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L’obiezione di coscienza

L’obiezione di coscienza
L’obiezione di coscienza

Abstract: Analisi del diritto di obiezione di coscienza nell’interruzione volontaria di gravidanza alla luce degli ultimi fatti di cronaca.

 

Analisi del diritto di obiezione come previsto nella Legge 194 del 1978 alla luce degli ultimi fatti di cronaca

In seguito agli ultimi fatti di cronaca è scaturito un grande dibattito nell’opinione pubblica in merito al diritto di obiezione di coscienza a partire da un caso in cui tale diritto non trovava nessuna applicazione, come confermato anche dagli ispettori ministeriali.

Con questo articolo si vuole quindi informare il lettore, giurista e no, in merito alla disciplina di questo diritto alla luce delle leggi vigenti e delle pronunce della Corte Costituzionale.

Il diritto di obiezione

 

Innanzitutto è bene inquadrare il generale diritto di obiezione di coscienza che prevede il diritto al rifiuto individuale, pubblicamente espresso, a tenere il comportamento, imposto da un obbligo giuridico, di fare, ritenuto ingiusto dalla coscienza in forza di una norma etica, religiosa, filosofica, sentita più vincolante della norma giuridica.

Tale diritto è previsto in quattro situazioni espressamente codificate:

1. obiezione al servizio militare [Leggi 1972, 1974, 1988, modificate da diverse sentenze della Corte Costituzionale, ma oggi inoperanti per la soppressione del servizio di leva obbligatorio]

2. obiezione alla sperimentazione animale [Legge 413 del 1993]

3. obiezione alla procreazione medicalmente assistita [Legge 40 del 2004, articolo 16]

4. obiezione all’interruzione di gravidanza [Legge 194 del 1978, articolo 9]

Il fondamento di questo diritto è, senza dubbio, una conquista della civiltà moderna, ed è infatti riconosciuto dalla Corte Costituzionale per l’implicita  inclusione entro gli articoli 2, 19 e 21 della nostra Costituzione [Corte Costituzionale, Sentenza n. 43/1997].

È espressione del principio di laicità che assicura la neutralità dello stato in merito a questioni etiche e, soprattutto, di un principio pluralista nel quale la libertà di coscienza del singolo individuo rappresenta un valore per tutta la società democratica.

In particolare, secondo la norma prevista all’Articolo 9 della Legge 194 del 1978: “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”.

Limiti all’esercizio del diritto

In ogni regime liberal-democratico vige la regola per cui: “la libertà incontra il limite delle libertà altrui” [V. Crisafulli, Di libertà si può anche morire, Stato, popolo, Governo, Milano, 1985, p. 319].

A tale monito non si sottrae certo il diritto di obiezione di coscienza che trova diversi limiti nel suo legittimo esercizio.

Sono individuabili tre requisiti fondamentali della previsione generale di questo diritto:

1. la necessità della esistenza di un conflitto tra due interessi costituzionalizzati;

2. la referibilità dell’obiezione, non ad una generica libertà di coscienza, sottomessa a soggettivismi, eccentricità, stravaganze e tornaconti personali, ma a specifici interessi e valori di natura costituzionale;

3. la necessaria convivenza e soddisfacimento reciproco di entrambi gli interessi collidenti, in modo da giungere ad una risoluzione del conflitto senza avere il sacrificio totale di una parte o lo svuotamento irreparabile del diritto dell’altra.

Nell’ambito dell’interruzione di gravidanza tali limiti sono previsti specificamente dalla legge sopracitata nel modo seguente:

1. il limite della dichiarazione preventivaentro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni”, al fine di consentire alla struttura sanitaria la sostituzione del soggetto obiettore con altri medici non obiettori, in modo da garantire il servizio previsto per legge a tutela del diritto alla prestazione richiesta;

2. il limite che incontra l’obiezione nel pregiudizio irreparabile dell’interesse in conflitto quale la vita e la salute altrui, in particolare l’articolo 9 recita: “L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo” [Tale principio è ribadito anche dagli articoli 22, 3.16, 8, 3 rispettivamente dai Codici deontologici del medico, dell’ostetrica/o, dell’infermiere e del farmacista].

Sono inoltre desumibili dalle ipotesi di obiezioni codificate i limiti oggettivi di validità generale:

1. limite oggettivo dell’essere gli atti specificamente e necessariamente diretti alla realizzazione del fatto oggetto dell’obiezione;

2. limite oggettivo dell’esclusione dell’obiezione rispetto alle attività di assistenza antecedenti e conseguenti all’intervento.

Limiti soggettivi discriminatori

Rappresentano limiti soggettivi discriminatori quei limiti che sono previsti in modo arbitrario rispetto a certe categorie di soggetti, integrando in tal modo una violazione dei principi costituzionali di libertà di coscienza, di pluralismo e, in particolare, di eguaglianza.

In particolare sarebbe tale l’alternativa tra il compimento dell’atto contro coscienza e la rinuncia alla pubblica funzione posta in capo agli operatori sanitari preposti al compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza.

