Beaujolais Nature
Tra pochi giorni, con un rituale inusualmente sotto tono a causa della situazione sanitaria, vedrà la luce anche quest’anno il Beaujolais Nouveau!
Questo rituale, che si ripete da una cinquantina d’anni e inonda il mercato di vino orribile e malfatto che, però, registra un successo commerciale insindacabile.
Questa bella regione vinicola subito a nord di Lione, in cui vivo e lavoro da qualche anno, è vittima del suo stesso successo. Sebbene alcune delle sue denominazioni, legate a territori d’eccezione, risalgano agli inizi del processo di riconoscimento dell’importanza del terroir, a partire dagli anni ‘70 del novecento qui si è scelto di puntare sull’enfatizzazione degli aspetti aromatici primari e immediati del vitigno principe della zona, il Gamay. Grazie anche all’utilizzo di espedienti tecnici come la saturazione carbonica in fase di macerazione del mosto, si ottengono vini con una componente aromatica dirompente che privilegiano la bevibilità immediata e l’appagamento “beone” del palato.
Per carità, niente di male, se in funzione di questo non si fosse giustificato anche un utilizzo forsennato di altre tecniche atte a ottenere una prontezza di beva innaturale, come il riscaldamento, vicino alla cottura, dei mosti, o l’abbandono di tecniche di coltura tradizionale della vigna perché troppo costose in rapporto al livello di commercializzazione che questi vini riescono a spuntare.
E allora, vai con il diserbo chimico generalizzato!
Girare per queste belle colline, significa osservare sterminati campi di vigna in cui il suolo è sistematicamente bruciato!
Ma qualche vignaiolo illuminato ha resistito e oggi il suo insegnamento sta prendendo sempre più piede e sta nascendo una nuova ondata di produttori che si ispirano alla conduzione “naturale”. Nozione, talvolta vaga, che oggi va un po’ di moda, ma che qui assume un significato molto importante, proprio in contrapposizione a una falsa tradizione che è pronta a giustificare tutto in funzione della commercializzazione immediata di vini “inutili”.
Mathieu & Camille Lapierre
Mathieu in vigna e Camille in cantina sono gli eredi di Marcel Lapierre e proseguono il percorso tracciato dal padre a partire dagli anni ‘70 del novecento. Mentre il Beaujolais andava in tutt’altra direzione, Marcel Lapierre puntava alla valorizzazione e al rispetto del territorio.
Risale al 1981 la prima vinificazione in assenza di zolfo e al 1991 la certificazione BIO ECOCERT.
Credeva comunque nella macerazione carbonica con l’aggiunta di anidride, per preservare i tratti fruttati e immediati del Gamay. Ma la macerazione e la fermentazione sono lunghe e la maturazione in piccole botti, sempre senza aggiunta di anidride solforosa. Imbottigliamento senza filtrazione e con una piccola aggiunta di SO2 per la cuvée base.
In vigna, il tipo di allevamento è il tradizionale alberello, leggermente modificato, lasciando crescere verso l’alto la pianta di una decina di centimetri, prima delle classiche ramificazioni. Questo permette di lavorare a mano e anche con appositi macchinari, la terra alla base della pianta. In effetti, molti dei produttori del Beaujolais, prendono a giustificazione dell’utilizzo di pesticidi di sintesi, l’impossibilità di lavorare meccanicamente il terreno. Grazie a questa scelta sulle pianta, il problema sembra essere risolto.
Del Domaine Lapierre assaggio il Morgon 2018, denominazione fulcro della regione. Non troppo denso e cupo, come la moda del momento imporrebbe per la denominazione, ma con grande forza nel frutto di amarena, fresca e dinamica. Certo, la macerazione carbonica si fa sentire, ma il carattere del vino si fa sentire con grande slancio! Un vero “vin de soif” con un tocco di personalità in più!
Jean-Paul et Charly Thévenet
Da quattro generazioni, la famiglia Thévenet si è stabilita a Villié-Morgon, nel cuore del Beaujolais. Dal 2007, Charly si affianca al padre Jean-Paul e continuano il cammino già iniziato verso il vino «nature» e, in anni recenti, iniziano la conversione BIO ECOCERT, anche se la conduzione della vigna e i lavori in cantina procedevano già in tale direzione. Un patrimonio viticolo importante, con viti che raggiungono anche l’età di 70 anni, su un suolo granitico, caratteristico della denominazione, l’azienda punta alla raccolta di uve sane molto mature. Vinificazione con fermentazione carbonica, su lieviti indigeni. Nessuna filtrazione e imbottigliamento con una piccola dose di anidride solforosa.
Di Jean Paul et Charly Thévenet assaggio il Morgon Vieilles Vignes 2018, al momento tutto giocato sul frutto, con tonalità più scure a partire dal colore, con riflessi ematici molto profondi, come prevede la moda del momento. Aromaticamente ancora segnato dalla macerazione carbonica, si lancia in un finale ricco di amarena matura. Un tocco di freschezza in più forse aiuterebbe la bevibilità. In questa fase non riesce a esprimere la propria personalità; forse il tempo restituirà anche le note minerali che si percepiscono in filigrana, ma risultano offuscate da un peso aromatico fin troppo ingombrante.
