Sui campi freddi, una poesia di Ágota Kristóf

Sui campi freddi, una poesia di Ágota Kristóf
Ágota Kristóf (Csikvánd, 30 ottobre 1935 – Neuchâtel, 27 luglio 2011[1]) è stata una scrittrice e drammaturga ungherese naturalizzata svizzera.
Come autrice, Ágota Kristóf si è espressa quasi esclusivamente in francese, la sua seconda lingua, che non riuscirà mai a padroneggiare pienamente e senza errori, una circostanza che, nella narrazione autobiografica, portò la scrittrice a definire se stessa come un'«analfabeta». (fonte wikipedia)
Ágota Kristóf raggiunse la popolarità mondiale con la pubblicazione de "Trilogia della città di K" (in Italia pubblicato da Einaudi).
Oggi però vogliamo ricordare l'attività poetica di Ágota Kristóf, sicuramente meno nota di quella narrativa, ma altrettanto valida.
La poesia che abbiamo scelto, "Sui campi freddi", è tratta dalla silloge poetica "Chiodi".
Grazie all’editore Casagrande, infatti, nel 2018 viene, per la prima volta, proposto in versione in italiana, con la cura e la traduzione di Vera Gheno e Fabio Pusterla, rispettivamente dall’ungherese e dal francese, il volume di poesie di Ágota Kristóf intitolato Chiodi.
In questa poesia Ágota Kristóf riesce ad imprimere con i suoi versi l’eternità in uno sguardo e la melanconia nell’istante successivo, dipingendo un quadro glaciale e terribile.
Un testo algido e bollente al contempo, in cui l'angoscia si fa poesia, e la poesia si fa angoscia. Un testo, quello di Ágota Kristóf, struggente, bellissimo in modo terribile, talmente dolente che quando finiamo l’ultimo verso ci pare davvero ci faccia male tutto, persino il mondo.
Su campi freddi
di Agota Kristof
Tre anni fa mi sono persa in una città dove
Non avevo nessuno quindi non importava dove fossi
Pubblicità saltellavano si dondolavano come scimmie
Tram correvano a casaccio sulle rotaie
Avrei potuto essere perfettamente libera e felice allora
Se avessi trovato almeno un po’ di soldi
Stavo sulla riva ferita da luci di un lago blu scuro
Un’ombra mi passò accanto mi diede un’occhiata
O era solo una pittura che per sbaglio
Avevo scorto attraverso una finestra oppure mi era solo
venuta all’improvviso in mente una poesia forse era musica ormai
Non lo so invano corsi via di lì terrorizzata
Un’auto quasi mi venne addosso urlò rabbioso
Il guidatore poi mi invitò a salire in macchina mi portava a casa
Disse risi e nominai la via dove abitavo
Avevo un amico si è ucciso due anni fa
Quell’estate mi ero innamorata tre volte
Non piangere se non sono venuta da te stasera io
Ho diritto a me stessa non ti vedo nemmeno domani
Penso a tramonti polverosi odorosi di letame adesso e
A carretti solitari che rumoreggiano su viottoli invasi da erbacce
Nei tuoi occhi sento il calore degli ultimi giorni d’estate
e la loro tristezza non dimenticare le colorate sere di maggio
e osserva il pianto disperato dei boschi sferzati dalla pioggia
Camminavo per meravigliosi prati freddi senza fiori
Nel mio sogno del mio cuore non sapevo nulla
I fili d’erba ondeggiavano nel vento come bandiere
Su questi prati felici e sconfinati e allora
Dissi alla terra lascia che io rimanga qui
Di colpo un’ombra mi si parò davanti mi guardò
O forse era solo una pittura una poesia o musica ormai
Non lo so invano corsi via di lì terrorizzata
L’alba era muta e grigia come il tuo viso
Tutto mi faceva di nuovo male