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Riflessioni sulla proposta di riforma in tema di legittima difesa domiciliare

Riflessioni sulla proposta di riforma in tema di legittima difesa domiciliare
Riflessioni sulla proposta di riforma in tema di legittima difesa domiciliare

Abstract

Il dibattito in tema di legittima difesa è divenuto, da diversi anni, una costante del quadro politico del nostro Paese. Pochi giorni fa è stato depositato, in Commissione Giustizia al Senato, un disegno di legge di modifica della legittima difesa domiciliare. Oltre ad estendere i confini dell’istituto, nelle intenzioni del legislatore vi sarebbe anche quella di eliminare l’incertezza interpretativa in fase di giudizio, con particolare riguardo al requisito della proporzionalità tra offesa e danno.

 

Sommario

1. La legittima difesa domiciliare

2. Gli indirizzi giurisprudenziali

3. La recente proposta di riforma dell’articolo 52 codice penale: il disegno di legge adottato in Commissione Giustizia al Senato

4. Conclusioni

 

1. La legittima difesa domiciliare

La legittima difesa domiciliare è una causa di giustificazione introdotta nel nostro ordinamento dalla legge del 13 febbraio 2006, numero 59 la quale ha aggiunto all’articolo 52 del codice penale due nuovi commi che regolamentano l’esercizio del diritto all’autotutela in un privato domicilio (comma 2) o in ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale (comma 3).

La disciplina della scriminante de qua, lascia sussistere alcuni dei presupposti tradizionali della legittima difesa: ossia la necessità di difendersi da un pericolo attuale di un’offesa ingiusta,

La norma richiede che vi sia una violazione di domicilio ex articolo 614 codice penale da parte dell’aggressore e che l’arma (o altro mezzo idoneo), di cui è consentito l’uso per la difesa della “propria o altrui incolumità” o dei “beni propri o altrui”, sia legittimamente detenuta ed utilizzata da chi è legittimamente presente nei luoghi indicati dal citato articolo.

Inoltre viene richiesta la non desistenza dall’azione illecita da parte del reo e la sussistenza del pericolo di aggressione.

Per le ipotesi sub lettera a) dell’articolo 52, comma 2, codice penale, il legislatore non chiarisce espressamente a quali beni si riferisce l’oggetto della difesa: per dottrina maggioritaria l’allusione è ai beni della vita e dell’integrità fisica, nonché delle libertà individuali delle persone presenti nel domicilio. Inoltre la presunzione juris et de jure di proporzione tra offesa e difesa rende del tutto superfluo ogni tipo di accertamento da parte del giudice circa la congruità tra i mezzi offensivi e quelli difensivi, con la conseguenza che l’uso dell’arma risulterebbe scriminato anche in quei casi in cui, per respingere l’aggressore, sarebbe stata sufficiente una reazione meno lesiva.

Per quanto invece riguarda l’ipotesi sub lettera b), la dottrina maggioritaria è orientata nel ritenere che attraverso tale requisito il legislatore abbia voluto far riferimento all’ipotesi in cui, a seguito di un pericolo attuale di offesa a beni patrimoniali, dopo l’invito a desistere, si verifichi un pericolo di aggressione alla persona.

Le condizioni necessarie che devono sussistere affinché possa operare la causa di giustificazione in commento, in questo secondo caso, sono due:

1) la mancata desistenza da parte dell’aggressore, intesa come non abbandono della condotta offensiva nei confronti dei beni;

2) il pericolo di aggressione. Viene comunque richiesto il requisito dell’attualità, inteso come probabilità di un’aggressione in atto incombente o quantomeno imminente.

In entrambe le ipotesi di cui alle lettere a) e b) la liceità del ricorso all’arma per difendersi, e l’operatività della presunzione di proporzione, sono subordinati alla condizione che il soggetto che si difende si trovi legittimamente nel luogo di privato domicilio e che l’arma sia legittimamente detenuta.

Anche sul punto la norma solleva perplessità in quanto finisce per creare una irragionevole discriminazione poiché, da un lato, la disposizione non risulta applicabile se l’arma usata per difendersi non è legittimamente detenuta ma legittima l’aggredito a poter utilizzare qualsiasi altro mezzo idoneo a provocare anche effetti letali; dall’altro è indirizzata solo al cittadino “onesto” e non anche a chi si trovi, ad esempio, nello stesso luogo di dimora ma senza la legittimità dell’occupazione (si pensi ai clandestini).

 

2. Gli indirizzi giurisprudenziali

Attese le perplessità a causa della non chiara formulazione della norma, la giurisprudenza è apparsa da subito unanime nel delineare i tratti salienti della scriminante in esame. In diverse pronunce la Cassazione ha evidenziato come la presunzione legale di proporzione introdotta per la violazione di domicilio non superi i limiti di liceità della legittima difesa previsti dall’articolo 52, comma 1, codice penale.

Tale presunzione, secondo giurisprudenza consolidata, incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venir meno la necessità, da parte del giudice, di accertare la sussistenza degli altri requisiti, ossia il pericolo attuale, l’offesa ingiusta e la necessità-inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi (Cassazione Penale, Sezione I, 7 ottobre 2014, numero 50909).

Con riguardo all’ipotesi in cui l’aggredito agisca per difendere beni patrimoniali, la giurisprudenza ha sempre valutato rigorosamente anche la presunzione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa di cui al secondo comma dell’articolo 52 codice penale. Importanza dirimente continua ad avere, ai fini del giudizio di proporzione, il confronto tra il bene dell’aggredito (posto in pericolo dell’aggressore) e il bene dell’aggressore (posto in pericolo dalla reazione dell’aggredito).

3. La recente proposta di riforma dell’articolo 52 codice penale: il disegno di legge adottato in Commissione Giustizia al Senato

Con il disegno di legge in questione, adottato lo scorso 4 ottobre 2018 in Commissione Giustizia, si vuole ampliare l’ambito di applicazione della legittima difesa con particolare riguardo alla cosiddetta “difesa domestica” e all’eccesso colposo nella legittima difesa, inasprendo il regime sanzionatorio anche dei reati di furto, rapina e violazione di domicilio.

Il provvedimento introduce anche modifiche alla disciplina della sospensione condizionale della pena e alla liquidazione degli onorari e delle spese di giustizia.

Il testo adottato assembla in sé il contenuto di otto diversi disegni di legge, rappresentando la sintesi delle varie proposte in materia all’esame della commissione.

Il provvedimento prevede per la legittima difesa una serie di modifiche che destano notevoli preoccupazioni.

Si prevede l’inserimento, al comma 2 dell’articolo 52 codice penale, dell’avverbio “sempre” dopo la parola “sussiste” per indicare che il rapporto di proporzione tra offesa e difesa, di cui al comma 1, è inequivocabilmente ed in ogni caso presunto quando si tratta di difendere il privato domicilio. Già solo tale proposta desta non poche perplessità e preoccupazioni in ordine alle aberranti conseguenze che una simile disposizione potrebbe arrecare negli innumerevoli sviluppi dei casi concreti. Infatti si farebbero notevoli passi indietro in relazione ad uno dei problemi che da sempre riguarda la norma in questione, ossia la presunzione del requisito di proporzione che, laddove dovesse passare la riforma, sarebbe scevra da ogni tipo di accertamento giudiziale. È fuori discussione, infatti, che la previsione normativa mira ad eliminare ogni residuo spazio di discrezionalità da parte del giudice nella valutazione della proporzionalità tra la difesa e offesa.

Inoltre si propone di introdurre un’ulteriore forma di legittima difesa domiciliare prevedendo l’inserimento di un comma 4 all’articolo 52 codice penale che testualmente dovrebbe recitare: Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”. Già carente sul piano della determinatezza e della tassatività, l’introduzione di una scriminante del genere sovvertirebbe la ratio sottesa alla legittima difesa, che è quella di difendersi da “un pericolo attuale di un’offesa ingiusta”. Prevedere che esista sempre la scriminante, e quindi la non punibilità, di fronte ad un intruso che usa violenza o minaccia di uso di armi, significa positivizzare un “diritto di difesa” stravolgendo il significato della causa di giustificazione poiché introdurrebbe una vera e propria licenza di uccidere ancorata semplicemente a un rapporto cronologico tra aggressione e “difesa”: «qualunque compressione del requisito della proporzione della difesa, mediante una presunzione normativa della sua sussistenza, non può in ogni caso escludere la necessità della difesa stessa».

Per quanto invece riguarda l’eccesso colposo di cui all’articolo 55 codice penale, la proposta di legge esclude la punibilità di colui che commette il fatto per la salvaguardia della propria incolumità trovandosi in condizione di minorata difesa o di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto. Nessun eccesso colposo e nessuna punibilità, dunque, anche se si eccedono colposamente i “limiti” della legittima difesa domiciliare, qualora chi ha commesso il fatto abbia agito in uno “stato di grave turbamento”. Anche in questo caso la norma causerebbe non pochi problemi perché andrebbe a rafforzare quella cosiddetta licenza di uccidere rendendo quasi assoluto il diritto di difendersi del cittadino in caso di violazione di domicilio.

Consequenzialmente alla modifica della legittima difesa domiciliare, il disegno di legge prevede un inasprimento delle pene per il reato di violazione di domicilio previsto all’articolo 614 codice penale: dalla pena della reclusione da sei mesi a tre anni si passerebbe alla pena della reclusione “da uno a cinque anni”, per l’ipotesi base di reato, e “da due a sei anni” per l’ipotesi aggravata di cui al comma 4 dell’articolo 614 codice penale.

 

4. Conclusioni

Esistono allo stato attuale molte preoccupazioni circa le ripercussioni che si potrebbero avere laddove venisse approvato il disegno di legge esaminato.

Già l’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale, con un comunicato reso pubblico lo scorso luglio, ha manifestato il proprio disappunto in ordine alle modifiche in tema di legittima difesa, preoccupati soprattutto per «i messaggi ingannevoli che si stanno diffondendo nell’opinione pubblica».

I professori non usano giri di parole: «Il dibattito sulla riforma della legittima difesa promette oggi all’opinione pubblica vantaggi illusori, perché la riforma annunciata è presentata in modo ingannevole. I cittadini devono infatti essere informati che, se si uccide o si ferisce qualcuno, nessuna riforma potrà mai assicurare che non vengano svolti accertamenti penali (…)».

«La causa di giustificazione della legittima difesa», spiegano i professori, mai da nessuna parte è stata «licenza di uccidere, poiché la legittimità della difesa è stata sempre subordinata a requisiti: primo fra tutti la necessità di difendersi, in assenza della quale non si parlerebbe più di difesa, ma di offesa gratuita e deliberata».

Non basta scrivere nella legge che si presume sempre il requisito della proporzione della difesa in quanto si dovrà comunque verificare che difendersi sia stato necessario. «Al fine di evitare l’accertamento del giudice penale», ribadiscono, «non servirebbe neppure restringere le ipotesi punibili, fino a limitarle ai casi di vendetta intenzionale mascherata da difesa legittima, dovendosi necessariamente considerare i casi in cui la sproporzione sia dipesa non da intenzione malevola che si “approfitta” dell’aggressione per togliere di mezzo un ladro o un rapinatore, ma da un grave turbamento (…). Anche qui la verifica sulle reali intenzioni dell’aggredito sarebbe necessaria, e dunque inevitabile la sua iscrizione nel registro degli indagati, salvo l’evidenza del contrario».

Chi propone la riforma è ben consapevole di tutto ciò ma, facendo passare informazioni dotate di scarsa chiarezza all’opinione pubblica, non rende un servizio alla verità.