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Un nuovo modo di gestire il conflitto genitoriale: fasi e tecniche della mediazione familiare in un caso-tipo

La mediazione familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: in un contesto strutturato il mediatore, come terzo neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinchè i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sè e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.

La mediazione è dunque un’alternativa al conflitto, che si differenzia per modalità e obiettivi sia dalla terapia familiare che dalla consulenza legale. E’ un processo di "negoziazione" in cui una terza persona aiuta le parti in lite a concordare una soluzione mutualmente accettabile ai loro problemi.

Ma come opera concretamente un mediatore familiare? Come si svolge una seduta di mediazione? 

Di seguito si cercherà di delineare lo svolgimento del percorso di mediazione attraverso la descrizione di un caso-tipo di conflitto tra genitori.

Protagonista di questa vicenda immaginaria è una coppia di ex conviventi, genitori di un minore di sette anni.

Si è ipotizzato che il Tribunale dei minori, adito al fine della regolamentazione dell’affido del minore, abbia prescritto ai genitori di collaborare ad un progetto di mediazione familiare, al fine di sensibilizzarli al benessere psichico del figlio, modificando le modalità di gestione della loro conflittualità ed assolvendo al ruolo genitoriale in modo univoco e condiviso.

Attraverso la storia si ripercorre il processo di mediazione nelle sue varie fasi, con particolare attenzione alle tecniche e alle strategie che il mediatore deve osservare per il buon esito del suo intervento.

La storia.

Il Signor Mario e la signora Laura hanno avuto una relazione sentimentale dalla quale è nato un figlio, Simone, che oggi ha sette anni.

Per circa un anno, dopo la nascita del bambino, hanno vissuto insieme. Poi il loro rapporto, che già dall’inizio non era stabile, si è deteriorato e Laura ha deciso di interrompere la convivenza.

I due vivono da anni la fine della loro relazione con modalità esasperate. Il loro modo di discutere i problemi è violento e distruttivo.

A dividere la coppia è soprattutto il modo diverso di intendere la cura e l’educazione del minore. Mario, che ha avuto un modello di madre molto presente ed esclusiva, vorrebbe per Simone una madre come la sua che si dedicasse al figlio a tempo pieno. Vorrebbe che la madre fosse più attenta e modificasse alcuni suoi comportamenti.

Laura, che invece è una ragazza moderna che lavora e che non vuole rinunciare alla sua vita, educa il figlio coadiuvata da altre figure

Entrambi i genitori sono molto legati affettivamente a Simone, anche se non capiscono che i loro comportamenti non fanno bene al bambino, anzi gli stanno creando dei problemi.

Il minore, che si trova nella prima infanzia, ha bisogno di cura, protezione, sicurezza e calore affettivo.

Il bimbo sta vivendo, invece, l’introduzione di elementi di insicurezza dovuti alla trasformazione della frequenza abituale dei rapporti, al continuo mutamento degli stati d’animo dei genitori, all’allentamento di punti di riferimento.

In tale contesto l’inizio di un processo di mediazione familiare ha lo scopo di aiutare Mario e Laura nel:

- ricostruire una comunicazione e un dialogo;

- diminuire il contenzioso dopo la separazione;

- superare i conflitti e capirli;

- permettere al figlio di non essere invischiato nei loro dolorosi litigi;

- permettere agli stessi il reale esercizio della genitorialità.

Il processo di mediazione.

1) Il colloquio di accoglienza

Mario e Laura giungono presso lo studio del mediatore familiare con le idee non ancora chiare sul significato e sugli scopi della mediazione familiare. Appaiono tesi ed è evidente che tra i due c’è una certa insofferenza.

E’ stato il mediatore stesso, a seguito della comunicazione da parte del Tribunale dei minori, a contattarli telefonicamente e a convocarli per un primo colloquio illustrativo.

Il mediatore inizia spiegando alla coppia come funziona la mediazione, quali aspetti concerne e che cosa si propone di ottenere. Nel fornire le informazioni e rispondere alle domande si rivolge sia a Mario che a Laura, spostando frequentemente lo sguardo da una persona all’altra, allo scopo di far capire che tiene in considerazione entrambi.

In particolare il mediatore chiarisce che:

1. la mediazione familiare è un percorso per regolare i conflitti salvaguardando le necessità e le esigenze affettive dei figli;

2. non si propone di rimettere insieme la coppia, ma solo di trovare degli accordi, garantendo ai figli la possibilità di mantenere un rapporto sereno con entrambi i genitori;

3. è un modo per riprendersi la responsabilità genitoriale attraverso un’autonoma e volontaria richiesta di aiuto;

4. non si propone come una consulenza legale, né sostituisce il provvedimento giudiziario;

5. non è un atto terapeutico;

6. il mediatore rappresenta un aiuto esterno per riprendere a comunicare;

7. il mediatore non prende decisioni per nessuno e non obbliga ad accettare compromessi che non convincono;

8. la mediazione garantisce la riservatezza e l’autonomia dalle procedure legali di separazione;

9. il percorso di articola in 10-12 sedute al massimo.

A seguito delle informazioni ottenute dal mediatore il signor Mario ha dato la sua disponibilità ad iniziare gli incontri. Vuole essere aiutato e guidato per pervenire ad una intesa con l’ex convivente e raggiungere l’obiettivo del benessere del figlio.

La signora Laura, pur se in un primo tempo si è dichiarata poco disponibile, quando ha capito meglio il significato e gli scopi della mediazione, ha dato il suo consenso ad iniziare il percorso.

Il mediatore valuta dunque in senso positivo la mediabilità della coppia, pur prendendo atto della evidente tensione e della elevata conflittualità che la caratterizza.

2) Raccolta dei dati

La prima seduta si svolge nella settimana successiva al colloquio di accoglienza.

L’incontro ha inizio con la raccolta dei dati di base riguardanti i clienti: in particolare, il mediatore prende nota dei dati personali di Mario e Laura (età, indirizzo, telefono, occupazione) e di alcune informazioni relative alla loro storia di coppia. Le domande relative al passato che il mediatore rivolge ai clienti sono solo le seguenti:

1. Quando e come è avvenuta la rottura della vostra relazione?

2. Chi per primo ha deciso di interrompere la convivenza?

3. Come avete vissuto il periodo successivo alla fine del rapporto?

Prima di porre tali domande il mediatore specifica che saranno le uniche riguardanti il passato e che il lavoro che entrambi dovranno fare con il suo aiuto si concentrerà sul presente e sul futuro.

Il mediatore necessita di tali dati al fine di stabilire l’atteggiamento della coppia rispetto alla vicenda della separazione.