Ad essi, inoltre, non possono essere applicate sanzioni civili, penali, amministrative, disciplinari, né trattamenti discriminatori sotto il profilo professionale a conseguenza dell’esercizio del diritto di obiezione.

Diversa sarebbe la previsione di particolari indennità per i medici non obiettori stante il carico di lavoro aggiuntivo che questi subiscono proprio per consentire alla coscienza dei colleghi di esprimersi liberamente.

Conclusione e problemi applicativi

Il diritto di obiezione di coscienza è ormai riconosciuto da tutte le Carte che tutelano i diritti fondamentali, sia a livello nazionale sia a livello europeo ed internazionale [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea Art 10, par. 2].

Questo non significa che non ci siano problemi di applicazione, soprattutto in Italia, dove il numero di medici obiettori è molto elevato e, purtroppo, concentrato in alcune regioni.

Per ovviare a questo problema da alcuni definito come “boicottaggio sub specie di obiezione”, poiché spesso dettato da ragioni per nulla ascrivibili a genuine scelte di coscienza, non mancherebbero certo gli strumenti, a partire dal concepire prestazioni alternative che confermino, anche in modo indiretto, la “buona fede” del soggetto obiettante e compensino la portata della sua scelta [Corte EDU, Grande Camera, Sentenza 7 luglio 2011, Ricorso n. 37334/08, Bayatyan c. Armenia, parr. 124 e 125], proseguendo con la previsione, già citata, di indennità particolari per medici non obiettori ed, infine, la legittimità dell’assunzione a tempo determinato di ginecologi che rinuncino a sollevare obiezione o il ricorso a personale non obiettore esterno alla struttura in virtù della c.d. “mobilità del personale”.

Ad avviso di chi scrive è invece troppo rigida, nonché in contrasto con l’articolo 4 della Carta Costituzionale la posizione di coloro che sostengono l’eliminazione del diritto di obiezione di coscienza per coloro che, oggi, scelgono di intraprendere il settore di specializzazione medica ginecologica ben sapendo cosa li attende. A maggior ragione perché sarebbe difficile, a quel punto, tutelare la maturazione di diverse convinzioni nel corso del tempo costringendo, di fatto, il soggetto ad abbandonare la professione e trovare una diversa occupazione.  

 

Legge 194 del 1978:

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf

Bibliografia:

S. Canestrari, Bioetica e diritto penale, Giappichelli, Torino, pag. 185-225

A. D’Atena, Commento all’art 9, l. 22 maggio 1978, n. 194, in Nuove leggi civ. comm., 1979

F. Mantovani, Obiezione di coscienza tra presente e futuro, in Iustitia, 2011, pag. 144 s.

Abstract: Analisi del diritto di obiezione di coscienza nell’interruzione volontaria di gravidanza alla luce degli ultimi fatti di cronaca.

 

Analisi del diritto di obiezione di coscienza come previsto nella Legge 194 del 1978 alla luce degli ultimi fatti di cronaca

In seguito agli ultimi fatti di cronaca è scaturito un grande dibattito nell’opinione pubblica in merito al diritto di obiezione di coscienza a partire da un caso in cui tale diritto non trovava nessuna applicazione, come confermato anche dagli ispettori ministeriali.

Con questo articolo si vuole quindi informare il lettore, giurista e no, in merito alla disciplina di questo diritto alla luce delle leggi vigenti e delle pronunce della Corte Costituzionale.

 

Il diritto di obiezione di coscienza 

 

Innanzitutto è bene inquadrare il generale diritto di obiezione di coscienza che prevede il diritto al rifiuto individuale, pubblicamente espresso, a tenere il comportamento, imposto da un obbligo giuridico, di fare, ritenuto ingiusto dalla coscienza in forza di una norma etica, religiosa, filosofica, sentita più vincolante della norma giuridica.

Tale diritto è previsto in quattro situazioni espressamente codificate:

1. obiezione al servizio militare [Leggi 1972, 1974, 1988, modificate da diverse sentenze della Corte Costituzionale, ma oggi inoperanti per la soppressione del servizio di leva obbligatorio]

2. obiezione alla sperimentazione animale [Legge 413 del 1993]

3. obiezione alla procreazione medicalmente assistita [Legge 40 del 2004, articolo 16]

4. obiezione all’interruzione di gravidanza [Legge 194 del 1978, articolo 9]

Il fondamento di questo diritto è, senza dubbio, una conquista della civiltà moderna, ed è infatti riconosciuto dalla Corte Costituzionale per l’implicita  inclusione entro gli articoli 2, 19 e 21 della nostra Costituzione [Corte Costituzionale, Sentenza n. 43/1997].

È espressione del principio di laicità che assicura la neutralità dello stato in merito a questioni etiche e, soprattutto, di un principio pluralista nel quale la libertà di coscienza del singolo individuo rappresenta un valore per tutta la società democratica.

In particolare, secondo la norma prevista all’Articolo 9 della Legge 194 del 1978: “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”.

Limiti all’esercizio del diritto di obiezione di coscienza

In ogni regime liberal-democratico vige la regola per cui: “la libertà incontra il limite delle libertà altrui” [V. Crisafulli, Di libertà si può anche morire, Stato, popolo, Governo, Milano, 1985, p. 319].

