saggio e altruistico. Perché mai dovrebbero? Inoltre, l’uguaglianza materiale non è un obiettivo eticamente rilevante. Quel che conta è la qualità della vita e non il rancore perché qualcuno se la cava meglio. L’ossessione per le disuguaglianze va a braccetto con il peccato dell’invidia, che è insaziabile e divora l’anima. Dal punto di vista etico non è importante che un grande atleta o un grande chef guadagnino milioni offrendo servizi che le persone vogliono acquistare volontariamente per il loro bene di consumatori. È molto più importante che il 10 per cento degli esseri umani viva ancora con meno di 1,90 dollari al giorno. Occupatevi di questo problema invece di invidiare lo yacht di un miliardario.

È sbagliata anche la paura della disoccupazione tecnologica. Una tecnologia migliore rende le persone più ricche. Se davvero non volete il progresso e non volete che i poveri diventino più ricchi del tremila per cento, allora chiedete alla società di proteggere i vecchi mestieri. Se invece volete il progresso, allora qualcuno dovrà perdere il lavoro e la stessa sorte toccherà ai macchinari e alle fabbriche dei loro capi, perché il capitale umano e materiale va riallocato. In quale misura? Stando alle statistiche del dipartimento del lavoro degli Stati Uniti, si tratta del 14 per cento dei posti di lavoro l’anno. In un’economia che progredisce, un lavoratore su sette perde il suo lavoro in modo permanente ogni anno, ed è costretto a cambiarlo.

Il problema pratico dei sistemi per proteggere questi lavoratori è che la nazione non può permettersi di sostentare il 14 per cento della forza lavoro ogni anno. Nel giro di qualche anno, metà della forza lavoro ricorrerebbe al sussidio. Ben presto quasi l’intera forza lavoro verrebbe coinvolta e bisognerebbe spendere i soldi dei contribuenti per sostentare qualsiasi azione umana. In un’ottica simile, la nazione impedirebbe al capitale di spostarsi, indirizzando i sovvenzionamenti su fabbriche e persone invece di lasciare che fabbriche e persone si spostino, come richiesto dalla distruzione creatrice.  

 

Teorie sbagliate sulle cause del Grande Arricchimento

Qualcuno potrebbe ribattere che la prosperità dell’Occidente è nata dal furto ai danni dei poveri di tutto il mondo, e che l’Occidente è ricco perché gli altri sono poveri. Fortunatamente non è così. Il Grande Arricchimento è avvenuto per l’aumento della produzione, e non per lo sfruttamento del Terzo Mondo. Se simili razzie assicurassero un Grande Arricchimento, sarebbe successo già millenni fa. Depredare è una vecchia abitudine degli esseri umani. Schiavitù e imperi erano ovunque, senza però provocare mai un Grande Arricchimento. Lo sfruttamento imperialista è la cosa meno originale fatta dagli europei dopo il 1492. Lo dimostrano i casi della Spagna e del Portogallo, i primi imperialisti d’oltremare con colonie dal Messico a Macao, che alla vigilia del Grande Arricchimento erano i Paesi più poveri dell’Europa occidentale e hanno adottato un’economia davvero moderna solo alla fine del Ventesimo secolo.  

Secondo un’altra tesi cara alla sinistra, sono state le lotte dei lavoratori che hanno posto termine o comunque fiaccato lo spietato sfruttamento dei capitalisti ai danni del proletariato industriale. Non è affatto così, perché in generale le lotte per la redistribuzione del reddito non spiegano niente. Sono ricostruzioni a somma zero del più grande cambiamento a somma positiva della storia dell’economia. Le lotte dei lavoratori sono infatti dei giochi a somma zero che non aumentano ma redistribuiscono i redditi, e in alcuni casi, come nella Gran Bretagna ultra-sindacalizzata degli anni Settanta, sono giochi a somma negativa.

