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La Groenlandia verso l’indipendenza?

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1. – Il percorso politico e istituzionale verso l’indipendenza della Groenlandia dal Regno di Danimarca è ormai (almeno sulla carta) delineato[1]. Esso è contenuta nella legge sull’autogoverno della Groenlandia n. 473 del 12 giugno 2009. Una autorevole studiosa del diritto artico, la professoressa Rachael Lorna Johnstone dell’Università nord-islandese di Akureyri, ha affermato che la posizione della Groenlandia sul piano del diritto internazionale è unica, dal momento che essa dispone di un livello di autogoverno assai elevato[2]. I documenti ufficiali del Regno di Danimarca confermano tale valutazione, nella misura in cui si afferma – nella Strategia danese per l’Artico dal titolo Denmark, Greenland and the Faroe Islands: Kingdom of Denmark Strategy for the Arctic 2011–2020, pubblicata nell’agosto 2011[3] – che l’esperienza groenlandese è rilevante nell’ottica mondiale, sotto i profili di: «self-government model, natural resource management, climate policy, environmental policy and preservation of its cultural heritage»[4]. D’altra parte, la politologa dell’Università della Groenlandia Maria Ackrén ha giustamente parlato, a proposito della forma di quasi-Stato groenlandese (che definisce, attualmente, una «giurisdizione insulare infranazionale»), di una sorta di movimento permanente verso la piena autonomia dell’isola[5].

 

L’articolo 21, sub capitolo 8, della legge n. 473/09 prevede che, dopo la fase iniziale dei negoziati tra il Governo danese e quello della Groenlandia, si tenga un referendum popolare consultivo soltanto in Groenlandia, per l’approvazione o meno dell’accordo. Se la consultazione referendaria confermerà l’accordo, sarà altresì necessario il voto favorevole sia del Parlamento danese[6] che di quello groenlandese[7]. Potrebbe così concludersi il lungo periodo che, avviatosi con la colonizzazione della Groenlandia nel 1721, quando arrivò in Groenlandia il missionario luterano Hans Egede intenzionato a convertire al cristianesimo gli indigeni Inuit[8], è stato poi segnato dall’avvio formale della decolonizzazione nel 1953[9], dalla concessione di autonomia con la c.d. Home Rule del 1979 e, quindi, dall’autogoverno introdotto nel 2009.

 

I passaggi istituzionali sono stati seguiti. Il referendum del 25 novembre 2008 ha approvato l’accordo, con il 75 per cento dei voti a favore[10]. La legge sull’autogoverno della Groenlandia è stata licenziata dal Parlamento danese il 12 giugno 2009, ed è entrata in vigore il 21 dello stesso mese, nel trentesimo anniversario della Home Rule. La posizione costituzionale della Groenlandia nel Regno di Danimarca è attualmente delineata dalla legge sull’autogoverno e dalla Costituzione danese.

Allo scopo di “chiudere” con il passato coloniale, e in attuazione della legge del 2009, nel 2014 è stata istituita dal Governo locale dell’isola la Commissione di riconciliazione della Groenlandia, formata da cinque membri[11] in possesso di qualificazioni professionali e sociali che operano con la garanzia di indipendenza nei confronti dell’Esecutivo. La Commissione ha perseguito il raggiungimento di quattro tipologie di riconciliazione, vale a dire: 1) la riconciliazione con sé stessi e il proprio passato personale; 2) la riconciliazione con gli eventi della storia della Groenlandia; 3) la riconciliazione tra i diversi gruppi etnoculturali presenti nella sola riconciliazione tra le generazioni, a livello individuale[12]. La Commissione ha lavorato alacremente per tre anni, depositando il suo Rapporto finale l’8 dicembre 2017. Il Rapporto, non agevolmente consultabile poiché redatto soltanto in danese e nella lingua autoctona groenlandese[13], ha raggiunto la (prevedibile) conclusione per cui gli indigeni Inuit sono stati trattati «molto, molto male»[14], tenuto in particolare conto che le politiche coloniali danesi includevano la pratica di corrispondere salari più elevati ai lavoratori non-Inuit rispetto alla popolazione locale, come anche il trasferimento coatto di interi nuclei familiari dalle loro terre tradizionali in nuovi insediamenti, nonché la separazione dei minori dai genitori, mandandoli in Danimarca per l’istruzione scolastica.

Non si è trattato, peraltro, di una vera e propria forma di giustizia riparativa o di transizione, dal momento che la Commissione groenlandese per la riconciliazione si è in definitiva limitata a rielaborare le esperienze coloniali e neocoloniali, con un approccio prevalentemente non giuridico[15].

 

2. – Già sulla base all’Home Rule Act n. 577 del 29 novembre 1978[16] – confermato dal referendum consultivo svoltosi in Groenlandia il 17 gennaio 1979, in cui il 70 per cento dei votanti si espresse a favore di una maggiore autonomia dell’isola, ed entrato quindi in vigore il 1° maggio 1979[17] –, diverse competenze sono state trasferite alle autorità locali groenlandesi. Si tratta di servizi educativi, assistenza sociale e sanitaria, vendita al dettaglio e distribuzione dei beni, infrastrutture, diritto alla casa ed esercizio della pesca. I trasferimenti de quibus sono stati accompagnati da “generose” concessioni economiche, dal momento che il relativo onere finanziario ricade interamente sul Regno di Danimarca. La legge sull’autogoverno del 2009 contempla ulteriori settori di attività che sono suscettibili di trasferimento alle autorità locali della Groenlandia. Oltre trenta competenze sono trasferibili a organi e organismi groenlandesi. Tuttavia, i trasferimenti sono subordinati alle disponibilità finanziarie, che dovranno in questo caso essere reperiti direttamente dalle autorità della Groenlandia. Ciò ha determinato un rallentamento dei detti trasferimenti. Dal 2009, soltanto due ulteriori competenze sono state effettivamente trasferite nel 2010, relativamente a risorse minerarie[18] e condizioni di lavoro in mare (molti Inuit svolgono l’attività tradizionale della pesca[19]). Di grande importanza, almeno potenziale, è lo sfruttamento delle risorse naturali ed energetiche. Nella regione polare artica, infatti, tale sfruttamento è allo stesso tempo allettante e rischioso. Come bene è stato osservato, «Arctic region is a “double-edged weapon” for the oil and gas industry, as far it attracts by its promising nature, but at the same time, is an area full of a various risks (e.g. environmental, technological, political etc.)»[20].