E’ Mario a prendere l’iniziativa di rispondere alle domande del mediatore, manifestando da subito un ruolo dominante tra i due. Spiega che la fine della relazione con Laura risale a circa due anni addietro e che è avvenuta dopo un periodo di difficile convivenza iniziata dopo la nascita del figlio Simone. A suo dire la responsabilità e l’iniziativa della separazione è da attribuire a Laura, al suo carattere superficiale, al suo disinteresse verso la famiglia. Per Mario l’ex convivente è una donna egoista, che pensa più a se stessa e al suo lavoro che ai figli. Il suo atteggiamento tradisce la rabbia per aver subito una separazione che non voleva e per un rapporto che ha cercato in tutti i modi di salvare senza riuscirci.

La risposta di Laura è subito reattiva, ma controllata. Contesta in tutto la versione di Mario, iniziando ad elencare le sue colpe e a rimproverargli un carattere ossessivo e opprimente, anche nei confronti del figlio. Il suo atteggiamento di apparente distacco e disinteresse irrita Mario. Tra i due inizia un “botta e risposta” difficilmente controllabile.

Il lavoro di mediazione appare subito molto difficile.

Nei primi incontri avuti i due non hanno fatto altro che litigare, provocandosi vicendevolmente, mantenendo delle posizioni rigide sugli argomenti sui quali operare le provocazioni, dimostrando grande “specializzazione” nell’arte di far irritare l’altro.

Durante i colloqui, i due emergono in primo piano e dominano la scena proponendosi come interlocutori unici.

Esercitano una particolare forma di antagonismo che tende, forse, al bisogno di tenere in vita il rapporto più che a quello di sottomettere o essere sottomesso.

La sensazione è che il mediatore venga percepito con funzione di contorno, di confine, a volte di garanzia rispetto alla loro possibile perdita di controllo.

A parole i due sono sempre disponibili ma nei fatti non riescono a controllarsi e ancora non hanno focalizzato il danno che stanno creando al figlio.

Il mediatore è sempre attento a che i clienti non litighino troppo a lungo o troppo spesso su uno stesso argomento. Attraverso le sue strategie interrompe le liti, generalmente associate all’attacco o alla difesa di una posizione, riportando l’attenzione dei clienti sul raggiungimento degli obiettivi.

La lite ha comunque un ruolo importante nelle negoziazioni in quanto fornisce uno scambio di informazioni e spesso produce idee nuove, anticipando un cambiamento nelle posizioni. Sebbene a volte eccessiva essa costituisce un utile dialogo che va incoraggiato. Così in alcune fasi della lite il mediatore mantiene volutamente una situazione di non-intervento, in cui i clienti si scambiano dati, persuadendosi l’un l’altro e, al contempo, fornendo informazioni rilevanti per la mediazione.

Dopo i primi incontri, risultati inutili e fonte solo di ulteriori litigi tra i due ex-conviventi, il mediatore propone un nuovo piano di lavoro. Intende mettere in chiaro che la mediazione è un campo di azione dove occorre trovare una soluzione al caso e non si continua a combattere. Se i clienti sono abituati al conflitto hanno bisogno di un programma serrato per porre l’accento sul fatto che la mediazione è uno strumento diverso da quello che hanno utilizzato in passato. Il mediatore ritiene utile fissare delle scadenze ben precise a breve distanza e stabilire i tempi per arrivare ad una soluzione. Mario e Laura si mostrano d’accordo sul programma prospettato dal mediatore, in base al quale l’accordo dovrà essere raggiunto nei successivi tre incontri.

3) Definizione del problema

Dalle sedute è emerso che Mario sembra controllare eccessivamente la vita e le abitudini di Laura, intromettendosi nelle sue scelte e nelle sue faccende personali e criticandola come donna e come madre. Mario riferisce, ad esempio, il fatto che Laura non cura la casa dove vive con i figli, si accompagna a uomini sempre diversi, delega alla “tata” la cura del bambino. Laura, invece, lamenta le continue intromissioni di Mario nella sua vita privata e gli rimprovera il suo carattere insopportabile e opprimente. La situazione dei due clienti è aggravata dal loro ciclo di critiche, sempre terminante in una situazione di stallo. L’impressione è che questa sia una loro procedura storica, tradizionale. Il mediatore evita di venire trascinato in quel procedimento, ignorando le critiche e mantenendo l’attenzione sull’obiettivo.

La storia di Mario sembra, all’inizio, dominare le sedute e le energie del mediatore e i clienti sembrano essere più concentrati a risolvere la sua definizione del problema piuttosto che generarne una comune. Nello sviluppo della mediazione, però, diviene chiaro che Laura ha un potere considerevole, derivante dal suo modo calmo e assiduo di negare l’esistenza del problema, che rende Mario ancora più insistente e gli fa perdere di vista l’obiettivo.

Il mediatore entra in una relazione e in uno stile di lunga data che chiarisce perché le due parti si rivolgono ad una mediazione piuttosto che affrontare il problema da soli. Il mediatore non può imporre un cambiamento nei comportamenti. Dovrà invece migliorarli, affinché possa emergere una comune definizione del problema, insieme a delle discussioni produttive.

I problemi principali che il mediatore si trova ad affrontare durante la seduta sono i seguenti:

1. Il modo di discutere di Mario determina un atteggiamento aggressivo, mentre quello di Laura determina un atteggiamento passivo-aggressivo. I loro stili di discussione del problema fanno perdere più tempo di quanto faccia il problema stesso.

2. Le strategie di negoziazione dei due clienti bloccano con efficacia la ricerca di una comune definizione del problema.

3. La storia di Mario domina la sessione.

Questi tre problemi prolungano l’’incontro senza portare avanti il dialogo. Il mediatore sente le difficoltà dei clienti nel discutere il conflitto e inizia a modellare delle ipotesi per affrontare il problema.

Come gestore delle negoziazioni il mediatore si serve di alcune strategie generali per aiutare i clienti a definire il problema comune.

Egli deve mutualizzare, normalizzare, mantenere l’attenzione sul futuro focalizzando, al tempo stesso l’obiettivo su ciò che i clienti vogliono, piuttosto che su quello che non vogliono; deve, infine, riassumere l’informazione utile fornita dai clienti e scartare quella inutile.

Ecco come il mediatore ha applicato ognuna di queste strategie generali al caso di Mario e Laura:

Mutualizzare. Il mediatore evidenzia costantemente la reciprocità delle posizioni dei clienti. In ogni caso, durante la discussione, ognuno cerca di mostrare sempre che la propria versione è la sola utile e il suo problema l’unico degno di soluzione.

