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L'origine del virus SARS-Cov-2

o la guerra dei due lord
E covid fu
Ph. Luca Martini / E covid fu

Capitolo 1

Introduzione

Questo breve saggio divulgativo vuole condensare, sulla base di quanto ci è dato di sapere da fonti fortemente qualificate, le mie riflessioni su di un tema di grande attualità: l’origine della pandemia COVID-19. Perché lo faccio ora? Perché io? Perché questo titolo?

Sono convinto che oggi, da pochi mesi se non settimane a questa parte, cominciamo ad intravedere il bandolo della matassa, cioè cominciamo ad avere elementi sufficienti per capire cosa sia accaduto fra novembre 2019 e febbraio 2020, appunto agli albori della pandemia. Agli inizi di questa tragedia globale, vi era ovviamente forte confusione e disorientamento e ci sono voluti quindi circa due anni per arrivare a condensare molti dati ed indizi in un’interpretazione coerente anche se non definitiva. Lo faccio io in quanto mi sono occupato del problema sin dai suoi esordi, o quasi…

Le prime settimane sono state di puro panico: le notizie da Wuhan, dalla Cina in generale erano spesso contraddittorie, ambigue, fuorvianti… Ed anche se la narrazione degli eventi che vi presenterò è perlomeno bivalente, c’è però un punto fisso, stabile e mai negato anche da ambedue i Lord britannici (che pure si collocano su posizioni antitetiche). La Cina ha di fatto esercitato un potere politico inquisitorio, censurante ed opprimente sui dati scientifici e sugli scopritori di questi dati (scienziati), soprattutto al suo interno, ma riuscendo spesso a condizionare la narrativa scientifica degli eventi anche all’estero. L’esempio più eclatante è stata la relazione del comitato WHO-China (ma l’ordine dei due termini andrebbe probabilmente invertito…). Pubblicato nel febbraio 2021, è stato immediatamente valutato come un rapporto parziale e partigiano, in cui si escludeva la rilevanza dell’ipotesi del laboratory-leakage (abbrevierò qui lab-leak, o anche L-L) definita nella relazione come “extremely unlikely” a favore invece dell’ipotesi di un arrivo del virus in Cina con cibo congelato. Quest’ultima ipotesi viene definita oggi come impossibile ed irrilevante dalla stragrande maggioranza degli scienziati. La relazione sottoscritta anche dall’ente più importante della sanità mondiale (WHO) è apparsa immediatamente così partigiana da suscitare una serie di reazioni.

In particolare: 1. Vari ricercatori hanno reagito immediatamente con lettere al New York Times etc. e 18 scienziati che lavorano specificamente nel campo dei Coronavirus hanno firmato a maggio 2021 una lettera sulla prestigiosa rivista Science chiedendo che venisse infine effettuata un’indagine scientifica seria sull’origine di SARS-CoV-2. 2. Tedros Adhanom Ghebreyesus, attuale direttore del WHO, ha dovuto correggere il tiro (pur avendo in passato difeso anche in maniera eccessiva, quasi spudorata, l’operato della Cina su COVID-19) e dichiarare che l’ipotesi del lab-leak rimaneva valida: andava anch’essa investigata in un’ulteriore appropriata indagine del WHO in Cina. L’ipotesi di un’ulteriore inchiesta è però immediatamente naufragata per una fortissima opposizione del governo cinese. 3. Infine Peter Ben Embarek, che è stato a gennaio-febbraio il leader della missione del WHO in Cina, ha confessato -ad una televisione danese in un programma andato in onda nell’ estate 2021- le gravi pressioni subite da ufficiali e funzionari cinesi per fare accettare i vari diktat di Pechino (inclusa la sottoscrizione dell’incredibile ipotesi di infezione da cibo congelato).

Il mio interesse parte quindi da Aprile 2020, dopo che eravamo stati shoccati dalle immagini provenienti da Vò in Veneto, da Bergamo e provincia con una specie di strage dal virus in Val Seriana etc. Io stesso ho perso mia sorella, affetta da precedente neoplasia, proprio in quei giorni per un coinvolgimento pleurico. Con oltre trent’anni di sopravvivenza era stata considerata uno dei pazienti oncologici più duraturi. Sono pertanto riuscito a leggere solo ad aprile la breve lettera di Andersen et al. su Nature Medicine, l’articolo che è stato più spesso citato a favore di un’origine zoonotica, cioè naturale del virus. Andersen et al. non mi ha assolutamente convinto sin dalla prima lettura né da un punto di vista scientifico (scarsezza ed inadeguatezza dei dati) né da un punto di vista logico (ha una logica convoluta e contorta: allude a dei ragionamenti che avrebbero fatto dei possibili “bio-terroristi” – (?! - Ma chi ha mai pensato che il virus sia stato progettato da dei “bio-terroristi”?). Appariva già allora assai più probabile che il virus potesse essere emerso come errore da un laboratorio. Di questi errori “errori di laboratorio” se ne contano dozzine, alcuni assai gravi e cioè con conseguenti perdite di vite umane, come descrissi un blog sul sito del CICAP a maggio 2020 (ancora visibile su internet https://www.queryonline.it/2020/04/20/quando-il-complottista-e-un-premio-nobel/).  

