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Le sanzioni amministrative irrogate alla s.r.l. unipersonale possono essere richieste all’amministratore/socio unico

Ordinanze di Cassazione nn. 12334 e 12335 del 9 maggio 2019
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1. Premessa

2. Il sistema sanzionatorio in ambito tributario

3. Il caso

4. L’iter logico delle ordinanze nn. 12334 e 12335 del 9 maggio 2019

 

1. Premessa

 La Suprema Corte, in due recentissime ordinanze (Cass., ord. nn. 12334 e 12335 del 09.05.2019) ha statuito che, nel caso di una s.r.l. unipersonale in cui vi sia identità tra unico socio e amministratore, le sanzioni tributarie comminate alla società possono essere richieste direttamente all’amministratore e socio unico, qualora la violazione sia commessa nell’interesse personale dello stesso e non della società.

 

2. Il sistema sanzionatorio in ambito tributario

Il sistema sanzionatorio in ambito tributario, perlomeno nella sua formulazione iniziale, sanciva il criterio di personalizzazione della sanzione e, di conseguenza, l’istituto del concorso nelle violazioni.

L’Amministrazione Finanziaria, applicando tali “nuovi” criteri e in presenza di violazioni commesse sia da società sia da ditte individuali, ricercava l’eventuale responsabile materiale per irrogare a questi la sanzione.

È noto, nella prassi, che nelle imprese di più rilevanti dimensioni, molti degli obblighi previsti non sono materialmente a carico del legale rappresentante, quanto piuttosto a carico di figure intermedie all’interno dell’azienda.

Ne conseguiva che, in caso di violazioni, questi soggetti erano da sanzionare unitamente alla società o all’impresa.

Più nel dettaglio, giova evidenziare che in materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio, mutuato dal diritto penale, della responsabilità personale dell’autore della violazione, stabilito dall’articolo 2, comma 2 del D.lgs. n. 472/1997, secondo cui “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione”.

A tale principio, si affianca quanto disposto dall’articolo  11 del D.lgs. n. 472/1997, che prevede la responsabilità solidale delle società (con o senza personalità giuridica) nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione.

Tuttavia, in deroga ai principi suesposti, l’articolo 7 del D.L. n. 269/2003 ha statuito che“le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”.

Così, il D.L. n. 269/2003, con l’articolo 7, ha introdotto la sanzionabilità anche delle persone giuridiche; il predetto articolo ha disposto che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica. In conseguenza di tale modifica, l’onere sanzionatorio è a carico di un soggetto diverso rispetto a quello che ha effettivamente operato l’illecito.

La norma, come formulata prima della modifica del 2003, prevedeva in ogni caso l’irrogabilità di una sanzione in capo alla persona fisica che materialmente aveva commesso la violazione.

La nuova disposizione, invece, ha mitigato il principio di responsabilità che grava sul soggetto autore della violazione (amministratore, socio, eccetera), traslandola sul soggetto che ne ha tratto l’effettivo vantaggio (società).

Pertanto, laddove il beneficio fiscale sia inteso come le minori imposte conseguenti all’imponibile inferiore, è esclusivamente a vantaggio dell’ente e non produce alcun effetto sulla persona fisica, ma solo un minor onere in favore della società.

La ratio della disposizione sta proprio nel voler sanzionare il soggetto che ha effettivamente tratto il beneficio dalla violazione commessa e non chi ha adottato il comportamento illecito.

 

3. Il caso

Il principio ermeneutico elaborato dalla Suprema Corte nelle ordinanze in esame trae origine dalla notifica di alcuni avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una persona fisica, in qualità di legale amministratore pro tempore e socio unico di una S.r.l., aventi ad oggetto dei recuperi fiscali per Ires, Irap ed Iva per gli anni d’imposta 2004 e 2005, oltre interessi e sanzioni.

Nell’atto impositivo, l’Agenzia delle Entrate individuava la persona fisica come responsabile in solido con la società per le sanzioni tributarie, qualificando il soggetto come «autore materiale delle violazioni».

I ricorsi venivano incentrati, principalmente, sull’aspetto della richiesta personale vantata nei confronti del socio unico e amministratore, invocando la disciplina recata dall’articolo 7 del D.L. n. 269/2003 (Riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie), in base alla quale le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

I ricorsi del contribuente venivano rigettati dalla CTP di Salerno; il contribuente proponeva gli appelli dinanzi alla CTR della Campania che, nuovamente, li rigettava.

Avverso le sentenze di secondo grado, il contribuente proponeva i ricorsi per Cassazione.

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati per le ragioni che si esporranno di seguito.

 

4. L’iter logico delle ordinanze nn. 12334 e 12335 del 9 maggio 2019

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondata l’eccezione del contribuente relativa alla violazione e falsa applicazione dell’articolo11 del D.lgs. n. 472/1997, per avere la CTR ritenuto che il contribuente, nella veste di autore materiale delle violazioni, fosse tenuto al pagamento dell’imposta evasa dalla società che, invece, a dire del ricorrente, essendo dotata di autonoma personalità giuridica, doveva essere ritenuta l’unico soggetto passivo dell’imposta.

In particolare, i giudici di legittimità hanno ritenuto infondato predetto motivo, sottolineando che il giudice di seconde cure aveva rilevato che l’avviso di accertamento impugnato era stato notificato al ricorrente in qualità di legale rappresentante della società, nonché socio unico e amministratore della stessa, mentre le sanzioni gli erano state richieste “in proprio” quale autore delle violazioni.

Inoltre, il Supremo Consesso ha rigettato anche il motivo del ricorso per Cassazione del contribuente secondo cui è invalido l’avviso di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria con cui ha richiesto al ricorrente il pagamento di sanzioni non dovute, nella parte in cui la CTR lo ha ritenuto responsabile per il pagamento delle sanzioni dovute in violazione dell’articolo 7 del D.lgs. n. 269/2003,in base al quale le sanzioni relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

Sul punto, l’iter motivazionale e logico seguito dalla Suprema Corte giunge ad altre considerazioni, atteso che viene effettuata una valutazione sostanziale sull’effettivo “beneficiario” delle violazioni commesse.

Prima di elaborare il principio di diritto per il caso de quo, il Supremo Consesso ha chiarito il dato normativo in questione,

Più nel dettaglio, in materia di sanzioni amministrative tributarie (come visto nel paragrafo precedente) vige il principio, ripreso dal diritto penale, della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dall’articolo 2, comma 2 del D.lgs. n. 472/1997, secondo cui “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione”.

In deroga a tale principio, nonché in deroga all’articolo 11 del D.lgs. n. 472/1997, (che, si rammenta, prevede la responsabilità solidale della società -con o senza personalità giuridica- nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione), l’articolo 7 del D.L. n. 269 del 2003 ha disposto che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o di enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”.

L’interpretazione giuridica del dato normativo fornita dai giudici di legittimità nelle citate ordinanze è incentrata sul fatto che l'applicazione della norma di eccezione, indicata dal predetto articolo 7, presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell'interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata. Pertanto, solo in presenza di tale condizione, è giustificato il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l'autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica). Di converso,  nell’ipotesi in cui il beneficio effettivo delle violazioni possa individuarsi in capo alla persona fisica che abbia materialmente agito - che è palese   sia il ricorrente, nel caso di società unipersonale con il medesimo amministratore e socio unico - deve disapplicarsi la norma disciplinata dall'articolo 7 del D.L.n. 269/2003 citato, ripristinando la disciplina generale prevista nel testo unico che regola le sanzioni tributarie (articolo 2, comma 2, del D.lgs n. 472/1997), secondo cui la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione.

A ulteriore conferma di  tale conclusione, la Corte ha citato l’articolo11 del d.lgs. n. 472/1997, il quale dispone la responsabilità solidale della società senza personalità giuridica per le sanzioni amministrative irrogate a carico della persona fisica autrice della violazione, qualora la violazione sia stata commessa “nell’interesse” della società rappresentata o amministrata; da ciò si deduce, con un ragionamento “… a contrariis, che qualora la persona fisica autrice della violazione non abbia agito nell’interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale, non sussiste la responsabilità esclusiva della società dotata di personalità giuridica ex articolo 7 d.l. n. 269 del 2003, ma trova applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente  proprio (conformi le conclusioni di Sez. V  n. 28331/2018; Sez.V n. 592472017; Sez. V n. 19716/2013)”.

In conclusione, a parere del Supremo Consesso, il giudice di seconde cure si è attenuto al predetto principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità delle ordinanze in esame, ossia non si può applicare la norma di eccezione dell’articolo 7 citato ma il principio generale della riferibilità della sanzione alla persona fisica che ha commesso la violazione, atteso che dal compendio probatorio è emerso che “… la quasi totalità degli acquirenti degli immobili aveva evidenziato di aver effettuato pagamenti superiori a quelli dichiarati, non a favore della società venditrice G.D. ma a favore di A.D… il quale incassava parte delle somme scaturenti dalla vendita degli appartamenti invece di farli incassare dalla Società”.