Nel caso specifico questo atteggiamento si rinviene soprattutto in Mario, che pur con delle argomentazioni oggettivamente valide e comprensibili, tende ad addossare tutte le colpe a Lauria, a rimproverarla e a considerarsi un padre modello, non ammettendo la propria parte di responsabilità nell’incapacità di gestire il rapporto.

Spesso resta fermo sulle proprie posizioni e avanza delle pretese di cambiamento nei confronti di Laura, mostrando di non comprendere la necessità anche del proprio cambiamento, ad esempio sotto il profilo della conduzione delle discussioni, nelle quali si mostra sempre troppo aggressivo, rigido e ostinato.

Ogni volta che il cliente fa una richiesta individuale, il mediatore gli ricorda che i punti di vista di entrambe le parti sono validi e che l’interesse di entrambi è quello di lavorare insieme per il bene del bambino. Il mediatore, inoltre, spezza il ciclo aiutando Laura a sviluppare ed articolare una sua storia che sia attiva piuttosto che reattiva.

Normalizzare I clienti tendono a giustificare il ricorso alla mediazione attraverso la convinzione che la loro controversia è anormale o, meglio, che lo è il comportamento dell’altra parte nella disputa. Assicurare i clienti che la loro situazione è normale, li aiuta ad accettare che è anche risolvibile. Mentre rinunciano all’opinione che il comportamento dell’altro è anormale, essi si muovono verso una situazione di problem solving. Si sentono tranquillizzati sapendo che loro situazione è normale e, quindi, risolvibile.

Mantenere l’attenzione sul futuro. I clienti incentrano la discussione sul passato, ma il passato contiene solo il problema. La soluzione si trova nel futuro. Il mediatore, perciò, può mediare solo al futuro. Parlare del passato non è una mediazione ma un giudizio: cercare, cioè, di decidere chi ha ragione e chi torto. La mediazione, invece, deve aiutare le persone a trovare un futuro nuovo, fiducioso e di reciproco rispetto, senza necessariamente risolvere tutti i problemi del passato. Nella mediazione, l’interesse per il passato non è dettato dalla necessità di comprendere il passato, quanto dalla volontà di creare un futuro diverso.

La strategia utilizzata dal mediatore è quella di capire ciò che i clienti vogliono più che ciò che non vogliono. Il mediatore è di utilità ai clienti solo se li aiuta a capire ciò che vogliono nel futuro e a decidere come ottenerlo.

La seduta dunque si apre parlando del passato e si sposta rapidamente nel futuro.

Quando si chiede ai clienti di descrivere il loro passato, emergono parole che esprimono dolore, dispiacere, apprensione. Quando gli si chiede del futuro vengono fuori argomenti di speranza, parole e sentimenti che esprimono desiderio di “cambiamento”.

Ciò che Mario e Laura vogliono è il bene di Simone. Il mediatore fa leva su questo interesse comune per aiutare la coppia a mettere da parte i loro conflitti personali e lavorare insieme alla cura e all’educazione del figlio.

Riassumere. Nella mediazione l’obiettivo è concentrato sul raggiungimento di una soluzione negoziata. Il mediatore dunque determina ciò che è necessario negoziare e lo fa ponendo delle domande sugli aspetti della storia che conducono a delle negoziazioni, tralasciando le parti inutili, che si considerano legate alle emozioni o ai diritti dei clienti. Le aree di conversazione utili nella mediazione, concernono le informazioni e gli obiettivi dei clienti.

Il mediatore tiene l’obiettivo su queste aree; riassume ai clienti solo le informazioni, da essi fornite, appartenenti a quelle aree.

Il mediatore tralascia le storie legate al passato e all’emozionalità dei clienti, focalizzando la discussione sulle esigenze e gli interessi di Simone.

Nel corso del processo di mediazione i due tendono progressivamente a concentrarsi sugli obiettivi e sul futuro che diventano i punti centrali nel sommario e nelle successive domande del mediatore.

Durante i colloqui emergono due problematiche fondamentali:

- Mario è contrario al fatto che Laura frequenti il suo nuovo compagno in presenza di Simone;

- Laura non vuole che Mario si rechi presso la sua abitazione e vi si intrattenga quando viene a prendere il bambino.

In particolare Mario mostra preoccupazione per la situazione di disorientamento che il figlio sta vivendo in virtù della nuova relazione instaurata dalla madre. Riferisce, in proposito, le domande che il bambino si pone in ordine al nuovo compagno della mamma e alla sua collocazione. Vorrebbe che Laura vivesse le sue storie senza coinvolgere Simone, che, a suo parere, è turbato dal continuo cambiamento delle figure maschili che vede accanto alla madre.

Laura invece manifesta fastidio e disagio per le frequenti intromissioni di Mario nella sua vita privata. Si sente giudicata e mortificata. Non intende rendere conto a Mario delle sue scelte e, comunque, ritiene che la presenza del nuovo compagno non traumatizzi il bambino, sia per il modo sia per i tempi con cui è stata vissuta da Simone.

Il mediatore conduce le trattative aiutando i genitori a ideare delle alternative e a vagliarne le conseguenze, ovvero i rischi e i benefici di ciascuna alternativa. Non decide o suggerisce ai genitori quale sia l’alternativa migliore.

Il mediatore non dice ai clienti cosa o come negoziare; suggerisce come affrontare il problema, non cosa concordare.

4) Creazione di opzioni

Dalle discussioni emerge che nessuna delle parti ha seriamente preso in considerazione il punto di vista dell’altra. Il mediatore tenta di far capire chiaramente a ciascuno di loro che cosa sta cercando l’altro e di che cosa ha bisogno, assegnando dei compiti che li aiutino a pensare a quello che ha in mente l’altro. L’incarico assegnato a ciascun genitore a questo punto è quello di pensare a :

1. quello di cui avrebbe bisogno dall’altro genitore per poter essere d’accordo con la sua posizione;

2. quello che potrebbe offrire all’altro genitore per fargli/le accettare la propria.

Questa riflessione ha lo scopo di portare Mario e Laura a “mettersi l’uno nei panni dell’altra” di modo che:

1. non possano ignorare gli aspetti legittimi della posizione dell’altro;

2. capiscano il punto di vista dell’altro entrando in dissonanza con i loro precedenti schemi di ragionamento.

Il mediatore invita le parti a non rispondere subito a queste domande, a pensarci e a riparlarne nel successivo incontro.

