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Vino: quali sono le bottiglie più pregiate del mondo?

Vino che Passione! Ma, a quale prezzo?
I vini più pregiati e costosi
I vini più pregiati e costosi

Vino: il prezzo giusto da pagare

Qual è il prezzo giusto da pagare per una bottiglia di vino? Difficile dare una risposta!

Inevitabilmente, come per ogni oggetto di passione, molte componenti concorrono nella formazione del prezzo di una bottiglia di vino, compresa la moda, la ricerca dello status symbol e, ovviamente, la rarità del prodotto. 

Come potete constatare, non ho citato, volutamente, la qualità: se da un lato, questo aspetto si deve considerare intrinseco per un prodotto di prestigio, il gusto è personale e, quindi, qualcosa che vale molto per me, può essere totalmente indifferente per molti.

Perché, si, sto parlando di vini da bere, non da collezionare!

Infatti, faccio parte di quella congrega di folli che i vini li vuole bere e, talvolta, è anche disposta a pagare fior di quattrini per una bottiglia tanto ambita. Purtroppo, in questo, sempre in concorrenza con collezionisti e speculatori!

Allora diventa indispensabile attuare tutte le tattiche possibili per riuscire ad accedere agli agognati flaconi, perlomeno per evitare di dilapidare patrimoni personali e familiari! Le più semplice sarebbe quella di riuscire a ottenerle in regalo; ma poco praticabile visto il numero di zeri che talvolta sono indicati sullo scontrino, a meno di non avere amici e amanti facoltosi.

Una strategia più praticabile è quella di riuscire ad accedere all’acquisto diretto in azienda al momento della messa in commercio del vino. Spesso in questo modo si riescono ad avere prezzi più ragionevoli, sempre ammesso di essere nella lista dei clienti accreditati dell’azienda stessa e si evitano le successive speculazioni del mercato. Non è facile, ma con un po’ di esperienza, ce la si può fare; ma poi bisogna aspettare che il vino raggiunga il suo apogeo, a rischio di invecchiare noi, o di trovare che il tanto agognato nettare sia irrimediabilmente compromesso da un tappo devastante!

E allora non resta che fare finta di nulla e, nascostamente, dedicare una parte talvolta consistente dei propri mezzi economici, investendoli nell’acquisto delle bottiglie desiderate da fornitori fidati, sperando che nessuno controlli l’estratto conto della carta di credito e che, ancora una volta, il direttore di banca chiuda un occhio!

Oppure, come spesso succede, ritrovarsi in una cerchia, non troppo numerosa per non godere di dosi omeopatiche, di amatori che desiderino condividere la nostra follia.

Vino: le cinque bottiglie più costose del mondo

Avendo gestito per quindici anni un locale dedicato al vino, ho avuto la possibilità di accedere ad alcuni dei vini più prestigiosi sul mercato e, in parte, ne ho anche fatto un segno distintivo del mio lavoro, inteso proprio nel senso di organizzare eventi, durante i quali fosse possibile accedere a bottiglie diversamente irraggiungibili. 

Ma le prime esperienze con grandi bottiglie risalgono agli novanta del ‘900. In visita da un amico sommelier per il suo compleanno, alla fine del pranzo, il festeggiato decide di aprire una bottiglia di Sauternes premier cru 1982 di Cháteau d’Yquem, ma ce lo servì nei bicchieri di plastica! Io non sono di quelli che, ogni vino ha il suo bicchiere altrimenti non lo bevo, ma almeno un bicchiere normale...vabbé, non ricordo nulla di quel vino!

Di seguito una selezione dei cinque vini più costosi che io abbia mai assaggiato. Una selezione personale e partigiana, che però rispecchia i miti e i prezzi esorbitanti che caratterizzano questo fantastico mondo dell’enologia.

1. La Romanée Conti Grand Cru Monopole 1994, Domaine de la Romanée-Conti

(Assaggiato il 5 novembre 2002)

Forse il Domaine più avvolto di mito nel mondo del vino, con secoli di storia e di contese tra nobili e potenti; nessuno osò toccarlo nemmeno durante le Rivoluzione Francese! Di proprietà delle famiglie De Villaine e Leroy dal secondo dopo guerra, la loro politica di commercializzazione si basa sui “numeri”! In base al numero di bottiglie prodotte nell’annata del vino che dà il nome all’azienda, vengono predisposte altrettante casse in legno, ognuna delle quali ne contiene un pezzo e per il resto una selezione variabile degli altri Grand Cru dello stesso produttore

Le casse vengono poi commercializzate in forma indivisibile a prezzi via via crescenti, che oggi hanno raggiunto cifre sbalorditive. Gli altri vini aziendali possono anche essere acquistati singolarmente, ma per avere una Romanée-Conti, bisogna acquistare la cassa intera. Per carità, anche gli altri vini sono di livello spesso inarrivabile, ma la Romanée-Conti è veramente un vero pezzo unico.

La summa dell’eleganza racchiusa in un bicchiere! Spesso mi piace ricordare la contrapposizione tra vini “dimostrativi”, che esplodono in bocca per poi scomparire velocemente e vini “seduttivi”, che entrano discretamente in bocca e si distendono in una variazione infinita di sensazioni avvolgenti, senza “stancare” il palato. Ecco, la Romanée-Conti è questo! Un vino di finezza indescrivibile, dal quale si ottengono emozioni interminabili. Per nulla opulento, o aggressivo, si dispiegava con una freschezza tutta in profondità, già ampiamente espressiva, nonostante la giovinezza del vino! Un capolavoro! Inutile parlare di prezzi!

«Le vin de la Romanée a toujours été d’un prix au-dessus des autres»
(Expertise de la Romanée-Conti, 1794)

Attualmente le bottiglie singole di Romanée-Conti vanno all’asta tra i 20.000 e 30.000 euro

2. Champagne Clos d’Ambonnay Brut Blanc de Noirs 1995, Krug

(Assaggiato il 15 dicembre 2009)

Mai come nel caso dello Champagne, ognuno ha le sue preferenze e ogni stile ha i suoi fans. Ma Krug rimane un punto di riferimento, caratterizzato da uno stile decisamente specifico e unico. L’azienda è sempre rimasta, sin dalla fondazione nel 1843, di proprietà della famiglia Krug, di origine tedesca, fino al passaggio al gruppo LVMH nei primi anni duemila. 

Ha sempre mantenuto il suo stile di artigianalità di altissimo profilo, ma dopo il passaggio al gigante del lusso, pur se alla guida rimangono gli eredi della famiglia, questo stile si è un po’ ingentilito, andando verso una più immediata apprezzabilità rimanendo comunque vini di stile personale. Lo stile aziendale prevede quasi esclusivamente l’assemblaggio di vini di “colore” diverso, provenienti da vigne diverse e da diverse annate

Nelle annate che si ritengono meritevoli, viene prodotto un millesimato, sempre frutto dell’assemblaggio di molti vini diversi. Infine, da qualche anno, l’azienda propone anche due “Clos”, da vigne esclusive situate nei comuni più prestigiosi della regione. 

Il Clos du Mesnil, da uve Chardonnay e il Clos d’Ambonnay, da uve Pinot Noir.

Quest’ultimo prodotto per la prima volta appunto nel 1995 nel Clos del comune di Ambonnay, appena 0,68 ettari di Pinot Noir, e commercializzato per la prima volta nel 2009.

Assaggiando questo vino ho toccato le perfezione! Non c’è molto da aggiungere. È come se il vino avesse una dimensione in più rispetto a tutto il resto rispetto a quanto avevo assaggiato fino ad allora! Perlage fine e intenso, ricchezza e profondità olfattiva e, soprattutto, una struttura gustativa fuori dal comune. Una sensazione potentissima di “presenza”, non invadente ma di persistenza infinita!

Prezzo pagato: 3.000 euro

3. Pomerol Grand Vin 1995, Petrus

(Assaggiato il 1 marzo 2005)

Erano ancora i tempi in cui il Merlot faceva parlare di se, ma qui stiamo parlando di un vino di “Terroir” puro, dove il vitigno ha un suo peso, ma non è fondamentale. Situato nella Rive Droite della Gironde, nel comune di Pomerol, questo domaine mitico è costituito di soli 11,4 ettari di vigna piantata fittamente su di un terreno costituito in prevalenza di argilla, con una forte presenza di ferro. Questa combinazione sembra dare vita a uve particolarmente ricche che qui vengono elaborate con estrema attenzione da secoli. 

Sebbene il comune non abbia mai creato un proprio “Classement” come i comuni limitrofi, Petrus ha conquistato uno status di vino superiore sul campo ed è riconosciuto tra i grandi prodotti mondiali. Contrariamente agli altri grandi Château della regione di Bordeaux, ogni anno vengono prodotte mediamente appena 30.000 bottiglie che il mondo si contende, facendo involare i prezzi fin da tempi remoti e sicuramente molto prima dello scoppio dalla recente speculazione di questo ultimo ventennio.

Anche in questo caso la ricchezza aromatica la fa da padrone, a partire dall’intensità olfattiva, di una ricchezza straordinaria e di pari eleganza, forse meno variegata di altri grandi vini, ma indubbiamente di fascino immenso. Il colore nero impenetrabile, lascia già presagire lo spessore gustativo quasi masticabile e setoso del vino. 

Poderoso e infinito, mostra anche un tannino importante, ma molto equilibrato e accattivante. La ricchezza al servizio della nobiltà. Una tipo di caratteristica che non ho mai amato, ma che in questo caso mostra tutta la propria validità!

Prezzo pagato: 1.500 euro

4. Clos de Vougeot Grand Cru 2000, Domaine Leroy

(Assaggiato il 30 ottobre 2007)

Quando si parla di Borgogna non si può dimenticare il Clos de Vougeot, anche se molti lo criticano per la propria estensione e conseguente variabilità, al di la degli stili dei singoli proprietari. Questi 50,6 ettari di vigna sono stati delimitati in un Clos intorno all’anno 1110 dai monaci Cistercensi dell’abbazia di Citeaux; che lo hanno gestito fino alla Rivoluzione Francese che ha smembrato tutte le proprietà della chiesa in Francia. 

