Lo "stalking": lo stato dell’arte ed il disegno di legge del 18 giugno 2008

E’ sempre più oggetto delle cronache giornalistiche il fenomeno del c.d. “stalking”, termine che intende comprendere una variegata serie di atteggiamenti afflittivi di una persona nei confronti di altra, a mezzo di una persecuzione – fisica o morale – che giunge a compromettere il normale svolgimento della vita della vittima.

Lo stalking è stato ed è tuttora oggetto di copiosa giurisprudenza e, di recente, di uno schema di Disegno di Legge del Consiglio dei Ministri, con il quale si intenderebbe predisporre misure “tipiche” idonee a contrastare i fenomeni persecutori.

Chi può essere Stalker.

Lo stalking rappresenta un “reato comune”, ovvero realizzabile da chiunque: spesso è l’ex compagno di vita che non accetta la rottura di un rapporto affettivo, ma può anche essere un amico, un conoscente, un vicino di casa, un collega di lavoro, un compagno di classe o magari un estraneo incontrato per caso o un ammiratore “segreto”.

Nella maggior parte dei casi lo stalker è un uomo, ma ciò non esclude che possa anche essere di sesso opposto: non è infrequente che il soggetto abbia problemi di interazione sociale, o disturbi mentali, e che l’atteggiamento persecutorio abbia origine dalla convinzione di avere una relazione con l’altra persona o, magari, che perseguitando la vittima si possa instaurare con essa un rapporto sentimentale, imponendo la propria presenza ed insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una risposta negativa.

Le condotte che configurano lo “stalking”.

E’ difficile sintetizzare i comportamenti che possono configurare stalking. L’atteggiamento persecutorio si può manifestare in diversi modi: la giurisprudenza, in assenza – ad oggi - di una fattispecie ad hoc che reprime tale comportamento, ha cercato di delineare le condotte che possono configurare un illecito perseguibile[1].

La gamma delle condotte che possono essere qualificate come molestia assillante, pertanto, comprende, a titolo esemplificativo:

- raccolta di informazioni sulla vittima;

- appostamenti, pedinamenti o inseguimenti nei pressi del domicilio o degli ambienti (es.: luogo di lavoro), incontri “casuali” con la vittima nei luoghi da essa abitualmente frequentati;

- tentativi di comunicazione a mezzo di telefonate (oscene, mute o comunque indesiderate), lettere, biglietti, e-mail, sms, chat-lines, messaggi a casa, in ufficio o sull’auto, con fiori o oggetti non richiesti

- visite a sorpresa, violazione del domicilio a scopo di danneggiamento;

- graffiti, murales, scritte sui muri o atti vandalici con il danneggiamento di beni;

- rubare e leggere la corrispondenza della vittima, ordinare a nome di quest’ultima merci o servizi senza il suo consenso;

- minacce (scritte o verbali), aggressioni fisiche, ferimento o addirittura l’uccisione della vittima, di suoi familiari, amici o animali a lei cari.

Detti atteggiamenti, per essere qualificati come stalking, necessitano però di ulteriori requisiti:

- ovviamente, ed in linea con la necessaria sussistenza dell’elemento soggettivo negli illeciti civili penali, gli atti persecutori devono essere intenzionali;

- i comportamenti molesti devono essere “continuati”: devono in altri termini essere reiterati, insistenti (di giorno e/o di notte), perdurare per un intervallo di tempo (settimane, a volte mesi: secondo alcuni devono proseguire per almeno 4 settimane, e replicarsi per almeno una decina di episodi), in modo persistente e ossessivo. In caso contrario, il comportamento del molestatore potrà configurare eventualmente un altro reato o illecito, se ne contiene i requisiti sufficienti e necessari;

- da ultimo, le molestie devono essere indesiderate ed intrusive, ovvero creare nella vittima disagio – fisico o psicologico – e timore o ansia per la propria incolumità

La qualificazione giuridica della condotta di “stalking”.

Identificare le condotte – almeno quelle principali e oggetto di pronunce giurisprudenziali – che configurano lo “stalking”, è tempo di valutare le conseguenze giuridiche che a detti comportamenti persecutori possono conseguire.

Stante la estrema varietà di condotte persecutorie, le figure di reato che possono avere degli aspetti comuni allo stalking sono diverse, tra cui: violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570, c.p.), maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572, c.p.), percosse (art. 581, c.p.), lesione personale (art. 582, c.p.), ingiuria (art. 594, c.p.), diffamazione (art. 595, c.p.), i c.d. delitti sessuali (artt. 609 bis e ss. c.p.), violenza privata (art. 610, c.p.), minaccia (art. 612, c.p.), violazione di domicilio (art. 614, c.p.), danneggiamento (art. 635, c.p.), molestie o disturbo alle persone (art. 660, c.p.).

Qualora lo stalking si consumi in ambito familiare (anche di convivenza), la vittima della condotta pregiudizievole può inoltre utilizzare lo strumento – civilistico – degli “ordini di protezione” (artt. 342 bis e ter, c.c., introdotti con la Legge 04/04/2001, n. 154).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2113/08, ha concluso che integra il concetto di molestia il ripetuto e insistente inseguimento in macchina nei confronti della ex coniuge, per motivi di rivalsa, mentre con la sentenza n. 21273/07 ha ritenuto idonee a configurare il reato di cui all’art. 660 c.p. le telefonate costanti, anche se mute (e, con la sentenza n. 28680/04, l’invio di sms). Anche il corteggiamento insistente, caratterizzato da pedinamenti e continue telefonate, configura una condotta illecita (sentenza n. 6905/92).

Il Tribunale di Lecco (ordinanza cautelare del 10/06/2008), ha concluso che la condotta di stalking integra il delitto di violenza privata (art. 610, c.p.), e legittima l’applicazione della misura dell’obbligo di dimora nei confronti del soggetto attivo della condotta[2].

In sede civile, di particolare rilievo appare la recente sentenza della Corte di Appello di Bologna, che con sentenza 720/08 ha riconosciuto un risarcimento di Euro 56.000,00 a titolo di danno biologico e morale in favore di una donna che per 13 aveva ricevuto telefonate anonime a tutte le ore del giorno e della notte e lettere di minaccia per convincerla a cedere alle avances del suo molestatore[3].

Il Tribunale dei Minorenni di Bologna, con decreto del 21/12/2006, ha inoltre concluso che la condotta di stalking nei confronti della ex convivente, senza alcuna cura per le ripercussioni sulla figlia minore e senza alcun segnale di ravvedimento, comportano la decadenza dell’autore di tale condotta dalla potestà sulla figlia.

Il Disegno di Legge del 18/06/2008.

Il provvedimento del Consiglio dei Ministri intende introdurre nel codice penale l’art. 612 bis, rubricato “atti persecutori”), che punirebbe“chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita”.

La realizzazione di atti persecutori (salvo, ovviamente, “il fatto non costituisca più grave reato”) sarebbe punita con la reclusione da sei mesi a quattro anni, pena aumentata:

(i) (in misura non precisata) se il reato è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva;

(ii) fino alla metà, se il fatto è commesso ai danni di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339[4], c.p..

Il delitto è punito a querela della persona offesa, ma è prevista la perseguibilità di ufficio:

- nel caso delle circostanze aggravanti di cui sopra (cfr. (i) e (ii));

- quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio;

- quando il fatto è commesso da soggetto “ammonito”.

L’“ammonimento” rappresenta una forma preventiva di tutela della persona offesa, che fino a quando non ha proposto querela, potrebbe esporre i fatti al questore competente, il quale può – assunte eventuali informazioni dagli organi investigativi – appunto “ammonire” oralmente l’autore della condotta a tenere un comportamento conforme alla legge, e valutare "l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizionie".

Lo “stalking”, inoltre, configura una nuova circostanza aggravante anche per il reato di omicidio, ed il Disegno di Legge de quo interviene anche:

- sul codice di procedura penale, in particolare in tema di misure cautelari;

- in ambito civile, prevedendo che in tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 342 bis e ter, c.c.), la durata massima dell’ordine di protezione sarebbe di 12 (anziché gli attuali 6) mesi, prorogabile solo per gravi motivi e per il tempo strettamente necessario.



