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La responsabilità notarile per l’omessa preventiva verifica della libertà e disponibilità giuridica del bene immobile oggetto del trasferimento immobiliare

Abstract:

In questo articolo si esaminano gli orientamenti della giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, e della dottrina sul tema della responsabilità notarile in caso di mancato accertamento catastale ed ipotecario, da parte del notaio, sul bene oggetto della compravendita immobiliare.

Ci si è chiesti e ci si chiede tuttora se il notaio sia responsabile della omessa verifica della libertà e disponibilità giuridica di un cespite immobiliare di cui gli viene chiesto il trasferimento.

Inizialmente, fino alla fine degli anni cinquanta, la posizione della giurisprudenza era orientata nel ritenere non sussistente l’obbligo del notaio a compiere di sua iniziativa gli accertamenti volti a verificare la libertà del bene immobile di cui gli veniva chiesto il trasferimento da un soggetto ad un altro in assenza di uno specifico incarico ricevuto dalle parti (Cass. 6 maggio 1933, n. 1608, in Giur. It., 1933, I, p. 1345; Cass. 24 giugno 1930, n. 2237, in Rep. Foro It., p. 1930).

Tale orientamento, è stato superato con quello che invece ritiene il notaio attualmente obbligato ad eseguire i dovuti accertamenti catastali ed ipotecari, anche in assenza di un’apposito incarico conferitogli dalle parti interessate alla stipula del rogito. Pertanto, l’attività professionale svolta dal notaio in occasione della preparazione e stesura di un atto di compravendita immobiliare, postula la preventiva verifica della libertà e disponibilità giuridica del bene immobile del quale gli viene chiesto il trasferimento da un soggetto ad un altro, attraverso le risultanze dei registri immobiliari, dovendolo considerare un’obbligo ricompreso nel rapporto di prestazione d’opera professionale, il cui fine è ravvisabile nell’esigenza di assicurare la serietà e certezza dell’atto giuridico per il cui compimento necessita l’intervento pubblicistico del suddetto professionista (Cass. 1 agosto 1959, n. 2444 in Foro It., 1960, I, p. 100; Cass. 26 gennaio 2004, n. 1330, in Foro It., 2004, I, p. 1065; Cass. 12 maggio 2003, n. 7261, in Vita not., 2003, p. 1571; Cass. 13 giugno 2002, n. 8470, in Giust. civ., 2003, I, p. 404; Cass. 11 gennaio 2006, n. 264 in Mass. Giust. civ., 2006; Trib. Bari, 30 maggio 2007, in Giur. Mer., 2008, 5, p. 1318).

A tal proposito la Suprema Corte ha affermato, con la pronuncia del 11 gennaio 2006, n. 264, che “per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, dei registri immobiliari attraverso la loro visura, costituisce, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante dall’incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fa parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale, poiché l’opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessaria perchè sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell’atto”.

Inoltre, i giudici di legittimità hanno anche sottolineato “che, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività di notaio, il professionista è tenuto ad una prestazione che, pur rivestendo i caratteri dell’obbligazione di mezzi e non di risultato non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti ed alla direzione della compilazione dell’atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività preparatorie e successive, funzionali ad assicurare la serietà e la certezza del rogito ed, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico del negozio voluto dalle parti, con la conseguenza che l’inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a responsabilità "ex contractu" per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità (Cass. 28 gennaio 2003, n. 1228)”.

Le principali tesi maggiormente distintesi in dottrina (Gabrielli, La responsabilità civile del notaio, in Il diritto privato nella giurisprudenza, Torino, 1998, p. 513; Lepri, La responsabilità civile del notaio, in Giurisprudenza sistemica di diritto civile e commerciale, Torino, 1987, p. 321) sulla responsabilità del notaio relativa all’adempimento delle sue funzioni nei confronti del cliente, possono così riassumersi:

- coloro che affermano la natura contrattuale della responsabilità del notaio, ritengono che quest’ultimo sia obbligato ad adempiere alle sue funzioni sulla base della semplice richiesta proveniente dalla parte interessata, per effetto della quale sorgerebbe il rapporto comportante l’espletamento dell’attività richiesta. Pertanto, il notaio, al pari di qualunque altro professionista, è obbligato a predisporre in misura adeguata i mezzi di cui dispone, in vista del conseguimento del risultato pratico voluto dal cliente, facendo uso dell’appropriato grado di diligenza professionale che si rende necessario seguire, ovviamente rapportato alla particolare natura della prestazione richiesta (Cass. 15 giugno 1999, n. 5946). Tale impostazione, induce a ritenere che soltanto il cliente del professionista potrebbe ritenersi legittimato ad esercitare la relativa azione di responsabilità, tesi confermata anche dalla giurisprudenza di merito: “posto che la responsabilità professionale del notaio rogante ha natura contrattuale, la legittimazione a far valere la stessa spetta solo alla parte che ha chiesto la prestazione concludendo il contratto d’opera professionale” (Trib. Verona 20 gennaio 2005).

