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L’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano

L’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano
L’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano

INDICE

1. La normativa di riferimento

2. La rilevanza dell’ascolto del minore: obbligatorietà e capacità di discernimento

3. L’audizione del minore nel procedimento per il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio

4. Adozione e audizione del minore

5. L’audizione nel procedimento di sottrazione internazionale di minore e per il mancato illecito rientro nella originaria residenza abituale

 

1. La normativa di riferimento

L’ascolto dei minori nei giudizi in cui si devono adottare provvedimenti che li riguardano è oggi regolato, nell’ordinamento civile italiano, dagli articoli 315 bis, 336 bis e 337 octies, codice civile, introdotti dalla Legge 219/2012[1] e dal Decreto Legislativo 154/2013[2]: a livello internazionale, è previsto dall’articolo 12, Convenzione di New York[3] e dall’articolo 6, Convenzione di Strasburgo[4].

L’articolo 315 bis, comma III, codice civile riconosce il diritto del fanciullo - che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento - ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano.

L’articolo 336 bis, codice civile dispone che il minore sia ascoltato dal giudice nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo interessano, salvo il caso in cui l’ascolto sia in contrasto con il suo interesse o manifestamente superfluo[5].

L’audizione è condotta dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari: il giudice può autorizzare ad assistere all’ascolto i genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se nominato, ed il pubblico ministero. Tutti questi soggetti possono proporre al giudice argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento.

Preliminarmente all’ascolto, il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’audizione: dell’adempimento è redatto processo verbale nel quale ne è descritto il contegno, ovvero è effettuata registrazione audio/video.

L’articolo 337 octies, codice civile conferma che, prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli[6], il giudice ne dispone l’audizione. Qualora ne ravvisi l’opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l’adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.

L’articolo 12 della Convenzione di New York richiede agli Stati di garantire al fanciullo - capace di discernimento - il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, e che la sua opinione sia presa in seria considerazione, tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità: a tal fine, viene riconosciuta al minore la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, conformemente alle regole di procedura delle legislazioni nazionali.

La Convenzione di Strasburgo (articolo 6) impone all’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione nei procedimenti relativi a minori, di valutare se dispone di informazioni sufficienti ad fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del fanciullo e, se necessario, ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali.

Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.

2. La rilevanza dell’ascolto del minore: obbligatorietà e capacità di discernimento

Ascoltare i minori non rappresenta solamente un preciso onere in ambito giudiziario: in caso di contrasto genitoriale su scelte e questioni riguardanti i figli, è dovere primario dei genitori, onde evitare l’insorgenza di inutili conflitti giudiziari, quello di ascoltarli prendendo atto delle loro specifiche volontà. È passibile di censura, anche ai fini della valutazione della capacità genitoriale, il comportamento del genitore che abbia ignorato irragionevolmente le intenzioni manifestategli chiaramente dal fanciullo e costretto l’altro genitore ad adire l’autorità giudiziaria, qualora il giudice accerti, all’esito della sua audizione, che la sua volontà era già stata espressa in modo univoco in ambito familiare e riconfermata in sede processuale, e che si sarebbe potuto evitare la proposizione di procedimenti giudiziari privi di utilità o, comunque, necessità[7]

L’ascolto del minore è previsto come un obbligo, e non una mera facoltà[8], in tutti i procedimenti che lo riguardano[9] (es.: quello di affidamento di figlio nato fuori dal matrimonio[10], nei procedimenti di revisione delle condizioni di separazione dei coniugi[11], di affidamento ai genitori[12], di modifica dell’affidamento di figlio nato fuori dal matrimonio dei genitori[13], nell’accertamento del diritto del fanciullo a conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale[14]), costituendo una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse[15].

L’audizione è un adempimento previsto a pena di nullità[16], salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore[17]. La sua imprescindibilità consente infatti di realizzare la presenza nel giudizio del fanciullo[18]: anche nel caso in cui il giudice disponga che avvenga a mezzo di consulenza tecnica, ciò non rappresenta una restrizione della sua libertà personale ma costituisce, al contrario, un’espansione del diritto alla partecipazione nel procedimento che lo riguarda, quale momento formale deputato a raccogliere le sue opinioni ed i suoi effettivi bisogni[19].

I provvedimenti in materia di affidamento dei figli non possono d’altronde consistere in forzate sperimentazioni nel corso delle quali le reali e attuali esigenze della prole vengono sacrificate al tentativo di conformare i comportamenti dei genitori a modelli tendenzialmente più maturi e responsabili, ma contraddetti dalla situazione reale[20]. Costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne può giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore d’interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita e, per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale[21].