5) Ridefinizione delle posizioni

Mario e Laura sembrano assumere il ruolo di ex-conviventi mentre discutono di loro figlio. Il ruolo che dovrebbero assumere è, invece, quello di genitori. Nel primo ruolo rivivono gran parte delle delusioni e del dolore derivanti dalla fine del legame; dunque è difficile per loro negoziare nel migliore interesse per il figlio, discutendo della sua futura educazione. Discussioni produttive su questo punto si avranno solo fra persone che agiscono come padre e madre. Il mediatore si relazione e si rivolge dunque ad entrambi come padre e madre e non come ex-compagni. Non supportando il ruolo adottato dalle parti nell’interazione reciproca il mediatore rende difficile il mantenimento di quegli stessi ruoli e indirizzando la discussione sul loro essere genitori mette i clienti in una condizione di problem solving più produttiva.

6) Contrattazione.

Sia Mario che Laura, anche se in modo differente, sentono di avere delle responsabilità nei confronti di Simone; nessuno dei due intende rinunciare al proprio ruolo di genitore ma entrambi hanno bisogno di essere incanalati in una direzione che permetta loro di esprimere in maniera soddisfacente questa responsabilità.

Entrambi sono spaventati dal ruolo che l’altro genitore può avere nel percorso di crescita di Simone, dal come dividere la responsabilità del figlio, da come operare le scelte più importanti per il minore, dalla presenza o meno in determinati momenti della vita del figlio.

Il mediatore, ritenendo che il conflitto possa essere negoziato, aiuta i clienti a trovare delle soluzioni pratiche idonee a risolvere il conflitto e a raggiungere l’accordo che meglio si adatta alle loro esigenze e a quelle del figlio. Lo scopo, nella gestione delle trattative, è quello di raggiungere un accordo integrato, tale cioè da incorporare le esigenze e gli interessi di entrambe le parti. In questo senso il mediatore deve indirizzare la coppia sulle aree dove è possibile un accordo, senza decidere, tuttavia, al posto dei clienti.

Sia Mario che Laura si mostrano propensi a che Simone continui a vivere con la madre, trovandosi d’accordo nel suddividersi le responsabilità educative.

Sulla base delle possibilità ed esigenze di lavoro di ognuno, il mediatore aiuta i due a preparare un calendario mensile che stabilisce i giorni in cui Simone potrà stare con il padre. Mario vorrebbe avere con sé il figlio durante il fine settimana, senza tuttavia rinunciare ad incontrarlo a metà settimana. I due si mostrano d’accordo su come programmare le visite mostrando una certa flessibilità in modo da consentire a Mario di trascorrere dei periodi di tempo con il figlio anche quando il lavoro si fa più assorbente.

In ordine alla presenza di altre persone nella vita di Laura, la stessa, pur ribadendo la libertà da ogni ingerenza nella sua vita personale, acconsente a che il suo nuovo compagno non dorma da lei quando in casa vi è il bambino; e in una logica di concessioni reciproche, Mario si impegna a non entrare in casa di Laura per prendere o accompagnare il figlio. I due condividono la soluzione di incontrarsi in un giardino non lontano dall’abitazione in cui Laura vive con il figlio, di modo che Mario possa prelevare il bambino senza cogliere l’occasione per invadere la vita privata dell’ex convivente.

La rinuncia di Laura a vedere il compagno in presenza di Simone sembra essere l’indice di un certo ripensamento maturato dalla stessa. Laura ha capito, nel corso degli incontri, che può non rinunciare alla sua vita privata salvaguardando maggiormente, al contempo, la sensibilità e la stabilità emotiva del figlio.

Mario, dal canto suo, ha compreso che il suo obiettivo è il figlio e non l’ex convivente; per il bene di Simone è disposto a rinunciare a certi suoi atteggiamenti troppo impetuosi e a mettere finalmente da parte il rancore verso Laura per la fine della loro storia. In sostanza il mediatore, incentrando il processo di mediazione sulla ricerca di un futuro migliore per il bambino, ha guidato i clienti verso un cambiamento nel comune interesse per il figlio, portandoli a mettere da parte i conflitti personali che da anni dominavano anche la loro vita di genitori.

7) Stesura dell’accordo

Il mediatore stende una bozza dell’accordo raggiunto da Mario e Laura.

Si tratta di un programma, contenente tutti gli accordi presi dalla coppia nel rispetto dei loro interessi personali ma soprattutto nel rispetto dell’interesse del figlio e del loro rapporto con lo stesso.

Nell’accordo vengono trasfuse tutte le determinazioni a cui Mario e Laura sono giunti nella fase della contrattazione.

Essi, inoltre, hanno deciso di comune accordo che Simone resti a vivere con la mamma, la quale gestirà le decisioni educative di ordinaria amministrazione, mentre le scelte di maggiore importanza relative all’allevamento e all’educazione quali quelle mediche, scolastiche, religiose, restano demandate alla comune responsabilità e in condivisione tra i due genitori che dovranno discuterle e prenderle assieme.

Laura si impegna a far conoscere a Mario tutto ciò che riguarda e interesserà Simone, in modo tale da permettere al padre di poter cogestire la propria responsabilità genitoriale.

Mario a sua volta si assume la responsabilità anche ordinaria del figlio durante i periodi in cui lo stesso soggiornerà da lui (visite del fine settimana, periodi di vacanza).

Di comune accordo i due genitori stabiliscono un calendario di visite settimanali in base al quale Simone potrà stare assieme al padre il mercoledì pomeriggio dalle 15.00 alle 19.30 e il fine settimana dal pomeriggio di sabato fino alle 19.00 della domenica.

I due genitori si accordano poi in ordine al fatto che il piccolo trascorrerà le feste natalizie con la madre e quelle di Pasqua con il padre.

Stabiliscono inoltre che durante le vacanze estive Simone starà due settimane assieme al padre nel mese di agosto secondo un calendario che terrà conto del periodo di ferie di cui godrà Mario.

Mario s’impegna a contribuire versando mensilmente la cifra di euro 600,00 a Laura, dichiarandosi disposto a rivederla laddove mutassero le esigenze del figlio.

In caso di eventuali conflitti futuri in ordine all’educazione del minore i due sono d’accordo che gli accordi assunti verranno rivisti in mediazione, se necessario con l’aiuto di uno specialista.

Come si è visto, il ruolo del mediatore familiare è stato quello di portare i membri della coppia a trovare da sè le basi di un accordo durevole e mutualmente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli genitoriali. In questo senso la mediazione familiare si rivela un efficace strumento per il positivo superamento del conflitto familiare che, si auspica, possa essere più concretamente utilizzato come alternativa strategica di auto-responsabilizzazione rispetto alla lite legale.

La mediazione familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: in un contesto strutturato il mediatore, come terzo neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinchè i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sè e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.

La mediazione è dunque un’alternativa al conflitto, che si differenzia per modalità e obiettivi sia dalla terapia familiare che dalla consulenza legale. E’ un processo di "negoziazione" in cui una terza persona aiuta le parti in lite a concordare una soluzione mutualmente accettabile ai loro problemi.

Ma come opera concretamente un mediatore familiare? Come si svolge una seduta di mediazione? 

Di seguito si cercherà di delineare lo svolgimento del percorso di mediazione attraverso la descrizione di un caso-tipo di conflitto tra genitori.

Protagonista di questa vicenda immaginaria è una coppia di ex conviventi, genitori di un minore di sette anni.

Si è ipotizzato che il Tribunale dei minori, adito al fine della regolamentazione dell’affido del minore, abbia prescritto ai genitori di collaborare ad un progetto di mediazione familiare, al fine di sensibilizzarli al benessere psichico del figlio, modificando le modalità di gestione della loro conflittualità ed assolvendo al ruolo genitoriale in modo univoco e condiviso.

Attraverso la storia si ripercorre il processo di mediazione nelle sue varie fasi, con particolare attenzione alle tecniche e alle strategie che il mediatore deve osservare per il buon esito del suo intervento.

La storia.

Il Signor Mario e la signora Laura hanno avuto una relazione sentimentale dalla quale è nato un figlio, Simone, che oggi ha sette anni.

Per circa un anno, dopo la nascita del bambino, hanno vissuto insieme. Poi il loro rapporto, che già dall’inizio non era stabile, si è deteriorato e Laura ha deciso di interrompere la convivenza.

I due vivono da anni la fine della loro relazione con modalità esasperate. Il loro modo di discutere i problemi è violento e distruttivo.

A dividere la coppia è soprattutto il modo diverso di intendere la cura e l’educazione del minore. Mario, che ha avuto un modello di madre molto presente ed esclusiva, vorrebbe per Simone una madre come la sua che si dedicasse al figlio a tempo pieno. Vorrebbe che la madre fosse più attenta e modificasse alcuni suoi comportamenti.

Laura, che invece è una ragazza moderna che lavora e che non vuole rinunciare alla sua vita, educa il figlio coadiuvata da altre figure

Entrambi i genitori sono molto legati affettivamente a Simone, anche se non capiscono che i loro comportamenti non fanno bene al bambino, anzi gli stanno creando dei problemi.

Il minore, che si trova nella prima infanzia, ha bisogno di cura, protezione, sicurezza e calore affettivo.

Il bimbo sta vivendo, invece, l’introduzione di elementi di insicurezza dovuti alla trasformazione della frequenza abituale dei rapporti, al continuo mutamento degli stati d’animo dei genitori, all’allentamento di punti di riferimento.

In tale contesto l’inizio di un processo di mediazione familiare ha lo scopo di aiutare Mario e Laura nel:

- ricostruire una comunicazione e un dialogo;

- diminuire il contenzioso dopo la separazione;

- superare i conflitti e capirli;

- permettere al figlio di non essere invischiato nei loro dolorosi litigi;

- permettere agli stessi il reale esercizio della genitorialità.

Il processo di mediazione.

1) Il colloquio di accoglienza

Mario e Laura giungono presso lo studio del mediatore familiare con le idee non ancora chiare sul significato e sugli scopi della mediazione familiare. Appaiono tesi ed è evidente che tra i due c’è una certa insofferenza.

E’ stato il mediatore stesso, a seguito della comunicazione da parte del Tribunale dei minori, a contattarli telefonicamente e a convocarli per un primo colloquio illustrativo.

Il mediatore inizia spiegando alla coppia come funziona la mediazione, quali aspetti concerne e che cosa si propone di ottenere. Nel fornire le informazioni e rispondere alle domande si rivolge sia a Mario che a Laura, spostando frequentemente lo sguardo da una persona all’altra, allo scopo di far capire che tiene in considerazione entrambi.

In particolare il mediatore chiarisce che:

1. la mediazione familiare è un percorso per regolare i conflitti salvaguardando le necessità e le esigenze affettive dei figli;

2. non si propone di rimettere insieme la coppia, ma solo di trovare degli accordi, garantendo ai figli la possibilità di mantenere un rapporto sereno con entrambi i genitori;

3. è un modo per riprendersi la responsabilità genitoriale attraverso un’autonoma e volontaria richiesta di aiuto;

4. non si propone come una consulenza legale, né sostituisce il provvedimento giudiziario;

5. non è un atto terapeutico;

6. il mediatore rappresenta un aiuto esterno per riprendere a comunicare;

7. il mediatore non prende decisioni per nessuno e non obbliga ad accettare compromessi che non convincono;

8. la mediazione garantisce la riservatezza e l’autonomia dalle procedure legali di separazione;

9. il percorso di articola in 10-12 sedute al massimo.

A seguito delle informazioni ottenute dal mediatore il signor Mario ha dato la sua disponibilità ad iniziare gli incontri. Vuole essere aiutato e guidato per pervenire ad una intesa con l’ex convivente e raggiungere l’obiettivo del benessere del figlio.

La signora Laura, pur se in un primo tempo si è dichiarata poco disponibile, quando ha capito meglio il significato e gli scopi della mediazione, ha dato il suo consenso ad iniziare il percorso.

Il mediatore valuta dunque in senso positivo la mediabilità della coppia, pur prendendo atto della evidente tensione e della elevata conflittualità che la caratterizza.

2) Raccolta dei dati

La prima seduta si svolge nella settimana successiva al colloquio di accoglienza.

L’incontro ha inizio con la raccolta dei dati di base riguardanti i clienti: in particolare, il mediatore prende nota dei dati personali di Mario e Laura (età, indirizzo, telefono, occupazione) e di alcune informazioni relative alla loro storia di coppia. Le domande relative al passato che il mediatore rivolge ai clienti sono solo le seguenti:

1. Quando e come è avvenuta la rottura della vostra relazione?

2. Chi per primo ha deciso di interrompere la convivenza?

3. Come avete vissuto il periodo successivo alla fine del rapporto?

Prima di porre tali domande il mediatore specifica che saranno le uniche riguardanti il passato e che il lavoro che entrambi dovranno fare con il suo aiuto si concentrerà sul presente e sul futuro.

Il mediatore necessita di tali dati al fine di stabilire l’atteggiamento della coppia rispetto alla vicenda della separazione.

