L’anno nero nelle carceri italiane tra suicidi e sovraffollamento

L’anno nero nelle carceri italiane tra suicidi e sovraffollamento
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L’anno nero nelle carceri italiane tra suicidi e sovraffollamento

Non potrà esserci Speranza senza Misericordia

 

La drammatica situazione delle carceri è una delle criticità più evidenti del 2024: 89 suicidi tra i detenuto e 7 suicidi tra gli Agenti, un sovraffollamento mai così drammatico prima d’ora (148%), tra esubero di detenuti e vetustà degli edifici a cui si unisce la carenza cronica del personale, e la mancanza di una concreta politica di reinserimento costituzionalmente ispirata.

I dati aggiornati al 16 dicembre 2024 riferiscono di un affollamento medio effettivo arrivato al 132,6% (62.153 persone detenute, a fronte di una capienza effettiva di circa 47.000 posti). Con picchi del «225% a Milano San Vittore, 205% a Brescia Canton Monbello, 200% a Como e a Lucca, 195% a Taranto e a Varese del 194%»: «ormai sono gli 59 istituti con un tasso di affollamento superiore al 150%». Alla fine del 2023, scrive Antigone, «i detenuti erano 60.166, circa 2.000 in meno di oggi e da allora i posti detentivi effettivamente disponibili sono diminuiti significativamente». Evidentemente nulla ha potuto il commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria Marco Doglio nominato tre mesi fa. Spiega infatti il rapporto, numeri alla mano, che se nelle carceri italiane si contano oggi mille posti disponibili in più rispetto al 2016 – ma con 8 mila detenuti in più – «da quando è entrato in carica questo governo, la capienza effettiva è ulteriormente diminuita», perché sono aumentati i posti da sottrarre alla capienza regolamentare per inagibilità o manutenzioni.

Il Governo  Meloni con il Ddl Sicurezza ha introdotto ulteriori e aggiuntivi 16 mila anni di carcere contro persone, già detenute, alle quali sarà peraltro escluso l’accesso alle misure alternative, una politica carceraria che si  muove nell’esatto opposto di quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione e dall’Ordinamento Penitenziario vigente che nel corso degli anni pur avendo subito svariati rimaneggiamenti appare come l’ultimo baluardo per ostacolare il “buttiamo le chiavi”.

Alla totale mancanza di una politica della accoglienza e del reinserimento si somma da un lato una assoluta mancanza di cultura riabilitativa della pena e dall’altro l0iadeguatezza delle strutture penitenziare pensate e realizzate su un modello punitivo che va contro ogni logica di dignità. E non si invochi il diritto delle vittime e la certezza della pena che altro significano non certo che la pena debba essere sofferenza afflittiva. La certezza della pena si deve coniugare con la certezza dell’opera riabilitativa, se così non è (come in effetti stanno le cose) siamo difronte ad una palese mancata attuazione del dettato costituzionale. Il diritto al risarcimento è garantito se garantiamo ai responsabili del reato di porsi nelle condizioni (in primis con il lavoro) di risarcire, diversamente il risarcimento finisce con l’essere uno sterile occhio per occhio, ossi ala soddisfazione di infliggere sofferenza al reo nella illusoria convinzione che ciò allevi la sofferenza della vittima…la quale inesorabilmente si ritrova sola con la propria condizione di dolore. Dal dolore non può che scaturire dolore.

Da quando si è insediato nel 2022, il governo Meloni ha sempre sventolato una ricetta per la risoluzione del sovraffollamento e delle problematiche strutturali delle carceri: costruirne di nuovi, per ampliare i posti e avere strutture più moderne. In realtà, come denuncia Antigone, tra il 2022 e il 2024 la capienza penitenziaria italiana non solo non è aumentata, ma è addirittura diminuita, visto che sono aumentati gli spazi inagibili: a luglio 2022 erano 3.665, mentre oggi sono 4.462. “L’incuria, il sovraffollamento e gli incidenti che si registrano in continuazione rendono gli spazi sempre più invivibili”, sottolinea Antigone.

Non bastasse, è salito anche il numero di detenuti. Le norme dell'esecutivo in carica, secondo Antigone, avrebbero giocato un ruolo di primi piano. Dal decreto Rave al reato di rivolta penitenziaria, passando per il decreto Caivano e l’ultimo Codice della strada, la filosofia dell’esecutivo è quella dell’inasprimento delle pene e della creazione di nuovi reati, che hanno contribuito e contribuiranno ad aumentare la popolazione carceraria. Un esempio molto chiaro in questo senso è proprio quello del decreto Caivano, che ha aumentato la custodia cautelare per i minorenni e aggravato le pene per il possesso di droga. Il risultato è che se nel 2022, anno dell’insediamento dell'esecutivo, i detenuti nelle carceri minorili erano 392, nel settembre 2024 erano saliti fin quasi a 600. Un aumento vicino al 50 per cento.

Antigone chiede un cambio di direzione al Goverso, che privilegi investimenti e politiche di recupero mirate rispetto a nuove carceri e nuove pene. In primis:  Il lavoro e le misure alternative alla detenzione. “La speranza è che il governo faccia marcia indietro nei propositi più repressivi e duri. La speranza è che si investa in percorsi di reinserimento sociale senza trasformare il carcere  in luogo di vendetta. La speranza è che le condizioni drammatiche di detenzione siano superate da politiche attente, che guardino alla dignità della persona e a una pena che poggi pienamente sul dettato costituzionale”, è l’appello di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.

La situazione è drammatica al punto che il Papa si è spinto ad un gesto estremo, levando un grido alto che speriamo non rimanga inascoltato. Nell’aprire l’anno giubilare Papa Francesco ha voluto neppure tanto simbolicamente aprire una seconda porta sanata a Roma, al carcere di Rebibbia.

La Porta giubilare di Rebibbia simbolicamente rappresenta tutte le carceri del mondo. Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo parla dei segni di speranza e tra di essi c’è proprio questa attenzione verso coloro che vivono all’interno degli istituti

penitenziari. Nelle carceri si vive una grande attesa per il Giubileo e, come suggerisce il titolo della bolla pontificia, “la speranza non delude”: se poniamo la speranza sugli uomini, purtroppo, però, la speranza ci potrà deludere.

Il Papa spiegando il gesto della apertura della Porta a Rebibbia si è rivolto ai responsabili di Governo e ai capi di stato del mondo esortandoli a coltivare la Speranza, a coltivarla con gesti concreti, sottolineando  l’importanza del prendersi cura dei detenuti e del loro reinserimento sociale. “in ogni angolo della terra i credenti, specialmente i Pastori, si facciano interpreti di tali istanze, formando una voce sola che chieda con coraggio condizioni dignitose per chi è recluso” . Nella bolla  Spes non Confundit, Papa Francesco propone ai Governi che si assumano iniziative che restituiscano la speranza, come “forme di amnistia” o “di condono della pena” volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società, a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi. E’ un richiamo antico e permette con tutto il suo valore sapienziale nell’invocare atti di clemenza e di liberazione che permettano di ricominciare.

Il ministro Nordio ha escluso che amnistia e indulto possano essere strumenti adeguati per affrontare l’emergenza del sovraffollamento carcerario. Secondo il ministro, tali provvedimenti potrebbero essere interpretati come un segnale di debolezza e incentivare la prospettiva dell’impunità: “Amnistia e indulto sono plausibili come segno di forza e magnanimità, ma se usati come strumenti emergenziali diventano un invito alla commissione di nuovi reati”.

Nordio ha sottolineato l’importanza di umanizzare la pena, favorendo il lavoro, l’attività sportiva e culturale all’interno delle carceri, ma senza rinunciare alla certezza del diritto.

Il governo sta lavorando su un piano articolato per affrontare il problema del sovraffollamento. Tra le misure principali: Creazione di strutture per detenuti senza domicilio: Nordio ha proposto la realizzazione di condomini dedicati agli stranieri senza fissa dimora, dove scontare gli arresti domiciliari con controlli periodici.

Accordi con i Paesi d’origine: si punta a rimpatriare i detenuti stranieri per far espiare loro le pene nei rispettivi Paesi, attraverso specifici accordi bilaterali.

Riduzione della carcerazione preventiva: enfatizzare la presunzione di innocenza potrebbe portare a una riduzione di circa 18mila detenuti in attesa di giudizio.

Il piano prevede anche pene alternative per i reati legati alla tossicodipendenza, con un maggiore coinvolgimento delle comunità terapeutiche e della Chiesa

Un altro pilastro della strategia governativa è la ristrutturazione degli edifici penitenziari. Il commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, Marco Doglio, sta lavorando a un progetto esecutivo per ristrutturare carceri esistenti e adattare edifici compatibili con la detenzione. Nordio ha garantito che i risultati saranno visibili “entro un tempo ragionevole”.

Le parole del Papa hanno acceso i riflettori su un tema complesso, ma il governo insiste sull’importanza di bilanciare umanità e certezza del diritto per affrontare in modo strutturale il problema delle carceri in Italia.

E nel frattempo che tutto ciò possa concretizzarsi ?

Ricordiamo che a giugno il Ministro ed il Governo approvarono il decreto Carceri contro il sovraffollamento assicurando che già a settembre si sarebbero visti i primi risultati: non solo non si sono visti i risultati ma la situazione è peggiorata !

Belle ipotesi quelle enunciate, peccato che siano quelle che già sono scritte nell’ordinamento, ma il problema è realizzarle. Nel bilancio 2025  non si trovano fondi (eccettuati quelli del pnrr per l’edilizia penitenziaria) che possano consentire le azioni dichiarate, per le cooperazioni con le comunità servono i fondi per le convenzioni, per il lavoro servono i fondi per la formazione, e via di questo passo.

L’impressione è che Nordio ancora una volta parli per imbonire ma la verità è altra ed è drammatica.

In ogni caso, anche facendo un atto di fiducia verso le dichiarazioni ed i propositi del Ministro, la realizzazione di quanto prospettato richiede tempi medio lungi forse più di un anno: nel frattempo le persone in espiazione pena devono continuare  vivere in modo disumano e contrario a qualsiasi principio di dignità ?!

E’ evidente che quanto auspicato dal Papa debba trovare un compenetrazione univoca, da un  lato si pongono in atto gli strumenti enunciati dall’altro simultaneamente si alleggeriscono le condizioni, anche se necessario con atti di clemenza, magari una clemenza non generalizzata bensì ancorata a criteri di valutazione (condotta – percorso – raggiungimento anticipato di una condizione di risocializzazione – grado di risarcimento… )

Papa Francesco ricorda che l’uomo deve essere inquieto e pietra di inciampo, e se lungo il suo cammino vuole seminare speranza deve guidare contro le ingiustizie nel mondo. Nessuna vita è persa; i carcerati, come figli di Dio, hanno diritto a una possibilità di riconversione e di reinserimento sociale. E’ questa l’immagine dell’universalità della Chiesa, sempre pronta ad abbracciare tutti. “ La Salvezza non è soltanto per alcuni, non è uno spettacolo meramente folkloristico e mediatico, solenne e fine a sé stesso”.

Tutti abbiamo diritto alla speranza, al di là di ogni storia e di ogni errore o fallimento. Possiamo e dobbiamo superare la disperazione e ricominciare, per questo insieme alla speranza occorre la misericordia, quel sentimento di compassione per l’infelicità altrui, che spinge ad agire per alleviarla, sentimento di pietà che muove a soccorrere, a perdonare, a desistere da una punizione;  atteggiamenti che il Ministro Nordio ed il Governo, in spregio al richiamo del pontefice e sordi alle condizioni oggettive di disumanità perpetrata dallo stato in violazione del dettato costituzionale, rifuggono ostinatamente.