I salari reali e le condizioni di lavoro migliorano grazie alla maggior produttività dovuta a progressi in grado di superare la prova del mercato, e non grazie a concessioni strappate dai lavoratori ai loro capi. Se fosse vero, sarebbe splendido. Basterebbe approvare una legge per far star meglio tutti i lavoratori. Una buona contrattazione è in grado di far salire gli stipendi dei lavoratori di una fabbrica del 5 o perfino del 10 per cento, una tantum. L’incremento del mille, del tremila o del diecimila per cento può essere spiegato invece solo con la maggior produttività.

La gente comune pensa che determinati paesi si siano arricchiti grazie alle loro risorse naturali, ma in tal caso il Giappone e Hong Kong sarebbero paesi poveri e la Russia e il Congo sarebbero ricche. Il 5 per cento o anche meno dell’attuale reddito degli USA deriva dallo sfruttamento delle risorse naturali: un contributo molto ridotto. Le risorse, infatti, non sono importanti fino a quando non ci sono nuove idee in grado di dar loro valore. L’ingegno umano, se lasciato libero di operare, non ha fatto altro che trovare sistemi per ovviare alla mancanza di risorse. Il libero imprenditore sa escogitare sistemi per aggirare gli ostacoli, e c’è sempre qualcosa in grado di sostituire quel che sembra essenziale.

Non è neanche corretto affermare, come fanno alcuni autori liberali, che il Grande Arricchimento sia stato generato dalla certezza dei diritti di proprietà, oppure dall’accumulo del capitale. La proprietà è una condizione necessaria, ma non sufficiente. In Inghilterra leggi a tutela della proprietà e dei contratti erano già in vigore nel Medioevo. Anche nell’antica Roma e nella Cina medievale i diritti di proprietà valevano tanto quanto nell’Inghilterra del Diciottesimo secolo, eppure sono stati gli inglesi e non i romani o i cinesi a creare il mondo moderno. Lo stesso può dirsi per l’accumulo del capitale, che in economia fin dai tempi di Adam Smith viene considerato la molla della crescita. L’accumulo è stato necessario, ma ha aumentato il reddito in modo significativo solo quando ha cominciato a incarnare nuove idee.

 

La nuova dignità borghese

Ecco perché noi sosteniamo che gli inglesi, e poi gli occidentali e la totalità dell’umanità nelle successive generazioni, si siano arricchiti grazie al cambiamento di etica, retorica e ideologia. Il solito profitto o il solito sfruttamento non possono arricchire il mondo. Serve una nuova idea che alza la posta per tutti, serve coinvolgere migliaia di persone. Quando si dà alla gente comune il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità, cioè il contrario della tirannia precedente, le si consente di dar vita a nuove idee di ogni tipo. In un’economia liberale si ha il permesso di trasformare le idee in azioni. Rendere libere le persone comuni le ha ispirate, spingendole a realizzare idee straordinarie, cioè novità piccole o gigantesche in grado di dare una nuova direzione al capitale e alla forza lavoro. È stata la liberazione dell’ingegno umano a contare davvero, dopo il 1776 nell’Anglosfera, dopo il 1978 in Cina e dopo il 1991 in India.

In sintesi, una combinazione di eventi fortuiti portarono le persone comuni e chi le governava a rivalutare la borghesia e ad adottare il dissenso portatore di cambiamenti. Già erano comparse piccole efflorescenze, prodromi dell’ideologia pre-borghese, a Venezia, Firenze e Genova, nella Osaka del diciassettesimo secolo, a Cartagine due secoli prima di Cristo o nelle città fenicie. Erano stati però fuochi di paglia. Quel che è accaduto di nuovo e di duraturo nell’Europa del Diciassettesimo secolo è stato invece l’avvento della “dignità borghese”, che tramite il nuovo liberalismo iniziò una lunga strada, diffondendosi tra le persone comuni. Agli occhi del resto della società, chi faceva affari acquisì una nuova dignità. Il risultato fu “l’eguaglianza borghese”: tutti si sono arricchiti in fretta, materialmente e spiritualmente, e continueranno a farlo.