E’ Mario a prendere l’iniziativa di rispondere alle domande del mediatore, manifestando da subito un ruolo dominante tra i due. Spiega che la fine della relazione con Laura risale a circa due anni addietro e che è avvenuta dopo un periodo di difficile convivenza iniziata dopo la nascita del figlio Simone. A suo dire la responsabilità e l’iniziativa della separazione è da attribuire a Laura, al suo carattere superficiale, al suo disinteresse verso la famiglia. Per Mario l’ex convivente è una donna egoista, che pensa più a se stessa e al suo lavoro che ai figli. Il suo atteggiamento tradisce la rabbia per aver subito una separazione che non voleva e per un rapporto che ha cercato in tutti i modi di salvare senza riuscirci.

La risposta di Laura è subito reattiva, ma controllata. Contesta in tutto la versione di Mario, iniziando ad elencare le sue colpe e a rimproverargli un carattere ossessivo e opprimente, anche nei confronti del figlio. Il suo atteggiamento di apparente distacco e disinteresse irrita Mario. Tra i due inizia un “botta e risposta” difficilmente controllabile.

Il lavoro di mediazione appare subito molto difficile.

Nei primi incontri avuti i due non hanno fatto altro che litigare, provocandosi vicendevolmente, mantenendo delle posizioni rigide sugli argomenti sui quali operare le provocazioni, dimostrando grande “specializzazione” nell’arte di far irritare l’altro.

Durante i colloqui, i due emergono in primo piano e dominano la scena proponendosi come interlocutori unici.

Esercitano una particolare forma di antagonismo che tende, forse, al bisogno di tenere in vita il rapporto più che a quello di sottomettere o essere sottomesso.

La sensazione è che il mediatore venga percepito con funzione di contorno, di confine, a volte di garanzia rispetto alla loro possibile perdita di controllo.

A parole i due sono sempre disponibili ma nei fatti non riescono a controllarsi e ancora non hanno focalizzato il danno che stanno creando al figlio.

Il mediatore è sempre attento a che i clienti non litighino troppo a lungo o troppo spesso su uno stesso argomento. Attraverso le sue strategie interrompe le liti, generalmente associate all’attacco o alla difesa di una posizione, riportando l’attenzione dei clienti sul raggiungimento degli obiettivi.

La lite ha comunque un ruolo importante nelle negoziazioni in quanto fornisce uno scambio di informazioni e spesso produce idee nuove, anticipando un cambiamento nelle posizioni. Sebbene a volte eccessiva essa costituisce un utile dialogo che va incoraggiato. Così in alcune fasi della lite il mediatore mantiene volutamente una situazione di non-intervento, in cui i clienti si scambiano dati, persuadendosi l’un l’altro e, al contempo, fornendo informazioni rilevanti per la mediazione.

Dopo i primi incontri, risultati inutili e fonte solo di ulteriori litigi tra i due ex-conviventi, il mediatore propone un nuovo piano di lavoro. Intende mettere in chiaro che la mediazione è un campo di azione dove occorre trovare una soluzione al caso e non si continua a combattere. Se i clienti sono abituati al conflitto hanno bisogno di un programma serrato per porre l’accento sul fatto che la mediazione è uno strumento diverso da quello che hanno utilizzato in passato. Il mediatore ritiene utile fissare delle scadenze ben precise a breve distanza e stabilire i tempi per arrivare ad una soluzione. Mario e Laura si mostrano d’accordo sul programma prospettato dal mediatore, in base al quale l’accordo dovrà essere raggiunto nei successivi tre incontri.

3) Definizione del problema

Dalle sedute è emerso che Mario sembra controllare eccessivamente la vita e le abitudini di Laura, intromettendosi nelle sue scelte e nelle sue faccende personali e criticandola come donna e come madre. Mario riferisce, ad esempio, il fatto che Laura non cura la casa dove vive con i figli, si accompagna a uomini sempre diversi, delega alla “tata” la cura del bambino. Laura, invece, lamenta le continue intromissioni di Mario nella sua vita privata e gli rimprovera il suo carattere insopportabile e opprimente. La situazione dei due clienti è aggravata dal loro ciclo di critiche, sempre terminante in una situazione di stallo. L’impressione è che questa sia una loro procedura storica, tradizionale. Il mediatore evita di venire trascinato in quel procedimento, ignorando le critiche e mantenendo l’attenzione sull’obiettivo.

La storia di Mario sembra, all’inizio, dominare le sedute e le energie del mediatore e i clienti sembrano essere più concentrati a risolvere la sua definizione del problema piuttosto che generarne una comune. Nello sviluppo della mediazione, però, diviene chiaro che Laura ha un potere considerevole, derivante dal suo modo calmo e assiduo di negare l’esistenza del problema, che rende Mario ancora più insistente e gli fa perdere di vista l’obiettivo.

Il mediatore entra in una relazione e in uno stile di lunga data che chiarisce perché le due parti si rivolgono ad una mediazione piuttosto che affrontare il problema da soli. Il mediatore non può imporre un cambiamento nei comportamenti. Dovrà invece migliorarli, affinché possa emergere una comune definizione del problema, insieme a delle discussioni produttive.

I problemi principali che il mediatore si trova ad affrontare durante la seduta sono i seguenti:

1. Il modo di discutere di Mario determina un atteggiamento aggressivo, mentre quello di Laura determina un atteggiamento passivo-aggressivo. I loro stili di discussione del problema fanno perdere più tempo di quanto faccia il problema stesso.

2. Le strategie di negoziazione dei due clienti bloccano con efficacia la ricerca di una comune definizione del problema.

3. La storia di Mario domina la sessione.

Questi tre problemi prolungano l’’incontro senza portare avanti il dialogo. Il mediatore sente le difficoltà dei clienti nel discutere il conflitto e inizia a modellare delle ipotesi per affrontare il problema.

Come gestore delle negoziazioni il mediatore si serve di alcune strategie generali per aiutare i clienti a definire il problema comune.

Egli deve mutualizzare, normalizzare, mantenere l’attenzione sul futuro focalizzando, al tempo stesso l’obiettivo su ciò che i clienti vogliono, piuttosto che su quello che non vogliono; deve, infine, riassumere l’informazione utile fornita dai clienti e scartare quella inutile.

Ecco come il mediatore ha applicato ognuna di queste strategie generali al caso di Mario e Laura:

Mutualizzare. Il mediatore evidenzia costantemente la reciprocità delle posizioni dei clienti. In ogni caso, durante la discussione, ognuno cerca di mostrare sempre che la propria versione è la sola utile e il suo problema l’unico degno di soluzione.

Nel caso specifico questo atteggiamento si rinviene soprattutto in Mario, che pur con delle argomentazioni oggettivamente valide e comprensibili, tende ad addossare tutte le colpe a Lauria, a rimproverarla e a considerarsi un padre modello, non ammettendo la propria parte di responsabilità nell’incapacità di gestire il rapporto.

Spesso resta fermo sulle proprie posizioni e avanza delle pretese di cambiamento nei confronti di Laura, mostrando di non comprendere la necessità anche del proprio cambiamento, ad esempio sotto il profilo della conduzione delle discussioni, nelle quali si mostra sempre troppo aggressivo, rigido e ostinato.

Ogni volta che il cliente fa una richiesta individuale, il mediatore gli ricorda che i punti di vista di entrambe le parti sono validi e che l’interesse di entrambi è quello di lavorare insieme per il bene del bambino. Il mediatore, inoltre, spezza il ciclo aiutando Laura a sviluppare ed articolare una sua storia che sia attiva piuttosto che reattiva.

Normalizzare I clienti tendono a giustificare il ricorso alla mediazione attraverso la convinzione che la loro controversia è anormale o, meglio, che lo è il comportamento dell’altra parte nella disputa. Assicurare i clienti che la loro situazione è normale, li aiuta ad accettare che è anche risolvibile. Mentre rinunciano all’opinione che il comportamento dell’altro è anormale, essi si muovono verso una situazione di problem solving. Si sentono tranquillizzati sapendo che loro situazione è normale e, quindi, risolvibile.

Mantenere l’attenzione sul futuro. I clienti incentrano la discussione sul passato, ma il passato contiene solo il problema. La soluzione si trova nel futuro. Il mediatore, perciò, può mediare solo al futuro. Parlare del passato non è una mediazione ma un giudizio: cercare, cioè, di decidere chi ha ragione e chi torto. La mediazione, invece, deve aiutare le persone a trovare un futuro nuovo, fiducioso e di reciproco rispetto, senza necessariamente risolvere tutti i problemi del passato. Nella mediazione, l’interesse per il passato non è dettato dalla necessità di comprendere il passato, quanto dalla volontà di creare un futuro diverso.

La strategia utilizzata dal mediatore è quella di capire ciò che i clienti vogliono più che ciò che non vogliono. Il mediatore è di utilità ai clienti solo se li aiuta a capire ciò che vogliono nel futuro e a decidere come ottenerlo.

La seduta dunque si apre parlando del passato e si sposta rapidamente nel futuro.

Quando si chiede ai clienti di descrivere il loro passato, emergono parole che esprimono dolore, dispiacere, apprensione. Quando gli si chiede del futuro vengono fuori argomenti di speranza, parole e sentimenti che esprimono desiderio di “cambiamento”.

Ciò che Mario e Laura vogliono è il bene di Simone. Il mediatore fa leva su questo interesse comune per aiutare la coppia a mettere da parte i loro conflitti personali e lavorare insieme alla cura e all’educazione del figlio.

Riassumere. Nella mediazione l’obiettivo è concentrato sul raggiungimento di una soluzione negoziata. Il mediatore dunque determina ciò che è necessario negoziare e lo fa ponendo delle domande sugli aspetti della storia che conducono a delle negoziazioni, tralasciando le parti inutili, che si considerano legate alle emozioni o ai diritti dei clienti. Le aree di conversazione utili nella mediazione, concernono le informazioni e gli obiettivi dei clienti.

Il mediatore tiene l’obiettivo su queste aree; riassume ai clienti solo le informazioni, da essi fornite, appartenenti a quelle aree.

Il mediatore tralascia le storie legate al passato e all’emozionalità dei clienti, focalizzando la discussione sulle esigenze e gli interessi di Simone.

Nel corso del processo di mediazione i due tendono progressivamente a concentrarsi sugli obiettivi e sul futuro che diventano i punti centrali nel sommario e nelle successive domande del mediatore.

Durante i colloqui emergono due problematiche fondamentali:

- Mario è contrario al fatto che Laura frequenti il suo nuovo compagno in presenza di Simone;

- Laura non vuole che Mario si rechi presso la sua abitazione e vi si intrattenga quando viene a prendere il bambino.

In particolare Mario mostra preoccupazione per la situazione di disorientamento che il figlio sta vivendo in virtù della nuova relazione instaurata dalla madre. Riferisce, in proposito, le domande che il bambino si pone in ordine al nuovo compagno della mamma e alla sua collocazione. Vorrebbe che Laura vivesse le sue storie senza coinvolgere Simone, che, a suo parere, è turbato dal continuo cambiamento delle figure maschili che vede accanto alla madre.

Laura invece manifesta fastidio e disagio per le frequenti intromissioni di Mario nella sua vita privata. Si sente giudicata e mortificata. Non intende rendere conto a Mario delle sue scelte e, comunque, ritiene che la presenza del nuovo compagno non traumatizzi il bambino, sia per il modo sia per i tempi con cui è stata vissuta da Simone.

Il mediatore conduce le trattative aiutando i genitori a ideare delle alternative e a vagliarne le conseguenze, ovvero i rischi e i benefici di ciascuna alternativa. Non decide o suggerisce ai genitori quale sia l’alternativa migliore.

Il mediatore non dice ai clienti cosa o come negoziare; suggerisce come affrontare il problema, non cosa concordare.

4) Creazione di opzioni

Dalle discussioni emerge che nessuna delle parti ha seriamente preso in considerazione il punto di vista dell’altra. Il mediatore tenta di far capire chiaramente a ciascuno di loro che cosa sta cercando l’altro e di che cosa ha bisogno, assegnando dei compiti che li aiutino a pensare a quello che ha in mente l’altro. L’incarico assegnato a ciascun genitore a questo punto è quello di pensare a :

1. quello di cui avrebbe bisogno dall’altro genitore per poter essere d’accordo con la sua posizione;

2. quello che potrebbe offrire all’altro genitore per fargli/le accettare la propria.

Questa riflessione ha lo scopo di portare Mario e Laura a “mettersi l’uno nei panni dell’altra” di modo che:

1. non possano ignorare gli aspetti legittimi della posizione dell’altro;

2. capiscano il punto di vista dell’altro entrando in dissonanza con i loro precedenti schemi di ragionamento.

Il mediatore invita le parti a non rispondere subito a queste domande, a pensarci e a riparlarne nel successivo incontro.

