x

x

Profili transnazionali del d.lgs. 231/2001 ed evoluzione in senso normativo del concetto di “territorialità” alla luce di Cass. Pen., sez. IV, sentenza n. 32899/2021

Transnational profiles of the legislative decree n. 231/2001 and evolution of “territoriality” in regulatory sense, in the light of the Supreme Court of Cassation, penal chamber n. IV, decision No. 32899/2021
gerri-gambino_potsfdammerflash_berlin_2016
gerri-gambino_potsfdammerflash_berlin_2016

Abstract

L’autore intende discutere, alla luce dei profili interpretativi offerti dalla sentenza de qua, lo sviluppo di forme di giurisdizione transazionale, che consentono agli stati di ampliare i propri orizzonti giurisdizionali, trascendendo i meri confini della territorialità in senso stretto, analizzando l’emersione – direttamente connessa al fenomeno della globalizzazione – di questioni di rilevanza giuridica derivate da condotte poste in essere da enti stranieri.

The author investigates, in the light of the interpretive perspectives given by the decision in question, the creation of transnational forms of jurisdiction, through which national states increase their cross-border jurisdictional activity, transcending the mere borders of “territoriality” in the strict sense, and analyses the legal issue about liability of foreign corporations – strictly connected to globalization.

 

Sommario

1. Premessa

2. Societas delinquere (non) potest e caratteri transnazionali del d.lgs 231/2001

3. Riflessioni finali

 

Summary

1. Introduction

2. Societas delinquere (non) potest and transnactional aspects of the legislative decree 231/2001

3. Final reflections

 

1. Premessa

La sentenza in commento si inserisce, tentando di delineare una soluzione definitiva, al centro di un acceso dibattito dottrinario e giurisprudenziale, che attiene alla sussistenza della giurisdizione nazionale sugli enti stranieri con esclusiva sede all’estero[1] ed operanti in Italia, allorquando il reato-presupposto sia stato commesso sul territorio italiano. La Suprema Corte, in particolare, ha ribadito la tesi già affermata da Cass., sez. VI, 7 aprile 2020, n. 11626[2], che ha riconosciuto graniticamente come, in tema di responsabilità da reato degli enti, la persona giuridica risponda dell’illecito amministrativo derivante da un reato-presupposto per il quale sussista la giurisdizione nazionale, commesso dai propri legali rappresentanti o soggetti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza, a prescindere dalla nazionalità e dal luogo ove essa abbia la sede legale, nonché dall’esistenza o meno, nello Stato di appartenenza, di norme che disciplinino analoga materia, anche con riguardo alla predisposizione di modelli organizzativi atti ad impedire la commissione di reati che siano fonte di responsabilità amministrativa per l’ente stesso.

Trattasi di principio che costituisce inevitabile quanto condivisibile corollario della globalizzazione[3] dei mercati economico-finanziari, e parallelamente del fenomeno di progressiva internazionalizzazione delle imprese. In un simile contesto, il d.lgs. n. 231/2001, contenente la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, assume particolare rilevanza, in quanto indissolubilmente legato, per sua stessa primigenia ratio, al principio che attiene al superamento della dimensione meramente nazionale della responsabilità da reato degli enti, diretta conseguenza del carattere ormai transfrontaliero dei fenomeni criminali. È lapalissiano, dunque, considerare come lo sconfinamento nazionale dei mercati quali luoghi di contrattazione, abbia prodotto dei vistosi effetti anche e soprattutto sul piano giuridico, con particolare riferimento, per quanto interessa in questa sede, alla individuazione del locus commissi delicti dell’illecito dell’ente straniero.

Preliminarmente, al fine di comprendere appieno il ragionamento logico-deduttivo sotteso alla pronuncia della Corte, e di procedere alla disamina della natura della responsabilità degli enti “stranieri”, si ritiene doverosa una ricostruzione fattuale, seppur necessariamente sintetica.

La vicenda, da cui trae origine la pronuncia de qua, si caratterizza per la particolare complessità, tanto sul piano fattuale che su quello processuale, e la gravità degli eventi verificatisi le ha valso, tra gli annali di cronaca, l’appellativo di “strage di Viareggio”.

In particolare, il 29 giugno 2009, alle ore 23.48, il treno merci n. 50325, composto da una locomotiva elettrica e da quattordici carri cisterna trasportanti GPL, sviava con il primo carro cisterna e successivamente con altri quattro carri, mentre transitava sul quarto binario della stazione di Viareggio alla velocità di 100 km/h. Nella fase di strisciamento sulla sede ferroviaria, il primo carro impattava con un elemento di acciaio, che provocava uno squarcio nella cisterna. Ne conseguiva la fuoriuscita del gas trasportato, che a sua volta invadeva la sede ferroviaria e le aree circostanti. Dopo pochi minuti, si verificava una potente deflagrazione, che interessava interamente l’area limitrofa. Ne derivava un vasto incendio che provocava trentadue morti, lesioni gravi a numerose persone, unitamente alla distruzione e al danneggiamento di molteplici veicoli ed abitazioni adiacenti la stazione ferroviaria di Viareggio[4].