 

I vantaggi dell’innovismo

All’inizio l’innovismo fa arricchire molto gli innovatori, ma poi arriva la concorrenza che erode i profitti. Il guadagno sociale derivato dalla creatività, a quel punto, finisce nelle mani dei clienti, in una quota che può arrivare al 98 per cento. La quota del 2 per cento che alla fine resta agli innovatori in verità è molto sostanziosa, come ci dimostra il patrimonio di 143 miliardi di dollari di Jeff Bezos di Amazon o quello di 175 dollari degli eredi di Sam Walton. Ma anche se supponessimo che le stime sulla quota spettante agli innovatori siano sbagliate per difetto, e che ai consumatori spetti solo l’80 per cento del valore creato da Bezos rivoluzionando lo shopping online e da Walton rivoluzionando lo shopping al dettaglio, ci troviamo di fronte a una somma comunque enorme.

Bezos e Walton, va aggiunto, hanno fatto fortuna con il commercio e non rubando, a differenza dei re di un tempo e dei tiranni moderni. I Castro a Cuba, Vladimir Putin in Russia e le famiglie di Hugo Chavez e Nicolas Maduro in Venezuela sono tutti diventati ricchissimi non con il commercio, ma rubando: prendendo agli altri e non facendoli stare meglio.

 

I concorrenti del Patto Borghese

Il “Patto Borghese” che ha generato il Grande Arricchimento può essere riassunto così: “Concedete a me e ai miei concittadini la libertà di produrre e innovare. Non invidiate quanto ottengo vendendo le idee innovative. Esse vengono messe alla prova dalla vostra volontà di comperarle. Se non vi piacciono, fallisco. Non chiedo al governo di costringervi di comprarle. La felice conseguenza è che queste innovazioni faranno stare tutti meglio, del tremila per cento, specialmente chi prima era povero: i vostri antenati e i miei”.

Negli ultimi due secoli il Patto Borghese ha dovuto competere però con altri quattro Patti per l’organizzazione della società: il Patto Aristocratico (assolutismo), Il Patto Bismarckiano (welfare state), il Patto Bolscevico (socialismo), il Patto Burocratico (Stato interventista). Questi quattro patti mettono la coercizione al posto della cooperazione, il governo al posto del mercato, la mano visibile al posto di quella invisibile e un meccanismo dall’alto verso il basso al posto di quello dal basso verso l’alto. Per quanto spesso accolti con favore, questi quattro Patti hanno costantemente portato gli esseri umani alla povertà e al massacro o a tarpare le ali agli innovatori e a illudere la popolazione con la promessa della sicurezza.

Nel Ventesimo secolo innovismo e liberalismo sono stati quasi distrutti, specialmente durante il tentato suicidio dell’Europa durato 75 anni (dal 1914 al 1989), quando concetti antiborghesi come nazionalismo, socialismo e (Dio ci aiuti) nazionalsocialismo hanno scoperchiato l’inferno. Ma il Grande Arricchimento è sopravvissuto. Se ci sta a cuore che le persone vivano un’esistenza degna ed etica, è meglio tenercelo stretto.

Il liberalismo, a ben guardare, è la teoria politica, economica e sociale dell’età adulta. Nazionalismo e socialismo, invece, rappresentano il rimpianto nostalgico per la comodità dell’infanzia. Il nazionalismo si pone come nostro padre: è il re e la patria per i quali siamo pronti a morire. Il socialismo si pone come nostra madre, che ci protegge e ci nutre. Il nazionalismo e il socialismo in piccole dosi non portano alla rovina. Festeggiare le vittorie della nazionale di calcio è perfino piacevole, ed è una virtù provvedere ai propri figli secondo le nostre capacità e i loro bisogni. Molte versioni del governo paterno-materno hanno però fatto danni enormi agli esseri umani. Dovremmo ambire a essere adulti liberi, con un governo di dimensioni modeste, ma in genere liberi di correre i nostri rischi. Del resto è proprio questa l’essenza del Patto Borghese.

 

CITAZIONI RILEVANTI

In lode del profitto

«Commercianti, innovatori e imprenditori che rischiano provando sul mercato le loro novità, imparano dai loro risultati commerciali che cosa devono cambiare: dissenso e cambiamento. Ogni prodotto progettato passa per un test del genere. Il profitto non è una tassa arbitraria imposta dagli imprenditori. È il voto dei consumatori, espresso per mezzo degli imprenditori. Un profitto è un ricavo che supera il valore del miglior prodotto nel quale lavoro, capitale e materie prime potevano essere investiti. La società beneficia di quel prodotto e il profitto è la pacca sulla spalla data dalla sua mano invisibile, un “bravo” o un “brava” elargito da persone che votano con il proprio denaro … Dal 1800, dove si è dato retta al profitto si sono fatti i soldi e tutti si sono arricchiti. Lasciami in pace, lasciami guadagnare e renderò ricco anche te» (p. 110, 112).

 

Le 4 R fortunate

«Perché l’onda travolgente della libertà si è riversata sull’Europa nordoccidentale? La spiegazione secondo noi sta in una serie di eventi fortunati, iniziati nel Sedicesimo secolo … da quattro R fortunate: 1. Reading: le persone hanno cominciato a leggere … 2. La Riforma, permessa dalla lettura, indebolì il dominio della Chiesa … 3. Le Rivolte in Olanda contro gli spagnoli nel 1568-1648 e le 4. Rivoluzioni in Inghilterra negli anni Quaranta del Seicento e poi nel 1689, negli USA del 1776 e in Francia nel 1789 spodestarono le vecchie élite e innalzarono le idee politiche radicali di libertà e uguaglianza al ruolo di nuova ideologia dominante: il liberalismo di Smith, Mary Wollstonecraft, Henry David Thoreau e Mill» (p. 112).

 

Il rovinoso patto assistenziale

«Il Patto Bismarckiano ha funzionato alla grande come propaganda, ma non tanto nella pratica. Quando il governo inglese si è preso carico delle università dopo la Prima guerra mondiale, per esempio, i contributi privati alle università si sono prosciugati. Alla vigilia del British National Insurance Act del 1911 (che poneva le basi di un sistema di previdenza sociale), 9 dei 12 milioni di persone interessate dalla legge già si tutelavano volontariamente, soprattutto tramite le “friendly society”. Lo stesso accadeva negli Stati Uniti dove in tantissimi sottoscrivevano volontariamente assicurazioni sanitarie … Il welfare state di Bismarck si è accaparrato il risparmio privato per pensioni, istruzione superiore, assistenza sanitaria e altri progetti privati di persone libere e adulte. Il Patto Bismarckiano chiede (per l’esattezza impone) di abbandonare la complessità di una vita adulta e libera e diventare figlioletti del governo (ed elettori affidabili dei bismarckiani)» (p. 158, 159).

 

Punti da ricordare

  • È stata la libertà umana, e non un sistema basato sulla coercizione, a consentire il Grande Arricchimento dal 1800 a oggi
  • Da allora, l’arricchimento è stato davvero gigantesco: ognuno si è arricchito almeno del tremila per cento
  • Più che di capitalismo bisognerebbe parlare di “innovismo”
  • Il liberalismo classico è il volto politico dell’innovismo
  • Gli eroi intellettuali del liberalismo settecentesco furono personaggi come Adam Smith, Thomas Paine, Mary Wollstonecraft
  • Il progresso è stato spirituale non meno che materiale
  • Le idee pessimistiche di malthusiani e critici del capitalismo si sono sempre rivelate errate
  • Il Grande Arricchimento non è stato prodotto dallo sfruttamento o dall’imperialismo, e nemmeno dalle risorse naturali, dall’accumulo del capitale o dalle lotte dei lavoratori
  • L’umanità si è arricchita grazie alla diffusione di una mentalità borghese favorevole al commercio, all’innovazione e al cambiamento
  • Questo nuovo “Patto Borghese” dice: lasciate la gente comune libera di agire, e tutti si arricchiranno
  • In ultima analisi, la nostra ricchezza viene dalla liberazione dell’ingegno umano
  • Il Patto Borghese ha dovuto competere con altre ideologie che nel XX secolo l’hanno quasi distrutto
  • Il liberalismo è la teoria politica dell’età adulta, così come nazionalismo e socialismo sono dottrine politiche dell’età infantile 

 

 

GLI AUTORI

Deirdre Nansen McCloskey (nata Donald N. McCloskey l’11 settembre 1942 a Ann Arbor, Michigan) è professoressa emerita di economia, storia, inglese e comunicazione all’Università dell’Illinois a Chicago (UIC). É autrice di 16 libri e quasi 400 articoli. I suoi maggiori contributi hanno riguardato la storia economica della Gran Bretagna, la quantificazione dell’indagine storica (Cliometria), la retorica dell’economia, la metodologia economica, l’etica della virtù, l’economia femminista, l’economia eterodossa, il ruolo della matematica nell’analisi economica, l’era borghese e le origini della rivoluzione industriale. Tra il 2006 e il 2016 ha pubblicato la monumentale “trilogia borghese”. Nel primo volume The Bourgeois Virtues: Ethics for an Age of Commerce (2006) ha affermato che la borghesia, contrariamente alla sua fede autoproclamata solo nella prudenza, credeva in tutte e sette le virtù. Nel secondo volume, Bourgeois Dignity: Why Economics Can’t Explain the Modern World (2010) ha sostenuto la tesi che l’aumento senza precedenti del benessere umano dei secoli XIX e XX, da 3 dollari pro capite al giorno a più di 100 dollari al giorno, deriva da una nuova mentalità favorevole al commercio e all’innovazione. Nel terzo volume, Bourgeois Equality: How Ideas, Not Capital or Institutions, Enriched the World (2016) ha ampliato il suo argomento, coniando il termine “Grande Arricchimento” per descrivere i guadagni senza precedenti nel benessere umano dei secoli XIX e XX. Per quanto riguarda la vita personale, la McCloskey è nata Donald McCloskey e ha vissuto da uomo fino all’età di 53 anni. Sposato per trent’anni e genitore di due figli, ha preso la decisione di diventare donna nel 1995, descrivendo della sua esperienza nel libro Crossing: A Memoir (1999).

 

Art Carden è professore di economia alla Brock School of Business della Samford University. È anche ricercatore senior dell’American Institute for Economic Research e del Fraser Institute. La sua ricerca sulla grande distribuzione, la storia economica e la storia delle idee economiche è apparsa su diverse riviste accademiche. Collabora anche con Forbes.com e USA Today. La grande ricchezza, scritto con Deirdre McCloskey, è il suo primo libro. Vive a Birmingham con la moglie e tre figli.

 

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NOTA BIBLIOGRAFICA

Deirdre McCloskey con Art Carden, La grande ricchezza. Come libertà e innovazione hanno reso il mondo un posto migliore, Luiss University Press, Roma, 2021, p. 216, traduzione di Paolo Bassotti, postfazione di Paolo Silvestri.

Titolo originale: Leave Me Alone and I’ll Make You Rich: How the Bourgeois Deal Enriched the World.

 

INDICE DEL LIBRO

11        Prefazione

21        1. La povertà se la vede brutta

101      2. La gente non si è arricchita per i motivi che immaginate

155      3. Bisogna ringraziare i cambiamenti di idee, etica, retorica e ideologie

191      4. Le cause delle cause non erano poi così antiche e non avevano niente a che vedere con le razze

213      Postfazione. La ricchezza della libertà, di Paolo Silvestri