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L’applicazione del principio di accessione ed il rispetto delle norme edilizie

Abstract

L’autrice, traendo uno spunto di discussione da una recente sentenza della Corte di Cassazione, esamina i limiti all’applicazione del principio di accessione imposti dalle norme in materia di edilizia.

1. La nozione di accessione in breve

Il proprietario del suolo, in forza del principio generale espresso dall’articolo 934 del codice civile, acquista, a titolo originario, qualunque piantagione, costruzione od opera insistente sopra o sotto il medesimo suolo.

Può accadere che le costruzioni e le piantagioni vengano attratte al suolo divenendo parti integranti di quest’ultimo, così pure può capitare che l’occupazione di una porzione di suolo altrui (fatta da un terzo in buona fede nel corso dei lavori di costruzione di un proprio edificio) determini un’attrazione inversa, facendo divenire la porzione di suolo occupata parte integrante del fabbricato ivi edificato (accessione invertita).

Le varie fattispecie definite e disciplinate dagli articoli 935, 936, 937 e 938 del codice civile, che in questa sede non è possibile esaminare nel dettaglio, presentano tra loro un comune denominatore nella forza attrattiva dell’accessione che si produce in assenza di qualunque partecipazione attiva, in termini di volontà, ad opera del proprietario del suolo.

L’accessione in questi termini rappresenta una forma di espansione automatica del diritto di proprietà.

Questo automatismo nell’acquisto, non derivativo, della proprietà può essere escluso soltanto se il titolo (quale può essere ad esempio un atto, un contratto, una sentenza etc.) o la legge (ad esempio quella in materia di edilizia) prevedono diversamente.

2. L’atto traslativo della proprietà immobiliare ed il principio di accessione

Ai fini di questo discorso, si vuole prendere in considerazione un solo caso specifico di accessione che appare utile ad introdurre la questione dei limiti imposti dalla legge in materia di edilizia all’esplicarsi di questo fenomeno.

Consideriamo, pertanto, l’ipotesi in cui l’atto di vendita della piena proprietà di un fondo non preveda in maniera espressa il contestuale trasferimento del diritto di proprietà relativo al fabbricato ivi edificato.

In un caso come questo, il giurista è chiamato a svolgere, nella sua veste di interprete, il compito, peraltro non sempre facile, di indagare la reale volontà delle parti ed accertare il contenuto dell’atto alla luce dei principi e servendosi dei metodi di interpretazione del contratto indicati dagli articoli 1362 e seguenti del codice civile.

Quando il contratto, nel suo insieme, esprime in modo oggettivo la volontà delle parti di alienare ed acquistare la piena proprietà di un certo fondo, senza previsione di limiti e senza alcuna riserva espressa di un qualsivoglia diritto in capo all’alienante, all’interprete non resta che affermare che il trasferimento del fondo importa anche la cessione della proprietà di tutto ciò che vi si trova incorporato.

L’orientamento interpretativo che emerge dalla sentenza n.24679, emessa in data 21 novembre 2006 dalla Corte di Cassazione - II sezione civile, segue proprio questa direzione (per i precedenti orientamenti conformi si vedano le sentenze n.21585 del 7 novembre 2005, n.4623 del 27 marzo 2003 e n.7583 del 17 luglio 1999).

La forza dell’accessione, secondo la Suprema Corte, si estrinseca in modo immediato, pertanto, non appena la costruzione viene ad esistenza si verifica necessariamente l’acquisto della medesima in capo al proprietario del suolo.

Tuttavia il proprietario ha la possibilità di modificare il destino giuridico dei due beni, (suolo e fabbricato), mediante il titolo traslativo con cui ne dispone, ed in questo caso specifico con l’atto di vendita. Il nostro ordinamento, infatti, consente alle parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, di decidere se disporre, o meno, della proprietà del fondo, in modo separato, rispetto a quella della costruzione che vi si trova incorporata (ad esempio attraverso la costituzione di un diritto di superficie ex articolo 952 c.c).

Tale intenzione deve però manifestarsi concretamente in un chiaro atto di volontà che nel contratto deve tradursi, perlomeno, nell’apposizione di una clausola mediante la quale l’alienante si riserva espressamente il diritto che meglio concretizza il suo volere, altrimenti la forza del principio generale dell’accessione dovrà necessariamente prevalere.

Detto orientamento nelle sue linee generali deve essere pienamente condiviso, ma non bisogna dimenticare che la capacità di espansione della proprietà mediante l’istituto dell’accessione incontra anche alcuni limiti di legge riscontrabili, ad esempio, nelle disposizioni in materia di edilizia.

3. Nelle norme in materia di edilizia un limite alla forza espansiva della proprietà per accessione

Negli atti di trasferimento (o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali) aventi ad oggetto edifici o loro parti, stipulati dopo il 17 marzo 1985, è infatti obbligatorio per l’alienante dichiarare gli estremi del permesso di costruire (licenza, concessione edilizia), della denuncia di inizio attività o del permesso in sanatoria (ai sensi dell’articolo 46 del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380), mentre per gli edifici costruiti in data antecedente al 1 settembre 1967, l’alienante deve rendere in atto una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante detta situazione (ai sensi dell’articolo 40 della Legge 28 febbraio 1985, n.47).

L’omissione delle menzioni urbanistiche obbligatorie previste dalle citate norme determina l’irrogazione di una sanzione non poco rilevante: la nullità dell’atto stipulato.

La legislazione vigente in materia, da un lato, lascia alle parti la possibilità di confermare, in un secondo momento, l’atto nullo mediante la stipulazione di un atto successivo avente la stessa forma del primo, ma, dall’altro, consente ciò sotto la condizione inderogabile che la mancata indicazione degli estremi sia dipesa da una causa diversa dalla insussistenza dei necessari permessi, concessioni e/o dichiarazioni.

A questo punto appare opportuno fare qualche breve considerazione circa il rapporto intercorrente tra l’acquisto della proprietà per accessione ed il rispetto delle norme edilizie.

Per chiarezza espositiva è necessario evidenziare, prima di tutto, che la sentenza della Corte di Cassazione, sopra citata, ha deciso relativamente ad un atto di trasferimento rogato prima dell’introduzione nel nostro ordinamento delle norme in materia di edilizia, per questo motivo in essa non si trova alcun riferimento agli effetti dell’accessione in presenza di violazioni di tali norme.

Quindi da un lato, è utile ribadire, ancora una volta, che il trasferimento della proprietà del suolo implica, per il generale principio di accessione, anche il trasferimento della proprietà delle costruzioni in esso incorporate, ma dall’altro, è bene precisare che, a far tempo dall’entrata in vigore delle citate norme edilizie, non tutte le costruzioni possono essere oggetto di un trasferimento implicito per il solo fatto di essere unite al suolo per accessione.

Infatti, come si è avuto modo di vedere in precedenza, se la mancata menzione dell’esistenza della costruzione e dei relativi estremi del permesso di costruire (permesso in sanatoria, dichiarazione di inizio attività etc.) è dipesa da un mero errore materiale sarà sempre possibile porre rimedio all’omissione mediante la stipulazione di un atto di conferma successivo. Nel caso in cui, invece, la costruzione è il risultato di un’opera totalmente abusiva a nulla vale stipulare un atto di trasferimento del suolo su cui la stessa insiste, nella vana speranza di ottenere automaticamente anche l’alienazione della proprietà della costruzione. L’atto stipulato (in frode alla legge) infatti resterà nullo in modo del tutto irrimediabile.

Se si dovesse ammettere il contrario, l’applicazione del principio di accessione costituirebbe una facile via da percorrere per conseguire l’elusione di norme edilizie imperative e di conseguenza per rendere irrazionale l’utilizzo della proprietà privata.

L’interesse del singolo proprietario ad edificare sul proprio fondo è, infatti, tutelato nell’ambito ed entro i limiti dettati dalla normativa e dalla pianificazione urbanistico - edilizia, le quali devono tenere in giusta considerazione non solo le esigenze del singolo ma anche gli interessi dell’intera collettività al fine di garantire in modo adeguato ed efficace la sicurezza, l’igiene, la salvaguardia del territorio etc.

Alla luce di quanto sopra, si può quindi concludere che l’applicazione del principio di accessione incontra, tra i vari limiti imposti dalla legge (oltreché dal titolo) anche quelli sanciti dalle disposizioni normative in materia di edilizia.



Bibliografia

Cervelli Stefania, I diritti reali, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano 2001, p. 55 ss.; p. 80 ss.;

Diener Maria Cristina, Il contratto in generale, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano 2002, p. 467 ss.;

Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, 10 settembre 2003, n. 4673/A, 16 dicembre 1997 n.998.