L’audizione del minore deve essere effettuata con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, cosicché egli possa esprimere liberamente e compiutamente le sue opinioni ed esigenze: il giudice, discrezionalmente, può procedervi di persona (soprattutto quando particolari circostanze lo richiedano[22]), vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, disporre una consulenza tecnica o delegarne l’esecuzione ad un organo o a un soggetto più appropriato professionalmente[23].

Non è sufficiente che il fanciullo sia stato interpellato o esaminato da soggetti (es.: assistenti sociali) le cui relazioni siano state successivamente acquisite al fascicolo processuale, essendo necessario che il soggetto che procede all’audizione sia investito di una specifica delega da parte del giudice competente, inerente al dovere di informare il minore di tutte le istanze o scelte che lo riguardano, al fine di acquisire la sua volontà[24]. L’ascolto, infatti, non costituisce un atto istruttorio tipico, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni e i bisogni rappresentati dai minori, affidato alla discrezionalità del giudice, il quale deve ispirarsi al principio secondo cui l’audizione stessa deve svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione.

Con riferimento alla capacità di discernimento del bimbo infradodicenne, si ritiene che con ciò si intenda consapevolezza e comprensione, limitatamente al senso dell’audizione stessa[25]. Il minore deve essere “capace” in relazione alla sua età e al grado di maturità: il riscontro di tale capacità è devoluto al libero e prudente apprezzamento del giudice, non necessita di specifico accertamento positivo di indole tecnica specialistica e non può essere esclusa con mero riferimento al dato anagrafico del minore, se esso non sia di per sé solo univocamente indicativo in tale senso, mentre può presumersi in genere ricorrente quando si tratti di minori per età soggetti a obblighi scolastici e, quindi, normalmente in grado di comprendere l’oggetto del loro ascolto e di esprimersi consapevolmente[26].

Va evidenziato che il giudice, pur tenuto all’audizione ed a tenere conto del suo esito[27], non è il mero esecutore dei suoi desiderata: si deve perseguire il reale interesse dei minori, capirne i bisogni profondi e disporre quanto è possibile per tutelarne una crescita serena ed equilibrata. L’ascolto serve a dare voce ai desideri dei figli, ma anche a comprendere se tali desideri siano frutto di scelte consapevoli e mature o siano invece derivanti da pressioni esterne e, in ogni caso, il giudice deve valutare se la soddisfazione dei desideri espressi dai minori corrisponda davvero al loro interesse[28]. Ne consegue che il provvedimento può anche disattendere la volontà espressa dal minore nel corso della sua audizione, ma con motivazione tanto più stringente quanto più egli, anche in ragione dell’età, abbia mostrato capacità di discernimento[29].

In sede di appello, qualora sia stato già sentito nel precedente grado di giudizio, il giudice non è tenuto a reiterarne l’ascolto, né è vincolato dalle indicazioni che il minore aveva dato; qualora intenda disattenderle, tanto più se in riforma del provvedimento di prime cure, deve motivare sul perché - da un lato - abbia ritenuto non necessaria una nuova audizione, e - dall’altro - abbia individuato il genitore affidatario o collocatario in contrasto con la volontà espressa dal minore, dovendo altrimenti disporne nuovamente l’esperimento[30].

 

3. L’audizione del minore nel procedimento per il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio

Nel procedimento previsto dall’articolo 250, codice civile, il minore non assume la qualità di parte, ma deve essere sentito in relazione alla esigenza istruttoria di accertare se il rifiuto del consenso opposto dal genitore che ha eseguito per primo il riconoscimento risponda o meno al bene del figlio. L’audizione costituisce, pertanto, la prima fonte di convincimento del giudice circa la convenienza del secondo riconoscimento, e deve essere disposta anche d’ufficio, con l’unico limite costituito dall’incapacità del minore a rendere dichiarazioni, per ragioni di età o per altre cause: nelle quali ipotesi, peraltro, il giudice è tenuto a spiegare le ragioni che non rendono realizzabile l’atto, onde consentire il controllo della motivazione[31].

Non è tuttavia configurabile alcun vizio ove l’espletamento dell’incombente sia reso oggettivamente impossibile dalla tenera età del bimbo e, quindi, sia omesso perché superfluo[32].

