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La Riforma della legittima difesa ad un anno dall’approvazione: una prima applicazione giurisprudenziale

Cassazione penale, Sezione III, 10 dicembre 2019, n. 49883
legittima difesa
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Indice:

1. Premessa

2. I fatti

3. La ‘nuova’ legittima difesa domiciliare di cui all’articolo 52, comma 2 del Codice Penale

4. L’eccesso colposo in legittima difesa di cui all’articolo 55, comma 2 del Codice Penale

5. Una breve valutazione conclusiva

 

1. Premessa

A quasi un anno dall’entrata in vigore della Legge 26 aprile 2019 n. 36 (pubblicata nella G.U. del 3 maggio 2019 ed entrata in vigore il 18 maggio dello stesso anno), recante “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa”, il dibattito politico - e mediatico - che ha investito la causa di giustificazione di cui all’articolo 52 Codice Penale ha ceduto il passo alle prime applicazioni giurisprudenziali della nuova disciplina.

In proposito, di particolare interesse è la sentenza della Suprema Corte, qui in commento, la quale, nel pronunciarsi sullo specifico ricorso alla stessa sottoposto, si è incaricata di precisare la fisionomia della scriminante della legittima difesa c.d. domiciliare (con precipuo riferimento al comma 2 dell’articolo 52 Codice Penale) e dell’istituto dell’eccesso colposo in legittima difesa (articolo 55 Codice Penale), siccome modificati dalla novella del 2019.

 

2. I fatti

I fatti che hanno dato origine al processo possono essere così riassunti: l’imputato, accortosi che un malintenzionato stava tentando di entrare, in orario notturno, nella propria abitazione dalla finestra della camera da letto dei propri figli, aveva imbracciato un fucile legalmente detenuto e, uscito sul balcone di casa, aveva sparato nella direzione dell’uomo, cagionandone la morte, nonostante questi si fosse allontanato dalla finestra, pur tuttavia seguitando a sostare sul terreno antistante l’abitazione.

Se, in primo grado, la Corte d’assise condannava l’imputato per il reato di omicidio doloso, la Corte d’Assise d’appello riqualificava il fatto in omicidio colposo per eccesso di legittima difesa, applicando, così, l’istituto di cui all’articolo 55 Codice Penale, nella sua formulazione antecedente alla riforma del 2019.

Avverso la sentenza di secondo grado, il difensore dell’imputato presentava ricorso per cassazione, chiedendo alla Suprema Corte, per quanto di interesse nella presente trattazione, l’applicazione della ‘nuova’ disciplina della legittima difesa domiciliare, sulla scorta della quale è ‘sempre’ proporzionato l’uso di un’arma legalmente detenuta per difendere l’incolumità propria o i propri beni (quando vi è pericolo di aggressione), o, quantomeno, della previsione di cui al neointrodotto comma 2 dell’articolo 55 Codice Penale, il quale esclude la punibilità del soggetto che, trovandosi in stato di minorata difesa o di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto, abbia ecceduto colposamente i limiti imposti dalla necessità della difesa.

Ambedue le richieste trovavano fondamento nella considerazione, certo condivisibile, che la Riforma apportata con Legge n. 36 del 2019 avesse introdotto, sul punto, una regolamentazione più favorevole della materia, in quanto tale suscettibile di applicazione retroattiva ai sensi dell’articolo 2, comma 4 Codice Penale.

 

3. La ‘nuova’ legittima difesa domiciliare di cui all’articolo 52, comma 2 del Codice Penale

Con riferimento al primo profilo, inerente alla applicabilità al caso di specie della scriminante della legittima difesa domiciliare di cui al novellato articolo 52, comma 2 Codice Penale, la Suprema Corte ha, innanzitutto, precisato come la struttura fondante della scriminante, cristallizzata nel primo comma dell’articolo citato, sia rimasta immutata nel tempo, continuando a postulare tre elementi costitutivi: il pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui, la necessità della reazione difensiva e la proporzione tra la difesa e l’offesa.

Coerentemente, l’interpolazione del disposto normativo di cui al comma 2 (introdotto con Legge. n. 59 del 2006), con l’aggiunta dell’avverbio ‘sempre’, lungi dal modificare i connotati della causa di giustificazione, ha un significato meramente ‘rafforzativo’ della presunzione di sussistenza del rapporto di proporzione tra difesa ed offesa, per l’ipotesi in cui le reazioni difensive vengano poste in essere contro chi commetta fatti di violazione di domicilio ai sensi dell’articolo 614, comma 1 e comma 2 Codice Penale (a cui vengono equiparati i fatti avvenuti “all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale” di cui al comma 3 dell’articolo 52 Codice Penale).

Con la conseguenza che la presunzione continua ad investire un solo requisito normativo (la proporzione), senza escludere la necessità di accertamento degli altri elementi costitutivi che rendono la reazione difensiva legittima e cioè l’attualità dell’offesa e la necessità della reazione al fine di difendere l’incolumità propria o altrui ovvero i propri o gli altrui beni, limitatamente alle ipotesi in cui vi sia un pericolo concreto che l’offesa attuale ai beni possa trasmodare in aggressione alla persona.

D’altro canto, tale interpretazione è l’unica che appare conforme agli autorevoli approdi cui sono giunte la Corte costituzionale e, financo, la Corte EDU, le quali hanno precisato, rispettivamente, come la causa di giustificazione de qua postuli la reazione ad un’offesa in atto, non essendo invece configurabile quando al momento del fatto la stessa sia stata esaurita e l’agente intenda soltanto reagire alla minaccia di un male futuro ed eventuale (cfr. Corte cost., sent. 23.5.1990, n. 278) e come la reazione difensiva sia da ritenersi giustificata soltanto se “assolutamente necessaria” per garantire la difesa delle persone attinte da una violenza ingiusta (cfr. Corte EDU, Sez. IV, 25.8.2009, Giuliani e Gaggio c. Italia).

Sulla sorta delle suesposte valutazioni, la Suprema Corte ha escluso l’operatività, nel caso di specie, della causa di esclusione della antigiuridicità del fatto, proprio per la carenza di quei requisiti normativi il cui accertamento è tuttora richiesto, nonostante la suggestione esercitata dall’avverbio ‘sempre’. L’allontanamento dell’aggressore, infatti, aveva determinato lo scemare del pericolo di aggressione, il quale, non essendo più attuale, faceva venir meno la necessità di una siffatta reazione difensiva.

 

4. L’eccesso colposo in legittima difesa di cui all’articolo 55, comma 2 del Codice Penale

Passando ora in rassegna il secondo profilo, attinente alla applicabilità del neointrodotto comma 2 dell’articolo 55 Codice Penale, la Suprema Corte ha precisato come lo stesso delinei una nuova causa di non punibilità, applicabile anche ai fatti pregressi quale legge più favorevole ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2, comma 4 Codice Penale, e non una nuova causa di giustificazione. Si tratta, quindi, “di una situazione che, inserendosi nell’ambito di applicazione di una scriminante esistente, esclude la soggettiva imputabilità all’agente di condotte antigiuridiche colpose rispetto alle quali sia già stata accertata la violazione di una regola cautelare”.

Nello specifico, la causa di non punibilità codificata al comma 2 dell’articolo 55 Codice Penale si riferisce ai casi di legittima difesa domiciliare di cui all’articolo 52, comma 2 e comma 3 Codice Penale, nonché alla nuova previsione di cui al comma 4 del medesimo articolo (ai sensi del quale “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”) e trova applicazione quando il soggetto viola i limiti imposti dalla necessità della reazione difensiva a tutela della propria o altrui incolumità, agendo in stato di minorata difesa ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.

Con riguardo alla prima condizione, è disvelato dalla Suprema Corte l’evidente paradosso per cui le situazioni di minorata difesa dell’imputato-vittima dell’aggressione, che ne determinano la non punibilità, vengono tratte da una disposizione che assolve alla funzione opposta di aggravare la responsabilità dell’autore del fatto, quale è l’articolo 61, n. 5) Codice Penale. Ad ogni modo, le circostanze da valorizzare, pur a tale diverso fine, sono quelle “di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”, le quali si suppone impediscano alla vittima di opporre la reazione difensiva che ci si sarebbe attesi, sulla base di un giudizio ex ante, da un agente modello razionale, sottoposto alla medesima aggressione, ma in assenza delle suddette condizioni, giustificandone così la non punibilità.

Quanto, invece, al ‘grave turbamento’, prodotto dalla situazione di pericolo in atto, il Legislatore ha inteso valorizzare connotazioni emotive che di norma non rilevano ai fini della responsabilità penale (si veda l’articolo 90 Codice Penale, a mente del quale “gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità”). In proposito, la Suprema Corte, al fine di supplire alle difficoltà ricostruttive di un elemento psicologico interno all’agente, ha precisato che il medesimo debba essere valutato alla luce di parametri oggettivi, estrinsecatisi nella realtà fenomenica esterna, quali, ad esempio, “la maggiore o minore lucidità e freddezza che hanno contraddistinto l’azione difensiva, anche nei momenti ad essa immediatamente precedenti e successivi”.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto di accogliere il motivo di doglianza sul punto formulato dalla difesa, annullando con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione circa la sussistenza della neointrodotta causa di non punibilità di cui all’articolo 55, comma 2 Codice Penale

 

5. Una breve valutazione conclusiva

Conclusivamente, può osservarsi come la pronuncia della Suprema Corte abbia il pregio di delineare il perimetro applicativo della Riforma di cui alla Legge n. 36 del 2019, aiutando l’interprete a comprendere la nuova fisionomia assunta dagli istituti della legittima difesa c.d. domiciliare e dell’eccesso colposo in legittima difesa.

In particolare, è apparso evidente come, se la modifica apportata al comma 2 dell’articolo 52 Codice Penale si è risolta in una interpolazione per così dire ‘estetica’, che nulla ha mutato nel precetto codificato dal Legislatore del 2006, l’introduzione del nuovo comma 2 dell’articolo 55 Codice Penale abbia mutato in modo incisivo i connotati dell’eccesso colposo in legittima difesa, aprendo a problemi di accertamento in concreto di non facile risoluzione, soprattutto per quanto riguarda la situazione di chi abbia commesso il fatto in stato di ‘grave turbamento’.

Ora non ci resta che attendere le successive pronunce, auspicando una presa di posizione anche in relazione al neointrodotto comma 4 dell’articolo 52 Codice Penale, in relazione al quale i problemi interpretativi risulteranno ancora più spinosi.