Jean-Claude Lapalu
"Se non avessi scelto di essere vignaiolo, avrei scelto di fare il cuoco" spiega Jean-Claude Lapalu, figlio e nipote dei viticoltori del Beaujolais. Oscillando tra queste due professioni, questo vero vignaiolo-cuoco si è posto una missione: dare naso e bocca ai suoi vini. Riesce a rilevare una tenuta e si impegna da subito ad applicare un lavoro vecchio stile per preservare la reciprocità tra la qualità della vite e quella del prodotto: niente zuccheraggio, niente solforosa, imbottigliamento quando non c'è luna, tappi di sughero naturale e invecchiamento in piccole botti di Tronçay. Nel vigneto, la trasformazione è in corso con il passaggio alla lotta integrata, la promozione degli inerbimenti e il calo delle rese. Alla fine, questa riconversione ha dato i suoi frutti meravigliosamente, dando vini di qualità, con mineralità e, soprattutto, un fruttato naturale proprio del Gamay.
Assaggio, ed è una bella sorpresa, questo Brouilly Vieilles Vignes 2018 di Jean-Claude Lapalu. Produttore che lavora in understatement, ma colpisce per la freschezza e la complessità espressiva. Ricco e gradevole nell'immediato, evolve verso una ricchezza di aromi fruttati, molto pieni e maturi. Un piacevole finale di amarena, con il suo nocciolo! Considerando che i vini della denominazione Brouilly non presentano una grande complessità, proprio un bell'esempio!
Jean-Paul Brun
Il Domaine des Terres Dorées è guidato da Jean-Paul Brun, uno dei migliori viticoltori della regione, che riesce a trascrivere le qualità dei terroir del Beaujolais con sorprendente naturalezza. Viticoltore coscienzioso e appassionato, Jean-Paul Brun lavora i vitigni Gamay, Chardonnay e, recentemente, Pinot Noir con la massima cura, con la costante preoccupazione che il terroir esprima le sue molteplici sfaccettature. La vite viene accompagnata dalla prima gemma fino alla vendemmia, con un minimo di intervento. La vendemmia viene effettuata solo a piena maturità. In cantina le uve fermentano con i lieviti indigeni, in macerazione semi-carbonica (macerazione e fermentazione in tini chiusi, dove la saturazione carbonica avviene grazie all'anidride carbonica prodotta dal processo stesso di fermentazione, senza aggiunte esterne).
L’azienda è situata nel sud della regione, ma possiede qualche parcella anche nelle denominazioni più centrali come la Côte de Brouilly e il Moulint-à-Vent.
Assaggio questo Moulin-à-Vent 2017 di Jean-paul Brun che mostra tutta la sua aderenza al terroir e fa sentire tutta la sua ricchezza aromatica dominata dall'amarena matura, accompagnata da una notevole freschezza e da una ricchezza tannica di tutto rispetto! Un vino senza fronzoli e di grande essenzialità, segno di un rapporto molto diretto con la propria vigna e di scarsa attenzione al mercato!
Domaine Lafarge-Vial
Frédéric Lafarge, figlio di Michel e attuale gerente del Domaine eponimo a Volnay in Borgogna, ha acquisito questo piccolo vigneto a Fleurie nel 2014, insieme alla moglie Chantal Vial. Le vigne erano già condotte in agricoltura biologica e la coppia ha fatto immediatamente il passaggio alla biodinamica, così come in Borgogna. Negli anni successivi altre vigne sono state acquisite, per arrivare all’estensione attuale di poco più di 4 ettari. Il leggero ritardo nella maturazione tra la Côte de Beaune e il Beaujolais consente ai Lafarges di essere presenti durante la vendemmia in entrambi i Domaine. I ripidi vigneti allevati a gobelet sono raccolti a mano e le uve diraspate, anche se, a seconda dell’annata, una percentuale variabile dei grappoli rimane intero. La coppia preferisce la tradizionale vinificazione borgognona per garantire un'espressione trasparente del terroir. L'estrazione delicata e un élevage relativamente breve di 12 mesi in botti vecchie, sia piccole che grandi, è la regola per questi vini.
Assaggio il Fleurie Clos Vernay 2017 di Lafarge-Vial e lo stampo borgognone si fa sentire! I sentori di lamponi si arricchiscono di amarena, con un tocco di note più nere nel finale.
Fresco e teso, come impone la denominazione, un piccolo capolavoro in un mondo di banalità! Purtroppo, in pieno stile borgognone, il prezzo è pesante!!! Ben al di la delle migliore cuvée della regione!