Abstract

L’autrice, traendo uno spunto di discussione da una recente sentenza della Corte di Cassazione, esamina i limiti all’applicazione del principio di accessione imposti dalle norme in materia di edilizia.

1. La nozione di accessione in breve

Il proprietario del suolo, in forza del principio generale espresso dall’articolo 934 del codice civile, acquista, a titolo originario, qualunque piantagione, costruzione od opera insistente sopra o sotto il medesimo suolo.

Può accadere che le costruzioni e le piantagioni vengano attratte al suolo divenendo parti integranti di quest’ultimo, così pure può capitare che l’occupazione di una porzione di suolo altrui (fatta da un terzo in buona fede nel corso dei lavori di costruzione di un proprio edificio) determini un’attrazione inversa, facendo divenire la porzione di suolo occupata parte integrante del fabbricato ivi edificato (accessione invertita).

Le varie fattispecie definite e disciplinate dagli articoli 935, 936, 937 e 938 del codice civile, che in questa sede non è possibile esaminare nel dettaglio, presentano tra loro un comune denominatore nella forza attrattiva dell’accessione che si produce in assenza di qualunque partecipazione attiva, in termini di volontà, ad opera del proprietario del suolo.

L’accessione in questi termini rappresenta una forma di espansione automatica del diritto di proprietà.

Questo automatismo nell’acquisto, non derivativo, della proprietà può essere escluso soltanto se il titolo (quale può essere ad esempio un atto, un contratto, una sentenza etc.) o la legge (ad esempio quella in materia di edilizia) prevedono diversamente.

2. L’atto traslativo della proprietà immobiliare ed il principio di accessione

Ai fini di questo discorso, si vuole prendere in considerazione un solo caso specifico di accessione che appare utile ad introdurre la questione dei limiti imposti dalla legge in materia di edilizia all’esplicarsi di questo fenomeno.

Consideriamo, pertanto, l’ipotesi in cui l’atto di vendita della piena proprietà di un fondo non preveda in maniera espressa il contestuale trasferimento del diritto di proprietà relativo al fabbricato ivi edificato.

In un caso come questo, il giurista è chiamato a svolgere, nella sua veste di interprete, il compito, peraltro non sempre facile, di indagare la reale volontà delle parti ed accertare il contenuto dell’atto alla luce dei principi e servendosi dei metodi di interpretazione del contratto indicati dagli articoli 1362 e seguenti del codice civile.

Quando il contratto, nel suo insieme, esprime in modo oggettivo la volontà delle parti di alienare ed acquistare la piena proprietà di un certo fondo, senza previsione di limiti e senza alcuna riserva espressa di un qualsivoglia diritto in capo all’alienante, all’interprete non resta che affermare che il trasferimento del fondo importa anche la cessione della proprietà di tutto ciò che vi si trova incorporato.

L’orientamento interpretativo che emerge dalla sentenza n.24679, emessa in data 21 novembre 2006 dalla Corte di Cassazione - II sezione civile, segue proprio questa direzione (per i precedenti orientamenti conformi si vedano le sentenze n.21585 del 7 novembre 2005, n.4623 del 27 marzo 2003 e n.7583 del 17 luglio 1999).

La forza dell’accessione, secondo la Suprema Corte, si estrinseca in modo immediato, pertanto, non appena la costruzione viene ad esistenza si verifica necessariamente l’acquisto della medesima in capo al proprietario del suolo.

Tuttavia il proprietario ha la possibilità di modificare il destino giuridico dei due beni, (suolo e fabbricato), mediante il titolo traslativo con cui ne dispone, ed in questo caso specifico con l’atto di vendita. Il nostro ordinamento, infatti, consente alle parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, di decidere se disporre, o meno, della proprietà del fondo, in modo separato, rispetto a quella della costruzione che vi si trova incorporata (ad esempio attraverso la costituzione di un diritto di superficie ex articolo 952 c.c).

Tale intenzione deve però manifestarsi concretamente in un chiaro atto di volontà che nel contratto deve tradursi, perlomeno, nell’apposizione di una clausola mediante la quale l’alienante si riserva espressamente il diritto che meglio concretizza il suo volere, altrimenti la forza del principio generale dell’accessione dovrà necessariamente prevalere.

Detto orientamento nelle sue linee generali deve essere pienamente condiviso, ma non bisogna dimenticare che la capacità di espansione della proprietà mediante l’istituto dell’accessione incontra anche alcuni limiti di legge riscontrabili, ad esempio, nelle disposizioni in materia di edilizia.

3. Nelle norme in materia di edilizia un limite alla forza espansiva della proprietà per accessione

Negli atti di trasferimento (o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali) aventi ad oggetto edifici o loro parti, stipulati dopo il 17 marzo 1985, è infatti obbligatorio per l’alienante dichiarare gli estremi del permesso di costruire (licenza, concessione edilizia), della denuncia di inizio attività o del permesso in sanatoria (ai sensi dell’articolo 46 del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380), mentre per gli edifici costruiti in data antecedente al 1 settembre 1967, l’alienante deve rendere in atto una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante detta situazione (ai sensi dell’articolo 40 della Legge 28 febbraio 1985, n.47).

L’omissione delle menzioni urbanistiche obbligatorie previste dalle citate norme determina l’irrogazione di una sanzione non poco rilevante: la nullità dell’atto stipulato.

La legislazione vigente in materia, da un lato, lascia alle parti la possibilità di confermare, in un secondo momento, l’atto nullo mediante la stipulazione di un atto successivo avente la stessa forma del primo, ma, dall’altro, consente ciò sotto la condizione inderogabile che la mancata indicazione degli estremi sia dipesa da una causa diversa dalla insussistenza dei necessari permessi, concessioni e/o dichiarazioni.

A questo punto appare opportuno fare qualche breve considerazione circa il rapporto intercorrente tra l’acquisto della proprietà per accessione ed il rispetto delle norme edilizie.

Per chiarezza espositiva è necessario evidenziare, prima di tutto, che la sentenza della Corte di Cassazione, sopra citata, ha deciso relativamente ad un atto di trasferimento rogato prima dell’introduzione nel nostro ordinamento delle norme in materia di edilizia, per questo motivo in essa non si trova alcun riferimento agli effetti dell’accessione in presenza di violazioni di tali norme.

Quindi da un lato, è utile ribadire, ancora una volta, che il trasferimento della proprietà del suolo implica, per il generale principio di accessione, anche il trasferimento della proprietà delle costruzioni in esso incorporate, ma dall’altro, è bene precisare che, a far tempo dall’entrata in vigore delle citate norme edilizie, non tutte le costruzioni possono essere oggetto di un trasferimento implicito per il solo fatto di essere unite al suolo per accessione.

Infatti, come si è avuto modo di vedere in precedenza, se la mancata menzione dell’esistenza della costruzione e dei relativi estremi del permesso di costruire (permesso in sanatoria, dichiarazione di inizio attività etc.) è dipesa da un mero errore materiale sarà sempre possibile porre rimedio all’omissione mediante la stipulazione di un atto di conferma successivo. Nel caso in cui, invece, la costruzione è il risultato di un’opera totalmente abusiva a nulla vale stipulare un atto di trasferimento del suolo su cui la stessa insiste, nella vana speranza di ottenere automaticamente anche l’alienazione della proprietà della costruzione. L’atto stipulato (in frode alla legge) infatti resterà nullo in modo del tutto irrimediabile.

Se si dovesse ammettere il contrario, l’applicazione del principio di accessione costituirebbe una facile via da percorrere per conseguire l’elusione di norme edilizie imperative e di conseguenza per rendere irrazionale l’utilizzo della proprietà privata.

L’interesse del singolo proprietario ad edificare sul proprio fondo è, infatti, tutelato nell’ambito ed entro i limiti dettati dalla normativa e dalla pianificazione urbanistico - edilizia, le quali devono tenere in giusta considerazione non solo le esigenze del singolo ma anche gli interessi dell’intera collettività al fine di garantire in modo adeguato ed efficace la sicurezza, l’igiene, la salvaguardia del territorio etc.

Alla luce di quanto sopra, si può quindi concludere che l’applicazione del principio di accessione incontra, tra i vari limiti imposti dalla legge (oltreché dal titolo) anche quelli sanciti dalle disposizioni normative in materia di edilizia.



Bibliografia

Cervelli Stefania, I diritti reali, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano 2001, p. 55 ss.; p. 80 ss.;

Diener Maria Cristina, Il contratto in generale, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano 2002, p. 467 ss.;

Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, 10 settembre 2003, n. 4673/A, 16 dicembre 1997 n.998.