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La riconoscenza manifestata da un coniuge nei confronti dell’altro mediante il trasferimento di un diritto di proprietà configura una donazione remuneratoria a cui si applica l’imposta ordinaria

Rowameni
Ph. Anuar Arebi / Rowameni

Il trasferimento di un diritto di proprietà da parte del marito alla moglie a titolo di gratitudine per aver prestato assistenza e servizi a favore della famiglia, rientra nello schema tipico della donazione remuneratoria a cui deve applicarsi l’ordinario regime fiscale dell’imposta di donazione nonché dell’imposta ipotecaria e catastale.

 

Con la risposta n. 444 del 29 ottobre 2019 l’Agenzia delle Entrate ha individuato il regime fiscale applicabile alla particolare ipotesi in cui un marito intenda trasferire la nuda proprietà della casa coniugale alla moglie, tanto in adempimento di un dovere morale e di un obbligo di riconoscenza per i servizi da quest’ultima resi per la famiglia.

La vicenda trae origine dal dovere morale e sociale manifestato da un contribuente di provvedere al mantenimento della propria moglie e di assicurarle, in caso di propria premorienza, i mezzi patrimoniali necessari per una esistenza dignitosa.

In particolare, la questione sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, concerne l’individuazione del regime fiscale nel caso di trasferimento della nuda proprietà di un immobile per obbligo di riconoscenza.  Nel caso di specie, la questione applicativa riguarda, segnatamente, la tipologia di imposta da versare e, dunque, se l’imposta di registro con tassazione proporzionale al 3% (come altro atto di natura patrimoniale secondo quanto stabilito in via residuale dall’articolo 9, Tariffa allegata, D.P.R. n. 131 del 1986), ovvero l’imposta ordinaria di donazione.

Tanto premesso, secondo la tesi prospettata dal contribuente, l’adempimento de quo configurerebbe una obbligazione naturale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2034 del codice civile laddove, in siffatta ipotesi, troverebbe applicazione solo l'imposta di registro con l'aliquota del 3% ai sensi dell’articolo 9 della Tariffa allegata al TUR nonché le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa. Secondo il contribuente, difatti, non troverebbe applicazione l’imposta di donazione in quanto il trasferimento dell’immobile non avverrebbe per spirito di liberalità (ai sensi degli articolo 769 e ss. Codice civile). La tesi sostenuta dal contribuente muove da due ordini di ragioni: una fiscale, che propone l’applicazione della sola imposta di registro al 3 %, e una civilistica, con l’obiettivo di salvare il trasferimento de quo dal genus della donazione e quindi sottrarlo al calcolo che occorre effettuare per la tutela della quota di legittima dovuta agli stretti familiari del donante una volta aperta la successione ereditaria.

Ebbene, prima di inquadrare la disciplina fiscale applicabile al caso di specie, occorre preliminarmente verificare se l'operazione avente ad oggetto il trasferimento di proprietà dal beneficiante in favore di un altro soggetto, compiuta a titolo liberale per obbligo di riconoscenza, costituisca l’adempimento di una obbligazione naturale ovvero rientri tra le fattispecie di donazione remuneratoria, liberalità d’uso o indiretta.

La figura dell’obbligazione naturale trova la sua disciplina nell’articolo 2034 codice civile, ai sensi del quale “non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali”. Essa consiste in un dovere morale o sociale, giuridicamente rilevante ove il primo (dovere morale) consiste nell'obbligo di carattere etico, che vincola il soggetto a livello personale e il secondo (dovere sociale) è il dovere sentito come tale dalla collettività come ad esempio l'obbligo di assistere finanziariamente un parente bisognoso.

L’obbligazione naturale non è coercibile e, dunque, il debitore è libero di scegliere se adempiervi o meno ma, una volta eseguita, non può ripetere quanto spontaneamente prestato. Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la sussistenza dell’obbligazione naturale postula una duplice indagine, dovendo accertarsi, da un lato, se nel caso dedotto sussista un dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente nella società e, dall'altro, se tale dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità ed adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso (cfr. Cass. 1007/80).

La donazione remuneratoria, invece, è una vera e propria donazione spontanea e liberale, cioè non dettata da alcun obbligo, mossa tuttavia da un sentimento di riconoscenza nei confronti di un'altra persona, o in considerazione di meriti di questa o, ancora, per ripagare un servizio che una persona ha fatto o che ha promesso di fare. In essa assume rilevanza giuridica il motivo dell'attribuzione patrimoniale, correlata specificamente ad un precedente comportamento del donatario nei cui confronti la liberalità si pone come riconoscenza, apprezzamento di meriti o comunque come una speciale remunerazione di attività svolta, sebbene l'attribuzione non cessi di essere spontanea e l'atto conservi la causa di liberalità.

A riguardo, la Corte d'Appello di Milano, Sez. 4, con la sentenza del 22 ottobre 2015, n. 4043, ha individuato tre diversi tipi di donazione rimuneratoria:

  1. la donazione fatta per riconoscenza nei confronti del beneficiario della donazione o di un membro della sua famiglia: in questo caso la donazione è fatta per gratitudine per qualcosa che un soggetto ha fatto;
  2. la donazione fatta in considerazione di meriti del beneficiario della donazione: è il caso di donazione fatta sulla base di un sentimento di ammirazione che si prova nei confronti dei meriti acquisiti da un altro soggetto per esempio per particolari qualità di questo o per attività degne di merito che questo ha svolto a vantaggio dell'intera collettività, di determinate categorie di persone o anche di singoli individui (diversi da chi fa la donazione o dai suoi familiari);
  3. la c.d. donazione per speciale rimunerazione: è la donazione fatta spontaneamente dal donante con la specifica intenzione di dare un compenso per un servizio resogli o promessogli dal beneficiario della donazione. E' fondamentale per poter rientrare in questo caso che colui che fa la donazione non abbia un obbligo di legge o un obbligo morale o sociale di pagare il servizio, ma che decida spontaneamente e liberamente di pagarlo essendo consapevole di non avere alcun obbligo di farlo

Tanto premesso e venendo al caso di specie, l’Agenzia delle Entrate, muovendo dalle caratteristiche proprie dei citati istituti, ha ritenuto che la fattispecie prospettata dal contribuente rientrasse nello schema tipico della donazione remunerativa.

In particolare, secondo l’Agenzia, la locuzione “per doveri morali o sociali” prevista all’articolo 2043 codice civile deve essere intesa in relazione ai valori condivisi dalla generalità dei consociati in rapporto alla valutazione corrente nella società. Conseguentemente non rientrano in tale concetto i doveri derivanti dalla morale individuale ovvero di una collettività che non abbia il carattere della generalità. Sul punto, l’Amministrazione ha infatti precisato “con riferimento in particolare all'adempimento posto in essere in virtù di un obbligo di riconoscenza, occorre osservare che sebbene ciò che è normalmente considerato riconoscenza tende a corrispondere ad un dovere morale o sociale, il legislatore ha espressamente previsto all'articolo 770 del codice civile la donazione rimuneratoria che è un particolare tipo di donazione, consistente nella liberalità fatta per riconoscenza, in considerazione di meriti del donatario ovvero per speciale rimunerazione, con cui il donante dimostra un particolare apprezzamento dei servizi precedentemente ricevuti dal donatario”.

A conforto di tale posizione, si segnala la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, del 30 settembre 2016 che, argomentando sui caratteri distintivi degli istituti suddetti, ha ritenuto che la liberalità fatta per riconoscenza nei confronti del beneficiario (cd. donazione remuneratoria) differisce dall'obbligazione naturale ex articolo 2034, comma 1, codice civile, la cui sussistenza postula una duplice indagine, finalizzata ad accertare se ricorra un dovere morale o sociale, in rapporto alla valutazione corrente nella società, e se tale dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità ed adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso.

Sulla scorta di tali presupposti l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l'attribuzione gratuita compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale, sociale per compensare i servizi resi dal donatario, rientra nello schema tipico della donazione remuneratoria alla quale, sotto un profilo fiscale, deve applicarsi l’ordinario regime fiscale dell’imposta sulle donazioni e delle imposte ipotecarie e catastali.

Nella sostanza l’atto pubblico avente ad oggetto il trasferimento di un titolo di proprietà da parte di un marito che intenda compensare la moglie per i servizi resi in favore della famiglia, sarà soggetto all’ordinaria imposta sulle donazioni di cui al Decreto legislativo 346/1990; alle imposte ipotecarie e catastali di cui al Decreto legislativo 347/1990 nonché all’imposta di registro in misura fissa di cui al D.P.R 131/1986.

La conclusione a cui è giunta l’Amministrazione è, peraltro, conforme alla sentenza della Suprema Corte del 30 marzo 2016, n. 6100 che, nel chiarire che in tema di regime fiscale degli atti di liberalità la donazione tra coniugi è soggetta all'imposta di registro in misura fissa,  ha precisato che l'imposta di registro sull'atto pubblico è distinta e diversa dall'imposta sull'incremento patrimoniale conseguente la donazione. Le imposte in parola sono difatti sorrette da presupposti autonomi e differenti - e cioè l'obbligo di registrazione e l'incremento gratuito di ricchezza - nella sussistenza dei quali le rispettive leggi sul registro e sulle donazioni assoggettano l'atto e l'arricchimento sine causa alle corrispondenti imposte.