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Amministratori - Cassazione Penale: la posizione di garanzia non è sufficiente per l’affermazione di responsabilità

Amministratori - Cassazione Penale: la posizione di garanzia non è sufficiente per l’affermazione di responsabilità
Amministratori - Cassazione Penale: la posizione di garanzia non è sufficiente per l’affermazione di responsabilità

In tema di responsabilità degli amministratori di società, la Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice posizione di garanzia ricoperta dall’amministratore non è di per sé sufficiente per l’affermazione di responsabilità per bancarotta fraudolente.

 

Il caso in esame

La Corte d’Appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, aveva confermato la decisione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano che aveva affermato la penale responsabilità dell’amministratore unico di una società, poi dichiarata fallita, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

La condotta contestata all’imputato era quella di aver disposto il trasferimento della sede operativa della società presso la sede di una seconda società, gestita dai precedenti amministratori della prima società, poi revocati, e costituita per finalità di locupletazione.

In questo modo si era consentito alla seconda impresa di acquisire gratuitamente l’avviamento dei beni strumentali della prima società, accelerando il processo di depauperamento del suo patrimonio aziendale.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la Corte territoriale, pronunciandosi in sede di rinvio, non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Cassazione sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato contestato.

 

La decisione della Suprema Corte

I giudici di legittimità hanno evidenziato come la stessa Corte di Cassazione, nella parte motiva della decisione di annullamento, aveva imposto alla Corte territoriale di rinvio di sanare le discrasie argomentative relative al trasferimento della società presso la sede della seconda impresa gestita dai precedenti amministratori, per effetto del contratto di locazione di azienda.

Secondo i giudici, tali carenze argomentative non erano state sanate nella sentenza impugnata, che aveva omesso di soffermarsi sull’esatta scansione degli accadimenti che avevano portato alla conclusione della citata operazione contrattuale e di valutare lo specifico ruolo ricoperto dal ricorrente nella gestione dei rapporti tra le due società, con specifico riferimento alla stipulazione del contratto di locazione.

A giudizio della Suprema Corte, i giudici di merito avrebbero dovuto valutare in concreto la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’imputato, non pervenendo ad un giudizio di penale responsabilità esclusivamente in virtù della posizione di garanzia dallo stesso ricoperta all’interno della realtà societaria.

La Corte ha, pertanto, affermato che “l’applicazione del principio di colpevolezza, del resto, esclude qualsivoglia automatismo rispetto all’addebito di responsabilità penale, imponendo la verifica, in concreto, da parte dell’amministratore non soltanto della regola cautelare, ma, soprattutto della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, che la regola cautelare mirava a prevenire”.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata e rinviando gli atti per un nuovo giudizio alla Corte territoriale che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generale o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso”.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 25 gennaio 2018, n. 3623)