Vi sono, però, settori non trasferibili alle autorità locali groenlandesi. Secondo la legge sull’autogoverno del 2009, esse riguardano le previsioni di rango costituzionale e, inoltre, relazioni internazionali[21], difesa e sicurezza nazionali, cittadinanza, politica monetaria e di cambio, amministrazione della giustizia (a partire dal livello delle corti d’appello)[22]. Tali competenze, dunque, potranno essere esercitato soltanto a seguito del conseguimento dell’indipendenza da parte della Groenlandia.

La via ad independentiam groenlandese è, però, lastricata di ostacoli.

Due sono le principali difficoltà.

In primo luogo, la collocazione geopolitica della Groenlandia. L’isola costituisce, infatti, un aspetto tuttora rilevante della strategia militare statunitense e nord-atlantica[23]. Non a caso, il Presidente USA Donald Trump ha proposto (scherzosamente forse[24], ma non troppo[25]) di acquistare la Groenlandia[26]. Il Premier groenlandese Kim Kielsen ha subito risposto che «la Groenlandia non è in vendita»[27], e anche il Premier danese Mette Frederiksen ha definito l’idea del(l’ex) Presidente Trump «assurda»[28], ma in ogni caso la proposta è rivelatrice di un persistente interesse degli Stati Uniti per la Groenlandia, dove si trova una importante base militare statunitense (Thule Air Base)[29]. Al tempo della Guerra fredda, gli USA avevano già offerto al Regno di Danimarca la somma di cento milioni di dollari statunitensi per acquistare la Groenlandia, al fine di installare nell’isola una serie di basi militari. Non è del tutto chiaro se l’offerta degli Stati Uniti fu rifiutata o semplicemente ignorata dal Governo danese[30].

In secondo luogo, viene in considerazione il fattore economico. Fino dagli anni settanta del secolo scorso, la Danimarca ha affermato che, in caso di conseguimento dell’indipendenza da parte della Groenlandia, verranno a cessare i trasferimenti di risorse finanziarie verso l’isola. La dipendenza della Groenlandia dalla Danimarca è ancora rilevante. Il contributo versato annualmente da Copenhagen ammonta a circa un terzo del prodotto interno lordo della Groenlandia. Metà della spesa pubblica groenlandese attinge da fondi trasferiti dalla Danimarca. È pur vero che i trasferimenti danesi sono progressivamente diminuiti. Nel 1979, per esempio, le risorse finanziarie provenienti da Copenhagen erano pari approssimativamente ai due terzi del prodotto interno lordo della Groenlandia. Inoltre, in base alla legge del 1979 il trasferimento delle risorse economiche era incondizionato, mentre secondo la legge del 2009 i trasferimenti si riferiscono alle competenze per le quali la responsabilità non sia stata assunta direttamente dalle autorità groenlandesi, inclusi i relativi oneri finanziari. I due aspetti, quello geopolitico e l’altro economico, sono strettamente correlati.

Nella prospettiva dell’indipendenza della Groenlandia, infatti, si è parlato di una tendenza alla c.d. desecuritization, ossia alla posposizione delle questioni che riguardano la sicurezza e/o la difesa rispetto a quelle concernenti lo sviluppo (socio-)economico[31]. In definitiva, la Groenlandia si trova al crocevia di molteplici interessi geopolitici ed economici.

Tanto per fare un solo esempio, circa la base militare americana di Thule, si renderebbe necessario, nella fase post-indipendenza dell’isola, negoziare un nuovo accordo trilaterale, con una diversa “forza” contrattuale rispettivamente attribuita a Groenlandia (maggiore) e Danimarca (minore)[32]. Nel corso del tempo, rafforzandosi progressivamente l’autonomia della Groenlandia (quanto meno dal 2004[33]), accanto al three-level game tra Stati Uniti, Groenlandia e Danimarca, si sono manifestati due differenti two-level games, il primo tra USA e Regno di Danimarca e il secondo tra Groenlandia e (resto del regno di) Danimarca. In precedenza, sulla base dell’Accordo di difesa (Defense Agreement) del 1941, poi sostituito dal nuovo Accordo del 1951[34], il level one game era condotto unicamente da USA e Danimarca.

D’altro canto, anche per la Danimarca è importante mantenere la Groenlandia tra le parti costitutive del Regno[35]. Ne discende, infatti, la centralità del ruolo svolto dalla Danimarca nell’ambito della NATO, come pure la qualificazione della Danimarca come Stato artico, da cui ulteriormente deriva l’appartenenza della Danimarca stessa al Consiglio artico[36]. La Strategia danese per l’Artico, relativa al periodo 2011-2020, ha del resto lo scopo di «to strengthen the Kingdom’s status as global player in the Arctic»[37].

 

3. – Sul piano storico, le Nazioni Unite avevano proposto nel secolo scorso tre opzioni per realizzare, nei c.d. territori non autonomi, il processo di decolonizzazione. La prima opzione era rappresentata dall’integrazione nella ex potenza coloniale; la seconda l’accordo (o partnership) di «libera associazione» e la terza il conseguimento della piena indipendenza. La Groenlandia divenne parte del Regno di Danimarca, cessando così di essere una colonia, nel 1953. Venne così esclusa dall’elenco dei Non-Self-Governing Territories tenuto dalle Nazioni Unite nel 1954. Il Consiglio groenlandese non venne consultato dalle autorità nazionali danesi.