[1] Cfr., a mero titolo di esempio, l’ordinanza cautelare del 10/06/2008 del Tribunale di Lecco, che ha ritenuto configurabile come grave persecuzione il comportamento di un ex fidanzato che ha costretto la ex fidanzata, con incessanti e gravi minacce telefoniche, e-mails e comunicazioni fatte a terze persone, a mutare le proprie abitudini di vita ed a vivere in uno stato di costante paura e terrore, limitandone in concreto la libertà di movimento e di relazione, costringendola - tra le altre cose - a non uscire di casa (se non per recarsi al lavoro), a cambiare ogni giorno la strada per andare sul posto di lavoro, a cambiare password di posta elettronica e utenza telefonica, a farsi scortare da investigatori privati e guardie del corpo.

[2] Il provvedimento è disponibile sul sito www.praticantidiritto.it. Secondo il Tribunale di Lecco vessazioni del genere, per la loro natura e per le reiterazione nel tempo, non si limitano a mere molestie, ma implicano una reale e concreta compressione delle libertà personale della vittima.

[3] Un commento alla sentenza è presente sul numero de Il Resto del Carlino del 23/10/2008. In sede penale l’uomo aveva patteggiato una pena di due mesi, poi sospesa.

[4] In sintesi, l’aumento di pena è previsto se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte, o ancora nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici.

E’ sempre più oggetto delle cronache giornalistiche il fenomeno del c.d. “stalking”, termine che intende comprendere una variegata serie di atteggiamenti afflittivi di una persona nei confronti di altra, a mezzo di una persecuzione – fisica o morale – che giunge a compromettere il normale svolgimento della vita della vittima.

Lo stalking è stato ed è tuttora oggetto di copiosa giurisprudenza e, di recente, di uno schema di Disegno di Legge del Consiglio dei Ministri, con il quale si intenderebbe predisporre misure “tipiche” idonee a contrastare i fenomeni persecutori.

Chi può essere Stalker.

Lo stalking rappresenta un “reato comune”, ovvero realizzabile da chiunque: spesso è l’ex compagno di vita che non accetta la rottura di un rapporto affettivo, ma può anche essere un amico, un conoscente, un vicino di casa, un collega di lavoro, un compagno di classe o magari un estraneo incontrato per caso o un ammiratore “segreto”.

Nella maggior parte dei casi lo stalker è un uomo, ma ciò non esclude che possa anche essere di sesso opposto: non è infrequente che il soggetto abbia problemi di interazione sociale, o disturbi mentali, e che l’atteggiamento persecutorio abbia origine dalla convinzione di avere una relazione con l’altra persona o, magari, che perseguitando la vittima si possa instaurare con essa un rapporto sentimentale, imponendo la propria presenza ed insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una risposta negativa.

Le condotte che configurano lo “stalking”.

E’ difficile sintetizzare i comportamenti che possono configurare stalking. L’atteggiamento persecutorio si può manifestare in diversi modi: la giurisprudenza, in assenza – ad oggi - di una fattispecie ad hoc che reprime tale comportamento, ha cercato di delineare le condotte che possono configurare un illecito perseguibile[1].

La gamma delle condotte che possono essere qualificate come molestia assillante, pertanto, comprende, a titolo esemplificativo:

- raccolta di informazioni sulla vittima;

- appostamenti, pedinamenti o inseguimenti nei pressi del domicilio o degli ambienti (es.: luogo di lavoro), incontri “casuali” con la vittima nei luoghi da essa abitualmente frequentati;

- tentativi di comunicazione a mezzo di telefonate (oscene, mute o comunque indesiderate), lettere, biglietti, e-mail, sms, chat-lines, messaggi a casa, in ufficio o sull’auto, con fiori o oggetti non richiesti

- visite a sorpresa, violazione del domicilio a scopo di danneggiamento;

- graffiti, murales, scritte sui muri o atti vandalici con il danneggiamento di beni;

- rubare e leggere la corrispondenza della vittima, ordinare a nome di quest’ultima merci o servizi senza il suo consenso;

- minacce (scritte o verbali), aggressioni fisiche, ferimento o addirittura l’uccisione della vittima, di suoi familiari, amici o animali a lei cari.

Detti atteggiamenti, per essere qualificati come stalking, necessitano però di ulteriori requisiti:

- ovviamente, ed in linea con la necessaria sussistenza dell’elemento soggettivo negli illeciti civili penali, gli atti persecutori devono essere intenzionali;

- i comportamenti molesti devono essere “continuati”: devono in altri termini essere reiterati, insistenti (di giorno e/o di notte), perdurare per un intervallo di tempo (settimane, a volte mesi: secondo alcuni devono proseguire per almeno 4 settimane, e replicarsi per almeno una decina di episodi), in modo persistente e ossessivo. In caso contrario, il comportamento del molestatore potrà configurare eventualmente un altro reato o illecito, se ne contiene i requisiti sufficienti e necessari;

- da ultimo, le molestie devono essere indesiderate ed intrusive, ovvero creare nella vittima disagio – fisico o psicologico – e timore o ansia per la propria incolumità

La qualificazione giuridica della condotta di “stalking”.