- Di contro, i sostenitori della natura extracontrattuale della responsabilità notarile, negano che tra il notaio ed una singola parte possa instaurarsi un rapporto contrattuale, argomentando in tal senso sulla base di un prevalente ed assorbente interesse pubblicistico della funzione ed attività svolta dal notaio, la cui responsabilità aquiliana potrebbe quindi essere fatta valere da ogni soggetto eventualmente interessato.

- Infine, vi è una tesi intermedia o mista, secondo la quale, la responsabilità del notaio assumerebbe una duplice natura: contrattuale verso i clienti ed extracontrattuale verso i terzi estranei alla predisposizione e redazione dell’atto. Quest’ultima tesi risulta maggiormente compatibile con la distinzione (Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1952, p. 121; Porcari, Notaio: garante della legalità o mero certificatore?, in Giur. It., 1995, p. 569) tra la funzione notarile di “certificazione” e quella di “adeguamento”, per effetto della quale, la responsabilità del notaio assumerebbe una chiara connotazione contrattualistica laddove derivante da inadempimenti comunque riconducibili ad atti ed attività professionali non rientranti ex lege nell’esercizio obbligatorio del ministero notarile, ed extracontrattuale in presenza del verificarsi di inadempienze riconducibili allo svolgimento della funzione di adeguamento obbligatorio, ovvero della funzione di pubblica certificazione, la quale, consiste nell’attribuzione della pubblica fede agli atti compiuti con l’intervento del notaio, la cui attività, viene così esercitata in nome e per conto dello Stato, per effetto della delega ricevuta. Per tale ragione, la chiusura di ogni singolo atto viene formalizzata con l’apposizione del sigillo, che unitamente al nome del notaio rogante, reca lo stemma della Repubblica Italiana.

Come già sottolineato, dopo un lungo dibattito e dopo il revirement operato dai giudici di legittimità con la nota sentenza del primo agosto 1959, n. 2444, dottrina (Barca, Scrittura privata autenticata predisposta dal notaio, visure ipocatastali e responsabilità professionale, in Giur. It., 1996, p. 1274; Grisi, La responsabilità del notaio in caso di mancata effettuazione delle visure ipotecarie, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 1994, p. 665) e giurisprudenza sembrano concordare nel ritenere sussistente la responsabilità del notaio, che chiamato a redigere un contratto di compravendita di un determinato bene immobile, abbia omesso di verificarne preventivamente la libertà da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli: “qualora un soggetto abbia acquistato immobile con atto notarile e a seguito dello stesso abbia ottenuto mutuo sull’immobile, l’eventuale mancata rilevazione di ipoteca a carico dell’immobile oggetto di acquisto, non rilevata dal notaio in occasione delle ipoteche catastali, che abbiano cagionato poi l’esecuzione sul bene acquistato, sono fonte di responsabilità per il notaio qualificabile quale inadempienza contrattuale per contrarietà ai doveri di diligenza professionale” (App. 13 giugno 2007, in Giur. mer., 2008, 3, p. 730).

Tale orientamento appare incentrarsi prevalentemente sull’art. 1176 c.c. che al primo comma prevede che nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia; inoltre, per evitare di incorrere nella responsabilità prevista al successivo comma 2° dell’art. 1176 c.c., il notaio nell’adempiere le obbligazioni inerenti la propria attività professionale è tenuto a prestare una diligenza superiore a quella ordinaria, come quella che è lecito aspettarsi da un soggetto che dispone di un’elevata qualificazione professionale, ben superiore a quella normalmente esigibile da un soggetto mediamente accorto, essendo quella specifica del debitore qualificato, la quale richiede a sua volta il rispetto di tutte le particolari regole e gli opportuni accorgimenti, che unitariamente considerati costituiscono la conoscenza professionale notarile.