Il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, può procedere alla nomina di un curatore speciale (articolo 78, codice di procedura civile): il minore infrasedicenne, nella vicenda sostanziale e processuale che lo riguarda, costituisce un centro autonomo di imputazione giuridica, essendo implicati nel procedimento suoi rilevanti diritti e interessi, in primo luogo quello all’accertamento del rapporto genitoriale con tutte le implicazioni connesse, con la conseguenza che, se di regola la sua rappresentanza sostanziale e processuale è affidata al genitore che ha effettuato il riconoscimento, qualora si prospettino situazioni di conflitto d’interessi, anche in via potenziale, spetta al giudice procedere alla nomina di un curatore speciale, su richiesta del p.m., di qualunque parte che vi abbia interesse o anche di ufficio[33].

 

4. Adozione e audizione del minore

In tema di adozione, l’articolo 15, Legge 184/1983[34] dispone che il minore che abbia compiuto dodici anni o anche di età inferiore, se capace di discernimento, debba essere sentito in vista della dichiarazione di adottabilità: tale ascolto si pone in funzione del diritto fondamentale del medesimo ad essere informato e a esprimere la propria opinione e, dunque, costituisce elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse. Anche in tal caso, l’audizione è un atto processuale del giudice, il quale può stabilire modalità particolari per il suo espletamento, comprendenti anche la delega specifica a esperti, ma allo stesso non è equiparabile l’assunzione del contributo dell’adottando in maniera indiretta, tramite le relazioni che gli operatori dei servizi sociali svolgono nell’ambito della loro ordinaria attività[35].

Ne consegue altresì che, ove l’adottando abbia compiuto i dodici anni al tempo del giudizio di appello, il giudice del gravame è tenuto a procedere alla sua audizione, riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati[36].

Va evidenziato che l’articolo 15, comma II, Legge 184/1983 pone l’obbligo di audizione nel giudizio di primo grado[37], mentre il giudice di appello sarebbe tenuto soltanto, per il disposto dell’articolo 17, comma I, a sentire le parti ed il p.m., nonché ad effettuare “ogni altro opportuno accertamento[38]: Tuttavia, si ritiene che l’ascolto sia estendibile al giudizio di adottabilità nel suo complesso[39].

L’audizione può essere rinnovata in appello al fine di determinare quale sia l’interesse del minore ed a raccoglierne opinioni e bisogni in merito alla vicenda in cui è coinvolto[40]: una volta disposta nuovamente, il giudice del secondo grado non può prescindere dal tenere conto delle relative risultanze[41].

Anche nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, i minori devono essere sentiti (articolo 10, L. 183/1984) se di età superiore ai dodici anni, e se di età inferiore il loro ascolto viene rimesso al prudente apprezzamento del giudice. In quest’ultimo caso il mancato esercizio del relativo potere discrezionale non è sussumibile, in sede di legittimità, sotto la specie della violazione di legge, sia pure in relazione alle norme della Convenzione di New York (articolo 12)[42].

L’audizione del minore, non rappresentando una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all’una o all’altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal fanciullo in merito alla vicenda in cui è coinvolto, deve svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione, e quindi con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentirlo da solo, o ancora quella di delegare l’audizione ad un organo più appropriato e professionalmente più attrezzato[43].

 

5. L’audizione nel procedimento di sottrazione internazionale di minore e per il mancato illecito rientro nella originaria residenza abituale

Di fatto, nel procedimento di sottrazione internazionale di minore non sussiste l’obbligo del giudice di procedere all’audizione: il Tribunale può disporla, qualora la ritenga opportuna, tenuto conto della sua età, dell’esigenza di evitargli ulteriori traumi psichici e della celerità del procedimento.

Tuttavia l’audizione, prevista nell’articolo 12 della Convenzione di New York, è divenuta un adempimento necessario, nelle procedure che li riguardino, ai sensi degli articoli 3[44] e 6 della Convenzione di Strasburgo, salvo pericolo di danno per l’interessato, per poter valutare anche l’eventuale opposizione del minore al ritorno, salvo ragioni di inopportunità o danno, e non può essere escluso con mero riferimento al dato anagrafico[45].

Dunque il giudice deve, ex articolo 13, Convenzione de L’Aja 25/10/1980[46], quando il minore presenti discernimento sufficiente, consultarlo (anche a mezzo di soggetti diversi, secondo le modalità dal giudice[47]) personalmente, e può escludere tale audizione solo ove essa sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori del fanciullo stesso (per la sussistenza di particolari ragioni, da indicarsi specificamente, che la sconsiglino[48]), tenuto conto, altresì, del suo grado di maturità[49], e postula che il minore riceva le informazioni pertinenti ed appropriate, con riferimento alla sua età ed al suo grado di sviluppo, a meno che tali informazioni nuocciano al suo benessere[50].

