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Alcesti, una poesia d'amore di Mariangela Gualtieri

alba di cemento
Ph. Luca Martini / alba di cemento

Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951) si è laureata in Architettura a Venezia. Poetessa e drammaturga, dal 1983 è anima, corpo e voce del Teatro Valdoca, fondato a Cesena insieme al regista Cesare Ronconi. Nato dapprima come collettivo di musica e teatro, il Teatro Valdoca è andato affermandosi nella scena teatrale italiana d'avanguardia attraverso un felice connubio tra danza e performance, poi arricchito dall'incontro e dal coinvolgimento progettuale di alcuni tra i maggiori poeti italiani del secondo Novecento (Fortini, Luzi, Bigongiari, Loi, Cucchi, Sicari, Rosselli, Merini, Majorino) nella Scuola di poesia diretta da Milo De Angelis. Tale esperienza ha lasciato una traccia indelebile nella scrittura della Gualtieri («sono stata abbellita, nutrita, cresciuta dalla parola altrui e sono piena di riconoscenza fraterna»), che da allora prosegue con costanza anche attraverso laboratori di scrittura e di lettura di versi al microfono. Dalla prima uscita con Antenata (Crocetti, 1992) a Quando non morivo (Einaudi, 2019) ha pubblicato diverse raccolte poetiche e ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua opera in versi. Nel 2020, in piena emergenza Covid-19, la sua poesia Nove marzo duemilaventi è apparsa sulle colonne di Doppiozero.

La bio di Mariangela Gualtieri è tratta dal sito Festival Letteratura


Alcesti, di Mariangela Gualtieri

Ma solo pensare a te.
Non è una figura che viene
una nitida traccia.
È come cadere in un posto
con un po’ di dolore.

Tu sei il mio tu piú esteso
deposto sul fondo mio. Tu. Non c’è
un’altra forma del mondo
che si appoggi al mio cuore
con quel tocco, quell’orma.
Tu. Tu sei del mondo la piú cara
forma, figura, tu sei il mio essere a casa
sei casa, letto dove
questo mio corpo inquieto riposa.
E senza di te io sono lontana
non so dire da cosa ma
lontana, scomoda un poco
perduta, come malata,
un po’ sporco il mondo lontano da te,
piú nemico, che punge, che
graffia, sta fuori misura.

Mio vero tu, mio altro corpo
mio corpo fra tutti mio
piú vicino corpo, mio corpo destino
ch’eri fatto
per l’incastro con questo mio
essere qui in forma di femmina
umana. Mio tu. Antico suono
riverberante, antico
sentirti destino intrecciato
sentire che sei sempre stato,
promesso da ere lontane
da distanze cosí spaventose
cosí avventurose distanze da
lontananze sacre.

Tu sei sacro al mio cuore.
Il mio fuoco
brucia da sempre col tuo
il mio fiato.

Io parlo delle forze −
di correnti sul fondo del mio lago
sul fondo del tuo, oscure e potenti,
piú del tempo dure piú dello
spazio larghe, ma sottili
al nostro sentire,
afferrate appena
e poi perdute, nel loro gioco.

Che cosa siamo io e te? Che cosa eravamo
prima di questo nome? E ancora
saremo qualcosa, lo sappiamo e non
lo sappiamo, con un sentire
che non è intelligente lavorio cerebrale.

Nessuna parte di corpo che muore
nessun pezzo umano, nessun arto,
nessun flusso di sangue, nessun
cuore, nessuno, niente che sia
stretto nel giro del sole, niente
che sia solo terrestre umano muove
il tuo cuore al mio, il mio al tuo,
come fossero due parti di un uno.

Allora tu sei la mia lezione piú grande
l’insegnamento supremo.
Esiste solo l’uno, solo l’uno esiste
l’uno solamente, senza il due.

Mariangela Gualtieri

Mariangela Gualtieri “Bestia di gioia”, Einaudi, Torino, 2010