Il richiamo alla forma di diligenza notarile qui considerata induce a ritenere che il notaio non può considerarsi un mero contabile dell’altrui volontà, dovendo invece, secondo il dettato dell’art. 47 comma 3, l. 16 febbraio 1913, n. 89, “indagare la volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione integrale dell’atto”.

In merito all’individuazione dell’esatto titolo di responsabilità, tenuto conto della sua genesi di natura contrattuale, trova applicazione la disposizione prevista dall’art. 2236 c.c., in relazione alla quale, la limitazione di responsabilità professionale ai soli casi di dolo o colpa grave attiene esclusivamente alla perizia, che riguarda la soluzione di problemi tecnici implicanti un elevato grado di difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza.

Nella fattispecie in esame, il mancato espletamento di un’importante attività preparatoria alla successiva formazione del rogito, come la tempestiva e puntuale visura dei registri immobiliari, non appare idonea ad integrare un ipotesi di imperizia, cui soltanto sarebbe indirizzata la previsione normativa di cui al richiamato art. 2236 c.c., ma una vera e propria ipotesi di negligenza od imprudenza, intendendosi per tali la violazione del dovere di prestare la normale diligenza professionale che è lecito attendersi dal prestatore d’opera intellettuale ai sensi del comma 2 dell’art. 1176 c.c.

A tal uopo il tribunale di Bari con la pronuncia del 11 luglio 2005 ha affermato che “l’omesso assolvimento dell’obbligo di informazione del cliente in ordine all’eventuale sussistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli a carico del bene immobile oggetto del richiesto trasferimento immobiliare, comporta la violazione di un preciso obbligo di diligenza gravante sul professionista, la cui colpa va valutata a norma dell’art. 1176 c.c., dovendosi ritenere l’elemento soggettivo integrato anche dalla colpa lieve, non potendo il professionista invocare la limitazione di responsabilità sancita dall’art. 2236 c.c., operante nei soli casi di dolo o colpa grave, che notoriamente attengono esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza”.

Anche i giudici di legittimità hanno ritenuto che “il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall’art. 2236 c.c. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto il mancato espletamento di una attività preparatoria importante, quale la visura dei registri immobiliari, non integra un ipotesi di imperizia, cui soltanto è indirizzata la previsione normativa in parola, ma negligenza o imprudenza, e cioè violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del secondo comma dell’art. 1176 cod. civ., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve” (Cass. 2 marzo 2005, n. 4427 in Foro It., 2005, I, p. 2045).

L’orientamento giurisprudenziale ritiene pienamente operante nella fattispecie in esame la concorrente e solidale responsabilità del notaio e del venditore nei confronti dell’acquirente, affermando che quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi ed il danneggiato, sussistono tutte le condizioni necessarie perché i predetti soggetti siano corresponsabili in solido. Infatti, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se l’unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell’obbligo di risarcimento, che le azioni o omissioni di ciascuna abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento (Cass. 28 gennaio 1985, n. 488; Cass. 4 dicembre 1991, n. 13039; Cass. 10 dicembre 1996, n. 10987; Cass. 15 giugno 1999, n. 5946).

Secondo la Suprema Corte ciò discende non tanto, come pure si è sostenuto, dal fatto che l’art. 2055 c.c. costituisca un principio di carattere generale estensibile anche alla responsabilità contrattuale (Cass. 26 maggio 1995, n. 7231), ma dai principi stessi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di cause tutte egualmente efficienti della produzione di un determinato danno, di cui l’art. 2055 c.c. è un’esplicitazione in tema di responsabilità extracontrattuale.

Da questi principi ne consegue che, poiché il danno subito dall’acquirente, trova causa efficiente sia nell’inadempimento contrattuale del notaio (contratto d’opera professionale) sia in quello del venditore, entrambi detti soggetti sono responsabili solidalmente nei confronti dell’acquirente del risarcimento di detto danno. Indi, una volta ritenuto che entrambi detti soggetti inadempienti sono responsabili solidalmente del risarcimento, operano i principi propri della responsabilità solidale, per cui ciascun debitore può essere costretto all’adempimento per la totalità, ex art. 1292 c.c., e al condebitore che esegue la prestazione compete per legge il diritto di regresso (Trib. Catania 16 febbraio 2002, in Foro It., 2002, I, p. 2310).

Nella fattispecie in esame, il danno deriva dall’omessa informazione della parte interessata circa il reale status giuridico della res oggetto del richiesto trasferimento immobiliare, ne deriva che il notaio, quale tecnico del diritto, ha l’obbligo di prestare la sua opera alle parti che la richiedono, corredandola dei necessari ed opportuni consigli ed informazioni giuridiche, pertanto la sua attività di consulenza ricomprende anche l’obbligo di informare il proprio cliente circa ogni eventuale conseguenza giuridicamente rilevante che risulti comunque connessa alla predisposizione e successiva redazione dell’atto definitivo di trasferimento immobiliare.

A tal proposito la giurisprudenza di merito ha avuto modo di affermare che “l’obbligo di informazione da parte del notaio, che è ancor più vasto e comprensivo di quello che si risolve nella sola visura dei registri immobiliari, integra un elemento essenziale della sua prestazione professionale con la conseguenza che il suo inadempimento lo rende responsabile delle conseguenze dannose incorse dal cliente. Né potrebbe scriminare la responsabilità del notaio la disorganizzazione di alcune conservatorie essendo comunque l’attività di accertamento informatico richiesta a tale professionista fino al necessario aggiornamento, alla data del rogito di norma compatibile con l’organizzazione dello studio notarile. Non sarebbe stato rilevante il fatto che la cliente del notaio avesse avuto consapevolezza della situazione di disservizio della conservatoria, in assenza di un’espressa ed inequivoca manifestazione di volontà di escludere dalle obbligazioni del notaio quelle di carattere informatico” (App. Milano 22 febbraio 2007).

Inoltre, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 6 aprile 2001, n. 5158; Cass. 19 gennaio 2000, n. 566; Cass. 18 ottobre 1995, n. 10842) ritiene che l’obbligo d’informazione incombente sul notaio discenda dal disposto dell’art. 1176, comma 2 c.c.

Al riguardo, parte della dottrina non reputa tale richiamo sufficiente (Rossetti, Arriva il "consenso informato" per i clienti dei notai, in Dir. e giust., 2003, 9, p. 24) e, soprattutto idoneo a garantire un’adeguata tutela alla parte di norma contrattualmente più debole ovvero al cliente. La diligenza, cui detta disposizione normativa fa riferimento, non può essere intesa come contenuto dell’obbligazione del debitore bensì come criterio di imputazione dell’inadempimento.

Al contrario, l’ampliamento degli obblighi che scaturirebbero in capo al notaio, per effetto dell’incarico professionale a tale soggetto attribuito, comprensivo, accanto all’obbligazione principale, anche di obbligazioni accessorie, quali quelle di informazione e consulenza, troverebbe la propria fonte in altre disposizioni normative ed in particolare:

a) nell’art. 1337 c.c. per ciò che concerne l’attività propedeutica alla stipulazione del contratto d’opera (Guarneri, Assenza di colpa professionale per omessa concessione di agevolazione fiscale al cliente?, in Resp. civ. e prev., 1997, p. 1131);

b) nell’art. 1375 c.c. che impone alle parti un generale dovere di esecuzione del contratto in buona fede (Cattaneo, La responsabilità del professionista, Milano, 1958, p. 176) dal quale discende, in virtù dell’eccezionale valore della figura professionale del notaio, l’obbligo di rendere compiutamente edotte le parti attraverso un’adeguata informazione;

c) inoltre, posto che, da tempo, la giurisprudenza (Cass. 1 agosto 1959, n. 2444; Cass. 18 ottobre 1995, n. 10842) e parte della dottrina (Angeloni, La responsabilità civile del notaio, Padova, 1990, p. 196), ritiene che il contratto stipulato dal notaio combini gli elementi del contratto d’opera con quelli del mandato nell’art. 1708, comma 1 c.c., in virtù del quale “il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento”.

In aggiunta a dette previsioni, la sussistenza di obblighi ulteriori rispetto a quelli espressamente contemplati dalle parti del contratto, viene fatta discendere anche dai “Principi di deontologia professionale dei notai”, emanati dal Consiglio nazionale dei notai in data 24 febbraio 1994, secondo i quali, in materia di esecuzione della prestazione, il notaio deve porre in essere personalmente “tutti i comportamenti necessari per l’indagine sulla volontà delle parti, da svolgere in modo approfondito e completo, mediante proposizione di domande e scambio di informazioni intese a ricercare anche i motivi e le possibili modificazioni della determinazione volitiva” (Angeloni, op. cit., p. 627; Guarneri, op. cit., p. 1131).

Abstract:

In questo articolo si esaminano gli orientamenti della giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, e della dottrina sul tema della responsabilità notarile in caso di mancato accertamento catastale ed ipotecario, da parte del notaio, sul bene oggetto della compravendita immobiliare.

Ci si è chiesti e ci si chiede tuttora se il notaio sia responsabile della omessa verifica della libertà e disponibilità giuridica di un cespite immobiliare di cui gli viene chiesto il trasferimento.

Inizialmente, fino alla fine degli anni cinquanta, la posizione della giurisprudenza era orientata nel ritenere non sussistente l’obbligo del notaio a compiere di sua iniziativa gli accertamenti volti a verificare la libertà del bene immobile di cui gli veniva chiesto il trasferimento da un soggetto ad un altro in assenza di uno specifico incarico ricevuto dalle parti (Cass. 6 maggio 1933, n. 1608, in Giur. It., 1933, I, p. 1345; Cass. 24 giugno 1930, n. 2237, in Rep. Foro It., p. 1930).

Tale orientamento, è stato superato con quello che invece ritiene il notaio attualmente obbligato ad eseguire i dovuti accertamenti catastali ed ipotecari, anche in assenza di un’apposito incarico conferitogli dalle parti interessate alla stipula del rogito. Pertanto, l’attività professionale svolta dal notaio in occasione della preparazione e stesura di un atto di compravendita immobiliare, postula la preventiva verifica della libertà e disponibilità giuridica del bene immobile del quale gli viene chiesto il trasferimento da un soggetto ad un altro, attraverso le risultanze dei registri immobiliari, dovendolo considerare un’obbligo ricompreso nel rapporto di prestazione d’opera professionale, il cui fine è ravvisabile nell’esigenza di assicurare la serietà e certezza dell’atto giuridico per il cui compimento necessita l’intervento pubblicistico del suddetto professionista (Cass. 1 agosto 1959, n. 2444 in Foro It., 1960, I, p. 100; Cass. 26 gennaio 2004, n. 1330, in Foro It., 2004, I, p. 1065; Cass. 12 maggio 2003, n. 7261, in Vita not., 2003, p. 1571; Cass. 13 giugno 2002, n. 8470, in Giust. civ., 2003, I, p. 404; Cass. 11 gennaio 2006, n. 264 in Mass. Giust. civ., 2006; Trib. Bari, 30 maggio 2007, in Giur. Mer., 2008, 5, p. 1318).

A tal proposito la Suprema Corte ha affermato, con la pronuncia del 11 gennaio 2006, n. 264, che “per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, dei registri immobiliari attraverso la loro visura, costituisce, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante dall’incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fa parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale, poiché l’opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessaria perchè sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell’atto”.

Inoltre, i giudici di legittimità hanno anche sottolineato “che, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività di notaio, il professionista è tenuto ad una prestazione che, pur rivestendo i caratteri dell’obbligazione di mezzi e non di risultato non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti ed alla direzione della compilazione dell’atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività preparatorie e successive, funzionali ad assicurare la serietà e la certezza del rogito ed, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico del negozio voluto dalle parti, con la conseguenza che l’inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a responsabilità "ex contractu" per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità (Cass. 28 gennaio 2003, n. 1228)”.

Le principali tesi maggiormente distintesi in dottrina (Gabrielli, La responsabilità civile del notaio, in Il diritto privato nella giurisprudenza, Torino, 1998, p. 513; Lepri, La responsabilità civile del notaio, in Giurisprudenza sistemica di diritto civile e commerciale, Torino, 1987, p. 321) sulla responsabilità del notaio relativa all’adempimento delle sue funzioni nei confronti del cliente, possono così riassumersi:

- coloro che affermano la natura contrattuale della responsabilità del notaio, ritengono che quest’ultimo sia obbligato ad adempiere alle sue funzioni sulla base della semplice richiesta proveniente dalla parte interessata, per effetto della quale sorgerebbe il rapporto comportante l’espletamento dell’attività richiesta. Pertanto, il notaio, al pari di qualunque altro professionista, è obbligato a predisporre in misura adeguata i mezzi di cui dispone, in vista del conseguimento del risultato pratico voluto dal cliente, facendo uso dell’appropriato grado di diligenza professionale che si rende necessario seguire, ovviamente rapportato alla particolare natura della prestazione richiesta (Cass. 15 giugno 1999, n. 5946). Tale impostazione, induce a ritenere che soltanto il cliente del professionista potrebbe ritenersi legittimato ad esercitare la relativa azione di responsabilità, tesi confermata anche dalla giurisprudenza di merito: “posto che la responsabilità professionale del notaio rogante ha natura contrattuale, la legittimazione a far valere la stessa spetta solo alla parte che ha chiesto la prestazione concludendo il contratto d’opera professionale” (Trib. Verona 20 gennaio 2005).