Identificare le condotte – almeno quelle principali e oggetto di pronunce giurisprudenziali – che configurano lo “stalking”, è tempo di valutare le conseguenze giuridiche che a detti comportamenti persecutori possono conseguire.

Stante la estrema varietà di condotte persecutorie, le figure di reato che possono avere degli aspetti comuni allo stalking sono diverse, tra cui: violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570, c.p.), maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572, c.p.), percosse (art. 581, c.p.), lesione personale (art. 582, c.p.), ingiuria (art. 594, c.p.), diffamazione (art. 595, c.p.), i c.d. delitti sessuali (artt. 609 bis e ss. c.p.), violenza privata (art. 610, c.p.), minaccia (art. 612, c.p.), violazione di domicilio (art. 614, c.p.), danneggiamento (art. 635, c.p.), molestie o disturbo alle persone (art. 660, c.p.).

Qualora lo stalking si consumi in ambito familiare (anche di convivenza), la vittima della condotta pregiudizievole può inoltre utilizzare lo strumento – civilistico – degli “ordini di protezione” (artt. 342 bis e ter, c.c., introdotti con la Legge 04/04/2001, n. 154).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2113/08, ha concluso che integra il concetto di molestia il ripetuto e insistente inseguimento in macchina nei confronti della ex coniuge, per motivi di rivalsa, mentre con la sentenza n. 21273/07 ha ritenuto idonee a configurare il reato di cui all’art. 660 c.p. le telefonate costanti, anche se mute (e, con la sentenza n. 28680/04, l’invio di sms). Anche il corteggiamento insistente, caratterizzato da pedinamenti e continue telefonate, configura una condotta illecita (sentenza n. 6905/92).

Il Tribunale di Lecco (ordinanza cautelare del 10/06/2008), ha concluso che la condotta di stalking integra il delitto di violenza privata (art. 610, c.p.), e legittima l’applicazione della misura dell’obbligo di dimora nei confronti del soggetto attivo della condotta[2].

In sede civile, di particolare rilievo appare la recente sentenza della Corte di Appello di Bologna, che con sentenza 720/08 ha riconosciuto un risarcimento di Euro 56.000,00 a titolo di danno biologico e morale in favore di una donna che per 13 aveva ricevuto telefonate anonime a tutte le ore del giorno e della notte e lettere di minaccia per convincerla a cedere alle avances del suo molestatore[3].

Il Tribunale dei Minorenni di Bologna, con decreto del 21/12/2006, ha inoltre concluso che la condotta di stalking nei confronti della ex convivente, senza alcuna cura per le ripercussioni sulla figlia minore e senza alcun segnale di ravvedimento, comportano la decadenza dell’autore di tale condotta dalla potestà sulla figlia.

Il Disegno di Legge del 18/06/2008.

Il provvedimento del Consiglio dei Ministri intende introdurre nel codice penale l’art. 612 bis, rubricato “atti persecutori”), che punirebbe“chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita”. lign="center">

E’ sempre più oggetto delle cronache giornalistiche il fenomeno del c.d. “stalking”, termine che intende comprendere una variegata serie di atteggiamenti afflittivi di una persona nei confronti di altra, a mezzo di una persecuzione – fisica o morale – che giunge a compromettere il normale svolgimento della vita della vittima.

Lo stalking è stato ed è tuttora oggetto di copiosa giurisprudenza e, di recente, di uno schema di Disegno di Legge del Consiglio dei Ministri, con il quale si intenderebbe predisporre misure “tipiche” idonee a contrastare i fenomeni persecutori.

Chi può essere Stalker.

Lo stalking rappresenta un “reato comune”, ovvero realizzabile da chiunque: spesso è l’ex compagno di vita che non accetta la rottura di un rapporto affettivo, ma può anche essere un amico, un conoscente, un vicino di casa, un collega di lavoro, un compagno di classe o magari un estraneo incontrato per caso o un ammiratore “segreto”.