Il maxi-processo scaturito dalla tragedia ha visto coinvolte trenta persone fisiche ed otto società, anche estere, quali: Trenitalia S.p.A., RFI S.p.A., Gatx Rail Austria GmbH, Gatx Rail Germania GmbH, Officina Jungenthal Waggon GmbH, Ferrovie dello Stato S.p.A., FS Logistica S.p.A. e Cima Riparazioni S.p.A. , tratte a giudizio per rispondere, a diverso titolo, dei reati di disastro ferroviario colposo, incendio colposo, omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche e lesioni colpose; veniva contestato, inoltre, l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies del d.lgs. n. 231 del 2001, in relazione ai reati di lesioni personali colpose e omicidio colposo, aggravati dalla violazione di norme antinfortunistiche.

In particolare, le due Corti di merito, ovverosia il Tribunale di Lucca[5] e la Corte d’Appello di Firenze[6], hanno identificato la causa dello svio nel cedimento strutturale dell’assile (n. 98331) del primo carro cisterna («sviato, rovesciato, perforato con fuoriuscita del GPL, poi incendiatosi»[7]), determinato da uno stato avanzato di corrosione (c.d. “cedimento a fatica” o “rottura per fatica”). Invero, nel corso del processo, è stata accertata la presenza di un grave difetto (c.d. “cricca”) in corrispondenza del “collarino”[8], nonché il fatto che una corretta manutenzione dell’assile avrebbe impedito la rottura della sala ferroviaria[9] e, di conseguenza, la verificazione degli eventi, con elevata credibilità razionale[10].

La puntuale individuazione dei soggetti responsabili dei reati contestati non ha potuto prescindere da un’attenta e dettagliata ricostruzione dell’iter manutentivo del primo carro e dell’assile n. 98331, al fine di delineare contestualmente i doveri e le rispettive aree di competenza in capo a ciascun imputato.

Più specificamente, il primo carro cisterna, costruito nel 2003, era di proprietà della società austriaca GATX Rail Austria GmbH9[11] e da questa noleggiato, all’inizio del 2005, alla società Cargo Chemical s.r.l. (prima fusa in FS Cargo S.p.A., in seguito divenuta FS Logistica S.p.A.), la quale l’aveva poi concesso in uso a Trenitalia S.p.A.

Il carro veniva, da allora, usato esclusivamente sulla tratta ferroviaria Trecate-Gricignano, quindi prettamente sul suolo italiano, e aveva subito nel corso degli anni molteplici interventi di manutenzione: di rilievo, nel corso dei giudizi di merito, si è rivelato il montaggio della sala ferroviaria anteriore (la sala sviata), costruita nel 1972. Ad inizio 2009, il carro veniva sottoposto ad una revisione programmata presso la società Cima riparazioni S.p.A., la quale

aveva accertato l’irregolarità di due sale ferroviarie e comunicato alla GATX Rail Austria GmbH9 la necessità di provvedere alla loro sostituzione. A seguito di tale richiesta, la società austriaca richiedeva all’Officina Jungenthal Waggon GmbH – di proprietà della GATX Rail Germania GmbH[12] – di inviare alla Cima Riparazioni due sale sostitutive, tra le quali era presente anche la sala composta dall’assile n. 98331, che era stato a sua volta sottoposto a controlli non invasivi a novembre 2008 presso la medesima officina[13]. La Cima riparazioni S.p.A. provvedeva pertanto al montaggio delle sale sul carro cisterna, che veniva riconsegnato a Trenitalia S.p.A.

Il treno merci rientrava così in servizio, compiendo dodici tratte prima del tragico evento verificatosi presso la stazione di Viareggio.

Per leggere il contributo integrale CLICCA QUI!

 

[1] Pertanto, enti che non abbiano sede né stabile organizzazione nel territorio nazionale.

[2] Cass., Sez. VI, sent. 7 aprile 2020 (dep. 7 aprile 2020), n. 11626, Pres. Calvarese, Est. Bassi. A commento v., ex multis, CECCACCI G., Limiti di spazio della responsabilità da reato degli enti: il reato commesso in Italia nell'interesse o a vantaggio di società avente sede all'estero, in Cass. Pen., 2020, n. 12, 4706 ss.; PICCINNI M. L., L'applicazione della responsabilità amministrativa ex d.lgs. 231/2001 per i reati commessi in Italia da enti con sede principale all'estero in relazione alla sentenza della cassazione 11626/2020 - Cosa cambia con l'entrata in vigore della procura europea, in Resp. amm. società e enti, 2021, fasc. 3, 245.

