x

x

La vita privata dell’avvocato ha rilevanza deontologica?

Prospettive
Ph. Fabio Toto / Prospettive

Le condotte che non riguardano l’esercizio della professione assumono valenza deontologica? La sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. fa stato nel giudizio disciplinare per quanto attiene l’accertamento del fatto?

 

L’avvocato è tenuto ad avere un comportamento rispettoso degli elementari doveri di probità, dignità e decoro anche al di fuori dell’esercizio della professione.

In materia disciplinare la condotta dell’avvocato anche se non notoria e non riguardante l’esercizio della professione assume valenza deontologica.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense n. 81 del 24 giugno 2020 ha stabilito che: “Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull’attività professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l’immagine dell’avvocato risulta compromessa agli occhi dei terzi diretti interessati”.

Nel caso esaminato, l’avvocato si era appropriato del portafogli di un terzo, che lo aveva lasciato, momentaneamente dimenticato, nell’ingresso dell’ufficio della Procura della Repubblica.

In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due. Il testo della decisione:

La (potenziale) rilevanza deontologica della vita privata del professionista – Codice Deontologico Forense (codicedeontologico-cnf.it)

L’esame della decisione n. 81 del 24 giugno 2020 ci permette di sottolineare due ulteriori principi.

Il primo aspetto è inerente alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex artt. 444 e 445, comma 1 c.p.p. che è destinata a fare stato ai sensi dell’art. 653, comma 1 bis c.p.p., nel giudizio disciplinare per quanto attiene all’accertamento del fatto, alla sua estrinsecazione soggettiva ed oggettiva, nonché alla responsabilità dell’incolpato in ordine alla sua commissione.

Il secondo aspetto è che il nuovo Codice Deontologico Forense è informato al principio della tipizzazione della condotta disciplinarmente rilevante, “per quanto possibile” (art. 3, co. 3, L. 247/2012), poiché la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti i comportamenti (anche della vita privata) costituenti illecito disciplinare non ne consente una individuazione dettagliata, tassativa e non meramente esemplificativa. Conseguentemente, la mancata “descrizione” di uno o più comportamenti e della relativa sanzione non genera l’immunità, ma impone l’applicazione dell’art. 21 del nuovo CDF secondo il quale: i) oggetto della valutazione degli Organi giudicanti deve essere il comportamento complessivo dell’incolpato; ii) le sanzioni debbono essere adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa, e vanno quindi scelte ed inflitte fra quelle previste dal successivo art. 22.