5) Ridefinizione delle posizioni

Mario e Laura sembrano assumere il ruolo di ex-conviventi mentre discutono di loro figlio. Il ruolo che dovrebbero assumere è, invece, quello di genitori. Nel primo ruolo rivivono gran parte delle delusioni e del dolore derivanti dalla fine del legame; dunque è difficile per loro negoziare nel migliore interesse per il figlio, discutendo della sua futura educazione. Discussioni produttive su questo punto si avranno solo fra persone che agiscono come padre e madre. Il mediatore si relazione e si rivolge dunque ad entrambi come padre e madre e non come ex-compagni. Non supportando il ruolo adottato dalle parti nell’interazione reciproca il mediatore rende difficile il mantenimento di quegli stessi ruoli e indirizzando la discussione sul loro essere genitori mette i clienti in una condizione di problem solving più produttiva.

6) Contrattazione.

Sia Mario che Laura, anche se in modo differente, sentono di avere delle responsabilità nei confronti di Simone; nessuno dei due intende rinunciare al proprio ruolo di genitore ma entrambi hanno bisogno di essere incanalati in una direzione che permetta loro di esprimere in maniera soddisfacente questa responsabilità.

Entrambi sono spaventati dal ruolo che l’altro genitore può avere nel percorso di crescita di Simone, dal come dividere la responsabilità del figlio, da come operare le scelte più importanti per il minore, dalla presenza o meno in determinati momenti della vita del figlio.

Il mediatore, ritenendo che il conflitto possa essere negoziato, aiuta i clienti a trovare delle soluzioni pratiche idonee a risolvere il conflitto e a raggiungere l’accordo che meglio si adatta alle loro esigenze e a quelle del figlio. Lo scopo, nella gestione delle trattative, è quello di raggiungere un accordo integrato, tale cioè da incorporare le esigenze e gli interessi di entrambe le parti. In questo senso il mediatore deve indirizzare la coppia sulle aree dove è possibile un accordo, senza decidere, tuttavia, al posto dei clienti.

Sia Mario che Laura si mostrano propensi a che Simone continui a vivere con la madre, trovandosi d’accordo nel suddividersi le responsabilità educative.

Sulla base delle possibilità ed esigenze di lavoro di ognuno, il mediatore aiuta i due a preparare un calendario mensile che stabilisce i giorni in cui Simone potrà stare con il padre. Mario vorrebbe avere con sé il figlio durante il fine settimana, senza tuttavia rinunciare ad incontrarlo a metà settimana. I due si mostrano d’accordo su come programmare le visite mostrando una certa flessibilità in modo da consentire a Mario di trascorrere dei periodi di tempo con il figlio anche quando il lavoro si fa più assorbente.

In ordine alla presenza di altre persone nella vita di Laura, la stessa, pur ribadendo la libertà da ogni ingerenza nella sua vita personale, acconsente a che il suo nuovo compagno non dorma da lei quando in casa vi è il bambino; e in una logica di concessioni reciproche, Mario si impegna a non entrare in casa di Laura per prendere o accompagnare il figlio. I due condividono la soluzione di incontrarsi in un giardino non lontano dall’abitazione in cui Laura vive con il figlio, di modo che Mario possa prelevare il bambino senza cogliere l’occasione per invadere la vita privata dell’ex convivente.

La rinuncia di Laura a vedere il compagno in presenza di Simone sembra essere l’indice di un certo ripensamento maturato dalla stessa. Laura ha capito, nel corso degli incontri, che può non rinunciare alla sua vita privata salvaguardando maggiormente, al contempo, la sensibilità e la stabilità emotiva del figlio.

Mario, dal canto suo, ha compreso che il suo obiettivo è il figlio e non l’ex convivente; per il bene di Simone è disposto a rinunciare a certi suoi atteggiamenti troppo impetuosi e a mettere finalmente da parte il rancore verso Laura per la fine della loro storia. In sostanza il mediatore, incentrando il processo di mediazione sulla ricerca di un futuro migliore per il bambino, ha guidato i clienti verso un cambiamento nel comune interesse per il figlio, portandoli a mettere da parte i conflitti personali che da anni dominavano anche la loro vita di genitori.

7) Stesura dell’accordo

Il mediatore stende una bozza dell’accordo raggiunto da Mario e Laura.

Si tratta di un programma, contenente tutti gli accordi presi dalla coppia nel rispetto dei loro interessi personali ma soprattutto nel rispetto dell’interesse del figlio e del loro rapporto con lo stesso.

Nell’accordo vengono trasfuse tutte le determinazioni a cui Mario e Laura sono giunti nella fase della contrattazione.

Essi, inoltre, hanno deciso di comune accordo che Simone resti a vivere con la mamma, la quale gestirà le decisioni educative di ordinaria amministrazione, mentre le scelte di maggiore importanza relative all’allevamento e all’educazione quali quelle mediche, scolastiche, religiose, restano demandate alla comune responsabilità e in condivisione tra i due genitori che dovranno discuterle e prenderle assieme.

Laura si impegna a far conoscere a Mario tutto ciò che riguarda e interesserà Simone, in modo tale da permettere al padre di poter cogestire la propria responsabilità genitoriale.

Mario a sua volta si assume la responsabilità anche ordinaria del figlio durante i periodi in cui lo stesso soggiornerà da lui (visite del fine settimana, periodi di vacanza).

Di comune accordo i due genitori stabiliscono un calendario di visite settimanali in base al quale Simone potrà stare assieme al padre il mercoledì pomeriggio dalle 15.00 alle 19.30 e il fine settimana dal pomeriggio di sabato fino alle 19.00 della domenica.

I due genitori si accordano poi in ordine al fatto che il piccolo trascorrerà le feste natalizie con la madre e quelle di Pasqua con il padre.

Stabiliscono inoltre che durante le vacanze estive Simone starà due settimane assieme al padre nel mese di agosto secondo un calendario che terrà conto del periodo di ferie di cui godrà Mario.

Mario s’impegna a contribuire versando mensilmente la cifra di euro 600,00 a Laura, dichiarandosi disposto a rivederla laddove mutassero le esigenze del figlio.

In caso di eventuali conflitti futuri in ordine all’educazione del minore i due sono d’accordo che gli accordi assunti verranno rivisti in mediazione, se necessario con l’aiuto di uno specialista.

Come si è visto, il ruolo del mediatore familiare è stato quello di portare i membri della coppia a trovare da sè le basi di un accordo durevole e mutualmente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli genitoriali. In questo senso la mediazione familiare si rivela un efficace strumento per il positivo superamento del conflitto familiare che, si auspica, possa essere più concretamente utilizzato come alternativa strategica di auto-responsabilizzazione rispetto alla lite legale.