Da allora, questa vigna è divisa tra più proprietari, che oggi ammontano a una cinquantina. In effetti la dimensione di questo Grand Cru è anomala in Borgogna e questa vigna presenta caratteristiche differenti se si prendono le parti alte, rispetto a quelle più in basso, situate vicino alla Strada Nazionale, che spesso radunano acqua in eccesso. Ma qui parliamo di un vino che, anche in questo caso, possiede una dimensione supplementare. 

Il Domaine Leroy è la naturale evoluzione della Maison de Negoce familiare, che nel 1988, sotto la guida di Lalou Bize-Leroy, acquisisce alcuni domaine storici di Borgogna nell’intento di affinare ancora di più la produzione di vini sotto il proprio marchio. Lalou Bize-Leroy è riconosciuta come una delle figure più dotate e ricche di conoscenza delle grandi vigne di Borgogna e ancora oggi guida l’azienda familiare, nonostante la veneranda età, e fino a pochi anni fa partecipava personalmente alle degustazioni “promozionali” dell’azienda. 

La parcella di Clos de Vougeot del Domaine Leroy, poco più grande di un ettaro, non è in una posizione ottimale, eppure Lalou ne riesce a trarre un vino di grande forza, come non ci si aspetterebbe da un vino di Borgogna. Fin dal colore è spesso e impenetrabile. Incredibilmente robusto e ricco di nuance aromatiche. 

Forse una interpretazione un po’ sopra le righe su questo Grand Cru, ma indimenticabile per la sua capacità di trasmettere lo stile aziendale e la sua capacità di nobilitare un terroir. Non è un segreto che Lalou Bize-Leroy predilige il Richebourg Grand Cru, che ahimè non ho mai avuto l’occasione di assaggiare, e forse interpreta questo Clos de Vougeot con stile analogo a quello del cru adiacente, ma il risultato è comunque indimenticabile!

Prezzo pagato: 650,00 euro

5. Barolo Riserva Gran Bussia 1989, Poderi Aldo Conterno

(Assaggiato nell’autunno 2008)

Per chi ama il Barolo, la triade di annate 1988, 1989 e 1990 rappresenta qualcosa di inimmaginabile per la produzione enologica in Italia. Quelli sono gli anni che hanno fatto da spartiacque per una visione più attuale di questo nobile vino. Certo, la guerra tra tradizionalisti e innovatori che imperversava tra i produttori della regione non ha giovato a una comprensione immediata delle qualità delle Langhe, ma alla lunga questi differenti paradigmi produttivi hanno giovato alla crescita di un po’ tutti i produttori. 

Tre annate di grande qualità, anche se la 1989 è stata funestata da forti grandinate che hanno compromesso il lavoro di molti; tanto per fare un esempio, Monfortino non è stato prodotto in quell’anno. Forse la 1989 è stata la più facile e immediata di fruizione. Ed anche la meno prodiga di bottiglie, a causa dei problemi già evidenziati

Avevo già assaggiato sia il 1988, che il 1990, ma non ero mai riuscito a incontrare il 1989. Quindi, quando lo trovai nella carta di un ristorante, non me lo lasciai sfuggire, anche se il prezzo era veramente alto, soprattutto in rapporto ai prezzi di uscita dalla cantina. Oggi certi prezzi sono, ahimè, abbastanza comuni per certe bottiglie di Barolo, ma allora era veramente un prezzo altissimo, ma non potevo lasciarmela scappare. 

Aldo Conterno aveva lasciato l’azienda di famiglia agli inizi degli anni settanta del ‘900 e aveva iniziato un suo percorso, più orientato ad un approccio “internazionale”. La Riserva Gran Bussia, viene prodotta ancora oggi solo nelle annate più importanti e rappresenta la sintesi delle vigne del comune di Monforte d’Alba, da cui proviene, e di uno stile rigoroso e capace di coniugare identità e piacere. 

Questo Barolo Riserva Gran Bussia 1989 possedeva la finezza della seta e il vigore di una colata di lava. Inutile cercare descrizioni più raffinate!

Forse il mio ricordo è enfatizzato dal desiderio di allora e dal fumo del tempo, ma rimane indelebile nella mia memoria.

Prezzo pagato: 700,00 euro

Vini: i cinque migliori (secondo me)

Bene! Solo cinque grandi vini, con grandi prezzi! Ovviamente, rimangono molti esclusi. Ognuno potrebbe avanzare le proprie obiezioni e le proprie esperienze; queste sono le mie.

Si, ho escluso il cosiddetto “Nuovo Mondo”, un po’ perché non ne ho un’esperienza particolarmente profonda, un po’ perché alcuni dei grandi vini che ho assaggiato non mi hanno dato emozioni all’altezza delle attese

Unico rammarico, non ho mai avuto l’occasione di assaggiare i vini di Screaming Eagle!