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Punisce l’alunno facendogli sputare addosso dai compagni

anche col metodo educativo “role play” è abuso dei mezzi di correzione
Alta montagna
Ph. Federico Radi / Alta montagna

Con la sentenza n. 37642 del 18 ottobre 2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che punire un alunno per aver sputato a terra facendolo bersagliare di sputi dai compagni di classe integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina di cui all’articolo 571 Codice Penale, a nulla rilevando la convinzione dell’insegnante di agire nei limiti dello ius corrigendi e in applicazione del metodo educativo c.d. “role play”.

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto da un’insegnante, condannata dai giudici di merito per il reato di cui all’articolo 571 Codice Penale per avere abusato dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti di un suo alunno, “costringendo quest’ultimo, che durante la lezione di educazione motoria aveva continuato a sputare per terra e verso i presenti, a subire a sua volta l’umiliazione di essere bersaglio di sputi da parte di altri suoi compagni di classe, così provocando al bambino un forte turbamento e pianto”.

Tra i vari motivi, la ricorrente deduceva la violazione della legge penale e vizi di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie criminosa contestata, posto che nel caso di specie la ricorrente si era mossa nella sicura convinzione che la sua condotta rientrasse nei limiti dello ius corrigendi e in applicazione del metodo educativo c.d. “role play”, che conosceva ed aveva applicato in altri contesti.

La Cassazione ha ritenuto la sentenza impugnata immune da qualsiasi vizio e censura, avendo i giudici di merito fatto buon uso del principio di diritto secondo cui “integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi”.

A nulla rileva, pertanto, la convinzione personale del soggetto di agire nel rispetto dello ius corrigendi e in applicazione di un qualsivoglia metodo educativo, in quanto, secondo un orientamento ermeneutico granitico, ai fini dell’integrazione del reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina di cui all’articolo 571 Codice Penale è sufficiente che in capo all’agente sussista il mero dolo generico, ossia la volontà di abusare dei mezzi di correzione, mentre il fine disciplinare costituisce un elemento della fattispecie e non una qualificazione dell’elemento soggettivo.

Nel caso di specie, l’insegnante era stata ritenuta penalmente responsabile per aver dolosamente adoperato violenze nei confronti del proprio alunno, servendosi dei compagni di classe dello stesso che lo avevano bersagliato di sputi: per i giudici di legittimità, la convinzione di agire nel rispetto dei principi e delle linee operative di un metodo educativo ampiamente diffuso non esclude il reato in quanto il fine educativo non fa venir meno l’elemento soggettivo richiesto dalla norma, ossia la piena consapevolezza e volontà di porre in essere un abuso dei mezzi di correzione e di disciplina.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali, alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla parte civile costituita in giudizio e al pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.