Il mio interessamento all’origine del virus è poi giustificabile con la mia lunga dimestichezza con la disciplina chiave per capire SARS-CoV-2: la biologia molecolare. L’anno prossimo celebrerò le mie “nozze d’oro” con questa materia, da quando cioè mi laureai alla Sapienza di Roma nel 1973 con il primo docente di biologia molecolare a Roma, Giorgio Tecce. Infine il titolo fa anche riferimento a due recenti pubblicazioni con autori o co-autori che fanno appunto parte della House of Lords britannica. Sia Jeremy Farrar (autore di SPIKE) che Matt Ridley (coautore con Alina Chan di VIRAL) sono infatti insigniti del titolo di Sir dalla regina. Ma sono prima di tutto, per quel che ci riguarda, degli eccellenti scienziati (MD Farrar e PhD in Zoology Ridley) e divulgatori, per cui perfettamente capaci di illustrare queste tematiche al grande pubblico. In questo senso quindi, mi prefiggo qui anch’io uno scopo divulgativo per il pubblico italiano: quello di illustrare una larga messe di dati. Il testo di Farrar è infatti di circa 300 pagine, mentre quello di Chan e Ridley ne ha 404: può quindi essere anche utile per il lettore una discussione generale su queste tematiche senza doversi necessariamente leggerse tomi di circa 700 pagine complessive.

 

Teoria del Lab-Leak: le sue ragioni scientifiche

Il dibattito sull’origine del virus SARS-CoV-2 (che chiamerò per brevità SARS2) responsabile della pandemia COVID-19 ha visto un forte aumento d’interesse nei mesi scorsi grazie anche a nuovi elementi che sono stati recentemente acquisiti.

In questo breve articolo cercherò di spiegare principalmente le ragioni scientifiche che hanno mantenuto vitale la teoria del LL, anche nei mesi in cui veniva attaccata e negata da molti. E perché oggi abbiamo nuovi elementi che ci fanno propendere proprio per una spiegazione LL (lab-leak) piuttosto che una di NZ (natural-zoonosis). La mia spiegazione è rivolta ad un grande pubblico e cercherà quindi di essere molto semplice e divulgativa. Per avere invece un quadro generale della diatriba, consiglio di leggere oltre ai due libri di A. Chan-M. Ridley e di Farrar che ho precedentemente citato, le pagine del Washington Post, New York Times and The Bulletin of Atomic Scientists, che hanno dedicato svariati articoli all’argomento e recentemente una cronistoria degli eventi scritta da Glenn Kessler.

 

Vineet Menachery e la funzione FCS (sito di taglio da Furina)

Per dare un’idea del quadro oggi parto dalla fine. E cioè dai dati recentissimi del gruppo di Vineet Menachery all’Università del Texas a Galveston, che ha cercato di capire la funzione di un piccolo sito presente nell’RNA di SARS2. Chiamerò questo sito FCS ovvero sito di taglio per l’enzima Furina (Furin Cleavage Site). Vedremo poi perché questo sito FCS è così importante nell’analisi di SARS2. Il gruppo texano ha creato da un ceppo SARS2 normale o wild-type (wt) un ceppo privo del sito FCS. Chiamerò i due ceppi: FCS+ (ovvero wt) e FCS- (ovvero mutante DPRRA, cioè privo di FCS).

Questo ceppo FCS- è stato ottenuto a partire dal wt dal gruppo di Menachery grazie a tecniche di genetica inversa (reverse-genetics). Paragonando i due ceppi su cellule di epitelio polmonare umano, che mima l’infezione dei polmoni in pazienti COVID-19, hanno dimostrato che solo il ceppo FCS+ si replica efficacemente. Al contrario, il ceppo FCS- ha una replicazione inferiore di almeno un logaritmo, cioè 10 volte meno. Questo già dimostra che la presenza di FCS dà verosimilmente una maggiore efficienza replicativa e quindi una maggiore patogenicità a SARS2.

Hanno poi confermato questa differenza nell’unico modello ad oggi disponibile per COVID-19: il criceto (il modello topo infatti non funziona). Solo i criceti infettati con il virus FCS+ si ammalano. Al contrario, criceti infettati con il ceppo FCS- non dimostrano patologia: questa è dunque associata proprio alla presenza o meno del sito di taglio dalla proteasi Furina (FCS).  Il dato è molto interessante perché non sembra associarsi solamente alla capacità replicativa dei due ceppi. Sembra esservi un fattore correlato alla presenza di FCS che fa la differenza fra causare o meno la malattia, almeno nel criceto e nelle cellule polmonari umane Calu3-2B4.