Questa discussione non ha un valore meramente storica. Essa, infatti, è stata ripresa nel contesto dei negoziati groenlandesi-danesi per la concessione dell’autonomia alla Groenlandia nel 2009. In particolare, l’attenzione si è concentrata sulle potenzialità di un accordo c.d. di «libera associazione», che consentirebbe di avere due Stati con le proprie Costituzioni, entrambi titolari della sovranità, ma altresì accordi di natura economica, che includono trasferimenti finanziari dalla ex potenza coloniale verso la ex colonia. La soluzione istituzionale così congegnata apporterebbe un significativo contributo alla teoria sull’indipendenza dei microstati nel mondo globalizzato[38].

La Groenlandia sembra avere scelto questa opzione, che appare del resto preferita anche quale possibile traiettoria di sviluppo della posizione costituzionale delle Isole Faroer[39], rispetto alle diverse ipotesi rappresentate dall’indipendenza/piena sovranità e alla confederazione[40]. Il caso delle Isole Faroer, in particolare, appare rilevante per le (future) vicende istituzionali della Groenlandia, tenuto conto che entrambe sono parti costitutive del Regno di Danimarca, e che hanno inoltre un passato per certi tratti comune, rappresentato tra l’altro da un periodo vichingo, ossia di insediamento di Norsemen[41].

Il Parlamento (monocamerale) groenlandese ha dunque creato, nell’aprile 2017, una Commissione costituzionale (nella lingua Inuit, Tunngaviusumik Inatsisissaq pillugu[42]) che ha un duplice mandato, vale a dire la presa in considerazione di un possibile accordo di «libera associazione» con la Danimarca e la redazione di un progetto di Costituzione della Groenlandia entro il 21 giugno del 2021, giorno del 300° anniversario dell’arrivo in Groenlandia del primo danese, vale a dire del missionario luterano Hans Egede[43]. I lavori preparatori in svolgimento presso la Commissione costituzionale, che tengono presenti le esperienze di diritto costituzionale comparato tra cui, soprattutto, quelle dell’Islanda (con una riforma fondata su partecipazione popolare e uso dei social media)[44] nonché delle (subartiche) Isole Faroer[45], procedono (apparentemente) senza alcuna fretta[46]. Né sono mancate accuse di abuso di potere, se non addirittura di “cleptocrazia”, verso i membri della Commissione costituzionale, che sono tutti deputati del Parlamento della Groenlandia. Questo perché, sebbene sia esclusa una remunerazione in favore dei componenti della Commissione costituzionale, tuttavia l’Assemblea parlamentare groenlandese ha deliberato la creazione di un budget cospicuo a disposizione della Commissione medesima, e inoltre la Presidentessa della Commissione, Vivian Motzfeldt (la quale ricopre altresì la carica, dal 3 ottobre 2018, di Presidentessa del Parlamento della Groenlandia)[47], ha ottenuto l’assegnazione, a titolo gratuito, di un alloggio di servizio nella capitale Nuuk[48].

Il futuro, naturalmente, non è ancora scritto, e quindi è incerta per la Groenlandia “the road ahead”; resta, però, ferma la constatazione che due groenlandesi su tre si dichiarano a favore dell’indipendenza dell’isola, sia pure non a breve termine[49].

 

4. – Per la Groenlandia, in conclusione, potrebbe riproporsi la situazione relativa alle Isole Faroer, le quali chiedono (ormai da tempo[50]) sia la separazione dalla Danimarca che l’integrazione nell’Unione europea. Il processo in corso, tanto in Groenlandia quanto nelle Isole Faroer, tocca aspetti fondamentali del sistema politico, sociale e giuridico, quali la sovranità, il nazionalismo, la globalizzazione e la dipendenza post-coloniale.

Si vorrebbe superare il carattere post-coloniale delle relazioni tra Danimarca, da un lato, e, dall’altro lato, Groenlandia e Isole Faroer, carattere che vede ancora oggi il potere post-coloniale “maternalistico” intenzionato a difendere l’“adolescente” post-colonizzato dai pericoli che derivano dal resto del mondo. La metafora familiare ha, infatti, l’effetto ultimo di “infantilizzare” la Groenlandia (come anche le Isole Faroer). In ogni caso, dal quadro sopra delineato, superato dunque il velo della retorica, ne esce irrimediabilmente compromesso il mito di una nazione-stato danese omogenea, pur mantenendosi una certa ambivalenza nella concezione delle aree settentrionali, già considerate come “terra vergine” o colonia e ora, sulla scia della c.d. onda artica, come “visione per il futuro”[51].

Nel rapporto triangolare tra Groenlandia, diventata ormai un attore in its own right,[52] Danimarca e Unione europea, nonché in base al principio dell’“uguaglianza sovrana”, la prima (Groenlandia) potrebbe nella fase iniziale uscire dalla seconda (Danimarca) per poi eventualmente entrare nella terza (UE)[53]. Nel caso della Groenlandia, il processo di avvicinamento all’UE potrebbe essere anche più significativo che nelle Isole Faroer. Questo perché nel 1985 la Groenlandia è uscita dalla (allora) CEE[54], in base al c.d. Greenland Treaty che faceva seguito al referendum tenutosi in Groenlandia nel 1982[55] e con l’opzione per lo status speciale dei paesi e territori d’oltremare (PTOM)[56], proprio con lo scopo di evidenziare la peculiare posizione costituzionale rispetto alla Danimarca, secondo la prospettiva contenuta nella Home Rule del 1979. L’uscita (c.d. Greenland’s exit) non fu peraltro agevole, in quanto si dovette affrontare un lungo negoziato, con oltre cento incontri con funzionari europei. Molta parte della discussione politica e diplomatica riguardò i diritti relativi alla pesca, che costituisce la principale risorsa per la Groenlandia. I negoziati furono complessi perché, in definitiva, la Groenlandia a quel tempo voleva rimanere nell’ambito del Regno di Danimarca, ma in assenza di legami con la CEE (ora UE).

