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Uno strumento utile: la “divisione” fatta dal testatore

Testatore
Testatore

Abstract

La divisione può essere disposta già dal testatore nella scheda. In tal caso, la quote degli eredi verranno composte dai beni indicati dal de cuius nella disposizione testamentaria, e, all’apertura della successione tali beni passeranno direttamente agli eredi stessi, senza che sorga tra costoro una comunione ereditaria. Questa strada si presenta assai utile soprattutto nei casi in cui, data la conflittualità già esistente, o anche solo possibile, tra i chiamati, il testatore voglia impedire il sorgere tra loro di un vincolo di per sé foriero di scontri, quale può essere la comunione ereditaria.

 

Indice:

1. La divisione fatta dal testatore

2. Divisione dal testatore e institutio ex re certa

3. Divisione fatta dal testatore e comunione ereditaria

4. Un caso

 

1. La divisione fatta dal testatore

 A norma dell’articolo 734 codice civile il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi. Nella divisione, il testatore può comprendere anche la parte non disponibile del proprio patrimonio. La divisione fatta dal testatore ha effetto reale, traslativo, sicché, nelle successioni in cui sia stata disposta, i diritti e gli assetti indicati dal testatore come componenti le parti di ciascuno degli eredi, passano direttamente al destinatario, al momento dell’apertura della successione, senza entrare, nemmeno per un attimo, a comporre una massa comune.

La divisione disposta dal de cuius nel testamento, dunque, non tanto scioglie la comunione ereditaria, ma, addirittura, ne impedisce la nascita.

Essa, dunque, al di là del vocabolo utilizzato dal legislatore, per molti non è vera e propria divisione, giacché non segue a una situazione di comunione e, in particolare, di comunione ereditaria, ma, anzi, ne impedisce il sorgere.

 

2. Divisione dal testatore e institutio ex re certa

 Diversa dalla divisione fatta dal testatore è la, così detta, institutio ex re certa. La figura non è prevista espressamente dalla legge, ma si ricava dall’articolo 588, cpv., codice civile, a norma del quale, l’indicazione nel testamento di beni determinati, non impedisce che la disposizione sia a titolo universale. Dunque, la disposizione con cui il testatore destina al successore uno o più beni (rectius, diritti) determinati, potrebbe non essere un legato, ma una istituzione di erede, e, appunto, una institutio ex re certa. In questo caso, il de cuius disponente destina diritti determinati, con l’intenzione (da accertare per mezzo dell’interpretazione della scheda), però, in tal modo non di disporre un legato, ma di chiamare all’eredità.

Con l’institutio ex re certa il testatore non determina espressamente la misura della quota dell’erede che chiama, ed è solo dal rapporto tra il valore dei cespiti destinati all’erede ex re certa, e il valore complessivo dell’asse, che si determina, a posteriori, tale misura. Questa è una netta differenza proprio con la divisione disposta dal testatore, poiché in essa il testatore, sia determina, a priori, la “quota” del proprio patrimonio da destinare astrattamente all’erede (direttamente, o magari richiamando le quote di successione legittima, o quelle di successione necessaria), sia la apporziona indicando quali diritti e assetti dovranno comporla.

Una ricaduta pratica di tale differenza, si ha allorché vi siano cespiti di cui il testatore non abbia disposto. In tal caso, difatti, detti cespiti non potranno che cadere in comunione tra gli eredi, ma, ove vi sia institutio ex re certa, secondo le quote che si son ricavate dal rapporto sopra ricordato, ove vi sia divisione disposta dal testatore “conformemente alla legge, se non risulta una diversa volontà del testatore” (articolo 734, cpv., codice civile).

 

3. Divisione fatta dal testatore e comunione ereditaria

 Con la divisione disposta nel testamento, dunque, il testatore indica la quota da attribuire ad ogni erede, e poi gli specifici cespiti che comporranno la quota. All’apertura della successione, ogni erede acquisterà immediatamente e direttamente i cespiti indicati, e non sorgerà la comunione ereditaria. Proprio questo è, indubbiamente, il principale vantaggio della divisione fatta dal testatore.

È ben noto, difatti, come la comunione rappresenti, sovente, occasione di tensioni, contrasti, conflitti e scontri tra i coeredi.

Ciò, in molti casi, porta alla difficoltosa gestione del patrimonio comune, e, talvolta, a stati di incuria che si ripercuotono assai negativamente sullo stesso valore complessivo del patrimonio in comunione ereditaria. Naturalmente, questa non sarà la situazione delle famiglie che vivono in armonia. Ma, anzitutto, non è detto che in comunione ereditaria possano trovarsi unicamente “familari”, e, anche quando così fosse, non è detto che nel gruppo familiare non vi siano risentimenti e tensioni, destinati poi a ripercuotersi nella gestione della comunione ereditaria.

Come affermava un Maestro della mia materia, del resto, il testamento è strumento utile, anzitutto, nelle “famiglie infelici”, poiché le successioni, nelle “famiglia felici”, possono essere lasciate serenamente al governo delle regole di legge. E se ciò è, almeno in parte, vero per il testamento in generale, lo è anche – tra i vari possibili contenuti del testamento – per  la “divisione” riversata dal de cuius nella scheda, forse superflua in una “famiglia felice”, ma non per questo inutile in molti e molti altri possibili casi.

 

4. Un caso

Per portare una situazione, tra le tante possibili, come esempio, si pensi al caso seguente: Mevio è coniugato, ha due figli matrimoniali, e ha anche un figlio extramatrimoniale, Ovidio, nato da una relazione clandestina. Mevio sa che la legge riserva anche ad Ovidio una parte dell’asse, ma sa anche che Ovidio nutre un profondo risentimento verso i “fratellastri” e verso la moglie di Mevio. Mevio, perciò, non vuole che Ovidio possa entrare in comunione con gli altri eredi, pur intendendo non privarlo della parte a lui riservata dalla legge (anche perché è consapevole della possibilità per il legittimario di ottenere comunque tale quota, attraverso l’azione di riduzione).

Ecco che, in un caso simile, diventa calzante la divisione fatta dal testatore, nella quale il padre destini al figlio extramatrimoniale, dopo averlo istituito erede per la quota riservatagli dalla legge, danaro o specifici diritti per un valore pari a quello della quota stessa. Secondo parte della dottrina, poi, la divisione fatta dal testatore può essere anche soggettivamente parziale, per cui, nel caso dell’esempio, Mevio nel testamento potrebbe limitarsi a apporzionare la sola quota di Ovidio, e non anche quelle degli altri eredi. Una particolare attenzione, nondimeno, andrà  fatta al rapporto tra valore della quota (o, per meglio dire, della parte, giacché ove operi la divisione fatta dal testatore non vi è, tecnicamente, comunione, e non vi sono nemmeno quote) e valore dei beni indicati a comporla.

In primo luogo, infatti, l’articolo 735, cpv., codice civile, prevede che il coerede che sia stato leso nella quota di riserva possa agire in riduzione contro gli altri coeredi (si noti, per inciso, come il legislatore stesso ripetutamente utilizzi, disciplinando questo istituto, vocaboli che non sono precisi, dal momento che, qui, non vi sarà coeredità alcuna); in secondo luogo, anche per la divisione del testatore opera la rescissione della divisione per lesione ultra quartum, di cui all’articolo 763 codice civile, sicché la divisione fatta dal testatore può essere rescissa, e di conseguenza la comunione può sorgere, se il valore dei cespiti assegnati a un erede è inferiore di oltre un quarto rispetto al valore della quota che a quell’erede sarebbe spettata.

Va notato, peraltro, come, secondo la dottrina, nel primo caso (divisione che leda la quota del legittimario) la vittoria nell’azione di riduzione imponga la correzione della divisione operata dal testatore, ma non la caduchi e non faccia nascere la comunione. Nel secondo caso (rescissione per lesione ultra quartum), viceversa, la divisione disposta dal testatore perde i propri effetti, e sorge quella comunione ereditaria che il testatore voleva evitare.

Letture consigliate:

S. D’Andrea, La heredis institutio ex certa re, in Tratt. successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. II, La successione testamentaria, Milano, 2009, p. 223 ss.; A. Mora, La divisione disposta dal testatore, in Tratt. successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. IV, Comunione e divisione ereditaria, Milano, 2009, p. 299 ss., spec. 307 ss.; G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Milano, 2018, VIII ed., p. 437 ss.