[3] Il termine ”globalization” apparve per la prima volta nel Webster’s New International Dictionary nel 1961, anche se secondo l’Oxford Dictionary era già utilizzato dagli economisti alla fine degli anni ‘30. La tradizione attribuisce tuttavia la coniazione ufficiale del termine al Prof. Theodore Levitt, che lo utilizzò nel suo saggio ”Globalisation of Markets” del 1983. Sul tema della globalizzazione esiste una sterminata letteratura, inter alios, SASSEN S., A sociology of globalization, W. W. Norton, 2007 (trad. it. Una sociologia della globalizzazione, Torino, Einaudi, 2008; INGHAM G., Capitalism, Polity Press, 2008 (trad. it. Capitalismo, Einaudi, Torino, 2010, 218 ss.).

[4] Per la ricostruzione della vicenda effettuata dalla Cassazione v., Cass., Sez. IV, sent. 8 gennaio 2021 (dep. 6 settembre 2021), n. 32899, Pres. Fumu, est. Dovere. Per una più compiuta analisi, ad opera delle Corti di merito v., rispettivamente: Trib. Lucca, 31 luglio 2017, n. 222, 15 e ss.; App. Firenze, Sez. III, 16 dicembre 2019, n. 3733, 3 e ss.

[5] Trib. Lucca, 31 luglio 2017, cit.

[6] App. Firenze, Sez. III, 16 dicembre 2019, cit.

[7] CARLONI R., GROMIS DI TRANA V., La sentenza del Tribunale di Lucca relativa al disastro ferroviario di Viareggio: l’applicabilità erga omnes delle norme prevenzionistiche; le posizioni di garanzia; i principi espressi rispetto alla normativa d.lgs. 231/2001, in Rivista 231, 2018, cit., 240.

[8] In ingegneria ferroviaria, il “collarino” è la zona di raccordo esterna alle ruote, posta tra la portata di calettamento e il fusello. V. Cass. in commento, 16 ss.

[9] La “sala ferroviaria” o “sala montata” è, in ingegneria ferroviaria, l’insieme costituito da due ruote e dall’assile corrispondente di un veicolo ferroviario.

[10] Trib. Lucca, 31 luglio 2017, cit., 118 e ss., spec. 124; App. Firenze, Sez. III, 16 dicembre 2019, cit., 426 e ss., spec. 431.

[11] Con particolare riferimento alle persone fisiche, a Ma.Ro., quale Responsabile manutenzione della flotta carri merci di Gatx Rail Austria, si imputava la violazione del d.lgs. n. 162 del 2007, art. 8. artt. 2043 e 2050 c.c., art. 23, co. 1 in relazione all’allegato V Parte I Par. 3.2 del d.lgs. n. 81 del 2008, avendo questi omesso qualsiasi controllo sull’officina Jungenthal, non essendosi adoperato affinché presso la Gatx Rail Austria fosse previsto un sistema di deleghe e controlli adeguati ed efficaci ai fini dell’accertamento della regolarità delle operazioni eseguite presso l’officina incaricata della manutenzione dei propri carri ed avendo fornito alla Cima Riparazioni S.p.A. il carro non conforme. A Ma.Jo., quale amministratore delegato di Gatx Rail Austria veniva contestata la violazione del d.lgs. n. 162 del 2007, art. 8. artt. 2043, 2050 e 2087 c.c., art. 23, co. 1 in relazione all’allegato V Parte I Par. 3.2 del d.lgs. n. 81 del 2008, avendo omesso di adottare o far adottare per Gatx Rail Austria un sistema di deleghe, formazione, istruzioni e controllo adeguato ed efficace ai fini dell’accertamento della regolarità delle operazioni eseguite presso le officine incaricate della manutenzione dei carri di proprietà della società Gatx e avendo noleggiato a Cargo Chemical s.r.l. – poi FS Logistica S.p.A. – un’attrezzatura di lavoro non conforme alle prescrizioni in materia di sicurezza.

[12] A K.R., nella qualità di amministratore delegato della Gatx Rail Germania, nonché di direttore generale dell’Officina Jungenthal, veniva contestato di aver cagionato il sinistro per negligenza, imperizia ed inosservanza delle riconosciute regole della tecnica nonché del d.lgs. n. 162 del 2007, art. 8. artt. 2043, 2050 e 2087 c.c., art. 23, co. 1 in relazione all’allegato V Parte I Par. 3.2 del d.lgs. n. 81 del 2008.

[13] A K. U., che aveva eseguito materialmente il controllo, si imputava di aver operato con colpa generica ed inoltre non osservando le prescrizioni UNI EN 583, la VPI 04 II ed., appendice 27, l’art. 8 del d.lgs. n. 162/2007 e gli artt. 2043 e 2050 c.c. e, di conseguenza, di non aver rilevato la presenza della cricca di circa 11 mm presente sull’assile, cagionandone il successivo cedimento.