Tari ridotta se il servizio non è regolare
Riduzione della Tari se il servizio non è regolare
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5940 del 23 febbraio 2022, si è pronunciata in materia di Tari, stabilendo che i contribuenti hanno diritto a pagare il contributo in misura ridotta se il servizio non viene svolto o non viene svolto in maniera regolare. Se l’attività di raccolta dei rifiuti non viene effettuata fin dove ha sede l’azienda e la stessa è costretta a richiedere un servizio sostitutivo privato, la tassa non è dovuta integralmente.
Tari ridotta
La Tari, o tassa sui rifiuti, ai sensi dell'art. 1 c. 641 L. n. 147/2013, spetta a chiunque sia in possesso, o detenga a qualsiasi titolo (ad esempio, locazione, comodato d’uso, usufrutto, proprietà, ecc.), locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani È obbligato a pagare la TARI chiunque occupi l’immobile, a prescindere se sia inquilino in affitto o proprietario. Sono invece escluse dal pagamento della TARI le aree escluse dal servizio pubblico di nettezza urbane, quali le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni, e le aree condominiali comuni.
La Tari viene determinata da ogni Comune, in base al costo e al servizio reso. La regola è “chi più inquina, più paga”; il Comune, infatti, commisura la tassa in base alla media ordinaria di rifiuti prodotta per unità di superficie. La Tari, inoltre, è applicata in base a tariffa giornaliera per il servizio di gestione dei rifiuti assimilati prodotti da soggetti che occupano o detengono temporaneamente, con o senza autorizzazione, locali od aree pubbliche o di uso pubblico.
Secondo la Corte Suprema, dunque, è proprio il disservizio fornito a dover determinare una riduzione della Tari. La riduzione spetta al contribuente qualora il servizio non venga svolto, svolto in maniera inefficace, senza rispettare i criteri previsti dalla legge e dal regolamento comunale, o venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori e alla frequenza della raccolta.
Per la Corte si tratta di “riduzioni cosiddette tecniche, chiamate a regolare situazioni in cui si realizza una contrazione del servizio, e quindi dei costi per il suo espletamento, per motivi oggettivi e a favore di una pluralità indistinta e generalizzata di utenti, i cui presupposti operativi sono dettagliatamente disciplinati dalla legge”. L’agevolazione deve essere garantita a prescindere da una espressa previsione nel regolamento comunale, è sufficiente che il contribuente dimostri che sussistono i presupposti normativi per avere diritto alla riduzione del tributo dovuto.
Ancora, la Corte ha precisato che «una misura massima della tariffa applicabile, rispettivamente 20% e 40%, graduabile in ribasso, consente di affermare che tali riduzioni siano obbligatorie e che, al verificarsi delle indicate situazioni oggettive che vanno a incidere sul presupposto impositivo, spettino ope legis. Alla luce di quanto detto sopra la riduzione va calcolata in base al peso economico della carenza del servizio, parametrato in termini chilometrici.
Si noti che la Corte ha applicato quanto stabilito già dalla legge di Stabilità 2014 (147/2013), commi 656 e 657. La disciplina era infatti preliminarmente riferita alla Tarsu, mentre è stata poi applicata anche alla Tari. La Legge prevede che anche la Tari sia dovuta nella misura del 20% in caso di mancato svolgimento del servizio e in misura non superiore al 40% nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, da graduare in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta.