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Vino e Pizza! Un abbinamento eretico?

PIzza
PIzza

You can eat no more di pizza
I don't live I'll waste banizza
You can drink coca and albana
You can travel to Copacabana

Fat Girl, Fat Girl, Fat Girl...

Mi piace iniziare questa inutile dissertazione con le parole del sommo poeta Roberto Freak Antoni degli Skiantos per l’estrema libertà che ci trasmette. È vero, con la pizza, ognuno ci beve quello che vuole. I più giovani, tristemente non avvezzi all’alcool, preferiscono le bevande gassate; non le cito, tanto le conoscete tutti. Ma anche i più grandicelli, di fronte a una bella pizza, sembrano sentirsi liberi di abbinare una bevanda qualsiasi. Unica regola, le proprie abitudini!

Certo, l’abbinamento universalmente riconosciuto come ideale, è quello con la birra! Ma quale birra? Sicuramente non la prima che capita, come spesso succede! Magari, parleremo anche di questo. Ma oggi, in tempi di moda della pizza gourmet, voglio provare un excursus di abbinamenti tra pizza e vino.

La mia prima pizza risale a una cinquantina d’anni fa, avrò avuto una decina d’anni (tralasciamo il conteggio totale), con i miei genitori, alla Pizzeria Il Ponte di Castenaso in provincia di Bologna, che oggi non esiste più, o si è trasferita: a quei tempi non avevo un buon rapporto con i latticini e ricordo ancora l’aroma lattoso di quella mozzarella e lo sforzo che feci per mangiarla. Ma era tale il piacere di quell’evento eccezionale, che il sapore di quella pizza con i funghi mi è ancora caro. Sempre in tema di pizze con i funghi, mi piace ricordare anche quella della pizzeria detta “I Nani” di Imola: parlo della fine degli anni ‘70, inizio anni ‘80. Pizzeria di grande successo che proponeva questa pizza tipicamente napoletana, con l’aggiunta di funghi tagliati finemente, messi a crudo, al momento di infornare. Una delizia, di cui era difficile farsene bastare una sola.

Certo, bisogna mettersi d’accordo sul concetto di pizza e non è un compito di per se facile. Di pizze ne esistono tante; ognuno di noi, ogni pizzaiolo, ogni regione, ogni nazione ha la sua versione personale. La pizza è diventata un patrimonio universale e voglio ricordare, con orrore, una versione orribile che assaggiai all’epoca delle scuole superiori, durante una gita scolastica a Parigi, fatta con pasta sfoglia, pomodori a fette e formaggio fuso, al posto della classica mozzarella. Non voglio dire che la pizza francese sia quella cosa al limite dell’edibilità, ma, anche oggi che vivo in Francia da qualche anno, mi capita di incontrare interpretazioni molto “personali” di questa preparazione. A partire dalla crosta, che qui non è molto amata.

Ma, per capirci, per me la pizza è quella che propone Simone Padoan nella sua Pizzeria I Tigli a San Bonifacio in provincia di Verona. Se non ci siete mai andati, almeno una volta dovete provarla. La sua tecnica è peraltro illustrata ampiamente nel libro “L’Arte della Pizza di Simone Padoan” scritto da Serena Dei, edito da Gribaudo. Non troppo bassa, soffice, con una bella crosta gonfia e croccante. Fragrante e profumatissima, proprio a partire dalla scelta delle farine, parzialmente integrali.

Chi mi conosce, sa anche le mie predilezioni in campo enologico; la debolezza nei confronti delle bollicine, la propensione verso i vini francesi, l’amore per la Borgogna, una lieve predilezione per i vini bianchi, l’assoluta attenzione per i vini naturali e l’ossequio irriverente verso i vini cosiddetti “Orange”. Non vi stupite quindi se troverete svariati abbinamenti in queste direzioni non usuali.

La pizza per eccellenza è ovviamente la Margherita: pomodoro, mozzarella fior di latte, basilico fresco, olio e sale. La semplicità! La leggenda vuole che sia stata creata nel 1889 da un cuoco napoletano in onore della visita della Regina Margherita di Savoia alla città. Ma i documenti sembrano smentire questa versione e riportano, già nei primi anni dell’800, ricette analoghe. La semplicità di questa preparazione richiede l’utilizzo di materie prime di qualità assoluta, pena il rischio di smascherare la propria incapacità di gestire i fondamenti della Pizza. Pizzaioli; attenti! Almeno la Margherita, dovete farla bene, senza risparmi! E che cosa ci beviamo con questa pizza?

C’è chi contesta, perlomeno dal punto di vista dietetico, l’abbinamento di vini spumanti con la pizza, ma a me piace molto e ve ne propongo due: il Franciacorta Blanc de Blancs di Cavalleri, fresco, delicatamente profumato e morbido, senza cedimenti e sbavature. In terra francese, senz’altro il Crémant du Jura Cœur de Chardonnay di Rolet, uno Chardonnay di buona aromaticità, fresco e intenso. Ambedue, senza essere violenti, sorreggono la freschezza del pomodoro e carezzano la mozzarella. In bianco, provate il Colli Bolognesi Riesling Le Vaie di Isola, un tentativo azzardato ma ben riuscito di coniugare questo vitigno prestigioso fuori contesto; giustamente aromatico e morbido per accompagnare la nostra margherita. Più teso e minerale il Côtes Catalanes Calcinaires Blanc del Domaine Gauby, anch’esso delicatamente aromatico grazie alla presenza del Muscat, conferisce slancio all’abbinamento. Per gli amanti degli abbinamenti più “coraggiosi”, consiglio il Dinavolino dell’azienda piacentina Denavolo di Giulio Armani, appena ruvido, ma intensamente profumato e gustoso con la nostra Margherita. Se proprio volete abbinare un rosso, vi indirizzo inevitabilmente verso un vino con una presenza contenuta di tannini, per evitare lo scontro con il pomodoro. Il Alto Adige Pinot Nero Mason di Manincor (attenzione a non confonderlo con il “Mason di Mason”, la riserva), delicato fin dal colore, accarezza il palato con il suo velluto profumato e non rischia di sovrastare la pizza. E, ovviamente, il principe dei vini “facili”, il Gamay con questo Beaujolais Village La Trad' Nature del Domaine Joncy, delicato e profumato, delizioso nell’abbinamento con la Margherita.

Una importante variante della Pizza Margherita, sempre di area napoletana, è quella con la Mozzarella di Bufala Campana; ma qui si apre anche una diatriba tra chi mette la mozzarella in cottura e chi la vuole a fresco all’uscita dal forno, quindi non cotta. Il risultato è diverso: se la Mozzarella di Bufala viene messa a crudo conserva maggiormente il proprio aroma e il tratto un po’ “selvatico” di questo latticino; mi sembra la versione da preferire. Dal punto di vista dell’abbinamento, mi piace fare un riferimento regionale, con il Fiano di Avellino di Colli di Lapio, vino di grande equilibrio che con la sua aromatica freschezza, contribuisce a esaltare l’insieme. Ma anche il Beaujolais Blanc Clos de Rochebonne di Château Thivin, dal carattere deciso, ma senza eccessi; intensamente profumato. Anche qui, per chi ha coraggio, il Venezia Giulia Ribolla Gialla di Damijan Podversic, per la sua delicatezza e l’equilibrio, stile caratteristico del produttore. Non dimenticherei il Sauvignon Frizzante di Camillo Donati, che con la sua rustica aromaticità, si accosta bene a questa preparazione e, se non altro, ci spinge a un tuffo nel passato della nostra infanzia nella bassa emiliana. E, perché no, il Crémant de Bourgogne Ambition Extra Brut Zero Dosage di Louis Loron, spumante prodotto da uve mature che regala una densità e un tono aromatico “naturale” di tutto rispetto, degno di questa pizza. In rosso, mi sento di rispolverare un vino piemontese “dimenticato”, che invece svolge degnamente il suo compito in questo caso; il Grignolino d'Asti di Luca Ferraris, fresco e profumato, appena tannico. Sul Gamay, il Beaujolais L'Ancien di Jean-Paul Brun, da un vigneto centenario, delicatamente austero e profumato, al di la di tutto, un nettare.

Passiamo a una delle Pizze più semplici e gustose, la Marinara: pomodoro, aglio e origano. Semplice, ma allo stesso tempo non facile da abbinare, per la presenza più ingombrante del pomodoro. Attenzione, anche in questo caso, più che mai, la qualità degli ingredienti assume un’importanza primaria. Quando possibile, esigete filetti di pomodoro freschi! Provate con questa preparazione il R_B_L Brut Nature di I Clivi, azienda friulana, una Ribolla spumante metodo ancestrale di grande fascino, che può valorizzare la tensione dell’abbinamento. Oppure il Crémant de Bourgogne Brut Rosé di Parigot & Richard, per esaltare la componente aromatica apportata dall’aglio e mitigare l’acidità del pomodoro. In bianco con il Soave Classico La Froscà di Sandro & Claudio Gini, denso e profumato; oppure l’Alsace Sylvaner Peau Rouge di Josmeyer, equilibrato e delicatamente profumato, per dare slancio alla complessità aromatica della pizza. Per i più coraggiosi, consiglio il l’Offida Pecorino Mida di Maria Letizia Allevi, sapido, strutturato e complesso sul piano aromatico. In rosso, provate il Trebbiolo di La Stoppa, goloso e profumato, da accompagnare senza moderazione. In alternativa, un vino del Beaujolais, ma con credenziali da Borgogna, il Bourgogne Pinot Noir di Jean-Paul Brun del Domaine des Terres Dorées, un Pinot Noir di estrema delicatezza ed eleganza, una carezza sulla nostra pizza.

Tra le pizza classiche, senz’altro la Siciliana; Pomodoro, Mozzarella, Olive, Capperi, Acciughe. Una sinfonia di aromi e di sapori capace di mettere in difficoltà anche gli abbinamenti più attenti. In particolare la sapidità di capperi e acciughe pone seri limiti ai vini da accompagnare, sebbene la struttura complessiva della pizza richieda prodotti più articolati, se non si vuole rischiare di fare un abbinamento debole sul versante liquido. Procedo quindi con cautela e vi propongo di cominciare con la Cuvée 60 Brut Nature Blanc de Blancs di Casa Caterina, uno spumante metodo classico della Franciacorta, prodotto da solo Chardonnay, che mantiene una freschezza di frutto ideale per l’abbinamento, senza essere molle. Sul versante francese, il Vouvray Méthode Traditionnelle Réserve Brut del Domaine du Clos Naudin della famiglia Foreau; uno Chenin Blanc della Loira, di grande struttura e densità, che si presta bene a domare la nostra pizza. In bianco, rimango in regione con il Grillo Sicilia Grappoli Del Grillo di Marco de Bartoli; un vino di grande intensità e aromaticità, come solo questo artista è capace di estrarre dai vini di Sicilia. Oppure, lo Châteauneuf-du-Pape Blanc di Clos du Mont-Olivet, un bianco intenso e ricco di aromi mediterranei. Un Orange che mi sento di consigliare, sempre rimanendo in Sicilia, è il Pithos Bianco di COS, lavorato in anfora da uve grecanico, è un bianco, forse appena nervoso, ma adatto ad accostarsi alla ricchezza aromatica della pizza. In rosso, la morbidezza del Rosso del Soprano di Salvatore Geraci, da uve nerello mascalese e nerello cappuccio coltivate nella provincia di Messina, fa senz’altro un buon lavoro di fusione con la complessità della pizza. Se amate i classici del Beaujolais, vi consiglio invece il Morgon di  M. & C. Lapierre, un inno alla facilità e al piacere del buon vino, che sorprende anche per l’inaspettata profondità.

Un’altro dei classici è la Pizza Quattro Stagioni; Pomodoro, Mozzarella, Prosciutto Corro, Funghi e Carciofi. Normalmente divisa in quattro spicchi, ognuna contenente uno degli ingredienti. Con la variante Capricciosa, dove gli stessi ingredienti vengono mescolati tra loro. Per queste pizze, l’abbinamento non è cosa semplice per la varietà dei sapori proposti, soprattutto se mescolati. In particolare, il compito può essere arduo quando alcuni ingredienti, carciofi e funghi, sono in conserva, con una presenza quasi inevitabile di acidi conservativi. Proviamo a contrastare il gusto con altrettanta complessità, con il Franciacorta Brut Cuvée Annamaria Clementi di Cà del Bosco,  cuvée de lux dell’azienda, caratterizzata da equilibrio, forza e ricchezza. Almeno una volta è da provare! Oppure lo Champagne Grand Cru Ambonnay Brut di Paul Déthune, che nonostante la prevalenza di Pinot Nero, risulta morbido e delicato. Tra i vini di alta classe e di altrettanta complessità, non posso non consigliare per questo abbinamento il Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Villa Bucci di Bucci, ispirato appunto alla haute couture italiana. Oltralpe, indubbiamente il Vin de Pays des Côtes Catalanes Blanc D18 di Olivier Pithon, un vino del Roussillon che coniuga il calore del sud con l’eleganza dell’approccio “Nature”. In Orange, indubbiamente la Malvasia Istriana di Zidarich, un vino che affianca alla naturale aromaticità, una piacevolezza di beva esemplare. In rosso, provate le ricchezza quasi barocca dell’Alto Adige Lagrein Porphyr della Cantina Terlano, un vino denso e profumato di alta classe, anche se un po’ démodé. Per gli amanti del Pinot Noir, senza correre il rischio del farsi del male, il Bourgogne Rouge Roncevie del Domaine Arlaud, vellutato e articolato, per il piacere di assecondare la nostra pizza.

