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La revoca del testamento come libertà irrinunziabile

Ipotesi di ammissibilità della revoca tacita
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Ph. Simona Cavucci / arte

Indice:

1. La sentenza della Cassazione n. 11472 del 2020

2. La revocazione

3. La forma della revocazione

4. La revoca tacita della revoca espressa

 

1. La sentenza della Cassazione n. 11472 del 2020

La pronuncia n. 11472 del 2020 si muove dalla questione sollevata in ordine a due procure speciali conferite ad un terzo da parte del de cuius per vendere i diritti su un fabbricato. Per effetto delle procure, il convenuto aveva venduto i diritti del fabbricato a sé stesso e ai propri figli (altri convenuti in giudizio). A fronte della tesi dell’erede del de cuius circa la nullità/annullabilità delle procure conferite, si costituivano i convenuti eccependo il difetto di titolarità dell'azione in capo all’erede istante, assumendo che il testamento invocato dalla controparte era stato revocato dal de cuius con lettera raccomandata, con la quale si provvedeva anche alla nomina di un nuovo erede universale.

Nel caso in esame si intersecano diverse questioni di primaria rilevanza: l’estensione ai casi di revoca tacita della fattispecie ex articolo 684 codice civile, nonché l’efficacia probatoria delle copie fotostatiche, in assenza di disconoscimento ex articolo 214 e 215 codice civile.

Come rilevato dalla Corte stessa, la questione principale verte sull'idoneità dell'atto di revoca, prodotto in copia, di cui non sia stata contestata validamente la conformità all'originale, a determinare gli effetti che la legge gli attribuisce.

Preliminarmente, la Corte ha ribadito il principio consolidato, secondo cui chi vuol far valere le disposizioni di un testamento, ma si trova nell’impossibilità di produrre l'originale, “deve formulare una specifica domanda di accertamento dell'esistenza dei requisiti di legge e del contenuto del testamento, a nulla rilevando la circostanza che la copia prodotta non sia stata disconosciuta dalla controparte, in quanto nulla impedirebbe di ipotizzare che il testatore abbia successivamente distrutto l'originale dopo averlo fotocopiato, al fine di pervenire alla revoca del testamento stesso”.

Invero, chi eccepisce l’invalidità dovrebbe fornire la prova che l'irreperibilità del documento non sia espressione e conseguenza diretta della volontà di revoca dell'atto da parte del testatore che, ai sensi dell'articolo 684 codice civile, si presume in caso di distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento.

A prescindere da tale principio, la Corte Suprema non ha ritenuto di condividere l’orientamento del 2019 (cfr. Cass. civ. Sez. II Ord., 21/03/2019, n. 8031), ribadendo il principio più formalistico secondo il quale la revocazione totale o parziale di un testamento può essere a sua volta revocata, con le forme previste dall'articolo 680 codice civile, ovvero tacitamente nei limiti in cui la revoca tacita sia desumibile dalla redazione di un successivo testamento le cui disposizioni siano incompatibili con quelle precedenti, ponendosi al più un problema di interpretazione in ordine alla volontà complessiva del testatore di far rivivere o meno le disposizioni già revocate”(Cass. civ. Sez. II, 15/06/2020, n. 11472).

Ad ogni buon conto, anche a voler aderire all’indirizzo giurisprudenziale del 2019, la mera irreperibilità del testamento olografo, come nel caso di specie, non rientrerebbe nell’alveo delle ipotesi tassative di cui all’articolo 684 codice civile, in quanto se così fosse, si permetterebbe una estensione senza limite alle presunzioni di revocazione del testamento olografo.

Ma per meglio comprendere la pronuncia sopra citata, è opportuno svolgere una breve esposizione dei principi generali del nostro ordinamento in materia e dei diversi orientamenti che la Suprema Corte ha adottato nel corso del tempo.

 

2. La revocazione

Il nostro ordinamento contempla la possibilità di poter revocare in modo espresso le proprie disposizioni testamentarie attraverso un nuovo testamento, ovvero attraverso un atto notarile redatto in presenza di due testimoni.

