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La riforma della corruzione tra privati - Le nuove fattispecie di corruzione tra privati

Nighthawks, Edward Hopper, 1942, Art Institute of Chicago Building
Nighthawks, Edward Hopper, 1942, Art Institute of Chicago Building

Parte I

 

1. Premessa

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 15 marzo 2017 n. 38 (“Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato”), in vigore dal 14 aprile.

Vengono apportate importanti modifiche al reato di corruzione tra privati introdotto dalla legge 190/2012.

Questo il nuovo testo dell’articolo 2635 del codice civile (con evidenziazioni dello scrivente):

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati, che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sè o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.

Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’art. 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.

Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

 

2. Le (principali) novità rispetto al testo previgente

1. Il reato di corruzione tra privati è configurabile non solo nei confronti di esponente di società commerciale ma anche nei confronti di esponente di “ente privato” (ente collettivo, persona giuridica).

2. Il soggetto corrotto può essere anche chi nell’ambito della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti indicati nel primo periodo del comma 1.

3. La corruzione attiva e passiva possono essere realizzate anche per interposta persona.

4. Sono puniti i soggetti qualificati che ricevono denaro o altra utilità “per compiere o per omettere” un atto in violazione dei loro doveri.

Tale compimento od omissione può anche mancare, rappresentando piuttosto l’oggetto del dolo specifico del delitto.

Nel testo introdotto dalla legge 190 il compimento o l’omissione dell’atto era, invece, elemento essenziale del delitto, causalmente collegato alla dazione/promessa di utilità.

5. Non è più necessario il “nocumento” cagionato alla società del corrotto in seguito all’atto corruttivo: il reato diventa di pericolo e non più di danno.

Viene in altri termini eliminato il doppio passaggio causale prima previsto: la dazione di utilità doveva determinare il compimento/omissione dell’atto in violazione dei doveri; quest’ultimo doveva cagionare un nocumento alla società del corrotto.

6. Resta la procedibilità a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.

Sul regime di procedibilità non è stato accolto il suggerimento della Commissione Giustizia della Camera (parere del 24 gennaio 2017):

… lo schema di decreto legislativo non modifica il sesto comma dell’articolo 2635 (perseguibilità a querela del reato di corruzione tra privati, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni o servizi), e prevede la perseguibilità a querela anche per il nuovo reato di istigazione alla corruzione tra privati (articolo 4 dello schema), per cui appare opportuna una riflessione su tale scelta sia alla luce della circostanza che il reato di corruzione tra privati è strutturato dallo schema di decreto come reato di pericolo e non più come reato di danno sia sulla base della raccomandazione IV contenuta nel Secondo rapporto di conformità relativo ai temi del III Ciclo di valutazione da parte del Groupe d’Etats contre la corruption (GRECO). In particolare, per quanto riguarda il primo profilo, occorre valutare se dalla nuova configurazione del reato debba conseguire anche la sua trasformazione in reato perseguibile d’ufficio

Sul regime di procedibilità ci si soffermerà nella Parte III.

3. L’istigazione alla corruzione tra privati

Il decreto legislativo in commento introduce pure, all’articolo 2635-bis del codice civile, l’istigazione alla corruzione tra privati, nuova fattispecie delittuosa che riguarda le ipotesi di offerta corruttiva non accettata e di sollecitazione corruttiva non accolta:

Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 2635, ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.

Si procede a querela della persona offesa.

Sul novero dei soggetti istigabili non è stato accolto il suggerimento della Commissione Giustizia della Camera (parere del 24 gennaio 2017):

… l’articolo 4 dello schema di decreto introduce il reato di istigazione alla corruzione tra privati con esclusivo riferimento a coloro che svolgono funzioni dirigenziali o direttive, in considerazione della circostanza che il principio di delega che prevede la punibilità dell’istigazione alla corruzione (articolo 19, comma 1, lettera c) della legge 12 agosto 2016, n. 170) si riferisce specificatamente alle ipotesi in cui l’attività corruttiva sia svolta da coloro che svolgono tali funzioni. Pare opportuno, sulla base del principio di delega secondo cui occorre tenere conto delle «disposizioni incriminatrici già vigenti», prevedere la punibilità della istigazione alla corruzione tra privati anche nei confronti dei soggetti che nell’ambito della società o dell’ente sono sottoposti alle predette funzioni di direzione o di vigilanza, modulandone la sanzione…