Nel momento attuale, mutatis mutandis, la prospettiva di una futura adesione della Groenlandia all’UE potrebbe costituire un importante elemento per rimarcare il carattere quasi-sovrano della Groenlandia post-statuto di autogoverno del 2009, nonché sulla via della piena indipendenza dell’isola. D’altro canto, dopo l’attenzione che l’UE ha rivolto ai paesi dell’Est europeo e dell’Europa meridionale, è forse venuto il momento di volgere lo sguardo verso i paesi del Nordeuropa[57].

Rimane, però, il fattore fondamentale delle risorse economiche. Fino a ora, infatti, la dipendenza economica della Groenlandia dalla Danimarca è fuori discussione. La svolta può essere rappresentata dallo sfruttamento delle risorse naturali dell’isola, che tuttavia a oggi non è stato avviato. Tale sfruttamento, comunque, comporta o meglio comporterebbe una significativa modificazione delle condizioni di vita degli abitanti della Groenlandia, nel senso sia di un innalzamento del livello economico generale, sia di una perdita – progressiva, ma irreversibile – dello stile di vita tradizionale, legato per molti indigeni ad attività che sarebbero minacciate nella loro continuazione dall’evoluzione dell’economia. Quest’ultimo passaggio, auspicato da quote crescenti di groenlandesi, non è condiviso da segmenti della popolazione, specialmente dagli anziani[58].

L’indipendenza politica, le risorse economiche, la potenziale attività estrattiva, gli impatti tanto ambientali quanto culturali e sociali, nonché alcuni (o molti) elementi lato sensu affettivi, si intrecciano inestricabilmente, cosicché la partita della definitiva separazione dalla Danimarca è tuttora aperta.

La nuova (variegata) coalizione di governo della Groenlandia insediatasi nel 2020, che comprende i partiti politici Siumut[59] (centrosinistra), Nunatta Qitornai[60] (creato nel 2017 da fuoriusciti del Siumut, di orientamento sia populista che separatista) e Democratici[61] (Demokraatit, centrodestra) il cui mandato si estende dal 2020 al 2022[62], bene esprime questa impostazione, nella misura in cui si è posta tre obiettivi principali: 1) sviluppo, stabilità e sicurezza, inclusi il miglioramento del livello di istruzione locale e delle attività economiche; 2) continuazione dei lavori per l’adozione di una Costituzione nazionale; 3) preparazione per l’acquisizione di nuove competenze istituzionali, in attuazione della legge sull’autogoverno del 2009[63].

Come si vede, gli impegni assunti del Governo locale della Groenlandia lambiscono sicuramente l’indipendenza[64], ma non la pongono al centro dell’attenzione.

 

[1] Sul tema, v. F. Duranti, Sulla via dell'indipendenza: il nuovo statuto d'autonomia per la Groenlandia, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2010, p. 957 ss.; M. Mazza, The Prospects of Independence for Greenland, between Energy Resources and the Rights of Indigenous Peoples (with Some Comparative Remarks on Nunavut, Canada), in Beijing Law Review, 2015, p. 320 ss.; G. Hovgaard, M. Ackrén, Autonomy in Denmark: Greenland and the Faroe Islands, in D. Muro, E. Woertz (Eds.), Secession and Counter-secession: An International Relations Perspective, Barcelona, CIDOB, 2018, p. 69 ss.; A. Grydehøj, Government, Policies, and Priorities in Kalaallit Nunaat (Greenland): Roads to Independence, in K. Coates, C. Holroyd (Eds.), The Palgrave Handbook of Arctic Policy and Politics, Cham, Palgrave Macmillan, 2020, p. 217 ss., sulla legally established roadmap toward independence. Per gli orientamenti dei partiti politici groenlandesi, v. M. Ackrén, The Political Parties in Greenland and Their Development, in E.M. Belser et al. (Eds.), States Falling Apart? Secessionist and Autonomy Movements in Europe, Bern, Stämpfli Verlag, 2015, p. 317 ss. Un importante progetto di ricerca dal titolo Imagining Independence – Greenland’s Postcolonial Politics of Comparison è in corso di svolgimento, dall'1-2-2020 al 31-12-2023, in Danimarca presso l’Università di Aalborg (principal investigator è il prof. Ulrik Pram Gad).

[2] Cfr. R.L. Johnstone, The impact of international law on natural resource governance in Greenland, in Polar Record. A Journal of Arctic and Antarctic Research, 2020, doi:10.1017/S0032247419000287 (R. Chuffart, A. Shibata, Eds., International Law for Sustainability in Arctic Resource Development). L’autrice è, altresì, docente di diritto presso l’Università della Groenalndia (Ilisimatusarfik), con sede a Nuuk (capoluogo dell’isola), dove co-dirige l’Arctic Oil and Gas Research Centre. L’autogoverno della Groenlandia non va confuso con l’autogoverno della popolazione Inuit, anche perché i popoli indigeni non dispongono del diritto all’indipendenza di cui invece godono gli altri popoli nel diritto internazionale; ne ha discusso recentemente R.L. Johnstone, Colonisation, Decolonisation and the Creation of Indigenous Peoples in International Law, Law Forum tenuto online presso l’Università di Akureyri il 17 novembre 2020.

[3] V. il documento citato all’indirizzo Internet http://library.arcticportal.org.

[4] V a p. 10 della Strategia danese menzionata nel testo. A commento, cfr. L. Heininen et al., Arctic Policies and Strategies - Analysis, Synthesis, and Trends, Luxenburg, IIASA, 2020, p. 60 ss.

[5] Cfr. M. Ackrén, Les régions insulaires autonomes et la grammaire du fédéralisme, in F. Mathieu, D. Guénette, A.-G. Gagnon (dir.), Cinquante déclinaisons de fédéralisme. Théorie, enjeux et études de cas, Québec, Presses de l’Université du Québec, 2020, p. 177 ss., spec. p. 185.

[6] Folketing. Due membri del Parlamento danese vengono eletti in Groenlandia.

[7] Inatsisartut (in danese, Landstinget).

[8] Il religioso luterano voleva anche cancellare le eventuali sopravvivenze di antichi culti norreni, importati dai Vichinghi, ma non ne trovò traccia. Hans Egege è passato alla storia come l’«Apostolo della Groenlandia»; di nazionalità dano-norvegese, divenne nel 1741 Vescovo della Groenlandia. Nello stesso anno, pubblicò Det gamle Grønlands nye Perlustration [La nuova esplorazione della vecchia Groenlandia], Kjøbenhavn [Copenhagen], Groth. Una imponente statua che raffigura Hans Egede si trova nel capoluogo groenlandese Nuuk, da lui fondata nel 1728 con il nome originario (danese) di Godthåb. Tra le curiosità, si ricorda che Hans Egede, non essendo allora conosciuto in Groenlandia il pane, modificò la preghiera del Padre Nostro, inserendo «dacci oggi la nostra pesca di foche quotidiana». I Vichinghi, o Norse settlers, abitarono la Groenlandia per 430 anni, tra il X e il XV secolo (circa 985-1415, si trattò di 2000-3000 persone). V. Why is Greenland a part of the Danish kingdom?, in The Arctic Journal, 23-6-2016, nonché, amplius, A. Nedkvitne, Norse Greenland: Viking Peasants in the Arctic, Abingdon, Routledge, 2019, e prima R. Jackson et al., Disequilibrium, Adaptation, and the Norse Settlement of Greenland, in Human Ecology, 2018, p. 665 ss.; A.J. Dugmore, C. Keller, T.H. McGovern, Norse Greenland Settlement: Reflections on Climate Change, Trade, and the Contrasting Fates of Human Settlements in the North Atlantic Islands, in Arctic Anthropology, 2007, n. 1, p. 12 ss. In epoca (ancora più) risalente, v. G.J. Marcus, The Course for Greenland, in Saga-Book of the Viking Society (Viking Society for Northern Research – University College London), London, vol. XIV, 1953-1957, p. 12 ss.

[9] Sulla storia coloniale danese, v. L. Jensen, Postcolonial Denmark: Beyond the Rot of Colonialism?, in Postcolonial Studies, 2015, p. 440 ss. Per un’aggiornata rassegna bibliografica, cfr. H. Weiss, Danmark og kolonierne (Denmark and the colonies) – Reflections about the new magnum opus in the colonial history of Denmark, in Scandinavian Journal of History, 2019, p. 252 ss., a commento dell’opera, in cinque volumi, edita nel 2017 dalla Gads Forlag di Copenhagen; ivi il vol. dedicato alla Groenlandia è intitolato Danmark og kolonierne – Grønland. Den arktiske koloni [Danimarca e le colonie – Groenlandia. La colonia artica], a cura di H.C. Gylløv. Il periodo coloniale terminò in Danimarca con la vendita agli USA delle Indie occidentali danesi nel 1917 (v. infra, nt. 26).

[10] L’affluenza alle urne è stata del 72 per cento degli aventi diritto.

[11] Nel corso dei lavori della Commissione i componenti sono stati più volte sostituiti. Ad ogni modo, alla fine del processo, i firmatari del Rapporto sono stati i seguenti: Josef Therkildsen (presidente), Dorthe Katrine Olsen (vice-presidente), Karla Jessen Williamson (membro onorario), Ida Mathiassen e Îsâvaraq Petrussen (membri effettivi). La home page della Commissione è reperibile all’indirizzo https://saammaatta.gl//da. (sito trilingue: groenlandese, danese e inglese).

[12] V. K. Thisted, The Greenlandic Reconciliation Commission: Ethnonationalism, Arctic Resources, and Post-Colonial Identity, in L.-A. Körber, S. MacKenzie, A. Westerståhl Stenport (Eds.), Arctic Environmental Modernities. From the Age of Polar Exploration to the Era of the Anthropocene, Cham, Palgrave Macmillan, 2017, p. 231 ss.

[13] Il testo (bilingue) del Rapporto della Commissione groenlandese di riconciliazione è disponibile: https://saammaatta.gl//~/media/Forsoningskommission/Diverse/Endelig%20bet%C3%A6nkning%20GL.pdf.

[14] V. Greenland Reconciliation Commission finds colonization did ‘a lot of damage’, in https://www.cbc.ca, 4-1-2018.

[15] In tal senso, v. A.N. Andersen, The Greenland Reconciliation Commission: Moving Away from a Legal Framework, in Yearbook of Polar Law, vol. 11, 2019 (ed. 2020), p. 214 ss.

[16] Commentato da H.C. Gulløv, Home Rule in Greenland, in Études/Inuit/Studies, 1979, n. 1, p. 131 ss. Per la fase di implementazione, v. F.B. Larsen, The quiet life of a revolution: Greenlandic Home Rule 1979-1992, in Études/Inuit/Studies, 1992, n. 1/2, p. 199 ss.

[17] Si recarono ai seggi il 63 per cento del totale dei titolari del diritto di voto. Per un confronto tra le due consultazioni referendarie groenlandesi, v. M. Ackrén, Referendums in Greenland - From Home Rule to Self-Government, in Fédéralisme Régionalisme, 2019, num. monotematico Exploring Self-determination Referenda in Europe, disponibile all’indirizzo Internet https://popups.uliege.be:

[18] A proposito delle quali v, per esempio, S. Cassotta, M. Mazza, Balancing De Jure and De Facto Arctic Environmental Law Applied to the Oil and Gas Industry: Linking Indigenous Rights, Social Impact Assessment and Business in Greenland, in Yearbook of Polar Law, vol. 6, 2014 (ed. 2015), p. 63 ss.; B. Poppel, Arctic Oil & Gas Development: The Case of Greenland, in Arctic Yearbook 2018, disponibile online all’indirizzo https://arcticyearbook.com/arctic-yearbook/2018.

[19] Gli indigeni utilizzano l’imbarcazione tradizionale, il kajak, da cui il c.d. kajak fishing (praticato con gli “hunting kajaks”).

[20] Così A. Kostareva, A. Burnakina, Oil and Gas Exploration in the Arctic: Challenges and Perspective, in Current Developments in Arctic Law, 2019, p. 75 ss., spec. p. 80

[21] In argomento, v. M. Ackrén, U. Jakobsen, Greenland as a self-governing, sub-national territory in international relations: past, current and future perspectives, in Polar Record. A Journal of Arctic and Antarctic Research, 2015, p. 404 ss.

[22] Sul sistema giudiziario ante-riforma, cfr. P. Walsøe, The Judicial System in Greenland, in B. Dahl, T. Melchior, D.Tamm (Eds.), Danish Law in a European Perspective, Copenhagen, Forlaget Thomson, 2002, p. 493 ss. Per gli adattamenti del sistema giudiziario danese alla popolazione autoctona groenlandese, specialmente sotto il profilo del favore accordato nell’amministrazione della giustizia penale alla risocializzazione del colpevole, piuttosto che soltanto alla sua punizione, v. P. Rousseau, Les systèmes judiciaires au Nunavut et au Groenland, in Études/Inuit/Studies, 1994, n. 1/2, p. 155 ss. (n. tematico Interaction et changement dans l’univers inuit/Change, interaction and the Inuit universe).

[23] Vedasi M.T. Corgan, The USA in the Arctic: Superpower or Spectator?, in L.i Heininen (Ed.), Security and Sovereignty in the North Atlantic, Basingstoke (UK)-New York, Palgrave Macmillan, 2014, p. 62 ss., nonché prima N. Petersen, Greenland in the U.S. Polar Strategy, in Journal of Cold War Studies, 2011, n. 2, p. 90 ss.

[24] V. Salama et al., President Trump Eyes a New Real-Estate Purchase: Greenland. In conversations with aides, the president has—with varying degrees of seriousness—floated the idea of the U.S. buying the autonomous Danish territory, in Wall Street Journal, 16-8-2019. Ci si chiede: l’acquisto includerebbe i circa 57.000 abitanti?

[25] Tanto è vero che, di fronte al rifiuto danese, Trump ha bruscamente annullato la visita ufficiale prevista a Copenhagen il 2 settembre 2019; v. G. Grossi, La Danimarca non gli vende la Groenlandia? Trump annulla la visita di Stato, in Notizie Geopolitiche, 21-8-2019, www.notiziegeopolitiche.net.

[26] L’“offerta di acquisto” è stata formulata nell’agosto 2019. Non mancano i precedenti storici, oltre a quello del 1946 relativo alla Groenlandia e menzionato nel testo. Nel 1917, infatti, gli Stati Uniti acquistarono le Indie occidentali danesi (Dansk Vestindien), un territorio formato da un gruppo di isole caraibiche. Gli USA pagarono alla Danimarca 25 milioni di dollari. Successivamente, il territorio fu ribattezzato Isole Vergini americane. L’ultimo Governatore danese, l’ammiraglio Henri Konow, ammainò la bandiera della Danimarca il 31 marzo 1917. La Compagnia danese delle Indie occidentali (Vestindisk kompagni) aveva acquisito il controllo delle Antille danesi nel 1672; a seguito della liquidazione della Compagnia, le isole passarono sotto la sovranità della Danimarca nel 1754, durante il regno di Federico V. Cfr. I. Dookhan, A History of the Virgin Islands of the United States, introduz. di R.B. Sheridan, Kingston, Canoe Press, 1994, p. 31 ss. Secondo una risalente osservazione economico-statistica, «I possessi più vantaggiosi per la Danimarca» erano proprio quelli delle Indie occidentali»; cfr. Annali Universali di Statistica, Economia pubblica, Storia, Viaggi e Commercio, VII, Milano, Editori della Annali Universali di Medicina e di Statistica, gennaio-marzo 1826, sub Cenni sulle colonie della Danimarca, pp. 292-294, e ivi v. spec. 293.

[27] Per il capo del Governo locale, «Greenland is not for sale, but Greenland is open for trade and co-operation with other countries, including the USA». Detto altrimenti, per Kim Kielsen «Greenland is open for business, not for sale» (v. M. Breum, Greenland’s premier does not foresee a US take-over and remains committed to Greenland’s quest for independence, in www.highnorthnews.com, 20-1-2020).

[28] Il Primo Ministro ha aggiunto: «Greenland is not Danish. Greenland belongs to Greenland». Su poteri e funzioni del Premier nel sistema politico-costituzionale danese, v. F. Duranti, L’evoluzione del ruolo del Primo Ministro negli ordinamenti costituzionali dei paesi nordici, in A. Di Giovine, A. Mastromaribo (cur.), La presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie contemporanee, Torino, Giappichelli, 2007, p. 187 ss.

[29] V. T. Husseini, Thule Air Base: inside the US’ northernmost military base in Greenland, in Air Force Technology, 5 June 2019; A.M. Takahashi et al., Autonomy and military bases: USAF Thule Base in Greenland as the study case, in Arctic Yearbook 2019, nel website citato supra (nt. 18).

[30] V., sul punto, N. Loukacheva, The Arctic Promise. Legal and Political Autonomy of Greenland and Nunavut, Toronto, University of Toronto Press, 2007, p. 132.

[31] Cfr. R.K. Rasmussen, The desecuritization of Greenland’s security? How the Greenlandic self-government envision postindependence national defense and security policy, in Artcic Yearbook 2019, nel sito Web cit.

[32] V. M. Ackrén, From bilateral to trilateral agreement: The case of Thule Air Base, in Arctic Yearbook 2019, cit. ante.

[33] Con il trasferimento di poteri e competenze dal centro alla periferia.

[34] V. N. Petersen, Negotiating the 1951 Greenland Defense Agreement: Theoretical and Empirical Aspects, in Scandinavian Political Studies, 1998, p. 1 ss.

[35] Le parti (o nazioni) costitutive della monarchia parlamentare danese sono tre, ossia Danimarca, Groenlandia e Isole Faroer. V., ampiamente, F. Duranti, Gli ordinamenti costituzionali nordici. Profili di diritto pubblico comparato, Torino, Giappichelli, 2009; Id., La specialità insulare di Groenlandia e Faroer nell’ordinamento costituzionale danese, in Federalismi.it, n. 17/2006. Sul diritto faroese, cfr. se vuoi M. Mazza, Il sistema giuridico delle Isole Faroer. La dimensione pubblicistica, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, p. 87 ss.

[36] Su organizzazione, attori e funzioni del Consiglio artico, quale forum internazionale rilevante per l’Arctic governance, v. da ultimo S.V. Rottem, The Arctic Council. Between Environmental Protection and Geopolitics, Cham, Palgrave Macmillan, 2020. L’emergenza da Coronavirus ha rallentato i lavori del Consiglio; v. T. Koivurova, Progress Interrupted: COVID-19 pandemic brings Arctic Council work to a standstill, in The Circle: WWF magazine (WWF Global Arctic Programme), ottobre 2020, pp. 24-25.

[37] V. p. 11 del documento dal titolo Denmark, Greenland and the Faroe Islands: Kingdom of Denmark Strategy for the Arctic 2011–2020, citato sopra nel testo.

[38] Si veda l’esauriente disamina di E. Bertolini, I micro stati. La sfida della micro dimensione e le sue ricadute costituzionali, Bologna, Bononia University Press, 2019.

[39] Sul punto, v. M. Ackrén, Diplomacy and Paradiplomacy in the North Atlantic and the Arctic – A Comparative Approach, in M. Finger, L. Heininen (Eds.), The GlobalArctic Handbook, Cham, Springer, 2019, p. 235 ss., spec. pp. 239-240.

[40] Cfr. M. Ackrén, The Faroe Islands: Options for Independence, in Island Studies Journal, 2006, p. 223 ss.

[41] V. J. Wylie, The Faroe Islands. Interpretations of History, Lexington (KY) The University Press of Kentucky, 1987, p. 7 ss. Il primo norreno/vichingo (norreni= uomini del nord) a raggiungere le Isole Faroer, proveniente dalla Norvegia, fu (probabilmente) Naddoddr, che vi sbarcò nell’850. Naddoddr (in faroese, Naddoddur) scoprì anche l’Islanda, da lui originariamente chiamata Snæland (Terra della neve) e poi diventata Ísland (Terra del ghiaccio). Cfr., ampiamente, L.M. Surhone, M.T. Tennoe, S.F. Henssonow (Eds.), Naddoddr. Faroese People, Faroese Islands, Saarbrücken, Müller, 2010.

[42] In base all’articolo 20 della legge sull’autogoverno della Groenlandia, «Greenlandic shall be the official language in Greenland». La lingua groenlandese, o kalaallisut, comprende quattro sottodialetti (id est: groenlandese del Sud, groenlandese dell’Ovest, groenlandese dell’Est e dialetto di Thule). In particolare, il kalaallisut rappresenta il dialetto groenlandese occidentale, parlato dalla maggioranza degli abitanti (indigeni) della Groenlandia. I primi studi sulla lingua/dialetto groenlandese si devono al teologo Paul H. Egede, figlio del missionario Hans Egede (v. supra nt. 8 e testo corrispondente), autore delle opere Dictionarium Grönlandico-Danico-Latinum, Havniæ (antica denominazione di Copenhagen), Fabricius, 1750, e Grammatica Grönlandico-Danico-Latina, Havniæ, Fabricius, 1760. Paul H. Egede seguì per molti versi le orme del padre. Fu, infatti, rettore del Seminario missionario groenlandese (Seminarium Groenlandicum/Greenland Mission Seminary) fondato a Copenhagen da Hans Egede, e divenne anche (come il padre) Vescovo di Groenlandia (nel 1779).

[43] V. quanto detto sopra.

[44] Su cui v. L. Sciannella, Il processo costituente islandese e la democrazia 2.0, in C. Di Marco, F. Ricci, L. Sciannella (cur.), La democrazia partecipativa nell’esperienza della Repubblica. Nuovi segnali dalla società civile?, Napoli, ESI, 2012, p. 53 ss.; L. Testa, Dopo la crisi, la prima crowsourced Constitution: commento al progetto di una nuova Costituzione per l’Islanda, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2014, p. 105 ss.; B. Bergsson, P. Blokker, The Constitutional Experiment in Iceland, in E. Pos, K. Pócza (Hrsg.), Verfassungsgebung in konsolidirten Demokratien: Neubeginn oder Verfall eines Systems?, Baden-Baden, Nomos, 2013, p. 1 ss.; H. Landemore, When public participation matters: The 2010–2013 Icelandic constitutional process, in International Journal of Constitutional Law, 2020, p. 179 ss.; Á.Þ. Árnason, C. Dupré (Eds.), Icelandic Constitutional Reform. People, Processes, Politics, London-New York, Routledge, 2021. Come è noto, l’esperimento costituzionale islandese non è stato portato a compimento: v. J. Shiota, The Rise and Fall of the Icelandic Constitutional Reform Movement: The Interaction Between Social Movements and Party Politics, in Journal of International Cooperation Studies, 2019, p. 157 ss.

[45] Cfr. B. Kaufmann, An Arctic approach to constitutional drafting, in www.swissinfo.ch, 17-10-2018.

[46] In tal senso, v. B. Kaufmann, In Greenland, constitution-drafting process will not be rushed, in www.constitutionnet.org, 18-10-2018.

[47] Vivian Motzfeldt è moglie di Jørgen Wæver Johansen, politico groenlandese (madrelingua danese) più volte membro del Parlamento e del Governo dell’isola. Dalle ricerche che ho effettuato, sembra che la Motzfeldt non sia legata da vincoli di parentela con Jonathan “Junnuk” Motzfeldt (deceduto nel 2010), primo e terzo Primo Ministro della Groenlandia (dal 1979 al 1991, nonché dal 1997 al 2002), figura di assoluto spicco nella storia politica groenlandese.

[48] Vedasi A. Finne, Constitutional Commission Upsets Greenland, in www.highnorthnews, 22-11-2017.

[49] Cfr. la nota dal titolo 2 in 3 Greenlanders support independence in 2 decades to come, nel sito Web Nationalia. Stateless nations and peoples and diversity, www.nationalia.info. Per l’esattezza, il 67,7 per cento degli abitanti dell’isola è a favore dell’indipendenza, e di questi il 43,5 per cento ritiene che la secessione dalla Danimarca avrebbe effetti positivi, o anche molto positivi, per l’economia groenlandese.

[50] Si veda R. Adler-Nissen, The Faroe Islands: Independence dreams, globalist separatism and the Europeanization of postcolonial home rule, in Cooperation and Conflict, 2014, n. 1 (Special Issue: Postimperial Sovereignty Games in Norden), p. 55 ss. 

[51] Sul tema, v. B. Aasjord, G. Hønneland, Nord og ned. Nordområdene som koloni og fremtidsvisjon. Et debattskrift [The north as colony and vision of the future], Stamsund (Isole Lofoten), Orkana Forlag, 2019 (testo in norvegese).

[52] Vedasi J. Rahbek-Clemmensen, Denmark and Greenland’s changing sovereignty and security challenges in the Arctic, in G. Hoogensen Gjørv, M. Lanteigne, H. Sam-Aggrey (Eds.), Routledge Handbook of Arctic Security, London-New York, Routledge, 2020, p. 176 ss., spec. p. 184.

[53] V. U.P. Gad, Greenland: A post-Danish sovereign nation state in the making, in Cooperation and Conflict, 2014, n. 1, p. 98 ss.

[54] La Groenlandia entrò a far parte della CEE nel 1973, unitamente al resto del Regno di Danimarca. Nel 1972 si era tenuta nell’isola una consultazione referendaria, nella quale la popolazione locale si era dichiarata contraria all’adesione alla CEE. Tuttavia, in assenza a quel tempo della Home Rule (approvata nel 1979) l’ingresso della Danimarca nella CEE implicò necessariamente anche l’adesione della Groenlandia.

[55] Cfr. V. F. Harhoff, Greenland's withdrawal from the European Communities, in Common Market Law Review, 1983, p. 13 ss.; O. Johansen, C.L. Sørensen, Greenland’s Way out of the European Community, in The World Today, 1983, n. 7/8 p. 270 ss.

[56] Secondo l’articolo 4 del “Greenland Treaty”. Sui PTOM dell’UE v. J. Ziller, Les Outre-mer de l’Union européenne, relazione alla (video)conferenza dal titolo Droit compaé des Outre-mer, organizzata il 7 maggio 2020 dall’Università della Guiana (francese). I PTOM non sono da confondere con le regioni ultraperiferiche (RUP), su cui v. D. Blanc, Les régions ultrapériphériques et les prévisions 2021-2027, relazione alla conferenza online ult. cit.

[57] Lo rileva M. Tomala, The European Union’s Relations with Greenland, in International Studies. Interdisciplinary Political and Cultural Journal, 2017, n. 1, p. 31 ss., scritto nel quale si parla della Groenlandia come partner strategico dell’UE. E v. già L.E. Johansen, Greenland and the European Community, in Études/Inuit/Studies, 1992, n.1/2, p. 33 ss. (l’autore ha ricoperto la carica di secondo Primo Ministro della Groenlandia, nel periodo dal 1991 al 1997, nonché quella di membro del Parlamento danese fin dal 1973, e poi nuovamente dal 2001 al 2011, come pure quella di Speaker del Parlamento groenlandese tra il 2013 e il 2018). Cfr., infine, U.P. Gad, National Identity Politics and Postcolonial Sovereignty Games. Greenland, Denmark, and the European Union, Copenhagen, Museum Tusculanum Press (Museum Tusculanums Forlag), 2016.

[58] Questi aspetti sono efficacemente esaminati da M. Lindroth, Greenland and the elusive better future: the affective merging of resources and independence, in M. Tennberg, H. Lempinen, S. Pirnes (Eds.), Resources, Social and Cultural Sustainabilities in the Arctic, Abingdon, Routledge, 2020, p. 15 ss.

[59] Parola che, in groenlandese, significa «Avanti». Esponente di Simiut è l’attuale Primo Ministro groenlandese Kim Kielsen. Siumut ha ottenuto alle elezioni politiche del 24 aprile 2018 il 27,2 per cento dei voti, conquistando così 9 seggi sul totale dei 31 che compongono il Parlamento della Groenlandia.

[60] Lett.: «Discendenti del nostro Paese» (acr. NQ). Il partito ha conseguito, alle elezioni del 2018, il 3,4, per cento dei suffragi, ai quali corrisponde 1 seggio parlamentare.

[61] Alle elezioni politiche del 2018, i Democratici hanno raccolto il 19,5 per cento dei voti, con 8 seggi nel Parlamento groenlandese.

[62] Per la scadenza naturale della legislatura locale, e salvo imprevisti; si tenga conto, in particolare, che il partito Nunatta Qitornai sostiene con decisione le posizioni separatiste, mentre i Democratici sono sul punto alquanto scettici. Per Siumut l’indipendenza è un obiettivo, ma da perseguire gradualmente; del resto, la scissione di Nunatta Qitornai è stata soprattutto dovuta alla richiesta di quest’ultimo partito di procedere con speditezza alla creazione dello Stato della Groenlandia.

[63] V. M. Shi, M. Lanteigne, Greenland’s Government: New Coalition, Emerging Challenges, in Over the Circle (OtC). Arctic News and Analysis, 20-6-2020, online all'indirizzo https://overthecircle.com.

[64] Lo ha ricordato, da ultimo, B.O.G. Mortensen, Visions of Independence and Sovereignty in the Arctic, relazione presentata al 13th Polar Law Symposium Special Online Session 9-30 November 2020, co-organizzato dal Polar Law Institute della University of Akureyri, dal Northern Institute for Environmental and Minority Law della University of Lapland (Arctic Center) e dal Polar Cooperation Research Centre della Kobe University.