Tenuto conto della funzione meramente ripristinatoria del procedimento, il giudice può non ricorrere altresì all’ascolto ove neghi, anche secondo il notorio, sufficiente maturità al minore stesso e privilegi l’interesse superiore di questi a non essere esposto al presumibile danno derivante dal coinvolgimento emotivo nella controversia che opponga i genitori [51].

L’accertamento circa il grado di maturità, e l’assenza di condizioni che gli evitino traumi, è rimesso al giudice del merito, che è tenuto a valutare, anche in ragione del carattere urgente e ripristinatorio della procedura, se sia opportuna, per il grado di discernimento raggiunto, il suo ascolto; ne consegue che nessuna violazione del diritto di difesa è ravvisabile nella statuita inopportunità della sua audizione, giustificata in ragione della sua tenera età e della esposizione a forti pressioni, restando comunque garantito, in via indiretta, tale diritto attraverso le osservazioni del servizio sociale[52].

In caso di opposizione, l’ascolto del minore costituisce un motivo ostativo autonomo all’ordine di rientro ed adempimento necessario ai fini della legittimità dell’ordine medesimo[53]. L’audizione è dunque funzionale ad acquisire le dichiarazioni del minore in ordine al rientro e, per il caso di dichiarazioni indeterminate che non consentano di rilevare la sua volontà, non può considerarsi integrata la condizione ostativa, mentre, ove sussista dubbio sull’integrazione delle due condizioni derogatorie all’ordine di rientro, nonostante il rifiuto del minore, deve procedersi ad un approfondimento istruttorio autonomo, anche mediante consulenza tecnica d’ufficio e un modello più adeguato di ascolto. A fronte invece di una chiara determinazione di volontà, il giudice non può opporre una valutazione alternativa della relazione con il genitore con il quale il fanciullo dovrebbe vivere in esito al rientro, priva di un preciso ed autonomo giudizio prognostico che dalle ragioni del rifiuto prenda le mosse[54].

Può costituire autonoma fattispecie ostativa all’accoglimento della domanda di rientro la volontà contraria manifestata al riguardo dal minore, il quale (alla stregua di quanto accertato dal giudice di merito, che ha proceduto all’audizione) abbia un’età ed una maturità tale da giustificare il rispetto della sua posizione[55].

Nell’ipotesi di esclusione dell’ordine di rimpatrio, che ricorre allorché il minore vi si oppone (sempre che costui abbia raggiunto un’età e un grado di maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione[56]), il giudice, nell’indagine sul raggiungimento di un’adeguata capacità di discernimento al fine di esprimere una volontà idonea ad opporsi al rimpatrio, non è tenuto a procedere all’audizione secondo modalità particolari, ad esempio procedendo all’esperimento di una consulenza tecnica d’ufficio, a patto che le ragioni del rifiuto siano adeguatamente motivate[57].

Il fermo rifiuto del minore, espresso in sede di audizione, al rientro nello Stato ove abitualmente risiede, ancorché il bimbo abbia una età nella quale ancora non si presume la capacità di discernimento, e ancorché egli - pur affermando di avere paura del padre affidatario - non sia stato in grado di spiegarne le ragioni e avendo lo stesso dimostrato, in occasione di incontri protetti una buona relazione con il padre stesso, improntata a confidenzialità e alla esclusione di segni di disagio, rende non sufficienti le valutazioni (ancorché approfondite) compiute dalle autorità competenti dello Stato di residenza del minore, e fa ritenere necessari ulteriori accertamenti (da svolgere anche mediante indagine tecnica) da parte del giudice italiano, al fine di escludere il fondato rischio di esporlo a pericoli fisici o psichici o, comunque di farlo trovare in una situazione intollerabile[58].

Da ultimo, nel procedimento per il mancato illecito rientro nella originaria residenza abituale, l’ascolto non è imposto per legge, in ragione del carattere urgente e meramente ripristinatorio della situazione di tale procedura; pur in tale procedura è peraltro opportuno, come previsto dall’articolo 11[59], comma II, Regolamento Ce n. 2201/2003[60]. Conseguentemente anche nel procedimento in questione l’audizione è in via generale necessaria, onde poter valutare, ai sensi dell’articolo 13, comma II, della Convenzione l’eventuale opposizione del minore al ritorno, salvo ragioni di inopportunità per età o grado di maturità e, “a fortiori”, di danno per quest’ultimo[61].