Nella maggior parte dei casi lo stalker è un uomo, ma ciò non esclude che possa anche essere di sesso opposto: non è infrequente che il soggetto abbia problemi di interazione sociale, o disturbi mentali, e che l’atteggiamento persecutorio abbia origine dalla convinzione di avere una relazione con l’altra persona o, magari, che perseguitando la vittima si possa instaurare con essa un rapporto sentimentale, imponendo la propria presenza ed insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una risposta negativa.

Le condotte che configurano lo “stalking”.

E’ difficile sintetizzare i comportamenti che possono configurare stalking. L’atteggiamento persecutorio si può manifestare in diversi modi: la giurisprudenza, in assenza – ad oggi - di una fattispecie ad hoc che reprime tale comportamento, ha cercato di delineare le condotte che possono configurare un illecito perseguibile[1].

La gamma delle condotte che possono essere qualificate come molestia assillante, pertanto, comprende, a titolo esemplificativo:

- raccolta di informazioni sulla vittima;

- appostamenti, pedinamenti o inseguimenti nei pressi del domicilio o degli ambienti (es.: luogo di lavoro), incontri “casuali” con la vittima nei luoghi da essa abitualmente frequentati;

- tentativi di comunicazione a mezzo di telefonate (oscene, mute o comunque indesiderate), lettere, biglietti, e-mail, sms, chat-lines, messaggi a casa, in ufficio o sull’auto, con fiori o oggetti non richiesti

- visite a sorpresa, violazione del domicilio a scopo di danneggiamento;

- graffiti, murales, scritte sui muri o atti vandalici con il danneggiamento di beni;

- rubare e leggere la corrispondenza della vittima, ordinare a nome di quest’ultima merci o servizi senza il suo consenso;

- minacce (scritte o verbali), aggressioni fisiche, ferimento o addirittura l’uccisione della vittima, di suoi familiari, amici o animali a lei cari.

Detti atteggiamenti, per essere qualificati come stalking, necessitano però di ulteriori requisiti:

- ovviamente, ed in linea con la necessaria sussistenza dell’elemento soggettivo negli illeciti civili penali, gli atti persecutori devono essere intenzionali;

- i comportamenti molesti devono essere “continuati”: devono in altri termini essere reiterati, insistenti (di giorno e/o di notte), perdurare per un intervallo di tempo (settimane, a volte mesi: secondo alcuni devono proseguire per almeno 4 settimane, e replicarsi per almeno una decina di episodi), in modo persistente e ossessivo. In caso contrario, il comportamento del molestatore potrà configurare eventualmente un altro reato o illecito, se ne contiene i requisiti sufficienti e necessari;

- da ultimo, le molestie devono essere indesiderate ed intrusive, ovvero creare nella vittima disagio – fisico o psicologico – e timore o ansia per la propria incolumità

La qualificazione giuridica della condotta di “stalking”.

Identificare le condotte – almeno quelle principali e oggetto di pronunce giurisprudenziali – che configurano lo “stalking”, è tempo di valutare le conseguenze giuridiche che a detti comportamenti persecutori possono conseguire.

Stante la estrema varietà di condotte persecutorie, le figure di reato che possono avere degli aspetti comuni allo stalking sono diverse, tra cui: violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570, c.p.), maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572, c.p.), percosse (art. 581, c.p.), lesione personale (art. 582, c.p.), ingiuria (art. 594, c.p.), diffamazione (art. 595, c.p.), i c.d. delitti sessuali (artt. 609 bis e ss. c.p.), violenza privata (art. 610, c.p.), minaccia (art. 612, c.p.), violazione di domicilio (art. 614, c.p.), danneggiamento (art. 635, c.p.), molestie o disturbo alle persone (art. 660, c.p.).

Qualora lo stalking si consumi in ambito familiare (anche di convivenza), la vittima della condotta pregiudizievole può inoltre utilizzare lo strumento – civilistico – degli “ordini di protezione” (artt. 342 bis e ter, c.c., introdotti con la Legge 04/04/2001, n. 154).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2113/08, ha concluso che integra il concetto di molestia il ripetuto e insistente inseguimento in macchina nei confronti della ex coniuge, per motivi di rivalsa, mentre con la sentenza n. 21273/07 ha ritenuto idonee a configurare il reato di cui all’art. 660 c.p. le telefonate costanti, anche se mute (e, con la sentenza n. 28680/04, l’invio di sms). Anche il corteggiamento insistente, caratterizzato da pedinamenti e continue telefonate, configura una condotta illecita (sentenza n. 6905/92).

Il Tribunale di Lecco (ordinanza cautelare del 10/06/2008), ha concluso che la condotta di stalking integra il delitto di violenza privata (art. 610, c.p.), e legittima l’applicazione della misura dell’obbligo di dimora nei confronti del soggetto attivo della condotta[2].

In sede civile, di particolare rilievo appare la recente sentenza della Corte di Appello di Bologna, che con sentenza 720/08 ha riconosciuto un risarcimento di Euro 56.000,00 a titolo di danno biologico e morale in favore di una donna che per 13 aveva ricevuto telefonate anonime a tutte le ore del giorno e della notte e lettere di minaccia per convincerla a cedere alle avances del suo molestatore[3].

Il Tribunale dei Minorenni di Bologna, con decreto del 21/12/2006, ha inoltre concluso che la condotta di stalking nei confronti della ex convivente, senza alcuna cura per le ripercussioni sulla figlia minore e senza alcun segnale di ravvedimento, comportano la decadenza dell’autore di tale condotta dalla potestà sulla figlia.

Il Disegno di Legge del 18/06/2008.

Il provvedimento del Consiglio dei Ministri intende introdurre nel codice penale l’art. 612 bis, rubricato “atti persecutori”), che punirebbe“chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita”.

La realizzazione di atti persecutori (salvo, ovviamente, “il fatto non costituisca più grave reato”) sarebbe punita con la reclusione da sei mesi a quattro anni, pena aumentata:

(i) (in misura non precisata) se il reato è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva;

(ii) fino alla metà, se il fatto è commesso ai danni di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339[4], c.p..

Il delitto è punito a querela della persona offesa, ma è prevista la perseguibilità di ufficio:

- nel caso delle circostanze aggravanti di cui sopra (cfr. (i) e (ii));

- quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio;

- quando il fatto è commesso da soggetto “ammonito”.

L’“ammonimento” rappresenta una forma preventiva di tutela della persona offesa, che fino a quando non ha proposto querela, potrebbe esporre i fatti al questore competente, il quale può – assunte eventuali informazioni dagli organi investigativi – appunto “ammonire” oralmente l’autore della condotta a tenere un comportamento conforme alla legge, e valutare "l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizionie".

Lo “stalking”, inoltre, configura una nuova circostanza aggravante anche per il reato di omicidio, ed il Disegno di Legge de quo interviene anche:

- sul codice di procedura penale, in particolare in tema di misure cautelari;

- in ambito civile, prevedendo che in tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 342 bis e ter, c.c.), la durata massima dell’ordine di protezione sarebbe di 12 (anziché gli attuali 6) mesi, prorogabile solo per gravi motivi e per il tempo strettamente necessario.



[1] Cfr., a mero titolo di esempio, l’ordinanza cautelare del 10/06/2008 del Tribunale di Lecco, che ha ritenuto configurabile come grave persecuzione il comportamento di un ex fidanzato che ha costretto la ex fidanzata, con incessanti e gravi minacce telefoniche, e-mails e comunicazioni fatte a terze persone, a mutare le proprie abitudini di vita ed a vivere in uno stato di costante paura e terrore, limitandone in concreto la libertà di movimento e di relazione, costringendola - tra le altre cose - a non uscire di casa (se non per recarsi al lavoro), a cambiare ogni giorno la strada per andare sul posto di lavoro, a cambiare password di posta elettronica e utenza telefonica, a farsi scortare da investigatori privati e guardie del corpo.

[2] Il provvedimento è disponibile sul sito www.praticantidiritto.it. Secondo il Tribunale di Lecco vessazioni del genere, per la loro natura e per le reiterazione nel tempo, non si limitano a mere molestie, ma implicano una reale e concreta compressione delle libertà personale della vittima.

[3] Un commento alla sentenza è presente sul numero de Il Resto del Carlino del 23/10/2008. In sede penale l’uomo aveva patteggiato una pena di due mesi, poi sospesa.

[4] In sintesi, l’aumento di pena è previsto se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte, o ancora nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici.