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231: rappresentanza di interessi

Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

Il 12 gennaio scorso è stata approvata dalla Camera una proposta di legge sull'attività di lobbying ("rappresentanza di interessi particolari") (C 196, C 721, C 1827, in testo unificato).

Dopo decenni di discussione potrebbe essere la volta buona: si andrà a regolamentare l’attività finalizzata alla rappresentanza di interessi particolari nell'ambito di processi decisionali pubblici (cioè di ogni “procedimento di formazione di atti normativi e di provvedimenti amministrativi generali”), svolta professionalmente dai rappresentanti di interessi, attraverso la presentazione di domande di incontro, proposte, richieste, studi, ricerche, analisi e documenti, anche mediante procedure digitali, nonché lo svolgimento di ogni altra attività diretta a contribuire alla formazione delle decisioni pubbliche.

I “rappresentanti di interessi” sono quei soggetti che rappresentano, presso i decisori pubblici, interessi di rilevanza anche non generale e anche di natura non economica, al fine di promuovere l'avvio di processi decisionali pubblici o di contribuire ai processi decisionali pubblici in corso, nonché i soggetti che svolgono, in base a mandato, per conto dell'organizzazione di appartenenza l'attività di rappresentanza di interessi, anche nell'ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro o di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l'attività di rappresentanza di interessi.

I “portatori di interessi” sono le persone, enti, società o associazioni che, per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi, incaricano rappresentanti di interessi; i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto lo svolgimento della citata attività.

Il rappresentante di interessi, in definitiva, può essere un dipendente o un consulente dell’azienda.

Infine, i “decisori pubblici” vengono così individuati:

i membri del Parlamento e del Governo; i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali, i presidenti e i consiglieri delle province e delle città metropolitane, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo di regione, i presidenti e gli assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni capoluogo di regione; i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti; gli organi di vertice degli enti pubblici statali; i titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli altri enti pubblici.

Si precisa che, sono equiparati ai decisori pubblici anche i responsabili degli uffici di diretta collaborazione degli organi sopra indicati.

 

I principali contenuti della pdl

La pdl prevede, in estrema sintesi:

- l’istituzione di un apposito Registro per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi, presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, al quale devono iscriversi coloro che vogliono svolgere l’attività in esame;

- l’emanazione di un codice deontologico ad accettazione obbligatoria, le cui violazioni da parte dei rappresentanti di interessi hanno rilevanza sanzionatoria;

- la pubblicazione sul Registro dell'agenda degli incontri tra il rappresentante e il pubblico decisore; - la redazione di una relazione annuale da parte del rappresentante, da pubblicare sul Registro;

- un sistema sanzionatorio di tipo deontologico (sanzioni applicate da un Comitato di sorveglianza appositamente costituito presso l’Antitrust).

 

Rapporti con il d.lg. 231/2001

Si tratta di adempimenti di cui dovrà tenere conto il Modello 231, sia a livello di disegno che di monitoraggio (lo stesso dicasi per i Piani anticorruzione degli enti pubblici): le interlocuzioni con pubblici decisori sono attività sensibili e dovranno costituire oggetto di (rinnovata) attenzione.

In buona sostanza, si dovranno individuare le occasioni di contatto rilevanti ai sensi della legge e le persone titolate ad interloquire con il pubblico decisore (titolate, questa volta, sulla base di requisiti prevista da una norma di legge); saranno oggetto di monitoraggio gli adempimenti richiesti (agenda degli incontri, relazione annuale ecc.) e gli eventuali inadempimenti contestati e sanzioni irrogate ecc.

Preliminare a tutto ciò sarà l’esatta perimetrazione del campo d’azione della legge: non ogni contatto con pubblico dipendente verrà in gioco ma solo quello finalizzato a rappresentare l’interesse nel “procedimento di formazione di atti normativi e di provvedimenti amministrativi generali” dinanzi ad un pubblico decisore come tassativamente definito.

Le attività in esame sono sensibili certamente con riguardo ai delitti di corruzione ma anche in relazione al traffico di influenze illecite (art 346-bis c.p.).

Proprio in relazione a quest’ultima fattispecie la Corte di Cassazione ha evidenziato come l’inesistenza di una normativa sull’attività di lobbying influisca negativamente sulla qualificazione di una mediazione come lecita o illecita (Cass., VI, 9 novembre 2021, n. 40518):

La norma, peraltro, non chiarisce quale sia la influenza illecita che deve tipizzare la mediazione e non è possibile, allo stato della normativa vigente, far riferimento ai presupposti e alle procedure di una mediazione legittima con la pubblica amministrazione (la c.d. lobbying), attualmente non ancora regolamentata.

Il contenuto indeterminato della norma rischia di attrarre nella sfera penale, a discapito del principio di legalità, le più svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacità o scarsa trasparenza, ovvero quel "sottobosco" di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all'interesse perseguito.

Ecco allora che la Cassazione ha ritenuto di dover ancorare la fattispecie del trading in influence ad un elemento certo che connoti, tipizzandola, la mediazione illecita e che costituisca una guida sicura per gli operatori e per l'interprete della norma:

A tal fine il Collegio ritiene che l'unica lettura della norma che soddisfi il principio di legalità sia quella che fa leva sulla particolare finalità perseguita attraverso la mediazione: la mediazione è illecita quando è finalizzata alla commissione di un "fatto di reato" idoneo a produrre vantaggi per il privato committente.

La futura legge contribuirà ad una ulteriore perimetrazione della mediazione lecita tra un soggetto privato e un pubblico decisore, con auspicabili conseguenze favorevoli in tema di certezza del diritto e tutela del diritto di difesa.