A tale monito non si sottrae certo il diritto di obiezione di coscienza che trova diversi limiti nel suo legittimo esercizio.

Sono individuabili tre requisiti fondamentali della previsione generale di questo diritto:

1. la necessità della esistenza di un conflitto tra due interessi costituzionalizzati;

2. la referibilità dell’obiezione, non ad una generica libertà di coscienza, sottomessa a soggettivismi, eccentricità, stravaganze e tornaconti personali, ma a specifici interessi e valori di natura costituzionale;

3. la necessaria convivenza e soddisfacimento reciproco di entrambi gli interessi collidenti, in modo da giungere ad una risoluzione del conflitto senza avere il sacrificio totale di una parte o lo svuotamento irreparabile del diritto dell’altra.

Nell’ambito dell’interruzione di gravidanza tali limiti sono previsti specificamente dalla legge sopracitata nel modo seguente:

1. il limite della dichiarazione preventivaentro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni”, al fine di consentire alla struttura sanitaria la sostituzione del soggetto obiettore con altri medici non obiettori, in modo da garantire il servizio previsto per legge a tutela del diritto alla prestazione richiesta;

2. il limite che incontra l’obiezione nel pregiudizio irreparabile dell’interesse in conflitto quale la vita e la salute altrui, in particolare l’articolo 9 recita: “L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo” [Tale principio è ribadito anche dagli articoli 22, 3.16, 8, 3 rispettivamente dai Codici deontologici del medico, dell’ostetrica/o, dell’infermiere e del farmacista].

Sono inoltre desumibili dalle ipotesi di obiezioni codificate i limiti oggettivi di validità generale:

1. limite oggettivo dell’essere gli atti specificamente e necessariamente diretti alla realizzazione del fatto oggetto dell’obiezione;

2. limite oggettivo dell’esclusione dell’obiezione rispetto alle attività di assistenza antecedenti e conseguenti all’intervento.

Limiti soggettivi discriminatori all'obiezione di coscienza

Rappresentano limiti soggettivi discriminatori quei limiti che sono previsti in modo arbitrario rispetto a certe categorie di soggetti, integrando in tal modo una violazione dei principi costituzionali di libertà di coscienza, di pluralismo e, in particolare, di eguaglianza.

In particolare sarebbe tale l’alternativa tra il compimento dell’atto contro coscienza e la rinuncia alla pubblica funzione posta in capo agli operatori sanitari preposti al compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza.

Ad essi, inoltre, non possono essere applicate sanzioni civili, penali, amministrative, disciplinari, né trattamenti discriminatori sotto il profilo professionale a conseguenza dell’esercizio del diritto di obiezione.

Diversa sarebbe la previsione di particolari indennità per i medici non obiettori stante il carico di lavoro aggiuntivo che questi subiscono proprio per consentire alla coscienza dei colleghi di esprimersi liberamente.

Conclusione e problemi applicativi

Il diritto di obiezione di coscienza è ormai riconosciuto da tutte le Carte che tutelano i diritti fondamentali, sia a livello nazionale sia a livello europeo ed internazionale [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea Art 10, par. 2].

Questo non significa che non ci siano problemi di applicazione, soprattutto in Italia, dove il numero di medici obiettori è molto elevato e, purtroppo, concentrato in alcune regioni.

Per ovviare a questo problema da alcuni definito come “boicottaggio sub specie di obiezione”, poiché spesso dettato da ragioni per nulla ascrivibili a genuine scelte di coscienza, non mancherebbero certo gli strumenti, a partire dal concepire prestazioni alternative che confermino, anche in modo indiretto, la “buona fede” del soggetto obiettante e compensino la portata della sua scelta [Corte EDU, Grande Camera, Sentenza 7 luglio 2011, Ricorso n. 37334/08, Bayatyan c. Armenia, parr. 124 e 125], proseguendo con la previsione, già citata, di indennità particolari per medici non obiettori ed, infine, la legittimità dell’assunzione a tempo determinato di ginecologi che rinuncino a sollevare obiezione o il ricorso a personale non obiettore esterno alla struttura in virtù della c.d. “mobilità del personale”.

Ad avviso di chi scrive è invece troppo rigida, nonché in contrasto con l’articolo 4 della Carta Costituzionale la posizione di coloro che sostengono l’eliminazione del diritto di obiezione di coscienza per coloro che, oggi, scelgono di intraprendere il settore di specializzazione medica ginecologica ben sapendo cosa li attende. A maggior ragione perché sarebbe difficile, a quel punto, tutelare la maturazione di diverse convinzioni nel corso del tempo costringendo, di fatto, il soggetto ad abbandonare la professione e trovare una diversa occupazione.  

 

Legge 194 del 1978:

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf

Bibliografia:

S. Canestrari, Bioetica e diritto penale, Giappichelli, Torino, pag. 185-225

A. D’Atena, Commento all’art 9, l. 22 maggio 1978, n. 194, in Nuove leggi civ. comm., 1979

F. Mantovani, Obiezione di coscienza tra presente e futuro, in Iustitia, 2011, pag. 144 s.