Maltrattamenti - Cassazione Penale: configurabile l’aggravante della “violenza assistita” se la condotta è perpetrata in presenza di minori, a prescindere dall’età e dalla concreta cognizione della vessatorietà degli atti
La Corte di Cassazione ha affermato, in tema di maltrattamenti in famiglia (delitto di cui all’articolo 572 del Codice Penale), che l’aggravante ex articolo 61, comma 11-quinquies del Codice Penale è configurabile anche quando l’età anagrafica del minore non consenta una effettiva comprensione, da parte dello stesso, della portata lesiva della condotta.
Il caso
La Corte d’Appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, aveva condannato il ricorrente per i reati di lesioni personali e maltrattamenti in famiglia in danno della coniuge convivente, con l’aggravante, per quest’ultimo delitto, dell’aver commesso il fatto in presenza del figlio minore.
Avverso tale provvedimento il condannato presentava ricorso per Cassazione adducendo, tra i diversi motivi dell’impugnazione, l’erronea applicazione da parte dei giudici di merito dell’aggravante di cui all’articolo 61, comma 11-quinquies, Codice Penale, in quanto il minore, avendo soltanto pochi mesi di vita, non era capace di comprendere appieno gli avvenimenti intorno a sé al momento della consumazione del reato
La decisione della Suprema Corte
Oltre a verificare la correttezza della sentenza impugnata in riferimento alle altre doglianze sollevate dal ricorrente, la Corte di Cassazione si è concentrata sull’applicabilità o meno dell’aggravante di cui all’articolo 61, comma 1, n. 11-quinquies del Codice Penale, delineando l’area di operatività della c.d. “violenza assistita”.
In particolare, il Supremo Collegio ha rilevato come la portata letterale del testo di legge basti, di per sé, ad escludere la possibile sussistenza di limiti non espressamente previsti dal legislatore ai fini dell’integrazione dell’elemento circostanziale, per la quale è sufficiente la presenza fisica del minore al momento degli atti vessatori, non assumendo rilievo l’effettiva percezione di questi circa il carattere offensivo della condotta illecita.
Tale argomentazione, sostenuta, peraltro, da lucidi richiami alla giurisprudenza civile, è in linea con la ratio della circostanza aggravante de qua, la quale del resto consiste in una mera elevazione della soglia di protezione per chi non ha ancora compiuto la maggiore età, in virtù dell’appartenenza alla categoria dei cc.dd. “soggetti deboli”.
L’orientamento fatto proprio dalla Corte consolida quello dalla stessa adottato in riferimento ad altre tipologie di reato. Nella sentenza in esame, infatti, si è fatto espresso riferimento a quanto già asserito in relazione al delitto di diffamazione, per il quale il Giudice di legittimità ha ritenuto integrato il requisito della comunicazione con più persone anche nel caso in cui le parole offensive siano state pronunciate in presenza di minori di tenera età, prescindendo quindi dalla concreta capacità di discernimento di questi ultimi in merito alla offesa perpetrata dal reo.
In ragione di quanto sopra esposto, nonché della disamina degli altri motivi dell’impugnazione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
(Corte di Cassazione - Sesta Sezione Penale, Sentenza 14 dicembre 2017, n. 55833)