Si tratta di una libertà irrinunziabile: l’articolo 679 codice civile vieta la rinunzia alla facoltà di revoca o di modificazione delle disposizioni testamentarie. Per tale ragione, sono parimenti nulle le convenzioni con cui taluno dispone della propria successione, come anche il cd. testamento reciproco.

La legge regola la revocazione in senso stretto quale atto unilaterale ascrivibile all’iniziativa del testatore e declinabile come manifestazione di una volontà diversa e contraria a quella espressa in precedenza e la cd. revocazione di diritto (articolo 687 codice civile) prevista quando il legislatore fa discendere gli effetti della revoca da circostanze sopravvenute non prevedibili dal testatore stesso (esempio, la sopravvenienza di figli/discendenti). Le disposizioni testamentarie sono quindi revocate di diritto, oltre che per il caso sopracitato, per il riconoscimento di un figlio, nato fuori dal matrimonio successivamente al testamento, oppure per l’ignoranza del testatore sull’esistenza di figli al tempo della stesura del testamento. La revoca, in quest’ultima ipotesi, ha luogo anche se il figlio è stato concepito all’epoca del testamento. Se il testatore, tuttavia, ha già provveduto per il caso di figli sopravvenienti, non si integrerà la fattispecie della revoca.

La revoca può avere ad oggetto sia le disposizioni di carattere patrimoniale che non patrimoniale; tuttavia, non possono essere revocate disposizioni, quali il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, la riabilitazione dell’indegno a succedere, la confessione stragiudiziale o la ricognizione di debito.

 

3. La forma della revocazione

La revoca, come detto, generalmente si manifesta con atto formale mediante il quale il soggetto esprime la volontà di eliminare le proprie ultime volontà tramite un nuovo testamento o per atto pubblico dinanzi ad un Notaio con due testimoni.

È ugualmente ammessa la revoca in forma tacita, o meglio attraverso il compimento di determinati atti o fatti tassativi che implichino inequivocabilmente la volontà del testatore di revocare precedenti disposizioni.  Ciò si verifica in caso di testamento posteriore, il quale, pur non revocando espressamente il precedente, rende inefficaci le disposizioni precedenti in quanto incompatibili con le nuove (articolo 682 codice civile). Nella specie, si ha incompatibilità oggettiva quando indipendentemente da un concreto intento di revoca sia impossibile dare contemporanea esecuzione ad entrambe le disposizioni.

Altro caso è il ritiro del testamento segreto ad opera del testatore dalle mani del depositario (Notaio), sempre che l’atto non possa valere come testamento olografo (articolo 685 codice civile)

È altresì opportuno segnalare che non è configurabile un testamento per relationem, nell’ipotesi in cui il testatore esprima nel nuovo testamento la sua volontà - ai fini della specificazione dell’oggetto della nuova disposizione adottata - con riferimento ad un’altra sua dichiarazione, ancorché contenuta in un testamento revocato.

Ricorre poi l’ipotesi di revoca presunta quando interviene la distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento olografo (articolo 694 codice civile); in tal caso la legge presume la revoca, salva la possibilità degli interessati di provare che la distruzione non fu opera del testatore o avvenne senza intenzione di revoca. L’articolo 686 c.c disciplina l’ipotesi dell’alienazione o della trasformazione della cosa legata, raffigurando un cambio di volontà del testatore circa la futura destinazione della cosa, con riserva di prova circa una diversa volontà del testatore.

L’articolo 681 codice civile disciplina poi la c.d. revocazione della revocazione.

Il Codice Civile prevede, infatti, la possibilità di revocare la revoca del testamento prescrivendo per la seconda revoca la stessa forma prevista per la prima. In altre parole, se la prima revoca è avvenuta mediante atto ricevuto da Notaio, anche la seconda dovrà avere la medesima forma. Ciò che rileva è che la volontà del de cuius sia sempre riconoscibile in senso univoco, evitando così la ricerca di una diversa mens testantis, attraverso l’ausilio di norme ermeneutiche.

In tal caso, rivivono le disposizioni revocate o meglio vi è reviviscenza, totale o parziale, del testamento anteriore che ritorna valido ab origine.

Premesso quanto sopra, l’articolo 681 codice civile non obbliga il testatore ad usare formule sacramentali, cosicché un esplicito richiamo delle disposizioni revocate può contenere una manifestazione non equivoca della volontà di revocare la revoca. Il richiamo dovrà essere imprescindibilmente esplicito in quanto, in caso contrario, si ammetterebbe la revoca tacita di revocazione espressa, vietata dall’articolo 681 codice civile

 

4. La revoca tacita della revoca espressa

Il testamento è un atto essenzialmente revocabile, giacché la volontà in esso espressa può sempre mutare sino all’ultimo momento di vita del testatore.

Il principio della libera determinazione rimane pertanto sempre primario, soprattutto in materia successoria.

La formulazione letterale dell'articolo 681 codice civile, sembra dunque precludere la revocazione tacita della precedente revoca espressa. Sul punto, poi, si è espressa la giurisprudenza, la quale, interpretando estensivamente (ma non troppo) la fattispecie, ha incluso nell’alveo della disposizione suddetta anche la revoca dovuta alla redazione di un successivo testamento, contenente disposizioni incompatibili con quelle precedenti. La Cassazione, con sentenza n. 1260 del 1987, così si esprimeva: “L'articolo 681 codice civile che disciplina la revocazione espressa (con atto notarile o nuovo testamento) della precedente revoca di disposizioni testamentarie, ricollegandovi l'automatica riviviscenza delle disposizioni revocate, si riferisce quanto alla revoca del precedente testamento sia alla revoca espressa che a quella tacita per ragioni di incompatibilità delle disposizioni testamentarie con quelle precedenti”.

Nel 2012, la Suprema Corte così affermava sul tema (cfr. Cass. Civ. sez. II 14/11/2012 n. 19915) “L'articolo 681 cod. civ., il quale disciplina la sola revocazione espressa della precedente revoca di un testamento, disponendo in tal caso la reviviscenza delle disposizioni revocate, non preclude al testatore la possibilità di revocare tacitamente la precedente revocazione, lasciando, tuttavia, in tal caso impregiudicata l'efficacia del testamento per primo revocato, da valutare in base alla volontà complessiva del testatore.”

Pertanto, tutto sembra ruotare intorno all’interpretazione della volontà del de cuius di far rivivere o meno le disposizioni già revocate, tenuto conto che può accadere “nell'ipotesi di più testamenti successivi, che il posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente, annulli solo le disposizioni incompatibili, così da circoscriverne la caducazione al riscontro, caso per caso, della sicura incompatibilità con le successive, potendosi, inoltre, ravvisare una revoca implicita dell'intero testamento precedente solo qualora non sia configurabile la sua sopravvivenza a seguito delle “mutilazioni” derivanti dalla suddetta incompatibilità” (cfr. Cass. Civ. Sez. II 22/03/2012 n. 4617).

Nel 2019, però, è intervenuta una pronuncia - già sopra richiamata - che apparirà quasi eversiva rispetto all’interpretazione estensiva prevalente (cfr. Cass. civ. Sez. II Ord., 21/03/2019, n. 8031): la cancellazione del testamento ex articolo 684 codice civile, viene configurata, al pari della distruzione, come un comportamento concludente avente valore legale, riconducibile in via presuntiva al testatore, che deve essere giuridicamente qualificato quale revoca tacita del detto testamento. In ossequio a tale orientamento – in netto contrasto con quelli precedenti - la soppressione o l’alterazione del documento-olografo, sarebbero dunque considerate tipologie peculiari di revoca tacita, idonee a eliminare quella “veste documentale” alla precedente revoca.

In ordine all’estensione della fattispecie di revoca tacita tramite comportamento concludente (distruzione, cancellazione o lacerazione di un testamento) sono sorti numerosi dubbi, così come visto nella recente pronuncia della Suprema Corte n. 11472 del 2020, analizzata in questa sede.