- Di contro, i sostenitori della natura extracontrattuale della responsabilità notarile, negano che tra il notaio ed una singola parte possa instaurarsi un rapporto contrattuale, argomentando in tal senso sulla base di un prevalente ed assorbente interesse pubblicistico della funzione ed attività svolta dal notaio, la cui responsabilità aquiliana potrebbe quindi essere fatta valere da ogni soggetto eventualmente interessato.

- Infine, vi è una tesi intermedia o mista, secondo la quale, la responsabilità del notaio assumerebbe una duplice natura: contrattuale verso i clienti ed extracontrattuale verso i terzi estranei alla predisposizione e redazione dell’atto. Quest’ultima tesi risulta maggiormente compatibile con la distinzione (Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1952, p. 121; Porcari, Notaio: garante della legalità o mero certificatore?, in Giur. It., 1995, p. 569) tra la funzione notarile di “certificazione” e quella di “adeguamento”, per effetto della quale, la responsabilità del notaio assumerebbe una chiara connotazione contrattualistica laddove derivante da inadempimenti comunque riconducibili ad atti ed attività professionali non rientranti ex lege nell’esercizio obbligatorio del ministero notarile, ed extracontrattuale in presenza del verificarsi di inadempienze riconducibili allo svolgimento della funzione di adeguamento obbligatorio, ovvero della funzione di pubblica certificazione, la quale, consiste nell’attribuzione della pubblica fede agli atti compiuti con l’intervento del notaio, la cui attività, viene così esercitata in nome e per conto dello Stato, per effetto della delega ricevuta. Per tale ragione, la chiusura di ogni singolo atto viene formalizzata con l’apposizione del sigillo, che unitamente al nome del notaio rogante, reca lo stemma della Repubblica Italiana.

Come già sottolineato, dopo un lungo dibattito e dopo il revirement operato dai giudici di legittimità con la nota sentenza del primo agosto 1959, n. 2444, dottrina (Barca, Scrittura privata autenticata predisposta dal notaio, visure ipocatastali e responsabilità professionale, in Giur. It., 1996, p. 1274; Grisi, La responsabilità del notaio in caso di mancata effettuazione delle visure ipotecarie, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 1994, p. 665) e giurisprudenza sembrano concordare nel ritenere sussistente la responsabilità del notaio, che chiamato a redigere un contratto di compravendita di un determinato bene immobile, abbia omesso di verificarne preventivamente la libertà da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli: “qualora un soggetto abbia acquistato immobile con atto notarile e a seguito dello stesso abbia ottenuto mutuo sull’immobile, l’eventuale mancata rilevazione di ipoteca a carico dell’immobile oggetto di acquisto, non rilevata dal notaio in occasione delle ipoteche catastali, che abbiano cagionato poi l’esecuzione sul bene acquistato, sono fonte di responsabilità per il notaio qualificabile quale inadempienza contrattuale per contrarietà ai doveri di diligenza professionale” (App. 13 giugno 2007, in Giur. mer., 2008, 3, p. 730).

Tale orientamento appare incentrarsi prevalentemente sull’art. 1176 c.c. che al primo comma prevede che nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia; inoltre, per evitare di incorrere nella responsabilità prevista al successivo comma 2° dell’art. 1176 c.c., il notaio nell’adempiere le obbligazioni inerenti la propria attività professionale è tenuto a prestare una diligenza superiore a quella ordinaria, come quella che è lecito aspettarsi da un soggetto che dispone di un’elevata qualificazione professionale, ben superiore a quella normalmente esigibile da un soggetto mediamente accorto, essendo quella specifica del debitore qualificato, la quale richiede a sua volta il rispetto di tutte le particolari regole e gli opportuni accorgimenti, che unitariamente considerati costituiscono la conoscenza professionale notarile.

Il richiamo alla forma di diligenza notarile qui considerata induce a ritenere che il notaio non può considerarsi un mero contabile dell’altrui volontà, dovendo invece, secondo il dettato dell’art. 47 comma 3, l. 16 febbraio 1913, n. 89, “indagare la volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione integrale dell’atto”.

In merito all’individuazione dell’esatto titolo di responsabilità, tenuto conto della sua genesi di natura contrattuale, trova applicazione la disposizione prevista dall’art. 2236 c.c., in relazione alla quale, la limitazione di responsabilità professionale ai soli casi di dolo o colpa grave attiene esclusivamente alla perizia, che riguarda la soluzione di problemi tecnici implicanti un elevato grado di difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza.

Nella fattispecie in esame, il mancato espletamento di un’importante attività preparatoria alla successiva formazione del rogito, come la tempestiva e puntuale visura dei registri immobiliari, non appare idonea ad integrare un ipotesi di imperizia, cui soltanto sarebbe indirizzata la previsione normativa di cui al richiamato art. 2236 c.c., ma una vera e propria ipotesi di negligenza od imprudenza, intendendosi per tali la violazione del dovere di prestare la normale diligenza professionale che è lecito attendersi dal prestatore d’opera intellettuale ai sensi del comma 2 dell’art. 1176 c.c.

A tal uopo il tribunale di Bari con la pronuncia del 11 luglio 2005 ha affermato che “l’omesso assolvimento dell’obbligo di informazione del cliente in ordine all’eventuale sussistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli a carico del bene immobile oggetto del richiesto trasferimento immobiliare, comporta la violazione di un preciso obbligo di diligenza gravante sul professionista, la cui colpa va valutata a norma dell’art. 1176 c.c., dovendosi ritenere l’elemento soggettivo integrato anche dalla colpa lieve, non potendo il professionista invocare la limitazione di responsabilità sancita dall’art. 2236 c.c., operante nei soli casi di dolo o colpa grave, che notoriamente attengono esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza”.

Anche i giudici di legittimità hanno ritenuto che “il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall’art. 2236 c.c. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto il mancato espletamento di una attività preparatoria importante, quale la visura dei registri immobiliari, non integra un ipotesi di imperizia, cui soltanto è indirizzata la previsione normativa in parola, ma negligenza o imprudenza, e cioè violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del secondo comma dell’art. 1176 cod. civ., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve” (Cass. 2 marzo 2005, n. 4427 in Foro It., 2005, I, p. 2045).

L’orientamento giurisprudenziale ritiene pienamente operante nella fattispecie in esame la concorrente e solidale responsabilità del notaio e del venditore nei confronti dell’acquirente, affermando che quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi ed il danneggiato, sussistono tutte le condizioni necessarie perché i predetti soggetti siano corresponsabili in solido. Infatti, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se l’unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell’obbligo di risarcimento, che le azioni o omissioni di ciascuna abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento (Cass. 28 gennaio 1985, n. 488; Cass. 4 dicembre 1991, n. 13039; Cass. 10 dicembre 1996, n. 10987; Cass. 15 giugno 1999, n. 5946).

Secondo la Suprema Corte ciò discende non tanto, come pure si è sostenuto, dal fatto che l’art. 2055 c.c. costituisca un principio di carattere generale estensibile anche alla responsabilità contrattuale (Cass. 26 maggio 1995, n. 7231), ma dai principi stessi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di cause tutte egualmente efficienti della produzione di un determinato danno, di cui l’art. 2055 c.c. è un’esplicitazione in tema di responsabilità extracontrattuale.

Da questi principi ne consegue che, poiché il danno subito dall’acquirente, trova causa efficiente sia nell’inadempimento contrattuale del notaio (contratto d’opera professionale) sia in quello del venditore, entrambi detti soggetti sono responsabili solidalmente nei confronti dell’acquirente del risarcimento di detto danno. Indi, una volta ritenuto che entrambi detti soggetti inadempienti sono responsabili solidalmente del risarcimento, operano i principi propri della responsabilità solidale, per cui ciascun debitore può essere costretto all’adempimento per la totalità, ex art. 1292 c.c., e al condebitore che esegue la prestazione compete per legge il diritto di regresso (Trib. Catania 16 febbraio 2002, in Foro It., 2002, I, p. 2310).

Nella fattispecie in esame, il danno deriva dall’omessa informazione della parte interessata circa il reale status giuridico della res oggetto del richiesto trasferimento immobiliare, ne deriva che il notaio, quale tecnico del diritto, ha l’obbligo di prestare la sua opera alle parti che la richiedono, corredandola dei necessari ed opportuni consigli ed informazioni giuridiche, pertanto la sua attività di consulenza ricomprende anche l’obbligo di informare il proprio cliente circa ogni eventuale conseguenza giuridicamente rilevante che risulti comunque connessa alla predisposizione e successiva redazione dell’atto definitivo di trasferimento immobiliare.

A tal proposito la giurisprudenza di merito ha avuto modo di affermare che “l’obbligo di informazione da parte del notaio, che è ancor più vasto e comprensivo di quello che si risolve nella sola visura dei registri immobiliari, integra un elemento essenziale della sua prestazione professionale con la conseguenza che il suo inadempimento lo rende responsabile delle conseguenze dannose incorse dal cliente. Né potrebbe scriminare la responsabilità del notaio la disorganizzazione di alcune conservatorie essendo comunque l’attività di accertamento informatico richiesta a tale professionista fino al necessario aggiornamento, alla data del rogito di norma compatibile con l’organizzazione dello studio notarile. Non sarebbe stato rilevante il fatto che la cliente del notaio avesse avuto consapevolezza della situazione di disservizio della conservatoria, in assenza di un’espressa ed inequivoca manifestazione di volontà di escludere dalle obbligazioni del notaio quelle di carattere informatico” (App. Milano 22 febbraio 2007).

Inoltre, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 6 aprile 2001, n. 5158; Cass. 19 gennaio 2000, n. 566; Cass. 18 ottobre 1995, n. 10842) ritiene che l’obbligo d’informazione incombente sul notaio discenda dal disposto dell’art. 1176, comma 2 c.c.

Al riguardo, parte della dottrina non reputa tale richiamo sufficiente (Rossetti, Arriva il "consenso informato" per i clienti dei notai, in Dir. e giust., 2003, 9, p. 24) e, soprattutto idoneo a garantire un’adeguata tutela alla parte di norma contrattualmente più debole ovvero al cliente. La diligenza, cui detta disposizione normativa fa riferimento, non può essere intesa come contenuto dell’obbligazione del debitore bensì come criterio di imputazione dell’inadempimento.

Al contrario, l’ampliamento degli obblighi che scaturirebbero in capo al notaio, per effetto dell’incarico professionale a tale soggetto attribuito, comprensivo, accanto all’obbligazione principale, anche di obbligazioni accessorie, quali quelle di informazione e consulenza, troverebbe la propria fonte in altre disposizioni normative ed in particolare:

a) nell’art. 1337 c.c. per ciò che concerne l’attività propedeutica alla stipulazione del contratto d’opera (Guarneri, Assenza di colpa professionale per omessa concessione di agevolazione fiscale al cliente?, in Resp. civ. e prev., 1997, p. 1131);

b) nell’art. 1375 c.c. che impone alle parti un generale dovere di esecuzione del contratto in buona fede (Cattaneo, La responsabilità del professionista, Milano, 1958, p. 176) dal quale discende, in virtù dell’eccezionale valore della figura professionale del notaio, l’obbligo di rendere compiutamente edotte le parti attraverso un’adeguata informazione;

c) inoltre, posto che, da tempo, la giurisprudenza (Cass. 1 agosto 1959, n. 2444; Cass. 18 ottobre 1995, n. 10842) e parte della dottrina (Angeloni, La responsabilità civile del notaio, Padova, 1990, p. 196), ritiene che il contratto stipulato dal notaio combini gli elementi del contratto d’opera con quelli del mandato nell’art. 1708, comma 1 c.c., in virtù del quale “il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento”.

In aggiunta a dette previsioni, la sussistenza di obblighi ulteriori rispetto a quelli espressamente contemplati dalle parti del contratto, viene fatta discendere anche dai “Principi di deontologia professionale dei notai”, emanati dal Consiglio nazionale dei notai in data 24 febbraio 1994, secondo i quali, in materia di esecuzione della prestazione, il notaio deve porre in essere personalmente “tutti i comportamenti necessari per l’indagine sulla volontà delle parti, da svolgere in modo approfondito e completo, mediante proposizione di domande e scambio di informazioni intese a ricercare anche i motivi e le possibili modificazioni della determinazione volitiva” (Angeloni, op. cit., p. 627; Guarneri, op. cit., p. 1131).