Un altra Pizza classica, peraltro molto amata anche in Francia, perlomeno nella zona dove vivo, il Beaujolais, è la Quattro Formaggi; Pomodoro, Mozzarella e Formaggi Misti. I francesi apprezzano molto anche la variante senza pomodoro, sostituito dalla panna d’affioramento, indubbiamente coerente sul versante latticini, ma, a mio avviso, un po’ squilibrata su dolcezza e grassezza. La selezione dei formaggi è determinante per il risultato finale: la presenza quasi costante del gorgonzola, dona carattere a questa preparazione e impone un abbinamento meticoloso.  Propongo due spumanti rosé di grande personalità, il Franciacorta Rosé Pas Dosé Brusato de Il Pendio, tutto grinta e aroma, per accompagnare la ricchezza della pizza e per sgrassare il palato. E lo Champagne 1er Cru Rosé Extra Brut l’Alchimiste di David Léclapart, con caratteristiche analoghe al precedente, ma decisamente più selvaggio. Il prezzo, ahimè, può essere imbarazzante. In bianco, il Friuli Colli Orientali Bianco Sacrisassi di Le Due Terre, opulento e delicatamente aromatico. In Francia, mi piace osare l’abbinamento con il Bandol Rosé del Domaine Tempier, un rosato da uve Mourvèdre di grande dinamica ed eleganza, profumato e intenso. On Orange di grande spessore, forse un po’ caro, ma di sicuro impatto in questo abbinamento è la Vitovska di Vodopivec, dalle terre del Carso, un’esperienza gustativa unica. In Rosso provate la freschezza e la fragranza dei Rosae Ruché di Giuseppe Rinaldi, anche se con la sua scomparsa i vini sembrano più civilizzati, un vino intensamente profumato, non troppo tannico, decisamente coinvolgente. Dalla Francia un vino a metà strada tra Beaujolais e Borgogna, il Fleurie Clos Vernay del Domaine Lafarge-Vial: un Beaujolais prodotto con modalità borgognone, senza macerazione carbonica e con lenta maturazione in botte, nello stile di Frédéric Lafarge. Fresco e profumato, si abbina perfettamente alla grassezza della Pizza e, con il suo piacevole allungo, ci restituisce equilibrio in bocca.

Ognuno di noi, poi, ha la propria Pizza preferita e anch’io ho la mia: Pomodoro, Mozzarella di Bufala, Salsiccia Fresca e Cipolla Rossa. Non proprio un esempio di freschezza e leggerezza, ma, da buon emiliano, il maiale non può mancare! E a questo tempio della golosità, voglio abbinare alcuni dei miei vini preferiti, magari un po’ eccessivi, ma qui siamo veramente nel regno del piacere! E che piacere sia! Con il Franciacorta Dosaggio Zero Pinot Noir di Arici, insieme al Rosé, un vino di grande personalità, vinoso e caratteristico anche se purtroppo ha perso un po’ della grinta delle prime annate; il piacere in un bicchiere! Sul versante francese, lo Champagne Grand Cru Brut Tradition di Egly Ouriet, appena decadente, ma di una intensità commovente. Un bianco di altrettanta personalità, il Collio Bianco Ronco della Chiesa di Borgo del Tiglio, Friulano di grande stile che non teme confronti e abbinamenti. In Francia sarebbe fin troppo facile citare qualcuno dei grandi Borgogna, oggi purtroppo inarrivabili; allora vi propongo un esempio di natiralezza che mi ha affascinato in tempi recenti, il Pouilly-Vinzelles Climat Les Quarts del Domaine de la Soufrandière, un vino del Mâconnais di intensa aromaticità, fresco e profondo. Anche se i produttori non amano la definizione, il vino “Orange” che preferisco: Ageno di La Stoppa, un vino che ho visto nascere e che in alcune annate possiede, oltre alla naturale aromaticità, uno slancio impressionante. In rosso, senz’altro, la Barbera d’Alba di Maria Teresa Mascarello, un vino di delicata freschezza, tesa e avvolgente, come pochi sanno essere. Infine, un’altra nuova rivelazione dal nord del Rodano, il Saint-Joseph l'Instinct del Domaine Jolivet, uno Syrah di rara eleganza, intenso e speziato al punto giusto, profondo e giustamente tannico. Una Favola!

Buon appetito!