Successione legittima e successione necessaria: le quote e le imposte

Polinesia
Ph. Simona Balestra / Polinesia

Abstract

Nello scritto si riepilogano, sinteticamente, le principali differenze tra le due figure di successione da legge presenti nel nostro ordinamento, vale a dire la successione legittima e la successione necessaria. Si passa, poi, a indicare, sempre in rapida sintesi, quali siano le quote che spettano per legge ai familiari del defunto, tanto nella successione legittima, quanto nella successione necessaria, per concludere con alcuni brevi cenni alle aliquote e alle franchigie delle imposte di successione gravanti sui familiari del de cuius.

 

Indice:

1. Successione legittima e successione necessaria in estrema sintesi

2. I soggetti e le quote della successione legittima

3. I soggetti e le quote della successione necessaria

4. Il concorso tra successione legittima e successione necessaria

5. Cenni ai profili tributari

 

1. Successione legittima e successione necessaria in estrema sintesi

L’art. 42, 4° comma, della Costituzione, ci indica, espressamente, che la successione può essere “legittima e testamentaria”.

Conferma, poi, l’art. 457 c.c., che “l’eredità si devolve per legge o per testamento”. Dall’art. 565 c.c., ancora, apprendiamo che “nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo stato”, e, dall’art. 536 c.c., che ci sono “persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione”, e che queste persone sono “il coniuge, i figli, gli ascendenti” (occorre ricordare, ancora, che, a questi fini, al coniuge è sempre in tutto e per tutto equiparata la parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso).

Già questo basta, ad un’osservazione anche solo superficiale, per consentirci di affermare, che, nel nostro ordinamento, esiste una sola figura di successione mortis causa regolata dalla volontà, che è la successione testamentaria – come conferma, tra l’altro, anche il divieto di patti successori di cui all’art. 458 c.c. – e due figure di successione mortis causa da legge: la successione legittima (artt. 565 ss., c.c.) e la successione necessaria (art. 536 ss., c.c.).

Sempre in estrema sintesi, è noto come la successione legittima abbia una funzione di supplenza, e serva ad attribuire l’intero patrimonio del defunto ad almeno un erede, quando il testamento non via sia, o sia in tutto o in parte inefficace, o non disponga interamente di detto patrimonio, o, ancora, i chiamati per testamento non vogliano o non possano accettare l’eredità.

La successione necessaria, viceversa, riserva quote del patrimonio del defunto a stretti familiari di questi, anche con prevalenza su un’eventuale diversa volontà del de cuius medesimo. Nonostante le notevoli differenze, anzitutto per quanto riguarda la funzione, tra le due figure di successione da legge, i soggetti di esse sono in parte coincidenti, e anche per questo si deve fare particolare attenzione a non confonderle.

 

2. I soggetti e le quote della successione legittima

Come appena ricordato, i chiamati all’eredità dalla successione legittima possono essere: il coniuge; i figli e i discendenti; gli ascendenti; i parenti collaterali, fino al sesto grado; lo Stato.

Le quote dell’asse ereditario destinate ad ognuno di questi familiari variano, a seconda di quanti e quali siano quelli esistenti nel caso concreto. In particolare, a norma dell’art. 583 c.c., al coniuge spetta l’intera eredità, se il defunto non aveva figli (né discendenti, che subentrerebbero, per rappresentazione, in luogo dei figli, che non hanno voluto o potuto accettare, ex artt. 467 e 468 c.c.), ascendenti, fratelli o sorelle; al coniuge poi, spettano i due terzi dell’eredità, in caso di concorso con ascendenti o con fratelli e sorelle, spetta un mezzo dell’eredità, se il concorso è con un solo figlio, e un terzo dell’eredità se il concorso è con due o più figli (artt. 582 e 583 c.c.).

Lo stesso è a dirsi, altresì, se il coniuge sopravvissuto fosse stato separato, ma senza che la sentenza gli fosse stata addebitata con sentenza passata in giudicato (art. 585 c.c.). I figli (e, per rappresentazione, i loro discendenti) concorrono solo con il coniuge e prevalgono su tutte le altre categorie di successibili, le quali, dunque, sono escluse dalla successione quando vi siano figlio o discendenti del de cuius. Se non c’è il coniuge, ai figli spetta l’intera eredità, che andrà divisa tra i figli stessi in parti uguali (art. 566 c.c.).

Se c’è anche il coniuge, al figlio unico spetta la metà dell’eredità, e ai figli in numero maggiore di uno, i due terzi di essa, da dividere poi tra loro in parti uguali (art. 581 c.c.). Se non ci sono figli e non c’è coniuge l’eredità si devolve per la metà ai genitori e per l’altra metà viene divisa tra i fratelli e le sorelle, tenendo anche conto che si dimezza la quota di ogni fratello o sorella solo unilaterale. Se non vi è nessun familiare che rientra in queste categorie, né può operare, in favore dei discendenti dei figli, e di quelli dei fratelli e delle sorelle, la rappresentazione, vengono chiamati all’eredità i parenti collaterali, in ordine di prossimità del grado di parentela. In questo caso, quindi, l’accettazione di un parente di grado più prossimo, esclude dalla successione tutti i parenti di grado più remoto. Se più individui sono parenti in pari grado del defunto, poi, l’eredità si dividerà tra loro in parti uguali.

Ove non vi siano, o non vogliano né possano accettare, parenti entro il sesto grado, infine, sarà erede lo Stato, che, ai sensi dell’art. 586 c.c., acquista l’eredità senza accettare, né può rinunziare ad essa.

 

3. I soggetti e le quote della successione necessaria

I soggetti chiamati della successione necessaria sono il coniuge, i figli (o, in loro luogo, per rappresentazione, i discendenti) e eventualmente gli ascendenti.

Ad ognuno di questi familiari spettano quote, che variano a seconda di quanti e quali siano quelli esistenti nel caso concreto, di un patrimonio che si determina solo astrattamente, attraverso l’operazione chiamata “riunione fittizia”.

Essa, a norma dell’art. 556 c.c., si compie detraendo il valore dei debiti del defunto dall’asse ereditario, e sommandovi il valore che avevano, al momento dell’apertura della successione, tutte le donazioni, anche indirette, che il de cuius avesse disposto in vita. Sul valore così ottenuto, si applicano le quote indicate dalla legge, che, appunto, variano a seconda del numero e della qualità dei legittimari esistenti nel caso concreto. In particolare, nella successione necessaria, del patrimonio ottenuto con la riunione fittizia, al coniuge spetta la metà, se non concorre con alcun figlio, un terzo, se concorre con un figlio, e un quarto, se concorre con due o più figli, ai sensi degli artt. 540 e 542 c.c.

Al figlio unico, poi, se non c’è coniuge, è riservata la metà, mentre se c’è coniuge è riservato un terzo del patrimonio suddetto; ai figli in numero superiore a uno, ancora, se non c’è coniuge sono riservati i due terzi, e se c’è anche il coniuge è riservata la metà, sempre del patrimonio calcolato con la riunione fittizia (artt. 537 e 542 c.c.). La quota riservata ai figli in numero superiore a uno, andrà sempre divisa tra essi in parti uguali. Ex artt. 538 e 544 c.c., inoltre, agli ascendenti spetta, del patrimonio sopra indicato: un terzo, se non vi sono, né figli, né coniuge; un quarto, se concorrono con il coniuge; nulla, se vi sono figli (o discendenti).

La quota del patrimonio fittiziamente riunito, che non è riservata a nessuno dei familiari sopra indicati, infine, è detta “disponibile” e può essere liberamente attribuita dal de cuius, secondo la propria volontà.

 

4. Il concorso tra successione legittima e successione necessaria

Quando la successione sia, in tutto o in parte, intestata, altresì, a norma dell’art. 553 c.c., ai familiari che siano, al tempo stesso, sia eredi legittimi, sia eredi necessari (o “legittimari”) (cioè a figli, eventualmente discendenti, coniuge – o parte dell’unione civile – e ascendenti), saranno destinate le quote in concreto più favorevoli, tra quelle di successione legittima e quelle di successione necessaria.

Non inganni, sul punto, l’immediata evidenza per cui le frazioni della successione legittima sono sempre maggiori di quelle della successione necessaria (dovendo, in quest’ultima, sempre rimanere anche una frazione di “disponibile”), poiché diversi sono i patrimoni su cui dette frazioni andranno applicate, e il patrimonio di riferimento della successione necessaria può essere anche notevolmente maggiore del solo asse ereditario.

Si consideri, al riguardo, l’esempio seguente. Il defunto lascia solo il coniuge e un fratello (per semplicità, si ipotizzi che non ci siano figli, né discendenti, né ascendenti). Nella successione necessaria, ex art. 540 c.c., la metà è riservata al coniuge e il resto è disponibile (nulla è riservato al fratello, che non è un legittimario).

Nella successione legittima, ex art. 582 c.c., al coniuge vanno i due terzi, mentre un terzo va al fratello. La metà, tuttavia, è di relictum + donatum, mentre i due terzi sono del solo relictum. Così, se, ad esempio, il defunto lascia un patrimonio attivo del valore di 60, e in vita ha donato ad estranei per un valore di 30, ecco che al legittimario convengono di più le quote della necessaria, seppure rappresentate da frazioni più piccole (legittima: 60/3 = 20x2 = 40; necessaria: 60 + 30 = 90/2 = 45).

 

5. Cenni ai profili tributari

Due parole, da ultimo, vanno destinate ai profili tributari, che, pur non essendo specifici della successione da legge, anche nella successione da legge trovano importante applicazione. Per il coniuge e per i figli del de cuius, allora, l’aliquota di imposta è del 4%, e si applica sul valore imponibile oltre la soglia del milione di euro.

La franchigia non è complessiva, ma si ripete per la quota di ognuno di questi successori. Se successori sono i fratelli e le sorelle del de cuius, l’aliquota sale al 6%, e, soprattutto, la franchigia si abbassa a centomila euro, di nuovo, peraltro, non complessiva, ma ripetuta per la quota di ognuno. Sempre del 6% è l’aliquota quando successori sono altri parenti, fino al quarto grado, ma, per essi, non vi è alcuna franchigia. Per i parenti oltre il quarto grado, come per tutti gli altri successori, infine, l’aliquota sale all’8%, né è prevista alcuna franchigia.