Domaine Joncy
Guillaume Joncy ha ottenuto di recente la certificazione ECOCERT, ma il lavoro in “naturale” è iniziato già da tempo, dagli inizi del XXI secolo, quando è succeduto al padre! Quincié è uno dei comuni laterali alle denominazioni più riconosciute, ma da qui si vede il Mont Brouilly e la struttura dei vini ne risente. Su un terreno sabbioso, con argille e granito blu, il comune ha già ottenuto, insieme al comune di Lantignié, la menzione in etichetta e presumibilmente una imminente denominazione indipendente.
Le vigne dalle quali è prodotta la cuvée Trad’ Nature hanno più di ottant’anni, con una densità d’impianto molto elevata, ben oltre i 10.000 piedi/ettaro, che obbliga a un lavoro strettamente manuale. Fermenta con lieviti indigeni in saturazione carbonica per tre settimane, per ottenere una maggiore estrazione. Matura in tini di cemento per 11 mesi e va in bottiglia senza filtrazione e senza aggiunta di anidride solforosa.
L’azienda produce anche un Crémant de Bourgogne Blanc de Blancs di tutto rispetto!
Il Beaujolais Villages la Trad' Nature 2018 del Domaine Joncy, certo, un vino meno importante dei precedenti, ma ho scelto questo vino “laterale”, nell'ampia scelta dell'azienda, perché trovo che abbia una personalità dirompente! Dalle vigne situate nel comune di Quincié , nonostante la macerazione carbonica, dimostra una ricchezza di note di intensa e non banale fruttuosità, arricchita da un piacevole finale sulla liquirizia! Un vino di grande bevibilità, ma forte ed emozionante!
Domaine Jean-Louis Dutraive
Quella di Jean-Louis Dutraive è un’altra delle figure storiche della regione che hanno scelto il lavoro tradizionale e la produzione di vini dall’impronta “naturale”. Su un’estensione ragguardevole di più di 11 ettari di vigna, il lavoro prevede appunto, l’intervento manuale dell’uomo e sono assolutamente vietati fertilizzanti e diserbanti chimici. Lo stile aziendale non è alla portata di tutti, estremo, essenziale e contraddistinto da un’acidità talvolta imbarazzante per un palato non avvezzo.
Assaggio il Fleurie le Pied de la Cour 2017 di Jean-louis Dutraive, che conserva il profilo intenso sulla freschezza e non disdegna un piccolo tocco di volatile (in un’annata difficile come la 2016 era decisamente ingombrante), che si affianca a una intensità aromatica di ciliegia fresca molto intensa! Una piacevole rugosità in bocca, accompagna un finale lungo e intenso sempre sul frutto! Vino molto meno immediato dei precedenti, ma molto interessante! Anche in questo caso, come per il vino di Jean Paul Brun, macerazione semi carbonica, per un vino da aspettare, ma chi ha pazienza?
Domaine Mee Godard
Enologa di formazione ma senza una storia enologica, Mee realizza il suo sogno rilevando da sola nel febbraio 2013 un piccolo domaine viticolo composto da vigneti molto vecchi nei migliori terroir di Morgon (Corcelette, Grand Cras, Côte du Py). Nel 2016 acquisisce anche una piccola parcella nella denominazione Moulin-à-Vent. Una storia recente che sembra promettere molto bene!
Assaggio il Moulin-à-Vent au Michelon 2018 del Domaine Mee Godard ed è superlativo! Ovviamente giocato sul frutto in questo momento, è un susseguirsi di frutti maturi, dall'amarena alla mora, ma si fonde con grande eleganza con una nota tannica presente, ma vellutata. La freschezza lo sorregge pienamente e promette un grande futuro! I suoi vini di Morgon sono buoni, ma fatico a entrare in sintonia con questa denominazione. Qui siamo veramente in un altro pianeta! Un grande vino!
Clos de MEZ
Marie-Elodie Zighera è originaria del Beaujolais, ma se ne era allontanata per seguire il marito, un Confuron, enologo in Borgogna. Nei primi anni 2000 ha ripreso le vigne di famiglia, situate tra il comune di Fleurie e di Morgon per ridare vita alla produzione in proprio di grandi vini, ma portandosi dietro l’esperienza dalla Borgogna. Il risultato è una produzione caratterizzata da uno stile giocato sulla riduzione, che ha bisogno di tempo per rivelarsi, ma che può dare grandi soddisfazioni. Ho avuto la fortuna di partecipare a una verticale che rimontava fino alle prime annate della nuova produzione e sono rimasto esterrefatto dalla freschezza di un vino come il 2009, oggi di grande slancio!
Assaggio questo Fleurie la Dot 2015 del Clos de MEZ ed é magico! Indubbiamente atipico, vinificato senza macerazione carbonica, conserva i tratti della Borgogna e, pur rimanendo un Fleurie, stringe l’occhio alla denominazione confinante, Morgon, con una densità decisamente più importante. Nonostante l'annata calda, conserva una freschezza meravigliosa e una nota di liquirizia veramente magica! Con l'ossigenazione si fonde e si arricchisce di spessore e complessità aromatica!